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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “G. d’ANNUNZIO” CHIETI-PESCARA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN IGIENE E MEDICINA PREVENTIVA Direttore: Prof. Ferdinando Romano. SICUREZZA ALIMENTARE: ANALISI DEL RISCHIO E SUA VALUTAZIONE, GESTIONE E COMUNICAZIONE. Specializzando Dott. Sergio Salvatore. Relatore
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “G. d’ANNUNZIO” CHIETI-PESCARA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN IGIENE E MEDICINA PREVENTIVA Direttore: Prof. Ferdinando Romano SICUREZZA ALIMENTARE:ANALISI DEL RISCHIO E SUA VALUTAZIONE,GESTIONE E COMUNICAZIONE Specializzando Dott. Sergio Salvatore Relatore Prof.Mario Lizza Anno Accademico 2005-2006
REGOLAMENTO (CE) N. 178/2002 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO EUROPEO (28.01.02) Stabilisce i “Principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (E.F.S.A.) e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare”. Il Regolamento afferma, nei seguenti punti, che: (18) Affinchè vi sia un clima di fiducia […] le valutazioni del rischio devono essere svolte in modo indipendente, obiettivo e trasparente ed essere basate sulle informazioni e sui dati scientifici disponibili. (21) Nei casi specifici in cui vi è rischio per la vita o per la salute, ma permane una situazione di incertezza sul piano scientifico, il principio di precauzione costituisce un meccanismo per determinare misure di gestione del rischio […] (47) […] Occorre adottare disposizioni per contribuire ad evitare pareri scientifici discordanti ed istituire apposite procedure che consentano, in caso di pareri scientifici discordanti tra organi scientifici, di rettificare la discordanza e di fornire ai responsabili della gestione del rischio una base di informazione trasparente.
PREMESSA L’O.M.S. stima che nelle aree a più alto tenore economico, almeno il 10% della popolazione sia annualmente interessata da patologie connesse al consumo di alimenti. Negli U.S.A. ogni anno avvengono circa 325 mila ricoveri ospedalieri a seguito di malattie trasmesse con gli alimenti, con un’incidenza di 1 persona su 1000 e costi stimati tra 4 e 5 miliardi di dollari. In Italia vengono rilevati 300 mila casi l’anno di malattie trasmesse dagli alimenti, ma probabilmente si tratta di dati sottostimati.
CONCETTO DI RISCHIO IN ALIMENTAZIONE (I) Per rischio si intende la probabilità che un pericolo si realizzi e/o si manifesti e porti all’insorgenza dell’evento indesiderato (malattia). Nessuna attività umana, compresi mangiare e bere, è priva di rischi; quindi anche nel campo della sicurezza alimentare sarebbe illusorio mirare al raggiungimento di una condizione totalmente scevra dal rischio: il concetto di “rischio zero” va pertanto ridimensionato e va introdotto quello di “rischio accettabile”. Questo significa stabilire per ogni contaminante, livelli critici di accettabilità entro i quali lo stato di salute non venga compromesso.
CONCETTO DI RISCHIO IN ALIMENTAZIONE (II) Fondamentale per garantire la sicurezza alimentare è perciò l’analisi del rischio, consistente nell’esame sistematico di tutta la filiera produttiva di un alimento, dalla materia prima ai processi di lavorazione, conservazione, distribuzione ed utilizzo, al fine di determinarne i rischi e definirne le misure preventive. Una corretta analisi del rischio richiede: • l’identificazione di un pericolo per la salute umana (natura della contaminazione o del difetto riscontrato), • la valutazione della gravità delle conseguenze del pericolo identificato, • la valutazione della probabilità di comparsa del pericolo (rischio), • la gestione del pericolo identificato attraverso opportuni interventi preventivi e correttivi, • la comunicazione del pericolo.
CONCETTO DI PERICOLO IN ALIMENTAZIONE Per pericolo si intende qualsiasi “proprietà” dell’alimento che lo renda insicuro per il consumo umano, costituendo un rischio inaccettabile per la salute. In campo alimentare esistono tre classi di pericoli: biologici, chimici, fisici. Tra questi, contrariamente a quanto percepito dalla pubblica opinione, sono i pericoli biologici a costituire il maggior problema per la salute umana, costituendo negli U.S.A. il 93% delle cause di malattie derivate dagli alimenti, contro il 4% dei casi dovuti ai pericoli chimici.
