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la scienza che studia le propriet, la composizione e la struttura delle sostanze costituenti la materia; si occupa inoltre delle trasformazioni che queste subiscono e delle leggi che le regolano.Tradizionalmente la chimica viene divisa nei seguenti rami: chimica generale, chimica inorganica, chi
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2. È la scienza che studia le proprietà, la composizione e la struttura delle sostanze costituenti la materia; si occupa inoltre delle trasformazioni che queste subiscono e delle leggi che le regolano.
Tradizionalmente la chimica viene divisa nei seguenti rami: chimica generale, chimica inorganica, chimica organica.
Sebbene questa limitazione sia da tempo caduta, rimane valida la divisione della chimica organica dall'inorganica date le particolari proprietà del carbonio e dei suoi composti.
Chimica fisica, che ricerca i principi fondamentali della chimica utilizzando i metodi matematici e gli strumenti della fisica.
3. La chimica fisica La chimica fisica o fisico-chimica si divide a sua volta in diversi settori di cui i principali sono: strutturistica, cinetica chimica, termodinamica chimica, termochimica, elettrochimica, fotochimica, ecc. Chimica nucleare, che studia la sintesi degli elementi transuranici, le proprietà e le reazioni degli isotopi e i mutamenti che le reazioni nucleari portano alle specie chimiche. Chimica teorica, che si può considerare come un ulteriore sviluppo della chimica fisica di cui interpreta le leggi in base ai concetti della meccanica quantistica.
4. La chimica moderna, come la conosciamo noi oggi, ebbe sviluppo durante il 1500 quando Galileo Galilei e Francesco Bacone la differenziarono in maniera netta dall’alchimia.
Non si può però dire che non vi fu chimica prima di questo periodo: infatti noi possiamo considerare come scoperta chimica la scoperta del fuoco avvenuta nella Preistoria; è quindi molto difficile proporre delle date precise riguardante la nascita.
Si può suddividere però la sua storia in varie tappe che si contraddistinguono l’una dall’altra: l’antichità, l’alchimia, la iatrochimica, Boyle, il flogisto, chimica pneumatica o dei gas, Lavoisier. La storia della chimica
5. Le tappe della chimica L’antichità
L’alchimia
La Iatrochimica
Boyle
Il Flogisto
Chimica pneumatica o dei gas
Dalton
Lavoisier
Avogadro
6. L’antichità L'interesse per la natura e le trasformazioni delle sostanze naturali è all'origine della chimica e ha le sue lontane radici nelle prime tecniche artigianali e nelle antiche speculazioni filosofico-naturali.
Importanti furono la metallurgia, la produzione di vasellami e la loro vetrificazione (soprattutto in Egitto e in Cina); a ciò si aggiunse il trattamento di sostanze animali e vegetali per derivarne farmaci, profumi e soprattutto colori.
Nella filosofia greca si cercò di individuare i costituenti stabili delle cose e di spiegare come essi producono il flusso osservabile degli eventi. I quattro elementi di Empedocle (acqua, terra, aria e fuoco), i numeri dei pitagorici, gli atomi di Democrito (il primo che pensò che la materia fosse divisa in particelle indivisibili), venivano proposti come i fattori fondamentali della natura. Platone riconduce i quattro elementi a quattro tipi di particelle elementari di forma geometrica diversa, composte di triangoli, mentre per Aristotele i corpi differiscono nelle qualità e nelle funzioni.
7. L’alchimia Dall’arabo Al (il) e Kimia (la terra del Kamel= del cammello cioè l’odierno Egitto), nonostante derivi dall’arabo nasce in Cina, fondandosi sull’opposizione di YANG (Cielo-Sole-Maschio) e Yin (Terra-Luna-Femmina).
Il massimo fiorire dell’alchimia si ebbe in Europa fra il 12° e il 17° secolo.
L’alchimia era la ricerca di qualcosa di incorruttibile, che doni l’immortalità che trasformi tutti i materiali in elementi nobili, come l’argento e l’oro che era considerata dagli alchimisti l’elemento primordiale da cui tutti quanti hanno avuto origine, (tutto questo con l’aiuto della pietra filosofale). (Il mercurio era considerato all’epoca come il solvente universale)
Gli arabi aggiungono le loro conoscenze farmacologiche, scoprendo molti acidi.
Pur non essendo mai assurta alla dignità di scienza, l’alchimia ha dato un non trascurabile contributo alla ricerca chimica, sia inventando tutta una gamma di apparecchi da laboratorio che sarebbero poi serviti a Lavoisier per le sue ricerche scientifiche, sia sviluppando le tecniche della della distillazione, sublimazione, calcinazione, e filtrazione, attraverso innumerevoli esperienze .
Ai nostri tempi l’alchimia sopravvive come metachimica, scienza che si prefigge di rompere i limiti della materia.
10. La iatrochimica La iatrochimica voleva unire assieme la chimica e la medicina.
Paracelso, che fu uno dei suoi più grandi sostenitori.
I suoi scritti ci rivelano la fede che guida la sua opera di medico guaritore di anime e di corpi, capace di risalire alle origini del mondo e di promuovere una redenzione, nella quale rientrano il mondo dell’uomo e la realtà della natura.
Per gli esponeninti di questa tecnica zolfo, mercurio e sale erano gli elementi costitutivi di ogni corpo.
Vi erano, per loro, anche quattro metodi diversi per separare i diversi elementi dai metalli.
Queste idee però non avevano prove scientifiche per dimostrare se fossero state vere.
11. La chimica moderna avanza BEGUIN, che accetta Paracelso.
VAN HELMONT, che scopre l’anidride carbonica.
TORRICELLI, che scopre il vuoto e come misurare la pressione atmosferica.
GUERICKE, che costruisce la prima pompa pneumatica.
12. Boyle Perfeziona la pompa aspirante
Legge sulla proporzionalità inversa di volume e pressione, nota a tutti come “legge di Boyle”
Rimane legato all’alchimia
E’ il primo a effettuare “analisi chimiche” in senso moderno
13. Il Flogisto Il flogisto era considerato come il principio responsabile della combustibilità dei corpi, e della calcinabilità dei metalli.
Becher è l’inventore
I corpi sono composti da elementi di acqua e terra
La terra può essere vetrificabile o fusibile o petrosa, infiammabile o pingue e mercuriale o fluida
Stahl accentuerà ilo concetta dell’infiammabilità della terra da lui definito Flogisto.
La terra può essere vetrificabile o fusibile o petrosa, infiammabile o pingue e mercuriale o fluida
La calcinazione
La combustione
La riduzione
I meriti e i demeriti del Flogisto
14. La calcinazione Un metallo (Me) all’aria ed in presenza di fuoco si trasforma in calce.
2Me + O2
15. La riduzione Una calce in presenza di opportuni materiali, ad esempio il carbone, con l'aiuto del fuoco si trasforma in metallo.
2MeO + C 2Me + CO2
16. La combustione Alcuni materiali (come il legno) in presenza di aria e fuoco danno origine ha ceneri.
CH4 + O2
17. La riduzione secondo il flogisto Scaldando poi la calce con carbone di legna, il flogisto veniva ripristinato, dando di nuovo metallo, ossia la reazione inversa alla precedente:
carbone
Calce + flogisto metallo
18. La combustione secondo il flogisto La reazione di combustione avviene tra un materiale “ricco di flogisto” in grado di bruciare combustibile) con un materiale “deflogisticante” (comburente) e di un innesco per la reazione (accensione e fuoco).
Materia combustibile cenere + flogisto
19. La calcinazione secondo il flogisto Era considerata come l'emissione di flogisto liberato dal metallo riscaldato all'aria e cioè:
Metallo calce + flogisto
20. Limiti e meriti del Flogisto Unifica la calcinazione (aumento di peso) e la combustione (diminuzione di peso).
Offre lo spunto per lo studio dei gas.
Mancanza totale di un approccio quantitativo.
La chimica deve proprio all'inesistente flogisto il suo definitivo passaggio a scienza teorica.
21. Chimica pneumatica dei gas Nel settecento vi è la scoperta di nuove sostanze aeriforme: i gas. Questa è una grande scoperta e a sostegno di questa, Hales dimostra che l’aria, pur essendo gassosa può essere fissata chimicamente performare dei composti.
Black riuscì a creare un gas, da lui denominato aria fissa (anidride carbonica), che era lo spirito o gas silvestre di Helmot, molta diversa dall’aria comune.
Rutherford nel 1772 riuscì tramite esperimenti, ad isolare un gas, che chiamò aria flogistica (l’azoto).
Cavendish ottenne idrogeno facendo reagire acido solforico e alcuni metalli, secondo l’ idea che:
Metallo = calce + flogisto
Calce + acido= sale
Metallo + acido = sale + flogisto
BAYEN decomponendo col calore l'ossido di mercurio ottenne un gas di cui non riuscì a determinare la natura e le proprietà.
PRIESTLEY raccogliendo dell’anidride carbonica al di sopra dell’acqua, scoprì che una parte del gas si scioglieva, conferendo all’acqua un piacevole sapore acido: la “gazzosa”.
22. Lavoisier Chimico francese (Parigi 1743-1794). Nato da famiglia agiata, fu accolto a soli 25 anni all'Accademia delle Scienze a seguito della pubblicazione di un suo progetto di illuminazione stradale.
Nel 1768, pur proseguendo le sue ricerche scientifiche, intraprese l'attività di esattore delle imposte; nel 1775 entrò a far parte della direzione dell'arsenale di Parigi. Alla fine del 1793, quando la Convenzione decretò l'arresto di tutti gli esattori, si costituì prigioniero. Processato dal tribunale rivoluzionario e condannato a morte, fu ghigliottinato.
Per i risultati raggiunti e soprattutto per le innovazioni introdotte nella metodologia della ricerca come pure nell'elaborazione teorica dei dati sperimentali, è considerato l'iniziatore della chimica moderna. I suoi maggiori risultati, in gran parte ottenuti attraverso l'uso sistematico della bilancia, riguardano l'esatta spiegazione dei fenomeni della respirazione e della combustione come processi di ossidazione; la determinazione quantitativa dei componenti che intervengono nella costituzione dell'acqua.
24. Ogni sostanza può sussistere in tre stati differenti: di solidità, di fluidità e di vaporizzazione
Ogni vapore, ogni aria, e in generale ogni fluido elastico aeriforme, è un composto della materia del fuoco con un fluido, o con un corpo solido volatile qualunque
L'aria atmosferica è un composto di tre sostanze semplici: il principio ossigino, poi denominato ossigeno, cioè generatore di acidi; una parte inerte, l'aria mefitica, poi denominata azoto; infine la materia del fuoco, poi denominata calorico.
Bruciando l'aria infiammabile, o idrogeno, in presenza dell'aria pura, o ossigeno, si forma l'acqua pura
Elemento = corpo semplice, cioè di sostanza non ancora scomponibile con nessun mezzo chimico a disposizione
Nuova nomenclatura
Principi di Lavoisier
Chimica Lavoisieriana
I meriti di Lavoisier
25. Le leggi di Lavoisier La legge di conservazione degli elementi o legge della conservazione delle masse
La legge di conservazione della materia
26. Il principio della conservazione della massa Questo principio afferma che le trasformazioni chimiche mutano le proprietà della materia senza alterarne la massa (peso) complessiva.
Così, riscaldando una miscela di ferro metallico e di zolfo si forma una quantità di solfuro di ferro il cui peso è pari alla somma dei pesi del ferro e dello zolfo che si sono combinati; decomponendo per elettrolisi l'acqua si ottiene una quantità di idrogeno e di ossigeno gassosi il cui peso è complessivamente uguale a quello dell'acqua che si è decomposta, ecc. Oggi il principio di Lavoisier appare un'ovvia conseguenza del fatto che nelle reazioni chimiche gli atomi mantengono la loro sostanziale individualità e semplicemente si legano tra loro in modo diverso rispetto ai prodotti di partenza. A tutto rigore, dopo l'introduzione della teoria relativistica di Einstein, il principio di Lavoisier non può più considerarsi completamente valido.
27. L’esperimento di Lavoisier Fase 1: calcinazione del mercurio
Mercurio + aria ossido di mercurio
2Hg + O2 2HgO
2,201 + 0,183 2,384
Fase 2:
2Hg 2Hg + O2
28. I meriti di Lavoisier Approccio quantitativo
Il passaggio dal “paradigma della teoria del flogisto” alla legge di conservazione degli elementi
Lavoisier riprese il flogisto, capendo e spiegando ciò che per esso rimaneva ignoto
Provò sperimentalmente che durante le reazioni la massa si conserva, in quanto si conservano i principi elementari ( in seguito si scoprirà la conservazione del tipo e del numero degli atomi)
Individuò l'elemento ossigeno e gli assegnò il ruolo di componente reattivo dell'aria sia per le combustioni, sia per le calcinazioni e smentì le ipotesi che consideravano l'aria poco più che un mezzo per fare avvenire le reazioni.
