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PRESENTAZIONE Corso Counselling. Dott. Giovanni Chirico Psicologo-Psicoterapeuta-Counsellor Didatta IPR Consulente USP di Caserta Counsellor Formatore Presidente APA www.psicologia-logopedia.it E-mail: psicoterapia@alice.it. Fasi del Colloquio. Premessa. BURN OUT.
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PRESENTAZIONE Corso Counselling Dott. Giovanni Chirico Psicologo-Psicoterapeuta-Counsellor Didatta IPR Consulente USP di Caserta Counsellor Formatore Presidente APA www.psicologia-logopedia.it E-mail: psicoterapia@alice.it
Fasi del Colloquio Premessa
BURN OUT E’ fondamentale saper aiutare altrimenti si rischia la sindrome del burn out (bruciatura da inefficacia). Gli operatori delle professione di aiuto (medici, insegnanti, educatori, psicologi, sacerdoti…) soffrono, più degli altri, di un crollo motivazionale. Chi aiuta se lo fa effettivamente, non solo aiuta gli altri, ma aiuta anche se stesso. Aiutare veramente gli altri è come una ricarica per sé. In quanto il soggetto si sentirà soddisfatto sia a livello della dimensione del saper fare che del saper essere. Mentre se non vi sono risultati l’energia e la motivazione ad aiutare andrà esaurendosi. Anche le agenzie formative possono perdere la fiducia nella propria capacità educativa e formativa. Noi siamo chiamati, in quanto educatori-insegnanti, ad avviare relazione di aiuto, che stimolino la crescita dell’altro.
COSA NON E’ IL COUNSELLING Il counselling non è: -dare consigli (consulenza dall’inglese), dire all’altro come agire; -dare informazioni: rispetto ad un problema; -agire in prima persona: ad esempio aiutare l’altro nel risolvere un suo problema concreto; -insegnamento: aiutare qualcuno ad acquisire tecniche e abilità.
COSA DOVREBBE ESSERE Afferma Rogers che quando qualcuno si trova in difficoltà non è bene dirgli cosa deve fare, in questo modo non l’ho aiutiamo ma bisogna aiutarlo a: -comprenderela situazione -a gestire il problema -attuando da solo le scelte che desidera realizzare. Quindi bisogna far leva sulle competenze che la persona possiede e far sviluppare queste competenze per gestire da solo il problema.
COSA DOVREBBE ESSERE Bisogna partire dal presupposto della psicologia umanistica: la persona ha le competenze (cognitive, affettive e comportamentali) e noi dobbiamo semplicemente aiutare l’altro a vederle ed utilizzarle o svilupparle. Per Rogers scopo dell’aiuto è accompagnare l’altro in questa sua tendenza attualizzante o risorsa interna.
COSA DOVREBBE ESSERE Per K quando una situazione è oggettivamente poco rischiosa ma il soggetto la rende difficile allora si parla di psicoterapia, mentre se la situazione è oggettivamente rischiosa ma vi sono anche fattori personali interni che favoriscono ciò, allora si parla di counselling. Il counselling da alcuni viene definito come un aiuto in situazioni di crisi psico-sociali. -Come una vedova incapace di elaborare un lutto; -genitori che non accettano la nascita di un figlio DA; -una persona che non è capace di sopportare l’insoddisfazione del lavoro. Per alcuni autori il counselling può essere utilizzato anche per far crescere e sviluppare l’altra persona (developmental counselling). Spesso si decide di crescere dopo una sofferenza, ma in realtà si può intraprendere il counselling anche in situazioni dove tutto va bene.
CARKHUFF E ROGERS C, sulla scia di Rogers si è posto due domande: 1.quali sono gli atteggiamenti personali che rendono efficace chi aiuta? 2.quali sono le abilità che ci permettono di aiutare l’altro? R accentua gli atteggiamenti personali, mentre C focalizza l’attenzione sulle abilità che estrinsecano questi atteggiamenti (molto più pragmatico).
