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Gli istituti del diritto del lavoro subordinato Anno accademico 2009-10 Prof. Bruno Caruso. Argomenti e organizzazione del corso. Lezioni frontali Lezioni integrative Proiezione di un film con dibattito. DIRITTI “PERSONALI” DEL LAVORATORE A non essere discriminato
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Gli istituti del diritto del lavoro subordinato Anno accademico 2009-10 Prof. Bruno Caruso
Argomenti e organizzazione del corso • Lezioni frontali • Lezioni integrative • Proiezione di un film con dibattito
DIRITTI “PERSONALI” DEL LAVORATORE A non essere discriminato Ad un ambiente di lavoro salubre Alla riservatezza Alla tutela della sua dignità DIRITTI “PROFESSIONALI” del LAVORATORE Alla tutela della sua professionalità A gestire i tempi di non-lavoro Alla retribuzione A non essere licenziato senza giusta causa o giustificato motivo (nuova legge e polemiche) OBBLIGHI DEL LAVORATORE Di fedeltà e non concorrenza Di diligenza POTERI DATORIALI Poteri di controllo della prestazione Potere disciplinare Potere di recesso Potere di organizzare il lavoro e la produzione (anche di esternalizzare) PREROGATIVE DATORIALI Sospendere o interrompere l’attività, o parte di attività, produttiva in occasione di crisi Le posizioni soggettive delle parti nello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato
Primo istituto La retribuzione
La retribuzione i due nuclei concettuali: • Retribuzione, principi costituzionali (art. 36 Cost.) e corollari (I parte) • Retribuzione: tecniche (o sistemi), nozioni e calcolo degli istituti retributivi “indiretti” (II parte)
I diversi livelli di riconoscimento del diritto alla retribuzione del lavoratore subordinato • Il riconoscimento del diritto alla retribuzione da parte della Costituzione - la retribuzione proporzionata e sufficiente come diritto di rango costituzionale (art. 36 Cost.) • Il riconoscimento del diritto alla retribuzione da parte del codice civile (artt. 2094 e 2099 c.c.) - la retribuzione come oggetto di una delle due fondamentali obbligazioni del contratto di lavoro subordinato (obbligazione principale del datore di lavoro; controprestazione fondamentale per il lavoratore)
1)La retribuzione come oggetto di un diritto costituzionale “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” • La differente dimensione economico-sociale (e quindi anche giuridica) della retribuzione per il datore di lavoro e per il lavoratore: • Per il datore di lavoro: è un’obbligazione che rileva solo sotto il profilo patrimoniale; • Per il lavoratore: è lo strumento di mantenimento proprio e della famiglia (la natura alimentare del credito retributivo). Diritto esistenziale (la dimensione dell’avere ma anche dell’essere)
Una retribuzione “obbligazione sociale” Una retribuzione “obbligazione corrispettivo” Dall’art. 36 Cost. si ricavano due diverse nozioni giuridiche di retribuzione: La prima è leggibile nella parte del precetto costituzionale che assicura al lavoratore una retribuzione “in ogni caso sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa” La seconda è deducibile da quella parte dell’art. 36 Cost. che collega strettamente l’obbligazione retributiva alla quantità e alla qualità di lavoro prestato
La tutela giudiziaria basata sull’art. 36 Cost. Il presupposto: • Le prime interpretazioni • dell’art. 36 Cost. ne • affermavano il • carattere meramente • programmatico (Sermonti, 1952; • Pera, 1953) • Si è, tuttavia, presto • consolidato, in dottrina e in • giurisprudenza, l’orientamento • secondo cui l’art. 36 è norma • precettiva (Cass. 461/1952; • Pugliatti, 1950 e 1951) La natura immediatamente precettiva della norma costituzionale
La tutela giudiziaria basata sull’art. 36 Cost. I profilo: Tutela giudiziaria e sistema di contrattazione collettiva La tutela giudiziaria basata sull’art. 36 Cost. ha avuto la caratteristica di porsi come un sostegno alla contrattazione collettiva “debole”; si è trattato, cioè, di una creazione giurisprudenziale diretta ad ovviare alla mancata attuazione delle norma costituzionale (art. 39 Cost.) sulla contrattazione collettiva (Zoppoli, 1994)