Introdusse un simbolismo che semplificava il linguaggio dei chimici e che contemporaneamente acquistava un significato fisico
Introdusse come criterio, per classificare le sostanze ed assegnare loro un nome, la tendenza di queste a dare particolari reazioni, cioè la loro reattività.
29. Chimica antiflogistica o Lavoisieriana Contro metodi qualitativi, magici e alchemici.
Nelle combustioni si aveva un aumento di peso dei prodotti a spese dell'aria dell'ambiente, così come avveniva nelle calcinazioni dei metalli.
Capisce:
1) che in ogni combustione era rilevabile uno sviluppo di materia del fuoco e della luce.
2) che i corpi bruciavano solo in presenza di aria pura.
3) che in ogni combustione si realizzava la distruzione o la decomposizione di questa aria pura e che il corpo combusto aumentava di peso in maniera esattamente proporzionale alla quantità di aria pura distrutta o decomposta.
4) che in ogni combustione la sostanza bruciata si trasformava in acido per l'aggiunta della sostanza che aumentava il suo peso o in calce se si trattava della calcinazione di un metallo.
30. Dalton Chimico inglese (Eaglesfield 1766-Manchester 1844), insegnante in una scuola di Kendal fino al 1793, quando fu nominato professore di matematica e fisica al New College di Manchester; dal 1799 si dedicò all'insegnamento privato e alle ricerche di laboratorio conducendo vita estremamente ritirata.
Si occupò inizialmente di meteorologia e compì per anni metodiche rilevazioni sulle condizioni atmosferiche che lo indussero a studiare le caratteristiche generali dell'atmosfera e quindi delle miscele gassose.
Nel corso dei suoi studi sui gas Dalton fu condotto a esaminare la possibilità che fosse valida e dimostrabile scientificamente l'ipotesi di una struttura atomistica della materia, già proposta dai filosofi greci e più volte ripresa sul piano metafisico. Una geniale interpretazione della legge delle proporzioni costanti, formulata da J. L. Proust, e una serie di accurate sperimentazioni che lo portarono a enunciare la legge delle proporzioni multiple (1803), gli fornirono il fondamento scientifico per convalidare la teoria atomica della quale è considerato uno dei fondatori e che espose nell'opera A New System of Chemical Philosophy (Un nuovo sistema di filosofia chimica), apparsa nel 1808.
32. Le leggi di Dalton Teoria atomica
Legge delle proporzioni multiple
33. La legge delle proporzioni multiple Esprime la possibilità di molti elementi di combinarsi tra loro in rapporti quantitativi diversi, formando quindi composti differenti: così, in determinate condizioni l'ossigeno e lo zolfo si combinano per formare un composto gassoso, il biossido di zolfo, la cui molecola è rappresentata dalla formula SO2, ossia è costituita da un atomo di zolfo e due di ossigeno; in altre condizioni, i due elementi si combinano per formare un diverso composto, liquido a temperatura ambiente, il triossido di zolfo SO3.
In termini generali, la legge di Dalton afferma che quando due elementi si combinano tra loro per dare composti diversi, le quantità in peso di uno di essi che si combinano con una determinata quantità dell'altro stanno tra di loro in un rapporto esprimibile con numeri interi.
La legge di Dalton è un'ovvia conseguenza del concetto che le molecole dei composti sono formate ciascuna da un ben determinato numero di atomi dei vari elementi chimici che costituiscono il composto stesso.
34. La teoria atomica Le particelle più piccole di cui è costituita la materia sono chiamate atomi.
Gli atomi di uno stesso elemento sono tutti uguali tra loro.
Gli atomi di un elemento sono diversi da quelli di un altro elemento.
Gli atomi sono le particelle unitarie che intervengono in una trasformazione chimica.
In una reazione chimica si può verificare solo combinazione, separazione o riarrangiamento degli atomi; questi però non possono essere né creati, distrutti, divisi in parti o trasformati in atomi di altro tipo.
Un elemento è una sostanza pura costituita da un solo tipo di atomi.
Un composto è una sostanza pura costituita da due o più tipi di atomi chimicamente combinati in proporzioni definite.
35. Avogadro Fisico e chimico (Torino 1776-1856). Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, si interessò alla matematica e alla fisica, particolarmente ai rapporti tra l'elettricità e la chimica, pubblicando nel 1809 una memoria in cui spiegava le affinità chimiche con modelli elettrici. Nello stesso anno ottenne la nomina a professore di fisica al Regio Collegio di Vercelli e, nel 1814, all'Università di Torino.
Il suo nome resta legato al principio fondamentale della fisica e chimica dei gas che, esposto nel 1811 e ripreso da A. M. Ampère nel 1814, conteneva le basi assiomatiche della chimica moderna: la differenza tra atomo e molecola, il concetto che le reazioni chimiche avvengono tra molecole, la possibilità di misurare il peso molecolare dei gas riferendosi a un campione prescelto.
37. Il principio di Avogadro Nella sua formulazione originaria, riguardante i gas, il principio di Avogadro è stato enunciato nella forma: “volumi uguali di gas, nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, contengono lo stesso numero di molecole”.
Tuttavia, il principio di Avogadro risulta rigorosamente valido solo per i gas perfetti, ossia per i gas che si immaginino costituiti da molecole puntiformi e tra le quali non interagiscono forze attrattive o repulsive.
Estendendo le stesse considerazioni alle soluzioni, le molecole disciolte, supponendo che esse non interagiscano con quelle del solvente, possono assimilarsi a quelle di un gas che si muovano liberamente nel vuoto: anche in questo caso, possono immaginarsi soluzioni ideali, che assolvono alle condizioni prima descritte per il gas perfetto. Nelle soluzioni reali, però, si hanno deviazioni dal comportamento di quelle ideali, che risultano di entità rilevanti in particolare per gli elettroliti.
38. I mattoni dell’universo
39. Il sodio
40. Magnesio Elemento chimico di simbolo Mg, peso atomico 24,312 e numero atomico 12.
L'acqua degli oceani contiene in media 1,27 g/l di magnesio e ne costituisce quindi un'enorme riserva naturale; tutte le acque potabili contengono piccole quantità di sali di magnesio, e quantità maggiori ne contengono varie acque minerali. Il magnesio è indispensabile alla vita: in particolare è presente nella molecola della clorofilla.
Puro, è lucente e di colore argenteo sulle superfici fresche, però all'aria diviene rapidamente opaco a causa della formazione di uno straterello di ossido. Fonde a 651 ºC e bolle a 1107 ºC; ha un peso specifico di 1,72, molto basso per un metallo, ed è abbastanza duttile e malleabile.
Il magnesio trova impiego nei laboratori chimici per la preparazione dei composti di Grignard, in fotografia (lampo al magnesio), nella preparazione di miscele pirotecniche, e in metallurgia dove è usato quale disossidante di metalli e di leghe, e soprattutto per ottenere leghe particolari.
41. Il calcio Elemento chimico di simbolo Ca, peso atomico 40,08 e numero atomico 20.
Data la sua elevata tendenza a combinarsi, in natura non lo si rinviene mai allo stato libero.
Il calcio puro così ottenuto si presenta come un metallo di colore bianco argenteo lucente sulle superfici tagliate di fresco, ma lasciando il metallo all'aria la lucentezza scompare rapidamente a causa della formazione di una pellicola di ossido. È assai tenero, duttile e malleabile e molto leggero, con un peso specifico di 1,54, un poco inferiore a quello del magnesio.
L'uso del calcio quale materiale metallico puro o costituente di leghe trova tuttavia un ostacolo insormontabile nella sua elevata reattività chimica. Riscaldato all'aria a temperatura elevata si trasforma infatti in una miscela di ossido, CaO, e di nitruro, Ca3N2; con l'acqua reagisce energicamente anche a temperatura ambiente trasformandosi in idrossido con sviluppo di idrogeno.
42. Potassio Da pot (pentola vaso) e ash (cenere), poiché la preparazione dell’lemento trattando la cenere in un recipiente.
Elemento chimico della famiglia dei metalli alcalini, di simbolo K, peso atomico 39,102 e numero atomico 19.
Allo stato di elemento libero puro il potassio si presenta come un metallo tenerissimo, tanto da poterlo tagliare con un coltello, di colore grigio-argenteo lucente sulle superfici tagliate di fresco ma che all'aria immediatamente si ossida diventando opaco e assumendo un colore più o meno scuro; viene quindi conservato sotto petrolio, in modo da proteggerlo dal contatto con l'atmosfera. Con il suo peso specifico di 0,86, è il metallo più leggero dopo il litio; fonde a 63,7 ºC e distilla a 760 ºC.
Se viene acceso il potassio brucia all'aria con fiamma violetta; la stessa colorazione si ottiene introducendo nella fiamma di un becco Bunsen una piccola quantità di un suo sale. Con l'acqua il potassio metallico reagisce con estrema violenza liberando idrogeno e trasformandosi nell'idrossido
43. L’ossigeno L’ossigeno, da oxys (acido)e ghénnao (genero); questo nome fu proposto da Lavoisier per indicare che era un forte generatore di acidi.
Fu scoperto dall’inglese Joseph Priestley e dallo svedese C.W. Sheele.
Elemento chimico di simbolo O, peso atomico 15,9994 e numero atomico 8.
L'ossigeno è costituito da molecole biatomiche O2 che solo in condizioni particolari, per esempio sotto l'azione delle scariche elettriche, si trasformano parzialmente in quelle triatomiche, O3, dell'ozono: questa forma allotropica è però instabile e si ritrasforma più o meno rapidamente nell'ossigeno comune. Le molecole O2 sono molto stabili e solo a temperature elevatissime si scindono reversibilmente in atomi liberi.
44. Il cloro Dal greco Chloròs (verde), colore del gas.
Elemento chimico di simbolo Cl, peso atomico 35,45 e numero atomico 17.
Il cloro venne ottenuto per la prima volta nel 1774 da Scheele, che lo produsse facendo reagire l'acido cloridrico con il biossido di manganese e ne descrisse le principali proprietà, senza però riconoscerne la natura di elemento, come invece fece nel 1809 Davy.
Data la sua elevata reattività, il cloro si rinviene libero in natura solo eccezionalmente e in tracce nelle esalazioni di alcuni vulcani. Sotto forma di cloruro, in particolare di cloruro di sodio, esso costituisce lo 0,045% in peso della litosfera.
I principali minerali del cloro sono il salgemma, la silvite, la carnallite, il sale ammonico, che si trovano spesso associati insieme alla calcite e al gesso nei grandi giacimenti di origine evaporitica.
45. Il fluoro Dal latino fluere, infatti accenna al fatto che i minerali dell’elemento facilitano la fusione dei minerali.
Elemento chimico della famiglia degli alogeni di simbolo F, di peso atomico 18,994 e di numero atomico 9; è uno dei pochi elementi costituiti in natura da un unico isotopo. La crosta terrestre ne contiene in media lo 0,029%.
Allo stato di elemento libero è un gas di colore giallo-verdognolo, di odore acutissimo simile a quello dell'ozono; alla pressione atmosferica liquefà a -188 °C.
La sua preparazione presenta gravi difficoltà a causa dell'estrema reattività del fluoro libero (e anche dell'acido fluoridrico) che reagisce con gran parte degli elementi, specie i metalli.
46. Il ferro Elemento chimico di simbolo Fe, di peso atomico 55,84, e numero atomico 26.
Per la sua duttilità, lavorabilità, resistenza è largamente impiegato in natura.
Il ferro metallico chimicamente puro è un metallo di colore bianco e lucente. Fonde a ca. 1540 °C e bolle a 3070 °C; il suo peso specifico è di 7,87 g/cm3. Il ferro è polimorfo: a temperatura ambiente e fino a 769 °C è stabile la forma a, ferromagnetica, con un reticolo cristallino cubico centrato; tra 769 e 910 °C è stabile la forma b, che ha lo stesso reticolo ma non è più ferromagnetica; tra 910 e 1390 °C è stabile la forma g con reticolo cubico a facce centrate e tra 1390 °C e il punto di fusione è stabile la forma d, con reticolo simile a quello della forma a.
Inoltre il ferro ha la proprietà di magnetizzarsi quando è sottoposto ad un campo magnetico.
47. Il mercurio Dall’omonimo pianeta a cui il metallo fu dedicato dagli alchimisti.
Elemento chimico di simbolo Hg, numero atomico 80 e peso atomico 200,59.
È l’unico metallo liquido a temperatura ambiente: solidifica a – 38,87° C e bolle a 356,9°C.Ha peso specifico di 13,5584 a 15 ºC , e presenta poca conducibilità elettrica e termica per un metallo.
Il mercurio viene utilizzato nell'industria chimica e in quella farmaceutica per la preparazione di prodotti vari (vernici, insetticidi, disinfettanti, esplosivi, ecc.); nell'industria elettrotecnica ed elettrochimica per la costruzione di lampade a vapori di mercurio, raddrizzatori, interruttori, pile campione (pila Weston), elettrodi standard di riferimento;
48. Manganese Elemento chimico di simbolo Mn, peso atomico 54,938 e numero atomico 25, isolato nel 1774 da J. G. Gahn e riconosciuto quale elemento da K. W. Scheele nello stesso anno.
