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Psicologia del funzionamento individuale, della disabilità e della salute. 4 . Sessualità e disabilità in un’ottica biopsicosociale. Teorie della persona visioni della sessualità.
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Psicologia del funzionamento individuale, della disabilità e della salute 4. Sessualità e disabilità in un’ottica biopsicosociale
Teorie della personavisioni della sessualità • Diverse concezioni teoriche dello sviluppo e della persona umana influenzano e diversamente orientano il perseguimento dell’ottimizzazione dello sviluppo sessuale umano. • Queste teorie divengono modelli che costituiscono quell’orizzonte comunicativo in cui un bimbo è generato e riconosciuto nella relazione intersoggettiva ed interlocutiva madre-figlio (Olivetti Belardinelli, M., & Federici, S. 2004. L’Identità Sessuale Profonda come sistema di adattamento).
Modelli di disabilità e costruzione dell’identità personale e sociale • I modelli di disabilità quali, rappresentazioni categoriali entro cui i rapporti sociali sono compresi, costruiti, dati, offrono a ciascuno la possibilità di costruire la propria e altrui identità, in quel sistema complesso di attributi che ci definisce. • «È la società a stabilire quali strumenti debbano essere usati per dividere le persone in categorie e quale complesso di attributi debbano essere considerati ordinari e naturali nel definire l’appartenenza a una di quelle categorie» (Goffman, E. 1963. Stigma, p. 2).
Modello medico e modello sociale secondo l’ICF • «Sono stati proposti diversi modelli concettuali per capire e spiegare le disabilità e il funzionamento, che possono essere espressi nei termini di una dialettica tra modello medicoe modello sociale» (ICF, 5.2).
Il modello medico di disabilità • Questo modello definisce la disabilità come un impedimento biologico permanente e considera gli individui con disabilità come meno abili rispetto a quelli che sono guariti da una malattia o che sono non-disabili. • Come in una forma di biologico determinismo, la disabilità è centrata su una tragedia fisica, comportamentale, psicologica, cognitiva e sensoriale. • Così, il tipo di supporto al problema viene offerto al disabile nella sua individualità.
Il modello medico e la sessualità • Il modello medico di disabilità trascura la sessualità dei disabili considerandola come un non problema. • Il modello medico, infatti, trascura ciò che non è riparabile o modificabile, quindi, tende a trascurare anche la sfera della sessualità di un individuo con disabilità: • sia nei casi in cui non è oggetto d’interesse medico, perché l’individuo disabile non è portatore di alcuna patologia o disfunzione fisiologica (e qui mi riferisco a tutti i disabili sensoriali, alla gran parte dei disabili mentali e ad alcune categorie di disabilità fisica), • sia nel caso in cui risulta irreparabile, immodificabilenella sua patologia (e qui mi riferisco agli individui mielolesi).
A colloquio con disabili mentali del Centro‑Socio‑Terapeutico di Sant'Antonino di Susa • Così come emerge da una mia ricerca su disabilità e sessualità in Italia (Sessualità alterabili, 2002), il disabile mentale è tutt’altro che un puro dalla sessualità sommersa, su cui un’educazione sessuale agirebbe inscrivendo sulla tabula rasa di una coscienza incontaminata bisogni perversi ed illeciti. • Egli non è un buon selvaggio, e l’intervento educativo non rischierebbe di profanare quella sacralità che la demenza ha salvaguardato dalla corruzione socio-culturale.
«GP ho visto dei tuoi disegni molto belli nel Libro. Spiegami questo». • GP — «Quando mi arrivano le mestruazioni, praticamente io sono costretta a lavarmi fino a quando non mi finiscono perché ho paura di sporcare gli asciugamani». • «Qualcuno ti ha rimproverata che tu sporchi?» • GP — «Beh, succede proprio così, no? Infatti, qui ho fatto il disegno di come avviene, perché me lo hanno spiegato anche Daniela ed Elisa come sono le mestruazioni».
«Mi sembra molto importante quello che tu stessa hai scritto accanto al ritratto. Vuoi rileggerlo?» • GP — «“Quanto nero: sarò sporca?” Perché magari mi sento sporca». • «Quando ti senti sporca?» • GP — «Quando le ho... È già un problema così...» • «Cosa dicono i tuoi familiari quando ti arrivano?» • GP — «Mi dicono: “GP, fatti il bidè”. Mi dicono di lavarmi, di mettere i pannolini».