I giudici hanno escogitato un procedimento “correttivo-integrativo” del contratto di lavoro, avvalendosi, coma base giuridica, del combinato disposto degli artt. 36 Cost. e 2099, comma 2, cod. civ. In realtà – e contrariamente al disposto letterale dell’art. 2099, comma 2 - il procedimento “correttivo-integrativo” è stato (e continua ad essere) applicato, non in mancanza di accordisull’entità della retribuzione, ma in presenza di accordi che prevedono retribuzioni di entità inferiori ai minimi retributivi contrattuali Giurisprudenza ultra legem o praeter legem Art. 36 Cost. e art. 2099, comma 2, c.c. (“In mancanza di norme corporative o di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice”)
Da parte della giurisprudenza, il ricorso ai contratti collettivi come parametri del giudizio di adeguatezza della retribuzione e come punti di riferimento della consequenziale operazione correttivo-integrativa è stato ampio Il contratto collettivo è stato spesso utilizzato non solo per lavoratori appartenenti a categorie munite di apposito contratto collettivo, ma anche per lavoratori di ambiti merceologici affini, nell’ipotesi in cui questi ultimi non fossero direttamente coperti da regolamentazione collettiva
La tesi giurisprudenziale “regina” per l’efficacia soggettiva del contratto collettivo c.d. di diritto comune. • Gode di maggiori consensi in giurisprudenza • si basa sul combinato disposto degli artt. 36 Cost. e 2099 cc. • Facendo ricorso a tali norme la giurisprudenza ha inteso risolvere il problema empirico della estensione delle clausole retributive contenute nei contratti collettivi ai soggetti del rapporto di lavoro non obbligati al rispetto di tali clausole, attraverso un'operazione di equità sociale.
PRINCIPIO COSTITUZIONALE La retribuzione deve essere proporzionata e sufficiente L’intervento del giudice ex art. 2099 consente di adeguare il contenuto del contratto ai principi costituzionali affermando il diritto ad una retribuzione sufficiente Rapporto di lavoro Rapporto di lavoro Rapporto di lavoro • Per completare l’operazione manca ancora un passaggio • Qual è la retribuzione sufficiente?
Il parametro della sufficienza La giurisprudenza individua un parametro significativo di sufficienza nella clausola retributiva dei contratti collettivi di diritto comune. “Nelle tabelle retributive contenute nei contratti collettivi può ravvisarsi quel dato di esperienza, quel momento di equilibrio tra confliggenti interessi, che più di ogni altro può costituire un ragionevole punto di riferimento per un tal genere di giudizio equitativo”
Presupposto necessario del meccanismo di estensione indiretta dei contratti collettivi fondato sull’art. 2099 è una interpretazione analogica del secondo comma della norma • “In mancanza di norme corporative o di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice” • In realtà, i giudici intervengono non solo quando manca l’accordo sulla retribuzione, ma anche e soprattutto quando l’accordo c’è ma è nullo in quanto contrario all’art. 36 Cost.
Precisazione L’applicazione dei contratti collettivi non deriva dalla loro giuridica obbligatorietà ma da una sorta di presunzione di corrispondenza tra minimi contrattuali collettivi e retribuzione sufficiente ai sensi dell'art. 36 cui il lavoratore ha diritto.
Corollario giurisprudenziale (la traccia più evidente del ruolo di interpretazione adeguatrice” ma pure innovativa della giurisprudenza nel diritto del lavoro) • Si ritiene esistente una presunzione di corrispondenza tra minimi contrattuali collettivi e retribuzione sufficiente ai sensi dell'art.36cui il lavoratore ha diritto.
…Conseguenza Proprio in quanto si tratta di una “presunzione di corrispondenza”, il giudizio, rimane libero da vincoli Il giudice potrebbe utilizzare criteri di sufficienza DIVERSI da quelli indicati dal contratto collettivo
QUESITI APERTI Cosa determina, la non obbligatorietà delle clausole del contratto collettivo? Quale atteggiamento della giurisprudenza finisce per essere giustificato?
Problema: può il giudice, in questa operazione “correttivo-integrativa” discostarsi dal parametro fornito dai contratti collettivi? Necessità, per es., di adattare il salario alle condizioni di depressione economico- ambientale della zona in cui è ubicata l’attività lavorativa (la cd. flessibilità salariale geografica) o alle diverse capacità economiche dei datoridi lavoro (PMI) Per quali ragioni, e per soddisfare quali necessità pratiche, il problema si pone?