Il manganese non si rinviene allo stato nativo, ma è molto diffuso nelle rocce, rappresentando infatti lo 0,085% in peso della crosta terrestre; i minerali più importanti sono la pirolusite, la manganite, la braunite e l'hausmannite.
Il manganese puro è un metallo di colore bianco-argenteo, simile di aspetto al ferro puro; all'aria lentamente imbrunisce e diviene opaco per ossidazione. Più duro e più fragile del ferro, ha peso specifico di 7,21 e un punto di fusione di 1244 ºC; per riscaldamento la forma del manganese, stabile a temperatura ambiente, con struttura a reticolo cubico (forma a), si trasforma successivamente in altre tre forme allotropiche con un diverso reticolo e stabili solo in determinati intervalli di temperatura.
49. Azoto Da a (alfa privato) e zotikos (che da vita), cioè elemento che non permette la vita.
Elemento chimico di simbolo N, numero atomico 7, peso atomico 14,008.
L'azoto puro si presenta come un gas incolore, inodore e insapore che alla pressione atmosferica liquefa a –195,8 ºC fornendo un liquido che solidifica a –210,5 ºC. A temperatura ambiente è costituito da molecole biatomiche N2 molto stabili e che cominciano a dissociarsi sensibilmente in atomi liberi solo a temperature elevate, oltre i 3000 ºC.
Se mantenuto ad una temperatura di -173 °C, conserva il suo stato e le sue proprietà anche a pressione atmosferica.
50. L’argento Da argos (bianco, splendente).
Elemento chimico di simbolo Ag, peso atomico 107,87 e numero atomico 47. È un metallo nobile usato e conosciuto sin dall’antichità.
L’argento puro è un metallo tenero, molto duttile.Fonde a 960,5°C e ha peso specifico di 9,33. Presenta i più alti valori di conducibilità termica ed elettrica, elevato potere riflettente, ottima resistenza alla corrosione in tutti gli ambienti.
L’argento viene usato in campo dell’oreficeria, per la carta fotografica e per altri usi vari.
51. L’alluminio Da alumen un composto dell’alluminio.
Elemento chimico di simbolo Al peso atomico 26,98 e numero atomico 13.
L'alluminio puro è un metallo dal caratteristico colore bianco argenteo, molto leggero (d=2,70), cristallizza nel sistema monometrico con reticolo cubico a facce centrate; fonde a 660,2 ºC e bolle a 2056 ºC.
L'alluminio presenta una conducibilità elettrica assai elevata, anche se inferiore a quella del rame.
L’alluminio è molto usato in campo metallurgico: viene utilizzato per fare le finestre e per la carrozzeria delle automobili.
52. L’oro Dal nome latino aurum (oro).
Elemento chimico di simbolo Au, peso atomico 197,20 e numero atomico79.
L'oro puro si presenta come un metallo lucente di colore giallo caratteristico, assai tenero, duttilissimo ed estremamente malleabile , tanto da poterne ottenere fogli semitrasparenti alla luce; fonde a 1063 ºC e bolle a 2970 ºC.
È un ottimo conduttore del calore e dell'elettricità. Per la sua grande inerzia agli agenti chimici, lo si considera il metallo nobile per definizione: esso non viene infatti minimamente attaccato dall'ossigeno atmosferico, dagli alcali anche concentrati, o dagli acidi inorganici quali il cloridrico, il nitrico, il solforico, ecc. Per attaccarlo e trasformarlo in composti solubili il reagente più usato è la cosiddetta acqua regia.
L’oro viene comunemente usato in orociferia, per i contatti elettrici, ma anche in medicina per la cura dei reumatismi.
53. Il boro Borax dal minerale borace.
Elemento chimico di simbolo B, numero atomico 5 e peso atomico 10,81.
I campioni più puri di boro cristallino si presentano in cristalli lucenti, di colore bruno scuro, che fondono a 2350 ºC e presentano una durezza elevatissima.
Tra i suoi composti l'acido borico e il borace vengono richiesti in quantità considerevoli per usi svariati: come fondenti nella saldatura dei metalli; nella preparazione dei vetri cosiddetti borosilicati, neutri e resistenti agli sbalzi di temperatura, che vengono usati per la vetreria da laboratorio. Piccole quantità di boro vengono introdotte come elemento di lega in alcuni acciai speciali; interesse sempre maggiore destano alcuni composti del boro (come il carburo di boro e i composti binari con il molibdeno, il tungsteno, ecc.) data la loro refrattarietà e l'altissima durezza, che li rendono adatti alla preparazione di trafile per metalli, punte da taglio.
54. Il bromo Dal greco Bromos (cattivo odore), perché è un elemento maleodorante.
Elemento chimico di simbolo Bre di peso atomico 79,916, numero atomico 35.
Il bromo puro a temperatura ambiente è un liquido di colore scuro, di odore sgradevole e soffocante, che svolge vapori rossastri molto aggressivi e irritanti. Il bromo bolle a 58,78 ºC, ma anche a temperatura ambiente presenta un'elevata tensione di vapore. Si scioglie in acqua formando una soluzione molto ossidante, detta acqua di bromo.
55. Il fosforo Dal greco Phòs (luce) e fero (porto), cioè apportatore di luce.
Elemento chimico di simbolo P, di peso atomico 30,97 e numero atomico 15.
Il nome di fosforo deriva dal fatto che, all'aria, nella sua forma allotropica denominata fosforo bianco o fosforo giallo, si ossida lentamente emettendo una debole luminescenza nettamente visibile al buio.
Il fosforo venne scoperto intorno al 1669 dall'alchimista H. Brand, che lo ottenne riscaldando ad alta temperatura con silice il residuo ottenuto dall'evaporazione delle urine.
Il fosforo bianco, che, se perfettamente puro, è un solido incolore, che però all'aria ingiallisce rapidamente in seguito a fenomeni di ossidazione.
Il fosforo bianco viene utilizzato per produrre acido fosforico e dei fertilizzanti che ne derivano; è inoltre il prodotto di partenza per la produzione del fosforo rosso, utilizzato nella preparazione dei fiammiferi, come disossidante nella metallurgia dei bronzi e di certi tipi di acciaio e nella fabbricazione di svariati composti del fosforo; è usato anche in campo militare per la produzione di bombe.
56. Lo zolfo Dal latino Sulphur.
Elemento chimico di simbolo S, di peso atomico 32,06 e numero atomico 16. noto e utilizzato fin dall’antichità, fu individuato quale elemento ad opera di A. Lavoisier.
La forma dello zolfo termodinamicamente stabile a temperatura ambiente è lo zolfo a, che presenta un reticolo cristallino del sistema rombico e si rinviene in natura in cristalli per lo più a bipiramide rombica talvolta anche di grandi dimensioni e dal caratteristico colore giallo citrino. Riscaldata rapidamente, questa forma allotropica dello zolfo fonde a 112,8 ºC; se invece il riscaldamento viene effettuato abbastanza lentamente, lo zolfo a si trasforma a 95,3°C nella forma allotropica indicata con il nome di zolfo b, che presenta un reticolo cristallino monoclino e fonde a 119,3°C.
La produzione mondiale di zolfo viene assorbita da impieghi diversi, tra i quali il più importante è quello dell'industria chimica per la produzione di suoi composti, tra cui soprattutto l'acido solforico, l'anidride solforosa e i solfiti, il solfuro di carbonio, ecc. Quantità minori ma pur sempre elevate vengono poi assorbite dai processi di vulcanizzazione della gomma, dall'uso agricolo, in particolare quello in viticoltura contro l'oidio, dalla produzione dei coloranti cosiddetti allo zolfo.
57. Il silicio Dal latino silex (selce), dalla selce un minerale del silicio.
Elemento chimico di simbolo Si, peso atomico 28,086 e numero atomico 14.
Il silicio è polimorfo: la varietà cristallina con un reticolo simile a quello del diamante si può facilmente ottenere in cristalli anche di notevoli dimensioni, durissimi, lucenti e assai fragili; fonde a 1410 ºC.
Il silicio è un materiale semiconduttore di più comune impiego per diodi, transistori, circuiti integrati, microprocessori, memorie RAM e ROM, rivelatori e lenti nell'infrarosso, diodi emettitori di luce (LED), fotorivelatori, celle solari, celle ad accoppiamento di carica CCD (Charged Coupled Devices, impiegate nelle telecamere portatili), tiristori per circuiti di potenza e altri.
58. Argo Dal greco argos (inerte), poiché non reagisce con gli altri elementi.
Elemento chimico di simbolo Ar, peso atomico 39,948 e numero atomico 18. Venne scoperto nel 1894 da Lord Rayleigh e Sir W. Ramsay partendo dall'osservazione che l'azoto isolato dall'aria presenta una densità un poco maggiore di quella dell'azoto purissimo ottenuto per via chimica.
Quantità notevoli di argo si usano, in miscela con l'azoto, nel riempimento delle lampadine a incandescenza: è infatti chimicamente più inerte dell'azoto e presenta una conducibilità termica minore. L'argo si usa inoltre come atmosfera inerte nella metallurgia e nella saldatura di alcuni metalli, come per esempio il titanio.
59. Arsenico Dal greco arsenikos (valoroso), infatti è un elemento ardito per le sue azioni sui metalli.
Elemento chimico di simbolo As, peso atomico 74,92 e numero atomico 33.
In natura lo si rinviene in piccole quantità sotto forma di arsenico nativo l'arsenico dà luogo a diversi stati allotropici; quello stabile a temperatura ambiente, e nel quale gli altri tendono a convertirsi, è l'arsenico grigio o arsenico metallico, di colore grigio metallico lucente, a struttura cristallina e assai fragile. Sono inoltre noti un arsenico giallo, che si ottiene raffreddando bruscamente i vapori di arsenico, e un arsenico nero, amorfo. L'arsenico metallico sublima senza fondere alla temperatura di 613 ºC; il suo peso specifico è di 5,72. All'aria si ossida lentamente ricoprendosi di uno strato di colore bruno, ma a temperatura abbastanza elevata può venir incendiato e brucia spandendo fumi bianchi.
La quantità maggiore di arsenico trova attualmente impiego, sotto forma dei suoi composti, soprattutto in agricoltura.
60. Bario Dal greco barys (pesante), poiché la densità dei suoi minerali è molto alta.
Elemento chimico di simbolo Ba, numero atomico 56, peso atomico 137,36 e densità 3,6.
Il bario puro è un metallo molle di colore bianco argento, che all'aria rapidamente si ossida; fonde a 710 ºC. I suoi composti volatili danno alla fiamma una caratteristica colorazione verde gialla. A temperatura ambiente reagisce con l'acqua più energicamente del calcio e dello stronzio, trasformandosi in idrossido e liberando idrogeno.
Il bario trova applicazione per le candele d’accensione, per il contrasto in radiografia e per le lampade fluorescenti.
61. Il bismuto Dal tedesco Weisse (bianca) e masse (massa), cioè massa bianca.
Elemento chimico di simbolo Bi, numero atomico 83, peso atomico 208,90 e densità 9,8.
Il bismuto allo stato puro è un metallo fragile, tenero, lucente, di colore argenteo leggermente rossiccio che in aria umida si ossida rapidamente, mentre è stabile in atmosfera perfettamente secca; fonde a 271,3 ºC. Allo stato solido il bismuto presenta una resistenza elettrica circa doppia di quella che esso ha allo stato liquido.
Il bismuto presenta un basso valore di sezione di cattura dei neutroni e trova perciò impiego nei reattori nucleari; per le sue caratteristiche viene anche usato nella preparazione di magneti permanenti. Alcuni sali di bismuto trovano applicazione nell'industria ceramica e vetraria e, nella produzione di vernici e smalti, come pigmenti.
62. Carbonio Dal latino carbo (carbone).
Elemento di simbolo C, di peso atomico 12,011, numero atomico 6 e densità 2,26.
Esiste libero in natura sotto diverse forme (diamante e graffite), è il costituente principale del carbone ed è parte essenziale di tutti i composti organici, delle rocce calcaree e di tutti gli organismi viventi.
63. Cobalto Dal greco kòbalos (folletto), cioè gnomo sotterraneo.
Elemento chimico di simbolo Co, peso atomico 58,93 e numero atomico 27.
Il cobalto puro si presenta come un metallo bianco e lucente, di aspetto simile a quello del nichel dal quale però si distingue per i suoi riflessi bluastri; fonde a 1495 ºC e a temperatura ambiente è più duro del nichel e dell'acciaio.
I sali e gli ossidi di cobalto vengono impiegati fino da epoca molto antica per colorare il vetro e gli smalti ceramici in blu o in rosa; il cobalto metallico è stato largamente impiegato solo in epoca recente, soprattutto per la produzione di leghe speciali, in quanto l'aggiunta di cobalto agli acciai inossidabili al cromo-nichel ne migliora la resistenza alla corrosione e le proprietà meccaniche anche a elevate temperature.