Il soggetto ha appreso la distinzione anatomica maschio/femmina e una capacità di ridescrizione delle informazioni ricevute. • Al contempo, la rappresentazione degli organi genitali maschili e femminili su una stessa figura, probabilmente la figura d’identificazione, indica una persistente difficoltà nella differenziazione rispetto ad un altro da sé. La confusione sessuale sembrerebbe sintomatica di una confusione di identità.
La sessualità è stata compresa nelle differenze anatomiche, ma non è ancora evocatrice di relazione. • Il progresso conseguito non gli consente ancora di superare le difficoltà che nascono dal rapporto sociale con l’altro.
Il modello medico di sessualità in Italia /1 • Nella medesima ricerca (Federici, 2002) è emerso che: • il modello medico di sessualità, nel nostro paese, è ancora molto sostenuto e dalle famiglie e dai centri assistenziali. • Ad esempio: in una intervista alla responsabile medico e ad una psicologa di una grande associazione nazionale di famiglie che si occupa di soggetti disabili, alla mia domanda se alle coppie di disabili presenti nella struttura fosse permesso fare petting, si rispondeva: • «Non è accettato, anche perché è il tipo di comportamento che noi non abbiamo, eppure qui ci sono operatori che sono sposati, operatori che sono fidanzati, e nessuno si metterebbe nella condizione di esprimere le proprie…» • «Io credo che vada sottolineato il fatto che siamo una comunità. E nella comunità i nostri comportamenti devono rispondere a quelle che sono delle regole sociali. Quindi, anche le coppie ormai stabilizzate sono richiamate alle regole. Certo l’effusione come l’abbraccio o il bacio sono accettati».
Il modello medico di sessualità in Italia /2 • Sempre dal punto di vista del modello medico: • la maturazione sessuale di un figlio disabile può essere attesa da un genitore come un segno di guarigione. Se da una parte in molti genitori la fase puberale del proprio figlio può suscitare timori e preoccupazioni, per altri il menarca della figlia con disabilità o la masturbazione del figlio con disabilità possono riaprire la speranza ad una normalità sempre agognata. • Che la maturazione degli organi sessuali proceda per un percorso di assoluta normalità fisiologica è, per quanti hanno speso anni a curare il proprio figlio, l’ultima chance di normalizzazione.
Il modello sociale di disabilità • Nel modello sociale l’incapacità a funzionare è in larga parte dovuta a quella disabilità che scaturisce da un ambiente ostile il quale impedisce il perseguimento delle scelte personali: atteggiamenti sociali negativi, barriere architettoniche, limitazioni all’accesso alle comunicazioni e alle risorse, etc... • La disabilità è una costruzione sociale e non (soltanto) l’esito di una menomazione psichica o fisica: • «Disablementhasnothing to do with the body… Impairment is in fact nothing less than a description of the physical body» (Oliver, 1995,).
Il modello sociale di sessualità • La sessualità delle persone con disabilità invece di essere ridotta ad un problema medico, psicologico o sessuologico è riletta all’interno del contesto sociale e culturale entro cui si sviluppa l’identità sessuale di una persona con disabilità.
Il modello sociale di sessualità • Rehabilitating Society (Oliver) • L’interesse si sposta da strategie psicoterapeutiche indirizzate al disabile e alla famiglia di appartenenza, per rivolgersi ad aree sociali molto più vaste al fine di rimuovere quelle barriere ambientali che impediscono il percorso creativo ed espressivo, affettivo ed erotico di ogni persona. • Ridare parola ai disabili • Restituire la parola su sessualità e disabilità a quanti la vivono nella loro personale esperienza di disabili, perché i bisogni da inespressi diventino colloquio e condivisione di vita. • Superare uno dei più radicati pregiudizi circa la sessualità delle persone disabili: che ogni manifestazione erotico-affettiva di un disabile sia da considerarsi abnorme, perversa, malata e che dunque debba essere affidata allo studio e all’intervento di un’oligarchia di esperti e professionisti ‘normali’.
Il modello sociale di sessualità in Italia • Meno diffuso ma non assente. Nella stessa indagine su citata la dott.ssa Contardi dell’AIPD di Roma alla mia domanda sul comportamento adottato dall’Associazione verso gli innamoramenti dei loro raggazzi/e risponde: • «Il nostro atteggiamento nei confronti dell’innamoramento è generalmente questo: noi siamo abbastanza convinti, è poi l’evidenza dei fatti, che un adolescente Down — al di là della diversità delle persone — tende ad innamorarsi, ad avere voglia di avere un compagno o una compagna, né più né meno di altri ragazzi. Ovviamente, fintantoché non esisteva per loro la possibilità di incontrarsi in un gruppo di pari, questo tipo di desiderio non trovava nessuna possibilità di concretizzazione e rimaneva molto a livello fantasmatico. Con il Club dei ragazzi, che è il contenitore di questa esperienza del corso, si è creata anche la possibilità di incontrarsi in un gruppo di pari. Sono, perciò, sorte delle amicizie e nati degli amori».