Il principio generale: nel giudizio di adeguatezza il giudice può prendere in considerazione i parametri contenuti nei contr. coll., ma non necessariamente deve farlo, potendo ricorrere, nell’esercizio del suo potere discrezionale, anche ad altri parametri La facoltà di discostarsi dai minimi salariali stabiliti dai contratti collettivi va, tuttavia, esercitata, cum grano salis Gli orientamenti della Corte di Cassazione
Una prima significativa sentenza(Cass. civ., sez. lav., 25 febbraio 1994, n. 1903) Il giudice, nel determinare la giusta retribuzione ai sensi dell'art. 36 cost., ove non ritenga di adottare come parametro i minimi salariali stabiliti dalla contrattazione collettiva, può discostarsene, ma deve fornire specifica indicazione delle ragioni che sostengono la diversa misura. La determinazione della giusta retribuzione in un importo inferiore ai minimi salariali della contrattazione collettiva non può però trovare comunque motivazione nel richiamo a condizioni ambientali e territoriali, quali l'ambiente socio-economico depresso e il costo della vita, ancorché peculiari del mercato di lavoro nel settore di attività cui appartiene il rapporto dedotto in giudizio. non può però trovare comunque motivazione nel richiamo a condizioni ambientali e territoriali, quali l'ambiente socio- economico depresso
…con ancor maggiore chiarezzaCass. civ., sez. lav., 14 maggio 1997, n. 4224 • La determinazione della giusta retribuzione in un importo inferiore ai minimi salariali fissati dalla contrattazione collettiva non può essere giustificata col richiamo alle condizioni del mercato del lavoro relative al luogo in cui la prestazione viene effettuata, atteso che il precetto costituzionale di cui all'art. 36 cost. è finalizzato ad impedire qualsiasi forma di sfruttamento del dipendente, che è reso possibile proprio dalle condizioni di un mercato depresso.
L’orientamento recente della Cassazione • La determinazione della giustaretribuzione in un importo inferiore ai minimi salariali fissati dalla contrattazione collettiva non potrebbe essere mai giustificata con il richiamo alle condizioni del mercato del lavoro relative al luogo in cui la prestazione viene effettuata, atteso che il precetto costituzionale di cui all'art. 36 cost. è finalizzato a impedire qualsiasi forma di sfruttamento del dipendente, che è reso possibile proprio dalle condizioni di un mercato depresso. • Cassazione civile , sez. lav., 15 febbraio 2008, n. 3868
Con un correttivo… • In materia di individuazione della "giustaretribuzione" è inapplicabile la regola dettata dal comma 2 dell'art. 2077 c.c., sicché - fermo restando che la determinazione di questa in un importo inferiore ai minimi salariali fissati dalla contrattazione collettiva non può essere giustificata, di per sè, col richiamo alle condizioni del mercato del lavoro depresso, atteso che il precetto costituzionale di cui all'art. 36 cost. è finalizzato a impedire qualsiasi forma di sfruttamento del lavoratore dipendente - poiché nulla osta a che le parti, attraverso un contratto collettivo locale o aziendale, deroghino "in peius" rispetto a quello nazionale, ben può essere assunta a parametro per la quantificazione della giustaretribuzione la previsione dei minimi salariali in questi contenuta, anche se inferiori rispetto a quelli del contratto nazionale. • Cassazione civile , sez. lav., 26 marzo 1998, n. 3218
Nozione di minimo contrattuale (retribuzione sufficiente) • In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell'art. 36 cost., il giudice del merito, il quale assuma come criterio orientativo un contratto collettivo non vincolante per le parti, non può fare riferimento a tutti gli elementi e gli istituti retributivi che concorrono a formare il complessivo trattamento economico, ma deve prendere in considerazione solo quelli che costituiscono il cosiddetto minimo costituzionale, dal quale sono escluse le voci tipicamente contrattuali quali i compensi aggiuntivi, gli scatti di anzianità o la quattordicesima mensilità. • Cassazione civile , sez. lav., 05 novembre 2008, n. 26589
Gli orientamenti dei giudici di merito Soprattutto quelli operanti nelle corti meridionali adottano decisioni che, con le più varie argomentazioni, tentano di legittimare livelli salariali inferiori a quelli dei contratti nazionali, con decurtazioni, spesso sommariamente motivate, nell’ordine del 20% o, addirittura, del 30%. Sono ancora più disomogenei
Il salario sufficiente e “giusto”, ex art. 36 Cost., come “zoccolo duro” La possibile riduzione del “peso” salariale del minimo retributivo contrattuale a vantaggio delle cdd. quote di retribuzione legate alla produttività e/o alla redditività aziendale. In sostanza, la diffusione del “salario variabile” può agevolare la diversificazione, per imprese e per aree geografiche, delle strutture retributive Come si può giungere – sul piano delle politiche retributive contrattuali - ad un contemperamento dell’esigenza di garantire ai lavoratori un salario minimo e dell’esigenza di differenziare le retribuzioni in base alla minore a maggiore ability to pay delle imprese?