64. Cromo Dal geco chròma (colore), chiamato così da Vaquelin per il colore dei suoi composti.
Elemento chimico di simbolo Cr, peso atomico 51,996 e numero atomico 24.
Il cromo puro è di colore grigio acciaio, ha peso specifico 7,19, fonde a 1890 ºC e bolle a 2482 ºC. Il cromo è un metallo relativamente inerte dal punto di vista chimico; a temperatura ambiente non viene attaccato dall'ossigeno atmosferico e dalla umidità; l'acido cloridrico e l'acido solforico attaccano lentamente il cromo con sviluppo di idrogeno.
Dal punto di vista industriale, sono importanti la produzione dei composti del cromo utilizzati in galvanoplastica, in conceria e per la produzione di pigmenti (che si effettua direttamente dalla cromite senza passare attraverso il cromo metallico); in campo metallurgico la produzione di leghe ferro-cromo, per riduzione della cromite con carbone al forno elettrico, che vengono poi direttamente utilizzate per la preparazione degli acciai inossidabili.
65. Cesio Dal latino caesius (azzurrastro), colore delle righe spettrali dell’elemento.
Elemento chimico della famiglia dei metalli alcalini, di simbolo Cs, peso atomico 132,91 e numero atomico 55.
Il cesio metallico, che si prepara più spesso per elettrolisi dell'idrossido o di alcuni suoi sali allo stato fuso e viene poi purificato per distillazione nel vuoto, ha sulle superfici appena tagliate un colore bianco argenteo, che all'aria subito si appanna per ossidazione e per reazione con l'umidità atmosferica; fonde a 28,6 ºC e ha un punto di ebollizione di 670 ºC alla pressione ambiente.
Il cesio metallico trova impiego nelle cellule fotoelettriche, data l'emissione di elettroni cui dà luogo anche quando venga colpito dalle radiazioni di maggior lunghezza d'onda dello spettro visibile; trova inoltre impiego nei tubi a raggi catodici e in altre apparecchiature a vuoto spinto, essendo in grado di assorbire le ultime tracce di ossigeno in queste contenute.
66. Il gallio Dal latino Gallia (Francia), denominato così dallo scopritore, il chimico francese Lecoq de Boisbaudran.
Elemento chimico di simbolo Ga, di peso atomico 69,72, numero atomico 31.
Il gallio puro si presenta come un metallo di colore grigio chiaro con riflessi azzurrognoli. Dopo il mercurio è il metallo a più basso punto di fusione che si conosca: fonde infatti a 30,15 ºC. A differenza del mercurio, il gallio presenta però una tensione di vapore molto bassa e conseguentemente bolle a 1983 ºC.
Data la sua proprietà di mantenersi liquido da 30,15 ºC fino a quasi 2000 ºC, viene usato per costruire termometri a lettura diretta per le temperature molto elevate e, puro o in lega con il piombo, per costruire giunti idraulici per alte temperature. Per il suo alto potere riflettente, viene usato nella costruzione di specchi per impieghi speciali.
67. Germanio Dal latino Germania (Germania), nome proposto da Mendeleev, in onore dello scopritore, il chimico tedesco Winkler.
Elemento chimico di simbolo Ge, di peso atomico 72,60 e numero atomico 32.
Il germanio puro si presenta come un metallo lucente di colore grigio, che fonde a 937,4 ºC e ha un peso specifico di 5,323. Ha spiccato carattere di semiconduttore, per cui viene utilizzato per la fabbricazione di transistor bipolari e unipolari, diodi, raddrizzatori di piccola potenza e dispositivi fotosensibili. A temperatura ambiente non viene in pratica attaccato dall'ossigeno e dall'umidità atmosferica, e solo ad alta temperatura l'ossigeno lo trasforma nel biossido GeO2.
68. Elio Dal greco Heliòs (sole), denominato così in quanto abbondante nell’astro.
Elemento chimico di simbolo He, peso atomico 4,0038 e numero atomico 2, appartenente alla famiglia dei gas nobili. L'elio fu scoperto (1868) esaminando allo spettroscopio la luce proveniente dal Sole; in seguito fu osservato nelle inclusioni gassose di minerali radioattivi e infine isolato dall'atmosfera terrestre (1900). È inerte dal punto di vista chimico e non forma composti con alcun altro elemento. Alla pressione atmosferica, l'elio liquefà a –268,6 ºC e il liquido solidifica a –272,2 ºC, ossia poco al di sopra dello zero assoluto.
L'elio trova impiego come gas di riempimento per palloni aerostatici in sostituzione dell'idrogeno, rispetto al quale, pur presentando un potere ascensionale un poco minore, ha però il vantaggio di non essere infiammabile. Lo si usa inoltre per effettuare saldature di particolari metalli in atmosfera assolutamente inerte, come gas pressurizzante inerte nei serbatoi di carburante dei missili, per gonfiare pneumatici di aerei, dove riesce utile la sua elevata conducibilità termica, e in varie applicazioni di laboratorio.
69. Iodio Dal greco ioidés (violaceo), infatti i vapori dello iodio sono violetti.
Elemento chimico della famiglia degli alogeni, di simbolo I, di peso atomico 126,92 e numero atomico 53.
A temperatura ambiente, lo iodio, che analogamente agli altri alogeni è costituito da molecole biatomiche I2, si presenta in genere in lamelle di colore nero e di lucentezza metallica. Riscaldato oltre i 100 ºC e lentamente anche a temperatura più bassa, sublima senza prima fondere, trasformandosi in un vapore dall'intenso colore violetto. In acqua è pochissimo solubile, ma è assai più solubile nelle soluzioni acquose degli ioduri alcalini a causa della formazione di sali complessi.
Lo iodio viene utilizzato per la produzione di ioduro d'argento per le pellicole e le carte sensibili usate in fotografia.
70. Indio Da indigo (indaco), colore delle righe spettrali dell’elemento.
Elemento chimico di simbolo In, di peso atomico 114,82 e numero atomico 49.
L'indio è un metallo di colore argenteo, duttile e malleabile, relativamente tenero, che fonde a 156,6 ºC. È chimicamente assai reattivo: gli acidi lo attaccano facilmente, e l'ossigeno ossida l'indio fuso trasformandolo nell'ossido In2O3.
Mentre l'indio metallico non sembra in alcun modo nocivo, i suoi sali solubili sono fortemente tossici. È usato soprattutto nella produzione di leghe facilmente fusibili e di rivestimenti autolubrificanti per cuscinetti di motori.
71. Iridio Dal greco Ires (iride), dai colori iridati dei sali relativi.
Elemento chimico del gruppo del platino, di simbolo Ir, peso atomico 192,20 e numero atomico 77.
L'iridio puro è tra tutti il metallo più resistente agli agenti chimici; è in pratica perfettamente inossidabile e non viene attaccato neppure dall'acqua regia. Ha un colore bianco lucente simile a quello del platino, fonde a 2443 ºC e, con il suo peso specifico di 22,42, è dopo l'osmio (peso specifico 22,48) il metallo più pesante.
L’iridio viene usato per la radioterapia del cancro, siringhe, candele di elicotteri e per il campione standard del metro.
72. Antimonio Dal greco Anti (contro) e mònos (solo), cioè contro la solitudine perché associato sempre ad altri minerali.
Elemento chimico di simbolo Sb, peso atomico 121,75, numero atomico 51. Il metallo puro fonde a 630,5 ºC, presenta un colore simile a quello dell'argento e uno splendore metallico; è assai fragile, tanto da poter essere facilmente polverizzato. All'aria, anche umida, si conserva inalterato alla temperatura ambiente; riscaldato a temperature elevate invece brucia con fiamma azzurrastra trasformandosi nell'ossido Sb2O3. È relativamente resistente agli agenti chimici.
Date le sue scadenti qualità meccaniche, l'antimonio metallico puro non ha alcuna applicazione pratica, mentre importanti impieghi trova in leghe, in particolare con il piombo e lo stagno.
73. Litio Dal greco lithos (pietra), infatti i relativi minerali hanno un aspetto pietroso.
Elemento chimico della famiglia dei metalli alcalini, di simbolo Li, peso atomico 6,94 e numero atomico 3.
Il litio metallico appena tagliato è lucente e di colore argenteo; osservato per trasparenza in strato sottilissimo è di colore blu. Fonde a 179 ºC e bolle a 1317 ºC con formazione di vapori rossi; è assai tenero, tanto da poterlo tagliare con un coltello; ha un elevato calore specifico (0,85 cal/g a 25 ºC) ed è il più leggero degli elementi non gassosi, con una densità all'incirca pari a metà di quella dell'acqua.
Modeste quantità di litio metallico si usano in metallurgia perché l'introduzione di una piccola percentuale di questo elemento in varie leghe ne modifica favorevolmente le proprietà meccaniche ed elettriche. Il litio metallico è inoltre uno dei materiali di base nella costruzione delle bombe all'idrogeno, mentre l'idruro di litio è uno tra i migliori propellenti solidi per i missili a causa delle enormi quantità di calore che esso sviluppa bruciando in atmosfera di ossigeno
74. Lantanio Dal greco lanthàno (sto nascosto), denominato così per le difficoltà di isolare l’elemento.
Elemento chimico di simbolo La, peso atomico 138,91 e numero atomico 57.
Il lantanio metallico presenta un aspetto simile al ferro, lucente sulle superfici appena tagliate, ma che a contatto con l'aria diviene rapidamente opaco per ossidazione; fonde a 920 ºC e ha un peso specifico di 6,16.
Viene utilizzato per fare il vetro flint, per le lenti delle macchine fotografiche, e per gli elettrodi delle batterie.
75. Ittrio Dallo svedese YTTerRby (villaggio svedese).
Elemento chimico di simbolo Y, peso atomico 88,90 e numero atomico 39, appartenente al gruppo delle terre rare.
Si ottiene allo stato puro per riduzione con magnesio del suo ossido naturale (ittria), ricavato dalla gadolinite. L'ittrio è un metallo di colore grigio-argenteo brillante, fonde a 1509 ºC e bolle a 2927 ºC; è dotato di debole paramagnetismo e possiede notevole reattività chimica, paragonabile a quella dei lantanidi pesanti.
Viene usato per produrre tv, laser, mattoni refrattari, e misuratori di ossigeno.
76. Rame Dal latino tardo aeramen, dal classico aes aeris, rame, bronzo]. ) Elemento chimico di simbolo Cu, peso atomico 63,54 e numero atomico 29.
Il rame puro è un metallo dal caratteristico colore rosso, assai duttile e malleabile, con un peso specifico di 8,945; fonde a 1083 ºC.
Gli impieghi più importanti del rame sono quelli in elettrotecnica e in termotecnica (serpentine, caldaie, scambiatori di calore, ecc.), nella preparazione di molte sue leghe, quali gli ottoni, i bronzi, i bronzi di alluminio, ecc., e nella produzione di suoi composti, come il solfato di rame largamente usato quale anticrittogamico. Il rame è ancora usato per rivestimenti e oggetti artistici; abbandonato è invece l'uso di pentole e vasellame da cucina, che poteva dar luogo a intossicazioni più o meno gravi a causa della possibile solubilizzazione del rame da parte di acidi organici contenuti negli alimenti.
77. Molibdeno Dal greco molybdaina, massa di piombo, in quanto il più comune minerale del molibdeno, la molibdenite, è stato a lungo confuso col solfuro di piombo naturale, la galena.
Elemento chimico di simbolo Mo, di peso atomico 95,95 e di numero atomico 42. È stato riconosciuto come nuovo elemento nel 1778 da K. W. Scheele ed è stato ottenuto in forma metallica nel 1782 da P. J. Hjelm.
Il metallo compatto è di colore bianco argenteo, duttile e malleabile; presenta una struttura cubica a corpo centrato, peso specifico di 10,28 e un punto di fusione elevatissimo, di 2620 ºC. A temperatura ambiente è molto resistente agli agenti chimici.
L'aggiunta di molibdeno agli acciai ne migliora notevolmente le qualità meccaniche e la resistenza alla corrosione: il molibdeno viene quasi sempre aggiunto in percentuale relativamente modesta accanto ad altri metalli di lega come per esempio negli acciai inossidabili ad alta resistenza alla corrosione utilizzati per molti impianti chimici.
78. Piombo Dal latino plumbum, nome del piombo.
Elemento chimico di simbolo Pb, peso atomico 207,19 e numero atomico 82.
Il piombo è un metallo di colore bianco-azzurro e lucente sulle superfici tagliate di fresco ma che all'aria rapidamente si ossida perdendo la lucentezza e assumendo il suo caratteristico colore grigio-azzurrognolo. È tenero, tanto da poterlo tagliare con un coltello, e facilmente deformabile, ma l'aggiunta anche di piccole quantità di altri elementi, in particolare di piccole quantità di arsenico, antimonio, argento o cadmio, ne aumenta considerevolmente la durezza. È poco duttile e malleabile, anche a causa della sua grana cristallina generalmente grossolana: per solidificazione del metallo fuso si formano facilmente cristalli della lunghezza anche di alcuni cm. Il piombo fonde a 327,43 ºC e bolle a 1740 ºC; ha un peso specifico elevato, di 11,342.
