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Role of Extracellular Matrix in Adaptation of Tendon and Skeletal Muscle to Mechanical Loading MICHAEL KJÆR Physiol Rev 84: 649–698, 2004; 10.1152
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Role of Extracellular Matrix in Adaptation of Tendon and Skeletal Muscle to Mechanical Loading MICHAEL KJÆR Physiol Rev 84: 649–698, 2004; 10.1152 La matrice extracellulare (ECM) che si trova nei tessuti dei tendini, intorno e dentro ai muscoli, assicura il legame funzionale fra le cellule muscolari e l’osso. Segnali derivanti dal carico meccanico danno inizio ad una cascata di eventi che vanno dall’espressione genica alla trascrizione, traslazione e processi post traslazionali che infine regolano la sintesi proteica dell’ECM. L’ECM consiste di una varietà di sostanze, fra cui fibrille collagene e proteoglicani (PG) sono ubiquitari, ma ci sono anche PG non collageni. La forza di trasmissione del complesso muscolo-tendine dipende dall’integrità strutturale delle singole fibre muscolari e dell’ECM, dalla disposizione delle fibre nel tendine e quindi dalla sua capacità di assorbire e caricare energia. È inoltre noto che la resistenza alla tensione della matrice si basa su legami crociati intra- e intermolecolari, sull’orientamento, la densità e la lunghezza delle fibrille e delle fibre del collagene. Per meccanotrasduzione si intende un importante meccanismo in base al quale lo stress meccanico agisce sulle cellule scatenando segnali intracellulari, promuovendone la crescita e la sopravvivenza, regolandone la morfologia e l’architettura e influenzandone le risposte metaboliche.
È evidente che nei tendini e nei muscoli qualunque stimolo meccanico può dare inizio ad un adattamento che renderà il tessuto più resistente ai danni ottimizzando la trasmissione di forza. L’ECM è un conglomerato di sostanze le cui proprietà biochimiche e biofisiche costituiscono una rete flessibile che integra le informazioni sul carico convertendole in proprietà meccaniche. Funziona da supporto per l’adesione delle cellule mediata da integrine, destroglicano e proteoglicani sulla superficie cellulare e ai recettori della tirosinchinasi. L’interazione fra l’ECM e le molecole di adesione attiva segnali intracellulari e modifica il citoscheletro. L’ECM libera anche fattori di crescita. Un ruolo dominante nei rapporti funzionali fra l’ECM e le cellule è giocato dalle integrine, che costituiscono un vero e proprio organello sensibile allo stiramento. Le vie intracellulari della meccanotrasduzione comprendono una chinasi di adesione focale (FAK), la paxillina, una chinasi legata all’integrina (ILK-1) e la proteinchinasi attivata dalla mitosi (MAPK). Quest’ultima è attivata sia dalla contrazione muscolare sia da forze applicate dall’esterno. I tendini sono un’organizzazione sistematica e fortemente compatta di tessuto connettivo dominata da collagene che è organizzato in fibrille, fibre, fasci di fibre e fascicoli, insieme ad altre componenti dell’ECM. Le cellule dei tendini sono fibroblasti, disposti in catene longitudinali con numerose appendici a fascia che si propagano nell’ECM e sono collegate attraverso gap junctions. Queste cellule in coltura rispondono agli stimoli meccanici producendo diversi componenti dell’ECM
Sezione del tendine. Si vede un fascio di fibroblasti circondato da connettivo lasso. Immagine laser confocale: fibroblasti adiacenti in un fascicolo; le cellule hanno prolungamenti a fascia che le uniscono. Sezione trasversale e longitudinale con evidenziazione della proteina delle gap junctions connessina 43 (verde) e dei nuclei (rosso). Esiste una rete di comunicazione fra le cellule tendinee.