Tom Shakespeare (1996). The Sexual Politics of Disability: Untold desire. • Analizza 6 areein cui le barriere strutturali si combinano con problemi personali, impedendo lo sviluppo emotivo e sessuale degli individui con disabilità: • Ritardo o mancanza di socializzazione delle proprie esperienze emotive e sessuali • Segregazione in spazi educativi speciali. • Assenza di educazione sessuale pubblica. • Barriere fisiche che rendono inaccessibili spazi e informazioni. • Difficoltà di espressione della propria sessualità nelle istituzioni residenziali. • Assistenza personale e bisogni sessuali.
6 Aree disabilitanti: 1a • Ritardo o mancanza di socializzazione delle proprie esperienze emotive e sessuali
1. Ritardo o mancanza di socializzazione • Questo fenomeno sembra riguardare in modo particolare le donne con disabilità. La mancanza di aspettative da parte dei genitori di un normale sviluppo e manifestazione della sessualità di una figlia con disabilità produce una progressiva frustrazione o negazione dei suoi bisogni sessuali. • Pertanto, nel momento in cui i bisogni erotico-affettivi si manifestano, inevitabilmente provocano nella famiglia imbarazzo e nella figlia disorientamento. • La soluzione è spesso ricercata in aiuti esterni: «[Le donne disabili] parleranno di sesso ad un consulente o al prete, forse anche a uomini con disabilità, ma certo non ad altre donne»
6 Aree disabilitanti: 2a • Segregazione in specialispazi educativi
2. Segregazione in specialispazi educativi • Per lungo tempo l’educazione di persone con disabilità è stata relegata al campo della pedagogia speciale o differenziale. Essa è stata oggetto di severe critiche da parte del movimento dei disabili per la bassa qualità dell’educazione impartita e per la conseguente separazione dei bambini disabili dai non-disabili in spazi differenziali. • Questa segregazione spesso continua nell’età adulta, ingenerando nel processo di socializzazione la difficoltà di discorrere con serenità della propria sessualità e di condividere i propri bisogni affettivisia con i propri pari, che con individui non-disabili.
6 Aree disabilitanti: 3a • Assenza di educazione sessuale pubblica
3. Assenza di educazione sessuale pubblica • L’assenza di informazione può essere riconosciuta come uno dei maggiori ostacoli nella vita dei disabili: • «A causa di una diffusa ignoranza, disinformazione, confusione e pressione tra gli stessi disabili, è importante che sia impartita una corretta informazione sulla biologia del sesso, seppure contestualizzata in un più globale discorso coerente con la vita moderna».
Tutto ciò che avresti sempre desiderato sapere sul sesso … È qui !!!! 6 Aree disabilitanti: 4a • Barriere fisiche che rendono inaccessibili spazi e informazioni
4. Barriere fisiche che rendono inaccessibili spazi e informazioni • Troppo spesso si sono considerate le barriere fisiche solo come ostacoli architettonici, per un alloggio fruibile, per spazi accessibili, per il diritto al lavoro, per l’utilizzo dei trasporti, per il tempo libero facilitato, e raramente come ostacoli alle pari opportunità di un disabile rispetto ad un non-disabile di trovare un partner o di condividere spazi ricreativi, o semplicemente per la lettura o visione di sussidi erotici.