Il piombo trova impiego nella fabbricazione di tubi per l'acqua e per l'industria chimica e delle guaine di protezione dei cavi elettrici e telefonici
79. Stagno Dal latino stannum, nome latino dello stagno.
Elemento chimico di simbolo Sn, peso atomico 118,69 e numero atomico 50.
Lo stagno a o stagno grigio (densità a 20 ºC=5,75) ha la struttura del diamante ed è instabile al di sopra dei 132 ºC; a questa temperatura si trasforma in bSn o stagno bianco (densità a 20 ºC=7,3) con caratteristiche metalliche; al di sopra di 161 ºC si trasforma in gSn che è una modificazione più fragile del metallo. La conversione dello stagno metallico in stagno grigio fu osservata per la prima volta nelle canne d'organo delle cattedrali delle città nordeuropee. A causa infatti delle basse temperature le canne degli organi sviluppavano strane escrescenze, fenomeno che veniva definito “peste dello stagno”.
Lo stagno è utilizzato per fare le canne dell’organo, il peltro, il vetro opalino, gli smalti e alcuni tipi di latta.
80. Platino Dallo spagnolo platina, da plata, argento.
Elemento chimico di simbolo Pt, di peso atomico 195,09 e numero atomico 78.
Il platino metallico, perfettamente puro e compatto, presenta un colore e una lucentezza intermedi tra quelli dell'argento e quelli del nichel. Il suo peso specifico, di 21,45, è inferiore solo a quello dell'osmio e dell'iridio. È molto duttile e malleabile ed è relativamente tenero, ma la sua durezza viene molto aumentata dalla presenza di quantità anche inferiori allo.0,1% di iridio o di ferro. Fonde a 1769ºC, ma già al calor rosso rammollisce: ciò permette la saldatura autogena; a causa del suo basso coefficiente di dilatazione termica può essere saldato al vetro, e questa proprietà lo rende utile nella costruzione di contatti elettrici, ecc. negli apparecchi di laboratorio.
81. Zinco Dal tedesco Zink.
Elemento chimico di simbolo Zn, di peso atomico 65,38 e di numero atomico 30.
Lo Zn è un metallo bianco-azzurro, di media durezza, intorno ai 200 ºC diventa fragile e può essere macinato in polvere; all'aria scurisce lentamente, probabilmente perché si ricopre di una pellicola di ossido o di carbonato che lo autoprotegge.
Con lo zinco si producono le grondaie, le protezione metalli e le valvole per condutture.
82. Nichel Dallo svedese nickel, dal tedesco Kupfernickel, propr. falso rame (da Kupfer, rame, e Nickel, nomignolo di un folletto maligno), nome dato dai minatori alla niccolite, con allusione alla difficoltà di estrarne il rame.
Elemento chimico di simbolo Ni, peso atomico 58,71 e numero atomico 28. Il nichel puro e compatto è un metallo dal caratteristico colore grigio chiaro, assai lucente dopo politura, magnetico, anche se meno del ferro (punto di Curie 353 ºC), di peso specifico 8,90 e con punto di fusione a 1453 ºC.
Un terzo ca. della produzione mondiale di nichel è utilizzato, specialmente come metallo puro, nell'industria chimica, elettrochimica, elettrotecnica ed elettronica. La maggior parte del nichel viene impiegata però per la preparazione di moltissime leghe (oltre 3000) fra cui gli acciai (nei quali il nichel spesso è presente in quantità variabili dallo 0,5 al 35%) che hanno un posto prevalente, in quanto a essi è destinato oltre il 50% della produzione di nichel. La sua funzione è quella di migliorare le caratteristiche di tenacità, temperabilità, resistenza meccanica, resistenza alla corrosione e al calore dell'acciaio specie quando è associato al cromo (acciai inossidabili).
83. Palladio Dal nome dell’asteroide Pallade, scoperto poco prima.
Elemento chimico della famiglia del platino, di simbolo Pd, peso atomico 106,4 e numero atomico 46. Venne scoperto nel 1803 da W. H. Wollaston, che gli diede il nome di palladio per onorare la scoperta dell’asteroide Pallade avvenuta l'anno prima a opera dell'astronomo H. W. Olbers, suo amico.
Allo stato di elemento puro il palladio si presenta come un metallo di colore e di lucentezza intermedi tra quelli del platino e dell'argento. Ha un peso specifico di 11,90, molto inferiore a quello del platino; fonde a 1552 ºC e bolle a 3980 ºC; è malleabile e duttile, anche se meno del platino.
Il palladio viene impiegato in alcune leghe in orologeria, gioielleria e odontotecnica. Per via galvanica forma ottimi rivestimenti protettivi, per esempio su oggetti di argento, di rame e di ottone; rilevante è in particolare il consumo di palladio per la preparazione di catalizzatori di idrogenazione.
84. Selenio Dal greco selene, luna (in analogia con tellurio) con allusione al colore argenteo che assume il selenio fuso.
Elemento chimico di simbolo Se, peso atomico 78,96 e numero atomico 34.
Analogamente allo zolfo, il selenio presenta varie forme allotropiche: le due più comuni sono il selenio rosso, che si ottiene per riduzione dei composti di selenio in soluzione acquosa, solubile in solfuro di carbonio, e il selenio grigio o selenio metallico, che si ottiene dal selenio rosso per riscaldamento a temperatura abbastanza elevata, è insolubile in solfuro di carbonio e fonde a 220,5 ºC.
Il selenio metallico ha carattere di semiconduttore e gode della proprietà di aumentare di oltre cento volte la sua conducibilità elettrica quando viene colpito dalla luce, per cui trova molte applicazioni tecniche quale semiconduttore. Un altro uso del selenio è quello nei raddrizzatori di corrente detti appunto al selenio, i quali utilizzano il fenomeno della conduttività asimmetrica che esso presenta.
85. Titanio Dal latino Titanus (Titano), denominato così per la sua alta resistenza meccanica. Infatti Titano era un gigante mitologico.
Elemento chimico di simbolo Ti, peso atomico 47,90 e numero atomico 22; individuato nel 1795 da M. H. Klaproth, ma isolato soltanto nel 1813, è ottenuto in quantità apprezzabili a iniziare dal 1910.
Allo stato di elemento puro e compatto il titanio si presenta come un metallo di colore argenteo e lucente, duro, duttile e malleabile; basta però un contenuto anche ridottissimo di impurezze, per esempio di ossigeno, di azoto o di carbonio, per renderlo molto fragile.
Il titanio è utilizzato specialmente nelle industrie chimica, elettrochimica, aeronautica e missilistica. La sua presenza negli acciai comporta la formazione di carburi stabili: pertanto viene aggiunto in piccole quantità (0,1%) come stabilizzante negli acciai inossidabili e in maggiore quantità, associato al tungsteno, in alcuni acciai da utensili da taglio e per stampi.
86. Zirconio Dall’arabo zargun (zircone), pietra preziosa.
Elemento chimico di simbolo Zr, di peso atomico 91,22 e di numero atomico 40.
Allo stato di elemento libero lo zirconio è un metallo di colore argenteo, duro ma duttile e malleabile, con un peso specifico di 6,49 e che fonde a 1852 ºC. È inalterabile agli agenti atmosferici e presenta una grande resistenza all'azione corrosiva degli acidi anche concentrati, eccetto il fluoridrico, e alle soluzioni alcaline.
Per queste sue proprietà, e malgrado il costo relativamente elevato, lo zirconio si è affermato come materiale per la costruzione di apparecchiature per l'industria e di altri oggetti sottoposti a condizioni di esercizio gravose. Si impiegano allo scopo i vari tipi di leghe dello zirconio con piccole quantità di stagno, ferro, cromo, o nichel che stabilizzano la forma cristallina dello zirconio migliorandone le qualità meccaniche.
87. Vanadio Da Vanadis, dea scandinava.
Elemento chimico di simbolo V, peso atomico 50,942 e numero atomico 23, isolato nel 1869 da H. Roscoe.
Allo stato di elemento libero il vanadio si presenta come un metallo di colore grigio argenteo, che fonde a 1919 ºC, duro ma assai duttile, con un peso specifico di 6,1; è assai resistente agli agenti chimici.
Il vanadio puro viene utilizzato solamente per speciali applicazioni non industriali e per scopi scientifici; la maggior parte del vanadio metallico si prepara invece sotto forma di lega ferro-vanadio al 35-85%, riducendo al forno elettrico il pentaossido di vanadio con lega ferro-silicio. Tale lega serve per la preparazione degli acciai speciali e in metallurgia per disossidare i bagni durante la fabbricazione di lamiere da profondo stampaggio, per affinare il grano, o incrementare le caratteristiche meccaniche (specialmente quelle di durezza), a opera di carburi molto stabili, di varie leghe di acciaio; viene aggiunto inoltre quale antigrafitizzante nelle ghise.
Nelle leghe non ferrose la presenza del vanadio migliora le loro caratteristiche meccaniche e di resistenza alla corrosione.
88. Rodio Dal greco rhódon, ròsa, con riferimento al colore di alcuni composti.
Elemento chimico della famiglia del platino, di simbolo Rh, peso atomico 102,905 e numero atomico 45.
Il rodio puro e compatto si presenta come un metallo di colore bianco e lucente simile a quello del platino; ha peso specifico di 12,41 e fonde a 1966 ºC. Il rodio metallico presenta una grande inerzia chimica: è stabile all'aria anche al calore rosso e non viene attaccato neppure dall'acqua regia; viene invece attaccato dall'idrogenosolfato di potassio fuso e dal bromo in acido bromidrico a caldo.
Il rodio presenta un insieme di proprietà che lo rendono consigliabile per varie applicazioni malgrado il suo costo elevato, assai superiore a quello del platino; rivestimenti di rodio applicati sull'argento (rodanizzazione) esplicano un'efficace azione protettiva su questo metallo. Il rodio presenta inoltre un ottimo potere riflettente che non viene alterato dagli agenti atmosferici, per cui è utilizzato nella fabbricazione di specchi per strumenti ottici; altri impieghi sono quelli nella fabbricazione di coppie termoelettriche per la misura di temperature elevate, di elettrodi di candele per motori a scoppio, ecc. (rodiatura).
89. Stronzio Dal nome delle miniere di Strontian, Scozia.
Elemento chimico della famiglia dei metalli alcalino-terrosi, di simbolo Sr, peso atomico 87,62 e numero atomico 38, punto di fusione 768 ºC, densità 2,6.
Allo stato libero, lo stronzio, che si può ottenere per elettrolisi del suo cloruro fuso o per riduzione dell'ossido con silicio o con alluminio a caldo, si presenta come un metallo molto tenero, lucente e di colore bianco-argenteo sulle superfici appena tagliate, ma che imbrunisce quasi istantaneamente al contatto dell'aria per ossidazione.
Attualmente lo stronzio metallico ha interesse puramente scientifico, e anche i suoi composti trovano applicazioni tecniche molto più limitate di quelle dei composti del calcio e del bario. Un impiego caratteristico è quello del cloruro, SrCl2, che viene usato nei fuochi d'artificio: i composti dello stronzio impartiscono infatti alla fiamma un'intensa colorazione rosso cremisi.
90. Tantalio Dal mitico Tantalo (per la resistenza agli acidi).
Elemento chimico di simbolo Ta, peso atomico 180,95 e numero atomico 73. Scoperto nel 1802, venne isolato nel 1844.
Allo stato di elemento libero il tantalio si presenta come un metallo grigio, duro ma duttile e malleabile, molto pesante (peso specifico 16,6); ha punto di fusione elevato (2996 ºC). Il tantalio metallico è molto inerte e non viene sensibilmente attaccato dall'aria e dal vapore acqueo fino a temperature dell'ordine dei 1000 ºC; è inoltre perfettamente resistente all'acido solforico, all'acido nitrico e all'acido cloridrico, oltre che alle soluzioni alcaline.
Per le sue ottime proprietà meccaniche e di resistenza alla corrosione, il tantalio (malgrado il costo elevato) viene usato negli apparecchi dell'industria chimica, per esempio per rivestire tubi, autoclavi ecc. esposti all'azione di agenti particolarmente aggressivi, e inoltre nella costruzione di apparecchi scientifici e di misura in sostituzione delle leghe platino-iridio. La sua inerzia chimica consente inoltre applicazioni odontoiatriche e chirurgiche.
91. Tellurio Dal latino tellus -uris, terra.
Elemento chimico della famiglia dello zolfo, di simbolo Te, peso atomico 127,60 e numero atomico 52, scoperto nel 1782 da J. F. Müller von Reichenstein.
Il tellurio cristallino o grigio, che costituisce la forma più comune, ha aspetto e proprietà quasi metalliche, fonde a 450 ºC e ha un peso specifico di 6,25. Il tellurio amorfo o bruno, che si ottiene, per esempio, riducendo i composti del tellurio con biossido di zolfo, è una varietà assai meno definita che tende a trasformarsi più o meno rapidamente in tellurio grigio.
