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Aldo Moro (Maglie, 23 settembre 1916 - Roma, 9 maggio 1978), è stato un importante uomo politico italiano, cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del partito della Democrazia Cristiana.
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Aldo Moro (Maglie, 23 settembre 1916 - Roma, 9 maggio 1978), è stato un importante uomo politico italiano, cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del partito della Democrazia Cristiana. Venne rapito il 16 marzo 1978 ed ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista delle Brigate Rosse.
Quelle vicende sono scolpite nella memoria collettiva e chi li visse non potrà più dimenticare i fatti inquietanti che segnarono i cinquantacinque giorni dalla strage di via Fani al ritrovamento del cadavere dello statista democristiano, un corpo rannicchiato dentro una Renault R 4 rossa, parcheggiata simbolicamente a metà strada tra via delle Botteghe Oscure e Piazza del Gesù, tra la sede della DC e quella del PCI, in via Caetani.
Moro è stato considerato un mediatore intelligente ed incredibilmente paziente, fine, particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico delle cosiddette "correnti" all'interno del suo partito. Fu un convinto assertore della necessità di un centrosinistra, da raggiungersi in forma di coalizione politica.
Via Fani, il rapimento a Roma, alle 9.15 del 16 marzo 1978, il giorno in cui il governo appena nominato, guidato da Giulio Andreotti, doveva presentarsi in Parlamento per ottenere la "fiducia" (approvazione parlamentare), l'auto che trasportava Moro da casa alla Camera dei Deputati fu intercettata in via Mario Fani da un "gruppo di fuoco" (commando) delle Brigate Rosse, organizzazione terroristica di sinistra, che in pochi istanti portò a termine una delle più feroci azioni terroristiche che si ricordino nella storia italiana contemporanea. In una manciata di secondi, sparando con armi automatiche, i terroristi massacrarono i due carabinieri a bordo dell’auto di Moro (Domenico Ricci e Oreste Leonardi) e i tre poliziotti a bordo dell'auto di scorta (Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana. Moro venne caricato a forza su un'auto che si allontanò rapidamente verso una direzione in quel momento ignota. Il rapimento fu rivendicato con il primo dei nove comunicati che le Brigate Rosse inviarono durante i 55 giorni del sequestro. Il 9 maggio dello stesso anno, dopo 55 giorni di detenzione, al termine di un presunto processo del popolo, sarebbe stato assassinato per mano di Mario Moretti. Il cadavere di Moro è ritrovato il 9 maggio in una Renault 4 rossa in Via Caetani, in pieno centro di Roma.
Si è sostenuto che non tutto il vertice brigatista fosse concorde con il verdetto di condanna a morte. La brigatista Adriana Faranda citò una riunione notturna tenutasi a Milano e di poco precedente l'uccisione di Moro, ove ella ed altri terroristi (Prospero Gallinari e – forse - Franco Bonisoli) dissentirono, tanto che la decisione finale sarebbe stata messa ai voti.
Brigate Rosse «Chi è Aldo Moro è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino a oggi il gerarca più autorevole, il "teorico" e lo "stratega" indiscusso di questo regime democristiano che da trenta anni opprime il popolo italiano [...] la controrivoluzione imperialista [...] ha avuto in Aldo Moro il padrino politico e l'esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste.» (Brigate Rosse, Primo Comunicato)
Alle BR, dunque, interessava Moro in quanto figura emblematica di trent'anni di regime democristiano. Secondo quanto ha dichiarato successivamente Mario Moretti, per le BR era rilevante che Moro fosse presidente della DC e che fosse da quarantanni al governo. Sembra, inoltre, che nei mesi precedenti il rapimento di Moro le BR avessero anche studiato le possibilità di rapire il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, ma che poi avessero abbandonato questa ipotesi perché questi godeva di una protezione di polizia troppo forte per le capacità dei brigatisti.
Durante il periodo della sua detenzione, Moro scrisse 86 lettere ai principali esponenti della Democrazia Cristiana, alla famiglia ed all'allora Papa Paolo VI (che avrebbe poi celebrato personalmente la solenne messa funebre nella basilica di San Giovanni in Laterano). Alcune arrivarono a destinazione, altre non furono mai recapitate e vennero ritrovate in seguito nel covo di via Montenevoso. Attraverso le lettere Moro cerca di aprire una trattativa con i colleghi di partito e con le massime cariche dello Stato.
La politica si divise in due fazioni: il c.d. "fronte della fermezza", che rifiutava qualunque ipotesi di trattativa, ed il c.d. "fronte possibilista" (che comprendeva anche Bettino Craxi), per il quale un eventuale avvicinamento analitico all'ipotesi di trattativa non avrebbe svilito la dignità dello Stato. Prevalse il primo, anche in considerazione del gravissimo rischio di ordine pubblico e di coesione sociale che si sarebbe corso presso la popolazione, e in particolare, presso le forze dell'ordine, che in quegli anni avevano pagato un tributo di sangue già insostenibile a causa dei terroristi.
Per segnare il decennale della morte di Moro, nell'aprile del 1988, quando già sembrava ormai sconfitto il partito armato, le Brigate Rosse colpirono ancora, uccidendo, nella sua casa di Forlì il senatore democristiano Roberto Ruffilli, consigliere di Ciriaco De Mita sul tema delle riforme istituzionali.