Rispetto ai muscoli, i tendini sono poco vascolarizzati: l’area occupata dai vasi non supera l’1-2%, ma il flusso di sangue durante l’esercizio può aumentare fino a 7 volte, che è comunque molto meno di quanto accade nel muscolo (20 volte). La regolazione del flusso nei tendini è indipendente da quella nei muscoli. Componenti ECM nel muscolo scheletrico Il tessuto connettivo intramuscolare ha molteplici funzioni: costituisce supporto meccanico a vasi e nervi; garantisce le risposte elastiche passive; la trasmissione di forza dalle fibre muscolari non si limita a tendini e ossa ma ha anche un andamento laterale fra cellule vicine e fra i fascicoli del muscolo. Il tessuto connettivo intramuscolare rappresenta un volume pari al 1-10% dell’intero muscolo, con molta variabilità fra muscoli. L’endomisio avvolge ogni fibra con fibre collagene sparse che permettono i movimenti durante la contrazione, il perimisio, fatto di fibre a spessore multiplo è trasversale rispetto alle fibre e le riunisce in gruppi, infine l’epimisio è composto di due strati di fibre collagene intrecciate e forma una guaina sulla superficie del tendine. Il connettivo intramuscolare è soprattutto collagene e serve non solo per organizzare le fibre in fascicoli ma anche alla trasmissione della forza. Vi sono diversi tipi di collagene: IV: sul sarco-lemma; I e III, in piccola misura V: epi- endo- perimisio; I: intramuscolare; gli altri tipi (II, VI, IX, XI-XVI e XVIII-XIX) sono presenti in minima quantità. Le diverse quantità relative dei vari tipi di connettivo in muscoli particolari sono associate alle funzioni e al ruolo del connettivo. Nel periodo perinatale la struttura del connettivo intramuscolare si modifica molto e l’organiz-zazione strutturale cambia in poche settimane, suggerendo un’interazione fra lo sviluppo del muscolo e del connettivo intramuscolare.
Struttura del connettivo intramuscolare: microscopia a scansione dopo rimozione delle proteine muscolari. In alto a destra ingrandimento dell’endomisio che circonda una singola fibra muscolare.
Ruolo funzionale dell’ECM nel tendine È importante riconoscere che il tendine e il connettivo intramuscolare interagiscono strettamen-te con gli elementi contrattili del muscolo per trasmettere la forza. Le dimensioni del tendine influenzano la loro capacità di essere stirati e di immagazzinare e rilasciare energia elastica durante i movimenti riducendo il costo energetico globale nel cammino e nella corsa. Diversi modelli di soppressione genica di singoli componenti dell’ECM nei topi riproducono vari aspetti della distrofia muscolare nell’uomo. Inoltre, l’imposizione di carichi compressivi modifica la composizione dell’ECM. REGOLAZIONE DEL COLLAGENE E DI ALTRE PROTEINE DELL’ECM: INFLUENZA DEL CARICO MECCANICO. La biosintesi del collagene è caratterizzata dalla presenza di un grande numero di modificazioni post traslazionali delle catene polipeptidiche, che determinano la qualità e la stabilità delle molecole. Nella cellula, la traslazione di mRNA del preprocollagene avviene nei ribosomi e l’assemblaggio del procollagene nel reticolo endoplasmatico. È noto che l’ECM del muscolo scheletrico risponde all’aumento di carico provocato dall’allena-mento di endurance, dall’esercizio acuto o da ipertrofia compensatoria sperimentale aumen-tando l’espressione e la sintesi di collagene nel muscolo. L’esercizio strenuo, in particolare il sollevamento di pesi che comprende componenti eccentriche provoca danno muscolare. L’esercizio acuto modifica l’attività metabolica e infiammatoria della regione peritendinea e aumenta la formazione di connettivo di tipo I durante il ricupero; quindi il carico acuto provoca adattamenti non limitati al tessuto osseo
Sintesi e degrado del collagene di tipo I. Elenco di potenziali fattori di crescita che regolano l’attivazione dei geni. TGF-b, transforming growth factor-b; IGF/IGF- BP, insulin-like growth factor e le sue proteine di legame; IL, interleukin; FGF, fibroblast growth factor; PG, prostaglandin; VEGF, vasoactive endothelial growth factor. Mitogen-activated protein kinase (MAPK) ha un ruolo fondamentale nell’avviare l’attività genica mentre le metalloproteinasi (MMP) regolano la degradazione del collagene in funzione del carico meccanico
La risposta iniziale all’allenamento è un aumento del turnover del collagene I, seguito da più intensi processi anabolici, Lo schema di stimolazione della sintesi e del degrado con predominanza di processi anabolici è analogo a quanto accade alle proteine muscolari in risposta al carico. EFFETTI DELL’IMMOBILIZZAZIONE Nel ratto si è dimostrata una riduzione dell’attività enzimatica della biosintesi del collagene sia nel muscolo sia nel tendine, ma la quantità di collagene non cambia DEGRADAZIONE DEL TESSUTO CONNETTIVO NEL TENDINE E NEL MUSCOLO: EFFETTI DEL CARICO MECCANICO La degradazione del collagene è una tappa obbligatoria del turnover e del rimodellamento del tessuto in funzione del carico. Vi sono vie intra ed extracellulari che utilizzano rispettivamente la fagocitosi lisosomiale e le proteinasi dell’ECM. Nell’ambiente extracellulare la degradazione del collagene è effettuata da MMPs che sono generalmente presenti in forma di precursori, mentre questi enzimi (e i loro inibitori, le TIMPs) non contribuiscono alla fagocitosi lisosomiale. Le TIMPs sono spesso attivate contemporaneamente alle MMPs in risposta alla stimolazione fisica, indicando che c’è allo stesso tempo stimolazione ed inibizione della degradazione. È probabile che le MMPs vengano prima e che le TIMPs funzionino come regolatori che limitano la degradazione. La possibilità di allungare i tendini varia dall’1-3% (m. estensore) al 3-4% (m. flessore), fino al 16% del tendine d’Achille (coniglio). In cadaveri umani la massima estensibilità arriva al 6%. La parte libera del tendine permette accumulo e rilascio di energia elastica mentre l’aponeurosi serve alla trasmissione vera e propria delle forze contrattili.