Gli usi del tellurio e dei suoi composti sono limitatissimi anche a causa della loro scarsa disponibilità; piccole quantità se ne usano nell'industria vetraria per conferire particolari colorazioni al vetro e nella preparazione di qualche accelerante speciale per la vulcanizzazione della gomma.
92. Tallio Dal greco thallós, germoglio, con riferimento alla tipica riga spettrale verde.
Elemento chimico di simbolo Tl, peso atomico 204,39 e numero atomico 81, scoperto nel 1861 da W. Crookes.
Allo stato di elemento libero il tallio si presenta come un metallo di colore grigio bluastro, che imbrunisce rapidamente all'aria; ha un peso specifico di 11,85 e fonde a 302,4 ºC. All'aria si ossida molto facilmente; viene rapidamente attaccato dall'acido nitrico, più difficilmente dagli altri acidi.
Le applicazioni tecniche del tallio metallico e dei suoi composti sono limitate. Il solfato di tallio (I) viene utilizzato nella preparazione di esche avvelenate contro i topi; alcuni composti vengono impiegati in vetreria, per conferire al vetro particolari colorazioni, e in fotografia. Il tallio metallico, in lega con il piombo, il bismuto, l'antimonio e altri metalli, viene usato nella preparazione di alcune leghe facilmente fusibili ma resistenti agli agenti chimici.
93. Niobio Dalla mitica Niobe figlia di Tantalo, perché l'elemento è unito al tantalio nei suoi minerali.
Elemento chimico di simbolo Nb, di peso atomico 92,906 e di numero atomico 41. Venne scoperto nel 1801, ma solo nel 1844 il chimico tedesco Rose ne riconobbe definitivamente il carattere di nuovo elemento chimico e gli diede il nome di niobio.
Il niobio puro è un metallo di aspetto simile al platino, che fonde a 2468 ºC, di peso specifico 8,46 e molto resistente agli agenti chimici.
Dal punto di vista tecnico il niobio ha assunto una notevole importanza nell'industria metallurgica: l'aggiunta di piccole quantità di niobio migliora infatti nettamente le proprietà degli acciai inossidabili e di altri acciai speciali, quelle delle leghe nichel-cromo, ecc. Leghe di niobio, stagno e zirconio sono largamente usate nella costruzione di magneti superconduttori grazie alla proprietà di diventare superconduttrici a temperature non eccessivamente basse anche in presenza di forti campi magnetici.
94. Neon Dal greco néos (nuovo), denominato così dal figlio dello scopritore Ramsay, insieme a Travers.
Elemento chimico di simbolo Ne, peso atomico 20,183 e numero atomico 10, appartenente alla famiglia dei gas nobili. Fu scoperto nell'aria (1898) sottoponendo a distillazione frazionata argo atmosferico liquefatto.
Il neo è un gas inodoro e incoloro, pochissimo solubile in acqua e che non dà luogo ad alcun composto chimico vero e proprio.
La maggior parte del neo prodotto trova impiego nelle lampade a scarica gassosa per insegne luminose e nelle lampade a luminescenza e fluorescenti a causa della luce brillante emessa, le cui radiazioni rosso e arancio risultano visibili anche in condizioni atmosferiche pessime; è utilizzato inoltre come gas di riempimento nei contatori di radioattività e nei tubi elettronici, come fluido criogenico per produrre basse temperature, inferiori al punto di ebollizione dell'azoto.
95. Afnio Dal latino Hafnia (nome latino di Copenhagen).
Elemento chimico di simbolo Hf, numero atomico 72, peso atomico 178,49, e fu isolato nel 1922 a Copenaghen.
L'afnio metallico ha colore bianco-argenteo, alto punto di fusione (2220 ºC), è duttile e malleabile e assai resistente agli agenti chimici. Come lo zirconio è in pratica esclusivamente tetravalente: i suoi sali sono di colore bianco.
L'afnio viene utilizzato per la costruzione delle barre di controllo dei reattori nucleari di potenza: presenta infatti un'elevata sezione di cattura per i neutroni e viene preferito al boro per la maggiore resistenza alla corrosione e per l'inalterabilità del potere assorbente. Trova anche applicazione come additivo rinforzante in leghe refrattarie per alta temperatura.
96. Tungsteno Dallo svedese tungsten, da tung, pesante, e sten, pietra, cioè pietra pesante.
Elemento chimico di simbolo W, peso atomico 183,85 e numero atomico 74, detto anche wolframio.
Il tungsteno metallico, puro e compatto, è lucente e durissimo; ha un peso specifico elevato, di 19,1, e fonde a 3410 ºC. Non si ossida all'aria fino al calor rosso ed è inoltre molto resistente a tutti gli agenti chimici, compresi l'acido cloridrico e l'acido solforico anche concentrati e a caldo. Il tungsteno e i suoi composti sembrano praticamente innocui per l'organismo umano.
Il tungsteno trova impiego per gli elettrodi da saldatura, filamenti per lampadine, proiettili e utensili da perforazione.
158. Osmio Dal greco osmé (odore), dall’odore del tetrossido.
Elemento chimico della famiglia del platino, di simbolo Os, peso atomico 190,2 e numero atomico 76. Fu scoperto dall'inglese S. Tennant, nel 1804, insieme con l'iridio.
L'osmio compatto ottenuto per fusione si presenta come un metallo di colore argenteo, molto duro ma fragile; il metallo ottenuto per sinterizzazione della polvere è invece di colore grigio-azzurrognolo. Presenta un punto di fusione altissimo, intorno ai 2750 ºC, e un punto di ebollizione superiore a 5300 ºC; con un peso specifico di 22,48, l'osmio rappresenta la sostanza più pesante che si conosca.
L'osmio è impiegato per realizzare speciali conduttori e contatti elettrici, e in lega con il platino e l'iridio per ottenere leghe durissime.
159. Rutenio Dal latino Ruthenia, proposto dallo scopritore Claus in onore della Russia.
Elemento chimico della famiglia del platino, di simbolo Ru, di peso atomico 101,07 e di numero atomico 44.
Il rutenio puro e compatto si presenta come un metallo di aspetto simile a quello del platino, duro e fragile; ha peso specifico 12,45 e fonde a 2310 ºC.
Dal punto di vista chimico è un elemento molto inerte: l'ossigeno atmosferico lo ossida solo assai lentamente a una temperatura superiore ai 600 ºC, e, tra gli acidi, solo l'acqua regia lo attacca, sia pure con molta lentezza; più rapidamente lo attaccano gli idrossidi alcalini fusi, che lo trasformano in rutenati.
Le applicazioni industriali del rutenio sono molto limitate anche a causa del suo costo elevato; quella di maggior rilievo si ha nel rivestimento galvanico di contatti elettrici, nei quali il rutenio dà ottimi risultati a causa della bassa resistenza di contatto a temperatura elevata e della buona resistenza al logorio per attrito. Esso trova inoltre impiego nella preparazione di particolari catalizzatori di idrogenazione.
160. Scandio Da Scandia, nome latino della Scandinavia, perché l'elemento fu originariamente isolato dalla gadolinite svedese.
Elemento chimico di simbolo Sc, peso atomico 44,95 e numero atomico 21.
Allo stato di elemento libero lo scandio si presenta come un metallo di colore bianco argenteo, che all'aria si ossida facilmente; ha peso specifico 3,0 e fonde a 1539 ºC.
Le uniche applicazioni dello scandio si hanno nella produzione di leghe altofondenti.
161. Polonio Dal latino scientifico Polonium, nome dato da M. Curie in onore della Polonia, suo Paese d'origine.
Elemento chimico di simbolo Po, numero atomico 84 e peso atomico 210, radioattivo e contenuto in minima quantità nei minerali di uranio. L'isotopo principalmente contenuto in questi minerali è il polonio 210, che si disintegra emettendo particelle a con un periodo di semitrasformazione di 138,4 giorni; altri isotopi, tutti fortemente radioattivi, sono stati poi isolati dai prodotti di reazioni nucleari diverse.
A causa della sua alta radioattività e per il fatto di essere stato finora ottenuto solo in quantità minime, il polonio è un elemento ancora poco studiato e che non trova alcuna applicazione pratica. Per la sua posizione nel sistema periodico degli elementi esso rientra nella famiglia dello zolfo, ma dato l'elevato peso atomico presenta carattere quasi del tutto metallico e proprietà simili al bismuto.
162. Berillio Dal greco bérillos (berillo), dal minerale berillo.
Elemento chimico di simbolo Be, numero atomico 4 e peso atomico 9,0122.
Il berillio è un metallo grigio, che fonde a 1283 ºC. È assai stabile all'ossidazione da parte dell'atmosfera, probabilmente a causa della formazione di un sottilissimo strato di ossido compatto e aderente che protegge il metallo sottostante.
Per le sue proprietà il berillio trova impiego come componente minore di leghe leggere a base di alluminio e magnesio, delle quali migliora le caratteristiche di inalterabilità. L'inalazione di quantità anche minime di berillio sotto forma di polvere o vapore provoca la berilliosi. Viene utilizzato per fare le finestre di tubi per raggi x, per fare le molle degli orologi e per gli utensili antiscintilla.
163. Il sistema periodico degli elementi Il sistema periodico degli elementi è di fondamentale importanza per qualunque persona che vuole svolgere un’attività di tipo chimico.
In ogni laboratorio, tutte le persone che hanno bisogno di conoscere le diverse proprietà di ogni elemento, usano la tavola periodica degli elementi, che riporta le diverse proprietà che contraddistinguono i 109 elementi esistenti.
Ma cosa portò a questo?
Gli elementi chimici erano molto aumentati verso la metà del ‘800 e quindi si pensò bene di portare ordine (cioè classificare gli elementi) all’interno di questo campo in base alle loro diverse proprietà.
Fu Mendeleev ad elaborarlo, grazie all’aiuto della valenza, all’incirca centocinquanta anni fa, e nonostante si siano sviluppate nell’ultimo secolo due importanti teorie, non sono state intaccate le fondamenta di questa “tavola”.
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164. La valenza La valenza fu utilizzata da mendeleev per classificare gli elementi.
Per valenza (dal latino forza) nella metà del ‘800 veniva definita come il potere di combinazione degli atomi.
Poiché si era osservato che l'atomo di idrogeno non si combinava mai con più di un solo atomo di un qualsiasi altro elemento, all'idrogeno venne assegnata, per convenzione, valenza uno.
Per gli elementi che non davano composti con l'idrogeno la valenza veniva stabilita per via indiretta, in base alla capacità di sostituirsi o di equivalere ad atomi di idrogeno. La valenza di un elemento era quindi il numero degli atomi di idrogeno con cui quell’elemento si combina o a cui si sostituisce per formare un composto.
L'esperienza, inoltre, metteva in luce che un elemento poteva possedere valenza diversa in composti diversi.
165. Chi cercò di classificare gli elementi? Johann Wolfgang Döbereiner
J. A. Reina Newlands
Mendeleev
Moseley
166. Johann Wolfgang Dobereiner Fra i primi scienziati che tentarono questa operazione ci fu il chimico tedesco Johann Wolfgang Döbereiner (1780-1849); aveva infatti notato che il bromo, elemento da poco scoperto, era dotato di proprietà che sembravano intermedie fra quelle del cloro e quelle dello iodio. Era solo una coincidenza?
Per provare a portare avanti questa teoria, andò alla ricerca di altri gruppi di tre elementi: le cui proprietà si disponessero secondo una variazione regolare e in effetti notò che si assomigliavano fra loro anche litio, sodio e potassio, elementi detti metalli alcalini perché presenti in composti chiamati alcali (sostanze con proprietà opposte a quelle degli acidi.
Allora Dobereiner cercò di sviluppare la teoria delle triadi che sembrava in un primo momento giusta. Però, non essendo stato in grado di trovare altre triadi che avessero proprietà simili, dovette rinunciare alla sua teoria.
168. J. A. Reina Newlands Il chimico inglese J. A. Reina Newlands (1837-1898) propose un tipo di classificazione in base al diverso peso atomico che hanno gli elementi.
Egli, disponendo gli elementi per peso atomico crescente, aveva notato che, con cadenza regolare, ad ogni otto di essi si ripetevano proprietà simili.
Newlands, che aveva avuto un’educazione musicale, chiamò questa relazione "Legge delle ottave" per analogia con la scala musicale in cui l'ottava nota dà una percezione simile alla prima. Disponendo gli elementi in colonne verticali di sette unità, quelli simili si venivano a trovare sistemati sulle stesse righe orizzontali.
Le triadi scoperte da Döbereiner si posizionavano spontaneamente su righe orizzontali.
La sua proposta però venne accolta con scetticismo, da qualcuno addirittura ridicolizzata, e alla fine fu scartata
169. Mendeleev Nel 1869 il chimico russo Mendeleev pubblicò la sua "Tavola Periodica", una costruzione scientifica che rappresentò un lavoro di enorme importanza sia dal punto di vista pratico che teorico.