ATTEGGIAMENTI DI BASE DEL COUNSELLOR Per Rogers le disposizioni di fondo o gli atteggiamenti di base dell’operatore sono (in ordine di priorità): 1.GENUINITA’/SPONTANEITA’: noi ci fidiamo di coloro che sono come appaiono, trasparenti ed aperti. Siamo consapevoli che non ci troviamo di fronte ad una facciata o un ruolo ma stiamo di fronte a ciò che lui realmente è. Non ci si pone sopra il piedistallo dato dal ruolo di terapeuta, di esperto… Si è genuini quando si è se stessi e in continuo rapporto con ciò che si vive dentro, senza negare o distorcere. L’operatore genuino non nega la propria personalità, ma la esprime. Per essere genuini c’è bisogno di congruenza tra ciò che si sente, si pensa, si fa. Ma attenzione bisogna essere se stessi in senso costruttivo (Mucchielli, Apprendere il Counselling), non si può esprimere liberamente atteggiamenti distruttivi perché bloccano e creano difficoltà relazionali. Per R è la disposizione di base su cui poggia tutto. Senza la genuinità non si è efficaci nella relazione di aiuto.
ATTEGGIAMENTI DI BASE DEL COUNSELLOR 2. ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA: R afferma che bisogna accettare la persona indipendentemente da ciò che fa, pensa e sente. L’operatore deve comunicare al cliente il suo profondo e sincero interesse per lui come persona con potenzialità umane senza farsi condizionare dalle idee, sentimenti e azioni del soggetto. Vanno evitati i giudizi morali di disapprovazione o di approvazione (evitare atteggiamenti di giudizio, interpretazioni… vedi esercizi). Coloro che trovano un operatore o un interlocutore non giudicante e genuino vengono aiutati a sviluppare in pienezza la loro personalità.
ATTEGGIAMENTI DI BASE DEL COUNSELLOR -EMPATIA: le prime due disposizione ci permettono di entrare in con-tatto con l’altro, mentre questa ci permette di rendere il nostro intervento efficace rispetto ai contenuti che vengono esposti. Le prime sono la porta e questa è la sedia o il divano su cui far accomodare l’altro. L’empatia è “mettersi al posto dell’altro, di vedere il mondo come lo vede costui” (Rogers e Kinget, Psicoterapia e relazioni umane, 92). Nel comprendere empaticamente l’altro bisogna usare -emozioni (sentire con l’altro) e -cognizioni (cogliere l’altro secondo i nostri schemi cognitivi).
ATTEGGIAMENTI DI BASE DEL COUNSELLOR GENUINITA’-ACCETTAZIONE-EMPATIA Vengono definite disposizioni di tipo passivo. Mentre R afferma che l’operatore deve soprattutto saper accogliere (caratteristica femminile), C afferma che oltre a ciò un valido operatore deve anche saper dirigere (caratteristica maschile). E per questo motivo che aggiungerà alla sua teoria il costrutto o l’abilità dell’agire (iniziare). Oltre a rispondere al contenuto e al sentimento è fondamentale agire, fare. Quindi si supera la dicotomia tra counselling non direttivo e counselling direttivo. Per R l’aiuto si può dare anche solo ascoltando l’altro senza agire direttamente con tecniche o strategie. Lui combatteva gli operatori invadenti e manipolativi.
ATTEGGIAMENTI DI BASE DEL COUNSELLOR C ha aggiunto alla triade degli atteggiamenti di R altri: 1.CONFRONTO: si tratta di contrapporre alcuni pensieri o modi di sentire e di agire del cliente che sono contraddittori o incoerenti e che impediscono la crescita della persona. Si tratta di abbattere dei meccanismi interni che ostacolano un sano sviluppo della personalità. Attraverso il confronto aiutiamo il cliente a: -esplorare pensieri, sentimenti e comportamenti che si evitano e non si vogliono vedere; -analizzare comportamenti autodistruttivi; -sviluppare risorse sottovalutate.
ATTEGGIAMENTI DI BASE DEL COUNSELLOR Per Egan con il confronto possiamo aiutare l’altro ad eliminare: DISCREPANZE: -incongruenze tra ciò che uno pensa e ciò che uno sente (penso che la vita sia bella ma si sente spesso triste); -incongruenze tra ciò che uno sente e ciò che uno dice (si sente ansioso e dice di essere calmo); -incongruenze tra ciò che uno dice e ciò che uno fa (io sono un vero credente e poi agisce in modo incoerente). DISTORSIONI: quando si è incapaci di leggere la realtà per com’è al fine di evitare ciò che spaventa o è spiacevole. Vedi il meccanismo della distorsione cognitiva o della dissonanza cognitiva o i meccanismi di difesa… GIOCHI PSICOLOGICI: dove il soggetto tende a strumentalizzare l’altro per difendersi o ricevere gratificazioni. Il Confronto va fatto con cautela e al momento giusto (qualcuno lo sconsiglia), sicuramente in una seconda fase dei colloqui. Però è una fase fondamentale perché aiuta a prendere consapevolezza di modalità inadeguate che bloccano la crescita della propria personalità.