Il rimodellamento dei tendini comprende aspetti quantitativi (sezione) e/o qualitativi (resistenza alla tensione). Gli effetti dell’allenamento sono variabili sulle due componenti che spesso non coesistono Con l’invecchiamento e nel diabete i legami crociati non specifici (mediati dalla condensazione di uno zucchero riducente con gruppi aminici) aumentano la glicazione delle proteine tendinee portando ad una maggiore resistenza tensile ma ad un irrigidimento. Tutto questo riduce la capacità di adattamento e il turnover del collagene e stimola i fibroblasti aumentando la fibrosi. È dimostrato che lo stiramento passivo non modifica le proprietà viscoelastiche dei tendini. Gli adattamenti indotti dal carico sull’ECM, in particolare la sintesi di collagene, dipendono da ormoni regolatori e fattori di crescita e anche da alcuni canali ionici. Ruolo fondamentale di FGF, TGF-b, IL-1, IL-6, IGF, IGF-BP (binding-protein)
An overview of the endocrinology of skeletal muscle Melinda Sheffield-Moore and Randall J. Urban TRENDS in Endocrinology and Metabolism Vol.15 No.3 April 2004 Gli ormoni sono fondamentali regolatori del metabolismo muscolare in condizioni normali e patologiche. Il muscolo scheletrico dell’uomo arriva al 40-45% del peso corporeo ed è uno dei tessuti più attivi metabolicamente, ma le influenze metaboliche che da esso derivano sono spesso trascurate: il muscolo è una grossa riserva di substrati metabolici ed un importante bersaglio degli ormoni. Il muscolo è un deposito praticamente infinito di proteine e aminoacidi e fornisce precursori del glucosio attraverso gluconeogenesi. L’accumulo di proteine si verifica solo se la sintesi supera la degradazione, mentre c’è perdita quando avviene il contrario. Il bilancio omeostatico del muscolo dipende da: alimentazione, esercizio, età, malattia. Il processo di rimodellamento è influenzato dagli ormoni: testosterone, GH, insulina, IGF-I e glucocorticoidi. Ormoni anabolizzanti: stimolano la crescita del muscolo aumentando la sintesi delle proteine, riducendone la degradazione o facendo entrambe le cose. Gli androgeni hanno diverse azioni biologiche perché hanno come bersaglio sia tessuti riproduttivi, sia altri tessuti, come i muscoli. Malattie che aumentano il catabolismo muscolare (AIDS) correlano con gli androgeni circolanti. Si stima che il 50% dei maschi >50 anni siano ipogonadici, anche se spesso asintomatici. L’uso di agenti anabolizzanti per l’ipogonadismo tipico o per quello traumatico è clinicamente giustificabile.
Lo scopo principale della terapia ormonale negli anziani è di mantenere o migliorare la forza muscolare. Il testosterone in anziani ipogonadici rallenta la degradazione proteica e aumenta la sintesi, ma spesso aumenta molto di più la massa muscolare che la forza: questa tende comunque a diminuire di più della massa negli anziani. Anche le donne subiscono queste alterazioni muscolari con l’età: i livelli di testosterone circolante diminuiscono di circa la metà da 20 a 40 anni. La terapia sostitutiva è efficace nelle donne pre menopausa, ma molto di più dopo 65 anni. GH e IGF-1 – nonostante credenze popolari sulle straordinarie proprietà del GH i suoi effetti sull’anabolismo sono modesti. L’abuso ne deve comunque essere scoraggiato, ma i suoi effetti potenziali vanno ancora studiati. Supplementazioni di rhGH per 5 anni hanno aumentato la forza dei flessori del ginocchio e la presa della mano, con maggiori effetti sui muscoli prossimali e minori nelle femmine: data la lentezza della risposta, rispetto a quella degli androgeni, l’effetto anabolizzante del GH è stato indicato come minimo. Numerose controindicazioni derivano dall’effetto gluconeogenetico, che induce al diabete. Più importante la sua azione stimolante sull’IGF. Insulina e muscolo scheletrico – L’insulina non si limita a regolare il metabolismo glucidico e lipidico, ma interferisce con il metabolismo proteico nel muscolo, per il quale è un potente stimolo, purché siano disponibili aminoacidi.