Da un punto di vista pratico l'opera di Mendeleev costituì la base della chimica moderna, perché fornì un quadro sintetico di tutti gli elementi noti, rendendo anche ragione, in modo schematico, di analogie e differenze di comportamento. Da un punto di vista teorico essa fu un modello di indubbio valore e significato scientifico, soprattutto se si considera il fatto che venne prodotta quando le conoscenze sulla struttura intima della materia erano ancora molto scarse.
Il merito della scoperta della Tavola Periodica venne attribuito a Mendeleev invece che a Meyer non già per una semplice questione legata al ritardo della pubblicazione da parte dell’editore, ma per l’uso sensazionale che il chimico russo seppe fare del suo lavoro.
Dallo schema proposto da Mendeleev trasse poi origine tutta una serie di applicazioni e di ricerche chimiche di gran lunga superiore alle poche nozioni sperimentali su cui il sistema stesso era stato edificato.
170. Il processo di Mendeleev Mendeleev, disponendo gli elementi in funzione del loro peso atomico crescente, notò che si venivano a formare spontaneamente, ad intervalli fissi e ricorrenti, gruppi di essi con proprietà chimiche e fisiche comuni.
Per i composti con l'idrogeno si constatava che la valenza andava progressivamente aumentando da 1 a 4 per poi ridiscendere fino ad 1. Dopo questi primi sette elementi seguivano, in ordine di peso atomico crescente, sodio, magnesio, alluminio, silicio, fosforo, zolfo e cloro.
Ciascuno dei sette elementi ora menzionati, presentava proprietà molto simili al corrispondente elemento dell'insieme dei primi sette con cui era stato incolonnato.
Si osservi che la rappresentazione si andava configurando suddivisa in periodi orizzontali e in gruppi verticali, in modo tale che la valenza massima di ogni elemento corrispondesse al numero del gruppo in cui l'elemento stesso aveva trovato sistemazione.
Altre informazioni per capire meglio …
171. A questo punto è opportuno ricordare che quando venne edificato il Sistema Periodico non si sapeva nulla sulla costituzione intima dell'atomo per cui, come abbiamo già fatto osservare, diventa ancora più ricco di contenuto scientifico il lavoro di Mendeleev.
Si rifletta anche sul fatto che, ordinando gli elementi secondo le loro caratteristiche chimiche, inconsapevolmente lo scienziato russo suggeriva che l'atomo non poteva considerarsi un semplice blocchetto di materia inerte, ma doveva possedere una struttura interna ordinata, poiché solo in questo modo si potevano giustificare le variazioni graduali delle proprietà chimiche e fisiche degli elementi al crescere del loro peso.
Un secondo elemento di conferma del valore euristico del Sistema Periodico di Mendeleev si ebbe quando vennero scoperti gli elementi mancanti per i quali era stata già prevista la sistemazione. Questi elementi vennero chiamati scandio (l’eka-boro), gallio (l’aka-alluminio) e germanio (l’eka-silicio) in onore della patria dei loro scopritori, rispettivamente la Scandinavia, la Francia e la Germania.
Un'ulteriore dimostrazione della validità del lavoro di Mendeleev fu rappresentata dalla scoperta dei primi due gas nobili: elio e argo.
172.
Nuovi elementi
Elementi transuranici
173. Classificare è in genere un’opera fondamentali in tutte le scienze sperimentali: essa è utile non solo per motivi di chiarezza, ma anche e soprattutto perché permette di analizzare con maggior precisione le proprietà e le caratteristiche di ciò che ha trovato sistemazione logica all'interno dello schema in cui è stato inserito.
Classificare significa quindi suddividere un insieme eterogeneo in tanti gruppi omogenei per determinare le proprietà preventivamente fissate.
La difficoltà sta proprio nello stabilire in anticipo le proprietà che devono essere alla base della classificazione stessa.
Si usa definire empirica (o artificiale) una classificazione che è stata ottenuta basandosi esclusivamente sull'osservazione di pochi caratteri superficiali; si definisce invece scientifica (o naturale) una classificazione più dettagliata e completa per realizzare la quale si è tenuto conto, oltre che di una serie di aspetti esteriori, anche di conoscenze di carattere teorico e dell’analisi profonda degli oggetti di studio.
174. Idrogeno Da Hydor (acqua) e ghennao (genero). Questo nome fu proposto da Lavoisier poiché è un generatore d’acqua.
Elemento chimico di simbolo H, di peso atomico 1,008 e numero atomico 1.
A temperatura ambiente l’idrogeno è formato da molecole biatomiche; si presenta come un gas incolore e inodore, poco solubile in acqua.
È il gas più leggero che si conosca, essendo 14,38 volte meno pesante dell’aria; per tale ragione, malgrado l’inconveniente dell’infiammabilità, è stato ed è ancora usato per il riempimento di palloni aerostatici .
A pressione ambiente passa allo stato liquido a -252,77°C e il liquido così ottenuto solidifica -259,2°C.
175. I gas nobili Famiglia di elementi chimici tutti gassosi a temperatura ambiente e che comprende, in ordine di peso atomico crescente, l'elio, il neo, l'argo, il cripto, lo xeno e il rado. Il nome di gas rari, usato soprattutto in passato per indicare questi elementi, era in realtà poco giustificato perché essi sono contenuti nell'atmosfera in percentuale assai diversa, che per il più abbondante, l'argo, si avvicina all'1%; più giustificato è invece il nome di gas nobili, che indica la loro grande inerzia chimica.
L'inerzia chimica dei gas nobili è dovuta alla stabilità del sistema di otto elettroni che tutti presentano nello strato più esterno del loro atomo (a eccezione dell'elio che ha solo due elettroni nel primo strato). Di conseguenza, essi non tendono a modificare tale sistema per formare legami chimici neppure con altri atomi dello stesso elemento, ossia a formare.
Fino al 1962 non era noto alcun composto chimico dei gas nobili, ma dopo ne sono stati preparati alcuni del cripto e dello xeno con il fluoro, il cloro e l'ossigeno, peraltro tutti difficili da ottenere e più o meno instabili. A formare i legami chimici di tali composti intervengono da parte del gas gli elettroni dello strato immediatamente sottostante a quello più esterno; dei gas nobili più leggeri non è invece noto alcun composto.
176. Filosofo greco (Abdera ca. 470-ca. 370 a. C.). Avrebbe viaggiato in Egitto e in Persia, in India e in Etiopia riportandone nozioni di matematica e di astronomia; fu allievo di Leucippo di Mileto, padre dell'atomismo.
Per Democrito gli atomi hanno due sole qualità: la grandezza e la forma geometrica; ogni aggregato di atomi può disporsi in ordine diverso, dando luogo a diversi composti. Vi è qui un adombramento di quelle che saranno in chimica le formule di struttura. Queste aggregazioni producono in noi le percezioni sensibili quando vengono a contatto con i nostri sensi: per esempio vediamo un oggetto quando un effluvio di atomi parte dall'oggetto e colpisce il nostro occhio. Dal moto degli atomi si originano i corpi.
Il moto degli atomi è determinante per il loro peso, che dipende appunto dalla maggiore o minore velocità da essi acquistata nell'urto con altri atomi. Il moto degli atomi ha per Democrito carattere meccanico: di qui la rigorosa visione di un materialismo meccanicistico, in cui tutti i fenomeni naturali sono regolati da un rigoroso determinismo. Alcune informazioni su Democrito
178. I nuovi elementi La scoperta di nuovi elementi attraverso metodi chimici richiedeva che la sostanza da analizzare contenesse l’elemento ignoto in quantità relativamente abbondante, mentre molti degli elementi rari erano presenti nei minerali in quantità molto esigua, tanto da rendere praticamente impossibile isolarne una quantità sufficiente per potere effettuare su di essa gli esami necessari.
La situazione cambiò profondamente quando venne utilizzato un nuovo strumento di analisi della materia: lo spettroscopio.
Esso venne costruito nel 1814 da un ottico tedesco di nome Joseph von Fraunhofer (1787-1826) il quale studiava il metodo migliore per produrre lenti prive di aberrazione cromatica facendo passare un raggio di luce solare prima attraverso una stretta fessura e poi attraverso un prisma di vetro.
In seguito a questa operazione si veniva a formare su di uno schermo sistemato alla parete una striscia colorata dei colori dell’arcobaleno (detta “spettro”) all’interno della quale si potevano contare centinaia di righe scure di cui però l’artigiano tedesco non seppe dare giustificazione.
Ma chi riuscì a darne una spiegazione?
179. Due grandi scienziati Coloro che compresero il significato di quelle righe furono due scienziati tedeschi: il fisico Gustav Robert Kirchhoff (1824-1887) e il chimico Robert Wilhelm Bunsen (1811-1899). Essi notarono, quarantacinque anni dopo le osservazioni di Fraunhofer, che riscaldando fino all’incandescenza gli elementi chimici gli stessi producevano uno spettro caratteristico di linee luminose diverse da elemento ad elemento. Vennero quindi passati in rassegna tutti gli elementi noti e ad ognuno di essi fu attribuita una propria “impronta digitale” rappresentata da una particolare serie di righe luminose. Qualora l’analisi attraverso lo spettroscopio di qualche minerale portato ad incandescenza avesse rivelato una serie di righe che non corrispondeva ad alcuno degli elementi noti voleva dire che all’interno del minerale era presente un elemento sconosciuto. La potenza di questo metodo di indagine della materia risiedeva nel fatto che anche piccolissime tracce di un elemento erano sufficienti per dar luogo ad uno spettro significativo e caratteristico.
Ma non è finito tutto qui!
180. Lo spettroscopio aiuta sempre più Frattanto molti chimici si dedicarono all’analisi spettroscopica di svariati minerali allo scopo di individuare al loro interno nuovi elementi. Il chimico francese Paul Lecocq (1838-1912) nel 1874 notò la presenza di righe sconosciute nello spettro di alcuni minerali raccolti sui Pirenei: si trattava dell’impronta di un elemento nuovo a cui fu assegnato il nome di gallio (da Gallia, antico nome della Francia). Mendeleev, venuto a conoscenza della scoperta, riscontrò nelle caratteristiche della sostanza identificata dal chimico francese quelle del suo eka-alluminio.
Pochi anni più tardi vennero individuati anche gli altri due elementi previsti da Mendeleev nella sua Tavola. Nel 1879 il chimico svedese Lars Nilson (1840-1899) scoprì lo scandio (così chiamato in onore della Scandinavia) che non era altro che l’eka-boro di Mendeleev e pochi anni più tardi, nel 1886, il chimico tedesco Clemens Winkler (1838-1904), in un minerale d’argento, isolò un elemento che chiamò germanio (in onore della sua patria) e le cui caratteristiche coincidevano con quelle dell’eka-silicio. L’analisi spettroscopica riserverà altre sorprese e altre conferme della validità della Tavola Periodica.
181. “Il mistero” dell’argo Nel 1894 il chimico scozzese William Ramsay (1852-1916) rifece un esperimento che alcuni anni prima era stato tentato dal chimico inglese Henry Cavendish (1731-1810) il quale aveva fatto reagire azoto con ossigeno (i due gas più abbondanti dell’atmosfera) senza però riuscire a completare la reazione: alla fine del processo rimaneva infatti un po’ di gas che non poteva essere azoto ma che Cavendish non fu in grado di stabilire cosa fosse.
Ramsay sottopose all’analisi spettroscopica il gas che si rifiutava di reagire notando una serie di righe che non coincidevano con alcuno dei gas noti. Si trattava in effetti di un nuovo elemento, più pesante dell’azoto e presente nell’aria in quantità pari a circa l’1% del volume totale: poiché esso non reagiva con nessun altro elemento gli fu assegnato il nome di argo da un termine greco che significa “inerte”.
Poiché quello appena scoperto non dava segno di combinarsi con altri elementi, si decise di assegnargli valenza zero.
Questo nuovo elemento non poteva essere l’unico esemplare a mostrare inerzia chimica. Non tardarono infatti a presentarsi altri gas con le sue stesse caratteristiche.
182. Un altro elemento simile all’argo In realtà un elemento simile all’argo era già stato individuato, ma non su questa Terra. L’astronomo inglese Norman Lockyer (1836-1920) aveva attribuito ad alcune delle righe presenti nello spettro solare la presenza di un nuovo elemento a cui fu assegnato il nome di elio (parola che in greco significa sole) perché lo si riteneva tipico di quell’ambiente. Nel 1895 Ramsay esaminando con lo spettroscopio un minerale di uranio osservò una serie di righe che corrispondeva a quella che vent’anni prima era stata osservata sul sole: l’elio esisteva quindi anche sulla Terra. Lo stesso Ramsay riscaldando lentamente l’aria liquida scoprì tre gas inerti che evaporavano successivamente in funzione del loro peso atomico crescente: furono chiamati neon (nuovo), cripto (nascosto) e xeno (straniero).
La serie dei gas nobili (così detti per analogia con le persone di rango elevato le quali se ne stanno per proprio conto evitando di confondersi con la gente comune) si completò nel 1900 con la scoperta del radon (o emanazione): un gas che usciva dal radio sostanza altamente radioattiva, scoperta due anni prima dai coniugi Curie.