6 Aree disabilitanti: 5a • Difficoltà di espressione della propria sessualità nelle istituzioni residenziali
5. Difficoltà di espressione della propria sessualità nelle istituzioni residenziali • Primo: dato che le persone disabili in ambienti istituzionalizzati sono spesso infantilizzate, è raro che sia loro permesso di esprimere la propria sessualità. • Secondo: c’è un alto grado di vulnerabilità all’abuso fisico e sessuale. Molte associazioni e operatori credono che il loro ruolo sia quello di proteggere l’“innocenza” delle persone disabili dal sesso, nonostante il dato di fatto che le istituzioni residenziali abbiano sempre avuto un più alto grado di incidenza di abusi sessuali
6 Aree disabilitanti: 6a • Assistenza personale e bisogni sessuali
6. Assistenza personale e bisogni sessuali • La più generale disinformazione sulla sessualità, che sostiene il pregiudizio e alimenta la paura degli operatori professionali e assistenti volontari di persone con disabilitàresta, a tutt’oggi, una delle cause maggiori dell’oppressione e frustrazione di una vita affettiva e sessuale di persone con disabilità che necessitano di una costante assistenza. • Pur tuttavia facilitare l’esercizio della sessualità per tutte le persone con disabilità rimane una questione difficile e dibattuta
Identità personale nella disabilità /1 • autoaccettazione della propria menomazione • costruzione della propria identità sociale
Identità personale nella disabilità /2 • Questo processo affermativo della propria disabilità non si esaurisce col “venire a patti con la propria menomazione”, ovverosia soltanto con l’auto-accettazione del propriodestino, ma si configura come un processo di affermazione della propria identitàsociale di persona disabile. • Identità sociale quindi che deve fare i conti con i criteri normativi del riconoscimento sociale, politico ed economico di un altro individuo
Identità personale nella disabilità /3 • Susan Wendell (1996) The RejectBody • Rilegge la propria esperienza di disabilità con le teorie femministe all’interno del dibattito sulla disabilità, così racconta il suo percorso di riconoscimento di sé come una disabile: • «Recognizingmyselfasdisabledcertainlyrequiredthat I changemy self-identity and adopt a radically new way of thinkingaboutmyself. Thisincludedaccepting the reality (thoughnot the justice) of the stigma of beingchronicallyill, especially the shame of beingunable to do manythingsthatpeoplestillexpected me to do. Italsorequiredreimaginingmy life with a new, much more limited, and perpetuallyuncomfortable body, and thenreorganizingmy work, home and relationships to makethisdifferent life possible. All of thiswasdifficult, butanotherveryimportant part of changingmyidentityhelped me through the rest. I foundthat I couldmakesense of what happening to me by talking with otherpeople with disabilities and reading books and articles by them. Theyalreadyknewhow the stigma of disabilityworks, and how to live well with illness and physicallimitations. In the process of learningwhat I needed to know from them, I recognizedmyselfasone of them. When I identifiedmyselfas a person with a disability, I no longerfelt I wasstruggling alone» (pp. 26-27).
Identità personale nella disabilità /4 DIFFERENZA • Jenny Morris (1996) indica due fattori che determinerebbero la differenziazione dei disabili dai non-disabili: • Primola differenza fisica o psichicadella persona con disabilità rispetto a ciò che è considerata la norma della media delle persone.
Identità personale nella disabilità /5 • Secondo la necessità del soddisfacimento di bisogni supplementariper il raggiungimento di una buona qualità della vita dei disabili rispetto ai bisogni standard dei non-disabili. SODDISFACIMENTO
Discriminazione in e tra le comunità di disabili • Non è difficile allora immaginare come la sfida lanciata dal movimento dei disabili per il riconoscimento della propria identità trovi collegamenti con altri movimenti di lotta per l’affermazione del diritto alla differenza contro ogni forma di oppressione e discriminazione sociale. • Per cui atteggiamenti più o meno palesi di razzismo, sessismo ed eterosessimo costituiscono un problema ulteriore per l’inserimento sociale di un disabile non solo all’interno della comunità umana in generale, ma all’interno delle stesse comunità dei disabili. • È comprensibile, dunque, come mai esista un gruppo come l’UNISON fondato sul principio secondo cui chiunque si autodefinisca disabile è eleggibile come membro del gruppo.
Stereotipia sessuale e disabilità • Ampia attenzione è stata dedicata alle ragioni dell’esclusione fondate su stereotipie culturali chiamate: Mythsaboutdisability PERFEZIONE FISICA
Stereotipia sessuale e disabilità • Questi stereotipi possono essere compresi da due miti prevalenti: • Perfezione fisica • Asessualità • Il primo ritiene che i disabili debbano lottare per raggiungere una perfezione fisica (Stone, 1995); • Il secondo presume un’assenza di esperienze erotico-affettive di un disabile. ASESSUALITÀ
Stereotipia sessuale e disabilità INADEGUATEZZA
Stereotipia sessuale e disabilità IMPOSSIBILITATI AD AVERE FIGLI
Stereotipia sessuale e disabilità RELAZIONI SENTIMENTALI
Stereotipia sessuale e disabilità MENOMAZIONE RICONDUCIBILE A COLPA MORALE
Stereotipi culturali e normalità • Questi miti sulla disabilità sono poi evidentemente rafforzati da tutta una serie di stereotipi (o miti) che invece informano la comprensione e l’agire delle persone “normali” e che si riferiscono a tutto ciò che riguarda l’identità e l’orientamento sessuale: • i miti sull’omosessualità, • sulla (presunzione di) eterosessualità • sulla fuckingideology • Ne consegue che per molti individui con disabilità l’esercizio della propria sessualità risulta talmente difficile da diventare impossibile.