Estrogeni e muscolo scheletrico – Gli effetti degli estrogeni sono stati poco studiati. Benché il muscolo possieda recettori per gli estrogeni, questi non hanno sostanzialmente effetti sulla massa e forza muscolare nelle donne in menopausa. Gli estrogeni anche di origine extragonadica, anche nei maschi, sono molto importanti per l’omeostasi dell’osso. Ormoni catabolici – glucocorticoidi e muscolo scheletrico. Insulti traumatici gravi, in particolare le ustioni, iniziano una risposta ipermetabolica, con forte aumento del cortisolo e diminuzione di androgeni: parte la degradazione proteica, con fortissimo turnover e fuoruscita di aminoacidi dalle riserve intracellulari. La perdita di massa magra non si contrasta nemmeno con una dieta iperproteica. Miostatina e muscolo scheletrico – La miostatina (GrowthDifferentationFactor-8 ) appartiene ai TGF; è una proteina che limita l’accrescimento dei muscoli, dove può raggiungere elevate concentrazioni: la sua importanza è stata riconosciuta quando si è capito che la soppressione del suo gene caratterizza una razza di bovini che hanno il doppio della massa muscolare; topi con deficienza di miostatina hanno muscoli ipertrofici ed inoltre hanno maggiore atrofia da immobilizzazione. La somministrazione di cortisolo stimola la produzione di miostatina.
Functional, structural and molecular plasticity of mammalian skeletal muscle in responsetoexercisestimuli Martin Flück The Journal of Experimental Biology 209, 2239-2248 La malleabilità del muscolo scheletrico che ne permette il rimodellamento strutturale secondo le esigenze è un fenomeno particolarmente impressionante nel regno animale. Questa plasticità si traduce negli adattamenti di forza, resistenza e velocità in seguito a variazioni dei carichi: questo accade negli atleti nei quali le modificazioni fenotipiche che massimizzano le prestazioni specifiche sono impressionanti. Un aspetto importante della plasticità è la sua specificità per cui l’intensità del carico e il numero delle contrazioni muscolari costituiscono gli stimoli per gli adattamenti. Quindi il profilo delle perturbazioni muscolari esercita un controllo essenziale sul fenotipo muscolare. Questa rassegna indica le scoperte più recenti sul coinvolgimento dell’espressione genica in risposta a stimoli di esercizio ripetitivi. Adattamento all’allenamento di endurance – Le fibre si differenziano verso un fenotipo con alto volume mitocondriale, aumentata densità capillare e deviazione verso fibre lente. Nell’insieme, queste modificazioni contribuiscono alla massimizzazione del trasporto di substrati, all’aumento della capacità respiratoria e delle caratteristiche contrattili nel corso di contrazioni lente e frequenti che caratterizzano l’esercizio di endurance. Alla base degli aggiustamenti muscolari sta l’espressione genica in risposta all’attività fisica: singole perturbazioni omeostatiche indotte dall’esercizio si integrano nella produzione di copie di geni diffusibili (mRNA) che stimolano la traslazione, nell’apparato ribosomico, delle proteine codificate.
Integrazione di stimoli fisiologici nella risposta fenotipica. Le perturbazioni omeostatiche indotte dall’esercizio si integrano regolando le alterazioni della trascrizione genica. Le copie di geni diffusibili istruiscono il rimodellamento muscolare mediante l’assemblaggio delle proteine codificate.