ATTEGGIAMENTI DI BASE DEL COUNSELLOR 2. IMMEDIATEZZA: si tratta della capacità di saper vedere ed essere consapevoli. Comunicando le proprie impressioni, nel qui e ora, circa ciò che si sta realizzando, di significativo, tra l’operatore e il cliente. Questo intervento aiuta (modeling) l’altro a vedere come si può esprimere direttamente ciò che si pensa o si sente nei confronti degli altri.
ATTENZIONE L’attenzione è un’abilità di pre-aiuto. Questa permette il coinvolgimento del cliente. Si ha attraverso l’attenzione fisica: -OSSERVARE (l’aspetto fisico e comportamentale dell’altro) -ASCOLTARE (capire il tono e lo spirito delle espressioni verbali dell’utente).
RISPONDERE Il rispondere (psicoanalisti, post analisti e rogersiani…) è una fase che porta all’insight. Per il fattore rispondere si fa riferimento alle seguenti abilità: -empatia, -rispetto, -calore umano, -concretezza o specificità… Tutto ciò facilita l’autoesplorazione e lo sviluppo di una buona consapevolezza e questa ci permette di vedere dove siamo e chi siamo. Io reale.
RISPONDERE Il Rispondere ha 3 diversi livelli: -rispondere al contenuto attraverso la riformulazione di ciò che l’altro sta dicendo; -rispondere ai sentimenti e lo si fa riflettendo o verbalizzando le esperienze dell’altro. -Infine si può unire in un'unica risposta contenuti e sentimenti per esprimere il significato che quella esperienza ha per il cliente.
PERSONALIZZARE Personalizzare o interiorizzare. Questo aiuta il cliente nel processo di auto comprensione. Permette all’utente di vedere dove desiderano o dovrebbero essere. Io Ideale. Il personalizzare permette al cliente di comprendere e quindi di trasformare i loro problemi in obiettivi.
INIZIARE La fase dell’iniziare porta all’azione (comportamentisti). Per il fattore iniziare sono importanti abilità quali: -genuinità -capacità di aprirsi all’altro -concretezza nel risolvere problemi e realizzare programmi di azione. Attraverso l’iniziare si aiuta il cliente ad agire concretamente. L’azione ci permette di muoverci da dove siamo a dove vogliamo arrivare. Si attua attraverso dei programmi concreti di azioni. Si parte dal definire gli obiettivi e dei compiti e passi specifici necessari per raggiungere quegli obiettivi.
INIZIARE Nell’azione si fissano delle precise scadenze temporali. Si stabiliscono rinforzi in riferimento ai passi fatti (un premio dopo il passo) e infine vi è la verifica. Esempio: il tuo obiettivo è quello di migliorare le risposte alle esperienze degli altri. I tuo compiti comprendono l’attenzione fisica, l’osservare e l’ascoltare… Il primo passo da dare è guardare in faccia alla persona. Poi vi è il feedback che focalizza l’attenzione sull’efficacia delle azioni realizzate dal cliente e dal grado di soddisfazione dell’azione compiuta.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING L’attenzione porta al coinvolgimento. Il coinvolgimento porta all’autoesplorazione. Un soggetto esplora il suo mondo intrapersonale quando: -riesce a comunicare delle esperienze assai importanti con un intensa immediatezza emotiva, -inoltre riesce ad esprimere le sue esperienza con specificità, esprime il suo vissuto non in modo astratto ma in modo concreto. Ad esempio afferma: nessuno dei miei rapporti sembra che vada bene, sia a casa, che a scuola e sembra che tutti mi trattino male e per questo motivo non mi va di vedere nessuno.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING Grazie all’autoesplorazione io posso arrivare alla comprensione degli obiettivi. Essi (utente) mettono a fuoco i loro occhi interni per trovare una soluzione ai loro problemi. Quindi comprendono dove dovrebbero essere o dove desiderano che siano. Un soggetto è impegnato in un processo interno di comprensione quando prende in considerazione e verbalizza delle possibili alternative di azione. In questo senso la persona costruisce possibili alternative alla sua attuale situazione e poi decide in base alle convinzioni personali e ambientali. Un esempio di comprensione di sé: penso di essermi comportato male, credo che dovrei cercare di trattare loro come io desidero essere trattato.