183. Ma perché quest’ordine? Fra il 1906 e il 1908 il grande fisico neozelandese Ernest Rutherford (1871-1937), a quel tempo insegnante presso l’Università di Manchester in Inghilterra, compì una serie di esperimenti che mostravano come la maggior parte della massa dell’atomo fosse concentrata al centro di esso in un corpuscolo di dimensioni molto piccole rispetto a quelle dell’atomo intero.
Le esperienze di Rutherford consistevano nel lanciare particelle (nuclei dell’atomo di elio) contro sottili lamine di metalli diversi e nell’osservare la direzione che questi proiettili assumevano dopo aver attraversato il bersaglio. Egli notò che la maggior parte delle particelle alfa attraversava il foglio metallico senza subire deviazioni mentre una piccola parte di esse defletteva dalla sua traiettoria rettilinea. Dalle deviazioni osservate il fisico neozelandese dedusse non solo la presenza di corpuscoli all’interno dell’atomo ma anche il valore della massa e della carica elettrica da essi posseduta.
In precedenza il fisico inglese Joseph John Thomson (1856-1940) aveva estratto dalla materia gli elettroni, particelle praticamente senza massa ma con carica elettrica negativa.
184. Moseley Negli anni 1913-1914 il fisico inglese Henry G. J. Moseley (1887-1915) misurando la lunghezza dell’onda dei raggi X che uscivano da elementi di diversa natura bombardati da elettroni veloci, scoprì che nell’atomo esisteva una quantità fondamentale il cui valore aumentava regolarmente nel passare da un elemento a quello successivo della Tavola Periodica. Se, ad esempio, due elementi creduti adiacenti nella Tavola Periodica davano origine a raggi X le cui lunghezze d'onda differivano del doppio del previsto, fra loro doveva trovarsi un elemento ancora sconosciuto; se differivano del triplo, gli elementi da inserire dovevano essere due. Se invece i raggi X di due elementi adiacenti differivano della misura prevista, si poteva essere certi che fra di essi non doveva essere inserito alcun nuovo elemento. Il posto (o numero d’ordine) di ogni elemento all’interno del Sistema Periodico coincideva con il valore della carica elettrica posseduta dal nucleo dell’atomo di quel determinato elemento e questo a sua volta corrispondeva al numero di elettroni necessari per bilanciare la carica del nucleo stesso. Il vero responsabile delle proprietà chimiche e fisiche degli elementi non era quindi il loro peso, ma il numero degli elettroni presenti negli atomi di quegli elementi. Questa quantità, come già sappiamo, venne chiamata “numero atomico” e adottata come il vero principio ordinatore del Sistema Periodico.
185. La “nuova” tavola periodica La moderna Tavola Periodica degli elementi è stata ottenuta tenendo conto anche delle conoscenze della struttura atomica effettuate all'inizio dello scorso secolo. Essa ricalca, nelle linee essenziali, la precedente Tavola di Mendeleev, conservando la suddivisione in periodi e gruppi, ma si arricchisce ulteriormente di una struttura a blocchi. Nel procedere della lettura si tenga sott’occhi una Tavola in versione moderna.
Si possono contare quattro blocchi. Il blocco di sinistra è formato di due colonne (denominate gruppo IA e gruppo IIA): in esso trovano sede gli elementi nei quali i rispettivi atomi vanno riempiendo di elettroni gli orbitali di tipo s dei vari livelli energetici.
Il blocco di destra è formato di sei colonne (gruppi IIIA, IVA, Va, VIA, VIIA, e 0): in esso trovano sistemazione gli elementi i cui atomi vanno via via riempiendo di elettroni gli orbitali di tipo p dei diversi livelli energetici.
Il blocco centrale è formato di dieci colonne e in esso trovano sistemazione gli elementi corrispondenti a quegli atomi i cui elettroni occupano progressivamente tutti gli orbitali di tipo d. Si tratta di quegli elementi che in precedenza abbiamo chiamato elementi di transizione.
Il blocco inferiore, infine, è costituito di quattordici colonne e in esso trovano sistemazione due periodi di quattordici elementi ciascuno.
La disposizione a periodi si interpreta ora con il riempimento progressivo di elettroni degli orbitali dei diversi livelli energetici. Si possono contare 7 periodi.
186. Il primo, secondo e terzo periodo La disposizione a periodi si interpreta ora con il riempimento progressivo di elettroni degli orbitali dei diversi livelli energetici. Si possono contare 7 periodi.
Il primo periodo è detto piccolissimo (o cortissimo) ed è formato di soli due elementi, l'idrogeno e l'elio; nei rispettivi atomi gli elettroni occupano l'orbitale s del primo livello energetico (K o 1).
Il secondo e terzo periodo sono detti piccoli (o corti) e sono formati di otto elementi ciascuno. Nei rispettivi atomi gli elettroni occupano i tre orbitali p del secondo e del terzo livello energetico, oltre che gli orbitali di tipo s più interni. Entrambi questi periodi iniziano con un metallo alcalino (litio e sodio, rispettivamente) e terminano con un gas inerte (neo e argo), con configurazione elettronica esterna s²p6, identica per entrambi
187. L’ultimo periodo L'ultimo periodo, il settimo, è detto incompleto perché dovrebbe contenere 32 elementi come quello precedente, ma per il momento risulta monco. Esso inizia, come tutti gli altri periodi con un metallo alcalino, il francio, ma termina prima di arrivare al gas nobile, elemento che dovrebbe avere il numero 118.
Ecco allora cosa risulterà:
188. Ecco allora cosa risulterà Gli elementi che fanno parte dello stesso gruppo possiedono un'identica struttura elettronica esterna. Per struttura elettronica esterna di un atomo si intende esattamente il numero degli elettroni presenti in eccesso su quell'atomo, rispetto al gas nobile immediatamente precedente. Siccome le caratteristiche chimiche di un elemento dipendono, come si sa, proprio dalla configurazione esterna del suo atomo, ne consegue che elementi di uno stesso gruppo devono avere comportamento chimico simile.
Ma si è privi di alcuni elementi
189. Mancano alcuni elementi! Agli inizi del ventesimo secolo grazie soprattutto al criterio di classificazione conseguente al lavoro di Moseley fu possibile prevedere esattamente quanti elementi rimanessero ancora da scoprire essendo ormai chiaro che fra l’idrogeno e l’uranio (che si riteneva essere l’ultimo elemento esistente in natura) dovesse trovarsi solo un numero limitato e definito di essi. Nel 1913 erano già stati occupati tutti i posti del Sistema Periodico tranne sette: rimanevano vuote la caselle con i numeri 43, 61, 72, 75, 85, 87 e 91.
190. Un italiano ci aiuta… L’elemento numero 43 venne invece isolato ufficialmente da Emilio Segrè (1905-1989). Questo grande fisico italiano nel 1936 si trovava a Berkeley, sede dell’Università della California, presso il laboratorio dell’amico Ernest Orlando Lawrence (1901-1958), l’inventore del ciclotrone. Qui Segrè (che in un tempo successivo si sarebbe trasferito definitivamente negli Stati Uniti) irradiò per alcuni mesi un frammento di molibdeno con deutoni (nuclei di deuterio, l’idrogeno pesante) e quindi si portò il campione così trattato all’Università di Palermo dove insegnava.
Dopo una serie di analisi accurate condotte insieme con il collega Carlo Perrier, scoprì che il campione di molibdeno sottoposto a bombardamento conteneva tracce di una nuova sostanza radioattiva che si dimostrò essere l’elemento di numero 43. Ad esso fu assegnato il nome di tecnezio (da una parola greca che significa artificiale) e questo fu il primo elemento del Sistema Periodico ottenuto in laboratorio …
191. Questo elemento, che a rigore non dovrebbe essere definito artificiale, non avrebbe mai potuto essere rintracciato fra le rocce a causa del suo periodo di semitrasformazione molto breve se non fosse che contemporaneamente alla sua scomparsa veniva rigenerato, seppure in quantità minime, da reazioni fisiche naturali. Il tecnezio (o masurio) infatti è uno dei prodotti della fissione nucleare dell’uranio indotta da parte sia di neutroni che provengono dallo spazio sia di quelli che si liberano dall’uranio stesso. Anche il tecnezio artificiale oggi si ottiene nello stesso modo in cui lo produce la natura.
Alcuni anni dopo la scoperta del tecnezio da parte di Segrè vennero riempite anche le ultime tre caselle della tavola periodica rimaste vuote. Nel 1939 venne isolato il francio (numero atomico 87) e nel 1940 l’astato cosiddetto per la sua instabilità (numero atomico 85) mentre l’ultimo vuoto, quello dell’ elemento numero 61 (prometeo), venne colmato nel 1947. Tutti e tre questi nuovi elementi sono radioattivi.
192. Gli elementi transuranici I chimici, fin dal 1913, erano convinti che con la scoperta degli ultimi sette elementi ancora mancanti nel Sistema Periodico l’elenco sarebbe stato completo. Questo convincimento però cambiò quando nel 1932 il fisico inglese James Chadwick (1891-1974) scoprì nel nucleo atomico il neutrone (una particella pesante quanto il protone ma priva di carica elettrica).
Fu Enrico Fermi (1901-1954) ad individuare nel neutrone la particella più adatta (soprattutto se in precedenza la sua velocità veniva rallentata) a penetrare nei nuclei degli atomi pesanti e a rimanerne intrappolata.
Il fenomeno si chiama decadimento beta e determina l’aggiunta di un protone a quelli già esistenti all’interno del nucleo di partenza.
Lo stesso Fermi era convinto di avere prodotto in laboratorio due elementi più pesanti dell’uranio che chiamò “esperio” e “ausonio”. In realtà il fisico romano con i suoi esperimenti non aveva ottenuto elementi nuovi ma la rottura di quelli che aveva sottoposto a bombardamento neutronico. La conferma di ciò si ebbe nel 1939 quando il fisico tedesco Otto Hahn (1879-1968) dimostrò che il bombardamento dell’uranio con neutroni produceva la rottura dell’atomo pesante in due frammenti più leggeri. Era la bomba atomica! ….
193. Nel 1940 due fisici dell’Università della California a Berkeley, Edwin M. McMillan (1907-1991) e Philip H. Abelson (1913 -) estrassero da un campione di uranio, che in precedenza era stato irradiato con neutroni all’interno del ciclotrone dell’istituto, l’elemento 93, il primo al di là dell’uranio. Ad esso coerentemente dettero il nome di nettunio dato che Nettuno è il primo pianeta dopo Urano. Nel corso degli anni quaranta e cinquanta un gruppo di fisici americani, diretti da Glenn T. Seaborg (1912 -) del Lawrence Berkeley National Laboratory, continuando le ricerche che erano iniziate durante la guerra con la scoperta dell’elemento 94 (chiamato plutonio dal pianeta Plutone) produssero tutta una serie di nuovi elementi che andavano ad occupare i posti compresi fra il numero 95 e il 100; essi erano: americio, curio, berkelio, californio, einstenio e fermio.
Con il fermio terminava però la possibilità di ottenere atomi attraverso il bombardamento con neutroni lenti perché al di là di un certo assembramento di particelle all’interno del nucleo non si realizzava più il decadimento beta. Per continuare a produrre elementi sempre più pesanti si doveva cambiare strategia. Il nuovo metodo che venne adottato fu quello di far collidere nuclei relativamente leggeri (carbonio, azoto e ossigeno) con elementi transuranici. Per eseguire questi esperimenti era però necessario imprimere ai proiettili grandi velocità che i ciclotroni in uso non erano in grado di produrre. Furono quindi studiati acceleratori di nuova concezione che però solo le due superpotenze furono in grado di realizzare materialmente.
Fu così che il Lawrence Berkeley National Laboratory negli Stati Uniti e l’Istituto congiunto per la ricerca nucleare di Dubna in Unione Sovietica si trovarono a competere sia sul piano scientifico sia su quello politico: le scoperte che si realizzarono in quegli anni di guerra fredda rimasero infatti per lungo tempo sottoposte a segreto militare. A causa della situazione politica di quegli anni non fu facile stabilire chi per primo avesse scoperto questi ultimi elementi e quale dovesse essere il nome che gli stessi avrebbero dovuto assumere
194. Moseley Fisico inglese (Weymouth, Dorsetshire, 1887-Gallipoli 1915). Ricercatore nel laboratorio della Manchester University, sperimentò nel campo della spettroscopia a raggi X per verificare l'ipotesi, avanzata nel 1913 da Van den Broek, che le proprietà di un elemento erano determinate dal suo numero atomico. Moseley riuscì a misurare la frequenza delle righe K, o di minima lunghezza d'onda, negli spettri caratteristici di vari elementi, individuando una formula empirica che gli consentì di stabilire il numero atomico di qualsiasi elemento e la sua relazione con la carica nucleare; ciò contribuì in modo determinante alla classificazione sistematica degli elementi. Morì tragicamente, durante lo sbarco a Gallipoli (Turchia) nella prima guerra mondiale.