Processi metabolici nelle fibre muscolari. Il processo biochimico principale che genera energia nel muscolo è la combustione di acidi grassi e carboidrati. I carboidrati sono impor-tati attraverso processi facilitati dai capillari alle miocellule dove sono depositati come trigliceridi o glicogeno intracellulare per esse-re utilizzati in seguito. La metabolizzazione degli acidi grassi è un processo obbligato-riamente aerobico che avviene nei mitocondri attraverso beta ossidazione e ciclo di Krebs. Al contrario, la conversione metabolica dei carboidrati per glicolisi nel citoplasma è indipenden-te dall’ossigeno e non è necessariamente legata alla respirazione dei mitocondri. Questo porta alla produzione anaerobica di lattato. La scomposizione delle catene organiche nei mitocondri produce equivalenti riducenti (e CO2), che portano alla generazione di ATP ossigeno-dipendente, accoppiata alla catena respiratoria. Le sigle nei riquadri sono proteine cruciali per il trasporto, il deposito e la conversione nelle vie metaboliche del muscolo. LPL endoteliale entra nel trasporto di acidi grassi (FA) dai vasi attraverso l’interstizio fino al compartimento intracellulare. H-FABP trasporta FA nella cellula. HSL libera FA da IMCL. CPTI è un enzima indispensabile per l’assun-zione di FA nella matrice mitocondriale. Gli enzimi del ciclo di KrebsFum e SDH e i costituenti della catena di trasporto degli elettroni NADH6, COX1 e COX4 realizzano la produzione di ATP. PFKM rappresenta un passaggio principale per l’ingresso dei carboidrati nella via glicolitica.
I livelli di mRNAdelle principali subunità respiratorie mitocondriali sono significativamente correlati con il volume dei mitocondri, quindi l’adattamento locale del numero dei trascritti mitocondriali è co-regolato e accoppiato alla respirazione massimale del sistema (VO2max) durante l’esercizio. Analisi del tibiale anteriore di biatleti competitivi e controlli rivela aumento contemporaneo di transcritti genici dei fattori per la mobilizzazione degli acidi grassi. Quindi l’allenamento aerobico migliora la respirazione mitocondriale e aumenta la capacità del muscolo di importare acidi grassi dal sangue. La combinazione degli adattamenti espressionali in tappe successive della via ossidativa nei muscoli allenati riflette il livello locale di coordinamento che contribuisce al miglioramento sistemico delle capacità aerobiche. La corrispondenza delle variazioni di espressione genica con adattamenti funzionali della via ossidativa dopo allenamento indica un preciso circuito molecolare nel muscolo che sta alla base dell’aumentata resistenza alla fatica. Questa relazione implica uno specifico meccanismo che coordina gli adattamenti genici in base al reclutamento dei muscoli. L’adattamento del tessuto muscolare all’aumento dell’attività contrattile avviene probabilmente nella fase di ricupero dopo ogni episodio di esercizio defatigante. Questo comporta un eccesso di adattamenti cellulari che produce l’accumulo di risposte rimodellanti incrementali dopo ogni episodio e ripetendo gli esercizi si arriva al miglioramento della performance. Con tecniche particolari si può seguire l’andamento nel tempo della produzione di mRNA: si è dimostrata una transitoria stimolazione genica 8 ore dopo un esercizio al cicloergometro di 30 min. Al contrario, una volta che gli adattamenti muscolari siano stabili dopo 6 settimane di allenamento questa risposta genica è attenuata: questo è dovuto all’aumento stabile dei livelli di mRNA e spiega la progressiva riduzione dell’efficacia dell’allenamento in soggetti allenati.
Microadattamenti dell’espressione di trascritti in relazione all’allenamento. Modello dell’aumento dell’RNA e della performance con la ripetizione dell’esercizio. Ogni episodio provoca un eccesso di livello di trascrizione nelle fasi di ricupero. Le linee rappresentano l’evoluzione dei livelli di RNA e della performance
Timecourse della risposta muscolare all’esercizio in condizioni di normo (A) e ipossia (B). In A e B sono riportati le variazioni significative di trascritti della via ossidativa. I principali fattori del citoscheletro, titina e desmina non sono modificati, a dimostrare la specificità ella risposta
La stimolazione della trascrizione degli enzimi legati al metabolismo dei grassi è attenuata nell’esercizio in ipossia. Gli aggiustamenti strutturali e funzionali (rimodellamento) durante l’allenamento derivano dall’accumulo di risposte nell’espressione genica agli esercizi ripetuti. Il complesso stimolo costituito dall’esercizio provoca una serie di perturbazioni omeostatiche nei muscoli interessati. Esse sono recepite come precisi segnali di processo e si traducono nell’attivazione della trascrizione genica o nella sua stabilizzazione. Le perturbazioni sono di tipo metabolico, meccanico e ormonale. Sintetizzando i risultati presentati si conclude che una complessa risposta dei geni riflette la specificità dell’adattamento muscolare a diversi tipi di esercizio. Vi è una co-regolazione della via ossidativa, dei cromosomi e dei genomi. L’evidente correlazione fra famiglie di geni e le relazioni struttura-funzione rivela l’esistenza di un preciso circuito molecolare che regola la via del metabolismo ossidativo e di un meccanismo a soglia (switch = interruttore) che coordina le risposte locali all’allenamento