…occorre, al riguardo, tener conto delle fonti di determinazione della retribuzione • Ruolo preminente della contrattazione collettiva • Il salario tabellare nella contrattazione di categoria • Il salario negoziato a livello aziendale o territoriale • Ruolo residuale del contratto individuale (aumenti di merito, superminimi individuali)
La tutela giudiziaria basata sull’art. 36 Cost. II profilo: il problema della parità dei trattamenti retributivi al di là delle condizioni minime garantite dai contratti collettivi (il problema si pone rispetto ad elementi retributivi “altri” rispetto ai minimi tabellari) La costruzione dottrinale dell’obbligo di pari trattamento come corollario della regola costituzionale di proporzionalità (Treu, 1979)
Corte cost. n. 103/1989secondo la quale “per tutte le parti, anche per quelle sociali, vige il dovere di rispettare i precetti costituzionali” e tra questi, in particolare, quello della pari dignità sociale dei lavoratori” (art. 41, comma 2) Sempre secondo la sentenza il potere, tanto del datore di lavoro, quanto della contrattazione collettiva, di differenziare, non può svolgersi “in termini di discrezionalità o di arbitrio, ma deve essere sorretto da una causa coerente con i principi fondamentali dell’ordinamento ed, in ispecie, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana” Gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale e della Suprema Corte
La successiva giurisprudenza della Corte di Cassazione: la fondamentale posizione espressa da Cass. sez. un. 17 maggio 1996, n. 4570 Non esiste un diritto soggettivo del lavoratore subordinato alla parità di trattamento. L’attribuzione ingiustificata ad un lavoratore di un determinato beneficio non può costituire titolo per attribuire ad altro lavoratore che si trovi nell’identica posizione un diritto a ottenere lo stesso beneficio Gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale e della Suprema Corte
… e le più recenti Cass. n. 132/2002, n. 16709/2002 e Cass. 4570/2003 11211/2008le quali ribadiscono che non esiste un diritto soggettivo del lavoratore alla parità di trattamento a parità di mansioni; il contratto collettivo può, pertanto, legittimamente prevedere una differente retribuzione in funzione, come in uno dei tre casi di specie, dell’anzianità di servizio... L’indirizzo che ormai prevale è nel senso della inesistenza di un principio di parità di trattamento retributivo (ricavabile dagli artt. 36 e 3 Cost) tra lavoratori che occupano posizioni di lavoro equivalenti Gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale e della Suprema Corte …in conclusione…
Cass. N.11211/2008 • Il trattamentoretributivo si determina in base alla specifica disciplina che lo contempla e per le categorie di lavoratori che ne sono destinatari, dovendosi escludere ogni integrazione mediante il ricorso a regole dettate per rapporti di natura diversa, non potendosi attribuire alcun rilievo, fuori dalle ipotesi di applicazione dell'art. 36 cost., ai livelli retributivi previsti per altri lavoratori che svolgono mansioni professionalmente analoghe, stante l'inesistenza di un diritto alla parità di trattamento in materia di lavoro
Il principio di parità di trattamento nel pubblico impiego… • Le p.a. sono tenute a garantire ai propri dipendenti “parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi ” …è più nitidamente affermato: ART. 45, COMMA 2, D. LGS. N. 165/2001
La retribuzione come oggetto prioritario dei divieti di discriminazione sul lavoro Art. 37 cost. “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, la stessa retribuzione che spetta al lavoratore”
Una sentenza singolare (Cass. civ., 5 marzo 1986, n. 1444) Il principio della parità salariale a parità di lavoro, enunciato nell'art. 37 cost. esclusivamente in favore delle donne, non è estensibile, in via di inversione, in favore degli uomini le cui prestazioni siano retribuite in misura inferiore a quella delle donne
Gli strumenti di attuazione dei principi costituzionali nell’ordinamento italiano LA GARANZIA DI UN SALARIO CHE GARANTISCA IL PRECETTO COSTITUZIONALE Prima soluzione: il salario minimo legale • Il SMI spagnolo nel 2008, 28.42 € al giorno • Lo SMIC francese nel 2008, 8.71 € all’ora Seconda soluzione: contratto collettivo e giudice • “In mancanza di norme corporative o di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice” (art. 2099 cod. civ.)