PERICOLI BIOLOGICI I pericoli di natura biologica comprendono batteri, virus, parassiti e miceti. Le malattie infettive trasmesse con gli alimenti contaminati da microrganismi patogeni vengono distinte in: • Infezioni,determinate dall’ingestione e successiva replicazione nell’organismo ospite del microrganismo patogeno, • Tossinfezioni, causate da microrganismo patogeno che, penetrato nell’organismo, prolifera in esso e da luogo a produzione di tossine, • Intossicazioni,provocate dall’ingestione di tossine presenti nell’alimento, elaborate dal microrganismo contaminante.
PERICOLI CHIMICI Gli effetti sulla salute possono manifestarsi a lungo termine (cronici), come avviene per i composti cancerogeni e per alcuni metalli pesanti (piombo,cadmio,mercurio) che si depositano e si accumulano per anni nei tessuti corporei, oppure a breve termine per ingestione di dosi elevate di contaminanti. I pericoli chimici connessi alla filiera alimentare vengono distinti in due classi principali: • Naturalmente presenti: micotossine, sgombrotossine, cyguatossine, tossine dei funghi, fitoemoagglutinine,pyrrolizidine alcaloidi, PCB; • Derivati dal processo produttivo: prodotti fitosanitari, elementi tossici e loro composti quali zinco, arsenico, cianuro;conservanti, coloranti, aromatizzanti; detergenti/disinfettanti, cessioni da imballaggi.
PERICOLI FISICI Per pericolo fisico si intende la presenza nel prodotto alimentare di corpi estranei ( legno,vetro,plastica, ossa,pietre, insetti, frammenti metallici ecc.) che possono provocare danni o malattia. La presenza di corpi estranei rappresenta un pericolo per due motivi: • Possono essere causa di lesioni all’apparato digerente o soffocamento, • possono essere veicolo di microrganismi patogeni. Quindi il riscontro di un corpo estraneo in un alimento può avere una duplice ripercussione negativa in termini di rischi fisici e biologici.
I PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP (I) L’acronimo HACCP sta per Analisi del Pericolo e Controllo dei Punti Critici. Le premesse teoriche della elaborazione di questo sistema si devono, nei primi anni sessanta,alla NASA, l’ente aereospaziale americano che richiedeva, alle aziende alimentari coinvolte nei suoi programmi, l’adozione di un metodo che garantisse la sicurezza degli alimenti consumati dagli astronauti durante le missioni spaziali. Negli anni ottanta le industrie alimentari americane adottarono sistematicamente questa metodologia. Nel 1992, la Commissione del Codex Alimentarius formulò il documento HACCP tuttora valido, con le successive modifiche.
I PRINCIPI DEL SISTEMA HACCP (II) Questa metodica, applicata ad ogni fase della filiera alimentare (dalla produzione alla distribuzione finale), permette di tenere sotto controllo i punti critici e ridurre i rischi di contaminazione degli alimenti, nell’ambito del processo di autocontrollo. I principi che regolano il sistema sono sette: • Analisi dei pericoli e delle misure preventive • Determinazione dei punti critici di controllo (CCP) • Determinazione dei limiti critici • Determinazione del sistema di monitoraggio • Determinazione delle azioni correttive • Determinazione delle procedure di verifica • Gestione della documentazione
ANALISI DEL RISCHIO (I) L’analisi del rischio, tema fondamentale della nuova filosofia della sicurezza alimentare, è costituita dalle seguenti componenti: • rischio, funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute,conseguente alla presenza di un pericolo; • analisi del rischio, processo costituito da tre fasi interconnesse, e cioè dalla valutazione, dalla gestione e dalla comunicazione del rischio: • valutazione del rischio, processo su base scientifica che consiste nella individuazione del pericolo, nella caratterizzazione del pericolo, nella valutazione dell’esposizione al pericolo e nella caratterizzazione del rischio; • gestione del rischio, processo consistente nell’esaminare alternative d’intervento, consultando le parti interessate e, se necessario, compiendo adeguate scelte di prevenzione e controllo; • comunicazione del rischio, scambio interattivo delle informazioni elaborate nel processo di analisi del rischio tra responsabili dell’analisi del rischio, consumatori,imprese alimentari e comunità accademica.