ACADL long-chain acyl-CoA dehydrogenase ACADVL very-long-chain acyl-CoA dehydrogenase ACADM medium-chain specific acyl-CoA dehydrogenase ALDOA aldolase A ALDOC aldolase C AMPK 5’AMP-activated protein kinase CPT1 carnitine palmitoly transferase 1 CYC cytochrome c COX1 cytochrome c oxidase subunit 1 COX4 cytochrome c oxidase subunit 4 COX5B cytochrome c oxidase subunit 5B ECH1 enoyl-CoA hydratase FFA free fatty acids Fum fumarase GAPDH glyceraldehyde-3-phosphate dehydrogenase G-6-P glucose-6-phosphate HADH 3-hydroxyacyl-CoA dehydrogenase type II HADHB 3-hydroxyacyl-CoA dehydrogenase B H-FABP fatty acid binding protein of the heart HIF-1,hypoxia-inducible factor 1 , HSL hormone-sensitive lipase IMCL intramyocellular lipids PFK phosphofructokinase JNK c-jun N-terminal kinase LDH3 lactate dehydrogenase 3 LDL R low-density lipoprotein receptor LPL alkaline lipoprotein lipase NADH nicotinamide adenine dinucleotide dehydrogenase PFKM phosphofructo-kinase muscle-type PFKFB1 6-phosphofructo-2-kinase/fructose-2,6- biphosphatase 1 PPARperoxisome proliferator-activated receptor PPARperoxisome proliferator-activated receptor SDH succinate dehydrogenase Tfam mitochondrial transcription factor PGC-1 peroxisome proliferator coactivator-1 VLDLR Very low-density lipoprotein receptor WT wild type
http://www.unm.edu/~lkravitz/index.html The Mystery of Skeletal Muscle HypertrophyRichard Joshua Hernandez, B.S. and Len Kravitz, Ph.D. L’esercizio, lavoro muscolare compiuto contro un carico progressivamente più grande, provoca l’aumento della massa e della sezione dei muscoli: questo si chiama ipertrofia. Ma perché la cellula muscolare cresce e come fa a crescere? Nonostante una mole notevole di ricerche, non è ancora del tuttochiaro il quadro completo (e molto complesso) del graduale adattamento del muscolo a carichi crescenti. L’ipertrofia muscolare è l’aumento della massa e dell’area di sezione dei muscoli. L’aumento di dimensioni è dovuto ad un aumento dello spessore (non della lunghezza) di tutte le fibre del muscolo. Sia il muscolo scheletrico sia quello cardiaco si adattano a carichi di lavoro regolari crescenti che superano le capacità pre-esistenti del muscolo. Il cuore aumenta la sua funzione di pompa mentre il muscolo scheletrico diventa più efficiente nel trasmettere forza ai segmenti ossei attraverso i tendini. Le cellule satellite facilitano l’accrescimento, la manutenzione e la riparazione del muscolo danneggiato (non il cuore). Sono chiamate satelliti perché si trovano sulla superficie esterna delle fibre muscolari fra il sarcolemma e la lamina basale; sono mononucleate e quasi prive di citoplasma. Normalmente sono dormienti e sono attivate da qualsiasi tipo di trauma o danno muscolare. Quando si svegliano proliferano e si spostano sul muscolo danneggiato, si fondono con le fibre preesistenti aumentando il materiale nucleare che serve a rigenerare la fibra.
Il numero di cellule satelliti presenti in un muscolo dipende dal tipo di fibre muscolari: le fibre lente ne hanno 5 o 6 volte di più di quelle veloci. Il trauma provocato da esercizi di resistenza (soprattutto eccentrici) mette in moto il sistema immunitario: invasione di macrofagi con secrezione di citochine, fattori di crescita e altre sostanze, che richiamano altre cellule del sistema immunitario. Le tre citochine importanti in questo contesto sono: IL-1, IL-6, TNF (chiamate citochine proinfiammatorie). Promuovono la dissociazione delle proteine, la rimozione di detriti cellulari e la produzione di prostaglandine. I fattori di crescita sono proteine altamente specifiche che stimolano la differenziazione e la divisione di determinate cellule. Particolarmente importanti: IGF, FGF e HGF (epatociti). Questi fattori collaborano nella stimolazione delle cellule satelliti. Ormone della crescita (GH). Stimola l’IGF e l’attivazione, proliferazione e differenziazione delle cellule satelliti. Gli effetti ipertrofici dell’assunzione di GH come anabolizzante sembrano legati più a ritenzione di liquidi che all’aumento delle proteine contrattili. Cortisolo. Ormone steroideo legato allo stress che stimola la gluconeogenesi anche attraverso il catabolismo proteico. Per quel che riguarda l’ipertrofia, inibendo la sintesi delle proteine esso ha un effetto negativo.