Tremain, S. (1996) “We’re Here. We’re Disabled and Queer. Get Used to It” «Tra gli scrittori e attivisti anti-ableist, c’è un’opinione comune: • che le persone non disabili generalmente considerano le persone disabili come esseri asessuati. Sebbene questa falsità degradi tutte le persone disabili, tuttavia essa ha uno speciale effetto umiliante sulle lesbiche disabili. La ragione che provoca questo è la seguente: • se si assume che le persone disabili sono asessuate, allora non si può concepire l’esistenzadi lesbiche disabili. Cioè, come dire, se le persone disabili sono considerate come esseri asessuati, e se le identità lesbiche sono identità sessuate, allora le identità lesbiche disabili sono concettualmente impossibili (non esistono). Apparentemente, la categoria di “persona disabile” e la categoria di “lesbica” sono reciprocamente escludenti: • o sei una persona disabile (asessuata), o sei una lesbica (sessuata)»
Strategie d’intervento: “sexualpolitics” REHABILITATING SOCIETY
? Sessualità alter-abili
Sexuality RebornScopo • Il filmato SexualityRebornè stato concepito a scopi didattici per illustrare tematiche e problematiche di carattere sessuale in persone con lesioni midollari e per facilitare la ricerca di soluzioni attraverso una discussione tra i partecipanti alla proiezione che tocchi aspetti sociali, fisici, psicologici ed affettivi. • Finanziato dalla Associazione ParalyzedVeterans of America, è stato prodotto da Craig Alexander e MarcaleeSipski, medici che operano all’interno del Kessler Institution for Rehabilitation(http://www.kmrrec.org/). • Nel video quattro coppie di volontari, in ciascuna delle quali almeno uno dei partner è affetto da lesione midollare, narrano e mostrano le tecniche che hanno sperimentato per rendere migliore la loro vita sessuale.
Sexuality RebornBasi teoriche • Le basi teoriche dell’uso di video sessualmente espliciti è rintracciabile nella teoria socio-cognitiva di Bandura. • L’apprendimentoper osservazione ha una funzione informativa e motivazionale. • La funzione informativa consiste nel fornire uno standard sul quale giudicare i propri risultati e nel consentire un giudizio di autoefficacia. • La funzione motivazionale consiste nell’attivazione indiretta o nella creazione di aspettative, giudizi sulle probabili conseguenze che un comportamento produrrà. • particolarmente forte quando l’osservatore si autopercepisce come molto simile al modello.
Federici, S. (2002). Sessualità alterabili. Indagine sulle influenze socioambientali nello sviluppo della sessualità di persone con disabilità in Italia. Roma: Kappa. • «Questo gioco misterioso che va dall’amore di un corpo all’amore di un essere umano, m’è sembrato tanto bello da consacrarvi tutta una parte della mia vita. Le parole ingannano: la parola piacere, infatti, nasconde realtà contraddittorie, implica al tempo stesso i concetti di calore, di dolcezza, d’intimità dei corpi e quelli di violenza, d’agonia, di grida. La piccola frase oscena di Poseidonio, a proposito dell’attrito di due piccole parti di carne, non definisce il fenomeno dell’amore, così come la corda toccata dal dito non rende conto del miracolo infinito dei suoni. Più ancora che alla voluttà, essa reca ingiuria alla carne, a questo strumento di muscoli, di sangue, di epidermide, a questa rossa nube di cui l’anima è la folgore» • MARGUERITE YOURCENAR, Memorie di Adriano
MasturbazioneInappropriata in persone con severa disabilità mentale /1 • La masturbazione inappropriata spesso si presenta come un comportamento sfidante • È un problema molto sentito dagli educatori e di cui si prova imbarazzo nel parlarne e discuterne. • Pur tuttavia è spesso trattata con superficialità o ignorata del tutto. • Ne deriva di conseguenza un comportamento inappropriato assolutamente irrazionale e punitivo.