FASI DEL COLLOQUIO DI COUNSELLING Successivamente viene l’azione, cioè il raggiungimento di obiettivi concreti, ci si muove verso la situazione desiderata. Agire richiede di definire degli obiettivi specifici, sviluppare dei programmi per raggiungerli e mettere in pratica passi concreti del programma. Si agisce in modo programmatico quando ad esempio un soggetto afferma: nelle relazione con gli altri cercherò di capirli, ad essere attento ed empatico e così loro mi tratteranno allo stesso modo. Una volta che agiamo abbiamo anche un feedback che ci permette di verificare il livello di prestazione raggiunto dal soggetto.
1.ATTENZIONE Per poter passare le varie fasi del processo di aiuto è fondamentale coinvolgere il cliente. Questo si ottiene prestando loro attenzione. Esercizio della difficoltà di prestare attenzione… pag 64 Le fasi del prestare l’attenzione comprendono: 1.1. PREPARARSI ALL’ATTENZIONE 1.2. PRESTARE ATTENZIONE ALLA PERSONA 1.3. OSSERVARE 1.4. ASCOLTARE
1.ATTENZIONE 1.1. PREPARARSI ALL'ATTENZIONE Le sottofasi del prepararsi all’attenzione sono: 1.1.1. Preparare il cliente 1.1.2. Preparare il contesto. 1.1.3. Preparare noi stessi.
1.ATTENZIONE 1.1.1. Preparare il cliente Attività che comprende: 1.1.1.1.conattarli. Salutarli in modo formale e stabilire un accordo comune circa il motivo della consulenza. 1.1.1.2.informarli. Questo implica: CHI: incontreranno QUANDO: avranno luogo gli incontri DOVE: dove avranno luogo gli incontri COME: arrivarci QUALI: scopi generali di questo contatto PERCHE’: il motivo dell’incontro 1.1.1.3.incoraggiarli. Implica il puntare sulla possibilità di offrire motivazioni al cliente per lasciarsi coinvolgere.
1.ATTENZIONE 1.1.2. Preparare il contesto. Questa implica il preparare bene il contesto, mobili, sedie ed organizzare il nostro studio. 1.1.2.1. Predisporre i mobili:Ideale 2 sedie senza scrivania o altre barriere di fronte. Quando ci sono colloqui con le coppie o famiglie è utile mettere le sedie in cerchio. 1.1.2.2. Predisporre gli oggettiaffinché siano stimoli per un rapporto (soprattutto per i bambini). 1.1.2.3. Ordinare, senza un disordine eccessivo e tenere pulito l’ambiente del colloquio.
1.ATTENZIONE 1.1.3. Preparare noi stessi. Rilassandoci attraverso il ricordo di esperienze piacevoli e la tecnica del rilassamento muscolare, il training autogeno, la fantasia guidata, il respiro rilassante. Inoltre si prepara la scheda degli obiettivi e anche gli appunti presi e le considerazioni avute. E’ bene scrivere una sintesi dopo il colloquio e rileggerla prima del colloquio.
1.ATTENZIONE 1.2. PRESTARE ATTENZIONE ALLA PERSONA Il prestare attenzione alla persona è certamente una delle abilità più importanti del processo di aiuto psicologico. Ciò non solo coinvolge la persona, ma la fa anche sentire importante. Per realizzare ciò basta seguire alcune indicazioni preziose di Carkhuff.
1.ATTENZIONE 1.2. PRESTARE ATTENZIONE ALLA PERSONA 1.2.1. La prima è quella di mettersi di fronte. Infatti le sedie vanno posizionate in modo da poter stare uno di fronte all’altro (in posizione angolare). 1.2.2. L'altra indicazione è di inclinareil corpo in avanti. Appena ci si è seduti si appoggiano i gomiti sulle cosce e in questo modo si ottiene l'inclinazione in avanti. 1.2.3. Infine, si cerca di seguire il cliente soprattutto tenendo il contatto oculare durante tutto l'incontro. Contatto non fisso perché le persone timide si sentono controllati o giudicati.
1.ATTENZIONE 1.3. OSSERVARE OSSERVARE L'ASPETTO ESTERIORE E IL COMPORTAMENTO Si tratta di osservare il comportamento non verbale. Attraverso questi inferire il suo grado di energia fisica, lo stato emotivo e la disponibilità all’aiuto. Osservare è certamente una opportunità unica per cogliere quanti più elementi è possibile sulla persona. Anche il viso ci da molti segnali dello stato interiore e dei sentimenti del cliente. Infine si pone l'attenzione alla cura che la persona ha di sé.