Testosterone. È il principale ormone androgeno e ha i maggiori effetti sugli organi sessuali maschili, ma anche su sistema nervoso, muscolo scheletrico, midollo osseo, cute e peli del corpo. Sui muscoli ha un importante effetto anabolico, che contribuisce anche alle differenze di genere sulla composizione corporea. Stimola l’anabolismo proteico e pertanto l’ipertrofia. Fibre di tipo I. Si ipertrofizzano notevolmente con sovraccarichi progressivi, non solo con l’esercizio di resistenza ma anche in qualche misura con l’esercizio aerobico. Fibre di tipo IIa. Le loro percentuale aumenta con l’allenamento per trasformazione di IIb in IIa. Il disuso provoca la trasformazione inversa. Fibre di tipo IIb. Si convertono in IIa con l’esercizio di resistenza che aumenta complessivamente le capacità ossidative del muscolo migliorando la resistenza alla fatica.
La prima cellula satellite di mammifero: sezione traversa di una fibra del sartorio di ratto … si vedono le membrane contigue di una cellula satellite (sp) e di una fibra muscolare (mp); la membrana basale (bm) si prolunga sopra la congiunzione delle membrane delle due cellule (microscopio elettronico x22.000)
Known knowns, known unknowns and unknown unknowns Conclusioni: fatti noti, consapevolmente non noti e inconsapevolmente non noti Cosa sappiamo dunque dopo 50 anni di ricerca sulle cellule satellite del muscolo? Sostanzialmente, che si tratta di cellule staminali residenti, che forniscono mioblasti per l’accrescimento del muscolo, l’omeostasi, l’ipertrofia e la riparazione. Poco si sa di come siano mantenute in uno stato quiescente, mentre si comincia a capire come siano attivate per entrare nel ciclo cellulare. Una modalità relativamente nuova è la regolazione dei geni da parte di miRNA. Analogamente, si cominciano ad avere informazioni sul ruolo della nicchia sublaminaledelle cellule satelliti. È molto controverso se le cellule satelliti siano eterogenee o costituiscano un unico pool, perché alcune si differenziano mentre altre si moltiplicano conservando la riserva di cellule staminali.
Skeletalmuscleremodeling Matthew J. Potthoff, Eric N. Olson and RhondaBassel-DubyCurrent Opinion in Rheumatology 2007, 19:542–549 Il muscolo scheletrico sembra omogeneo nei preparati istologici, ma invece si compone di una popolazione eterogenea di miofibreche differiscono per proprietà metaboliche e contrattili. Le miofibre sono classificate sulla base dell’espressione genica delle catene pesanti della miosina (MHC). Le fibre di tipo I, lente, esprimono MHC I/b, si contraggono lentamente sono ricche di mitocondri e mioglobina, hanno metabolismo ossidativo e sono resistenti alla fatica. Le fibre di tipo II, veloci, esprimono MHC di tipo II, si affaticano rapidamente, si contraggono velocemente e hanno metabolismo glicolitico o ossidativo. L’espressione genica delle miofibre può cambiare in risposta alle richieste dell’ambiente mediante l’attivazione di segnali trasduzionali che promuovono variazioni adattative della citoarchitettura e della composizione proteica. Le miofibre primarie che esprimono miosine di tipo adulto o embrionale si stabilizzano precocemente durante lo sviluppo, mentre le miofibre adulte si stabilizzano dopo la nascita e le miosine adulte sostituiscono quelle embrionali. Hanno un alto grado di plasticità e possono rimodellarsi fenotipicamente in risposta a stimoli specifici, come il carico contrattile, l’ambiente ormonale e malattie sistemiche. Per esempio, l’allenamento trasforma preesistenti fibre veloci nel fenotipo ossidativo e al contrario una riduzione dell’attività neuromuscolare provoca la trasformazione inversa.È stato stabilito che specifici schemi di impulsi condotti dai nervi motori esercitano un’influenza fenotipica sui muscoli che innervano
La concentrazione intracellulare di calcio si eleva in risposta a stimoli fisiologici e attiva il fattore nucleare calcineurina delle cellule T attivate (NFAT) e la via fattore stimolante i miociti 2 (MEF2)-istone deacetilasi (HDAC), PGC-1, peroxisomeproliferator-activatedreceptor coactivator-1; RCAN1, regulator of calcineurin 1.