ANALISI DEL RISCHIO (II) L’analisi del rischio,come riportato da una recente definizione dell’U.S. National Research Council Committee, deve riguardare non solo argomenti strettamente inerenti la natura del rischio, ma anche dubbi, reazioni a messaggi sul rischio o a provvedimenti legali e istituzionali intrapresi per la sua gestione. La comunicazione del rischio prevede, una volta raggiunta la decisione conseguente ai processi di valutazione e gestione, il coinvolgimento della pubblica opinione nel cosiddetto “ciclo della gestione del rischio”, un modello secondo il quale le preoccupazioni del pubblico vanno considerate attivamente a ogni stadio del processo di gestione del rischio, inclusa la valutazione.
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO (I) L’esperienza ha dimostrato che il rischio, più che sulla base di numeri oggettivi ma impersonali, è “vissuto” alla luce della minaccia che rappresenta per le relazioni e le abitudini familiari e sociali. In altri termini ciò significa che, più che il rischio stesso, sono le caratteristiche dei destinatari a determinarne la percezione: le caratteristiche sociali, culturali ed individuali amplificano ed esagerano un rischio piuttosto che un altro. Consumatori e scienziati valutano il rischio in modo diverso perché diversi sono i punti di partenza e i rispettivi linguaggi: quello scientifico e statistico degli esperti e quello intuitivo del pubblico.
LA PERCEZIONE DEL RISCHIO (II) L’ambito di lavoro della comunicazione del rischio interviene sul gap che separa la descrizione scientifica dei rischi dalla percezione pubblica degli stessi. Percezione del rischio (in ordine decrescente) salmonella
L’ESPERTO IN COMUNICAZIONE DEL RISCHIO (I) Ma quali sono le caratteristiche dello specialista in comunicazione del rischio? La conoscenza approfondita e specifica dell’argomento da considerare non è sufficiente per definire un esperto, altrimenti i ricercatori più affermati in un determinato settore di competenza sarebbero inevitabilmente i migliori specialisti della comunicazione del rischio. Chi si occupa di situazioni potenzialmente pericolose per l’incolumità pubblica, ossia l’esperto del rischio, deve essere in grado di estendere la sua specifica competenza ad un ambito più ampio di quello strettamente accademico, in modo che la sua conoscenza possa essere applicata a questioni che riguardano la vita quotidiana o le scelte di una comunità.
L’ESPERTO IN COMUNICAZIONE DEL RISCHIO (II) Le componenti per la creazione di un rapporto fiduciario tra esperto ed opinione pubblica sono: • competenza percepibile: alto livello di expertise (intesa come conoscenza specifica applicata alla risoluzione di problemi specifici) finalizzata a soddisfare un mandato istituzionale, • obiettività: mancanza di distorsioni nelle stime e nell’esecuzione dei compiti, • equità: adeguata considerazione di tutti i punti di vista, • coerenza: capacità di prevedere fatti e comportamenti in base a esperienze passate e precedenti azioni comunicative, • sincerità: onestà, apertura, • fede: percezione di una buona disposizione nei confronti della comunicazione e nell’azione.
CONCLUSIONI Quando si parla di rischio in alimentazione, si fa riferimento al concetto di rischio accettabile ed è fondamentale al riguardo fornire alla popolazione messaggi chiari e comprensibili, finalizzati a trasmettere all’individuo, di ogni età e livello sociale, opportuni elementi di giudizio così da creare una ben precisa coscienza alimentare, la quale serva a consolidare un modo corretto per alimentarsi. In parte della popolazione non esiste una cultura relativa all’igiene degli alimenti mentre, per contro, esistono tradizioni e abitudini alimentari che prescindono dall’applicazione delle più elementari norme igieniche. Escherichia c. Yersinia e. Virus H5N1 Listeria m. Clostridium