1.ATTENZIONE 1.3. OSSERVARE 1.3.1. Il grado di energia L’energia è la quantità di sforzo fisico che si è in grado di investire nello svolgimento di un compito. Per vedere ciò dobbiamo analizzare la dinamicità delle posture. Si cerca di vedere, attraverso l'osservazione dei movimenti del corpo: -del peso corporeo (peso grande o piccolo non sono buon segno di energia) -della cura di sé (pulizia e ordine richiedono energia) -e della dinamicità della postura (se siede scomposto e con le spalle curve non ha tanta energia, se si muove troppo può essere indice di agitazione).
1.ATTENZIONE 1.3. OSSERVARE 1.3.2. Inferire i sentimenti K ricorda che sono soprattutto le espressioni del viso a rivelare i sentimenti che il soggetto vive. Ma anche i movimenti del corpo -troppo lenti o troppo rapidi- e la postura danno valide indicazioni. La tristezza si esprime con: fronte corrugata, atteggiamento scomposto, occhi bassi, aspetto trascurato, movimenti lenti… La gioia si vede da: sopracciglie sollevate, posizione vigile, contatto oculare, aspetto curato, movimenti rapidi…
1.ATTENZIONE 1.3. OSSERVARE 1.3.3. Disponibilità all'aiuto L'aspetto e il comportamento ci danno valide indicazioni sulla disponibilità all'aiuto del soggetto. Una volta visto il livello di energia e il sentimento si deduce se la persona è interessata al colloquio. Bassi livelli indicano anche poca disponibilità all’aiuto. 1.3.4. Trarre inferenze dalle osservazioni Ciò che noi osserviamo ci permette di fare ipotesi che vanno confermate da altri dati. Sono inferenze e non dati oggettivi. Le ipotesi vanno confermate dalla raccolta di tanti dati oggettivi.
1.ATTENZIONE 1.3. OSSERVARE 1.3.5. Osservare le incongruenze Le incongruenze si hanno quando la persona non dimostra coerenza nei diversi aspetti del proprio comportamento e del proprio aspetto esteriore. Ad esempio alcune persone si dimostrano disponibili solo a livello verbale, mentre poi a livello non-verbale si nota che il colloquio non interessa molto. Ad esempio dice di stare bene ed è seduta con un atteggiamento di stanchezza e con la testa abbassata. 1.3.6. Osservare noi stessi E’ molto utile durante il colloquio osservare ciò che facciamo e ciò che sentiamo. Siamo congruenti, abbiamo energie per aiutare e siamo attenti?
1.ATTENZIONE 1.4. ASCOLTARE L'ascolto continuo e attento dell'altro è certamente uno degli aspetti centrali per poter cogliere come la persona percepisce se stesso e il mondo intorno a sé. K da alcuni suggerimenti che motivano il conduttore all'ascolto. 1.4.1. Un motivo per ascoltare Perché ascoltiamo le persone, cosa ci spinge a fare ciò? La relazione di aiuto è il motivo principale. L'ascolto riguarda l'aspetto fisico, emotivo e intellettuale. Cioè dobbiamo concentrarci non solo sulle parole (contenuto), ma anche sul tono della voce e come si esprime la persona (relazione).
1.ATTENZIONE 1.4. ASCOLTARE 1.4.2. Sospendere il giudizio Per poter ascoltare l'altro è importante sospendere qualsiasi giudizio personale. E ciò vuol dire sospendere i nostri valori e le nostre opinioni rispetto a ciò che l’altro va dicendo. 1.4.3. Concentrarsi sulla persona Non solo bisogna cercare di evitare di seguire la voce giudicante che è dentro di noi, ma bisogna anche evitare di distrarsi durante il colloquio. Quindi, durante l'incontro si cerca di eliminare tutti gli stimoli che possono distrarci. Per esempio si abbassa la suoneria del telefono, evitare posti rumorosi, si dice agli altri di non interrompere per nessun motivo...
1.ATTENZIONE 1.4. ASCOLTARE 1.4.4. Concentrarsi sul contenuto Ho visto, nella mia pur breve esperienza, che concentrarsi sul contenuto che l'altro sta dicendo è centrale per tutto il processo di aiuto. Basta far riferimento alle 6 domande: -Chi? -Cosa? -Perché? -Quando? -Dove? -Come? 1.4.5. Ricordare E’ importante ricordare ciò che l’altro dice e sente e per fare questo occorre sintetizzare l’esposizione orale del cliente e provare a cogliere il contenuto che ne è alla base. 1.4.6. Temi ricorrenti In genere i clienti hanno dei temi ricorrenti in cui sono particolarmente coinvolti.
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