L’attivazione della via IGF/Akt/mTOR(mammalian target of rapamycin) stimola l’ipertrofia e antagonizza la perdita di massa muscolare. Nell’uomo Akt, mTOR e glicogeno sintetasi aumentano in seguito ad un allenamento di resistenza che induce ipertrofia muscolare. mTOR è una chinasi attivata da Akt e regola la sintesi proteica sulla base della disponibilità di sostanze nutritizie. È un elemento importante nella regolazione della massa muscolare dopo la nascita specialmente quando aumenta il carico sui muscoli. L’atrofia muscolare che capita con l’invecchiamento, l’immobilizzazione, i voli spaziali, i traumi muscoloscheletrici e molte malattie cataboliche, è dovuta all’aumento della distruzione proteica mediato dalla via ubiquitina proteasoma. Sono aumentati due geni: muscle RING finger 1 (MuRF1) and muscle atrophy F-box (MAFbx/atrogin-1). Vi sono molte prove che uno stato infiammatorio prolungato (età e malattie croniche) provoca perdita di muscolo. Questo indica che le terapie che controllano l’infiammazione possono anche curare l’atrofia muscolare.
THE MOLECULAR BASIS OF TRAINING ADAPTATION (Coffey VG & Hawley JA, Sports Med 2007; 37: 737) CONTROL OF THE SIZE OF THE HUMAN MUSCLE (Rennie MJ, Wackerhage H, Spangerburg EE & Booth FW, Annu Rev Physiol 2004; 66: 799) I muscoli che non lavorano perdono massa e forza (ipotrofia, atrofia; sarcopenia) I muscoli sottoposti a tensione (attiva – contrazione, passiva – stiramento) aumentano massa e forza (ipertrofia) I muscoli sottoposti ad attività prolungata di bassa intensità aumentano la resistenza alla fatica e il consumo di ossigeno
Different modes of hypertrophy in skeletal muscle fibers Angelika C. Paul and Nadia Rosenthal Mouse Biology Program, European Molecular Biology Laboratory, 00016 Monterotondo-Scalo, Rome, Italy The Journal of Cell Biology, Volume 156, Number 4, February 18, 2002 751–760 Nei roditori, i muscoli delle gambe più utilizzati, come il soleo, l’estensore lungo delle dita e i muscoli della coscia hanno fibre che corrono da un tendine all’altro, con una sola giunzione neuromuscolare in mezzo, ma in animali più grandi molti muscoli hanno placche motrici multiple e fibre che non si prolungano fra i due tendini ma terminano fra i fascicoli. Questo capita nel coniglio, gatto, capra, cavallo, bovini, rane e polli. Nell’uomo e nel macaco i muscoli degli arti sono per lo più a innervazione singola e le fibre, fino ad una lunghezza di 13 cm, si inseriscono fra le due terminazioni tendinee. Nell’uomo soltanto il sartorio ed il gracile con fibre che arrivano a 50 cm, hanno innervazione multipla. In risposta a stimoli ipertrofizzanti, le fibre dei muscoli a innervazione singola possono aumentare di diametro per aumentare il numero di miofibrille in parallelo. Oppure, quelle che terminano fra i fascicoli si possono allungare dando l’impressione che aumenti il numero di fibre e fibrille in parallelo.
Precipitazione dell’AChE per mostrare le placche motrici nelle fibre a innervazione singola o multipla. A) gracile posteriore di topo con una sola placca; B) gracile anteriore con due placche; C) giunzione neuromuscolare marcata con precipitazione dell’AChE; D) giunzione mio-mionale
Topi transgenici per fattore di crescita (MLC)/insuline-like hanno fibre a innervazione singola ipertrofiche con aumento del diametro delle fibre e della massa corporea. Anche la corsa spontanea sulla ruota nei topi aumenta l’area delle fibre del gastrocnemio e del tibiale anteriore che hanno innervazione singola. Abbiamo messo a punto un programma di esercizio su ruota e dopo un periodo iniziale i topi di entrambi i genotipi (WT e MLC/mIGF-1) correvano per 6 ore facendo 5 km al giorno e li abbiamo lasciati allenarsi per 4 settimane, dopo di che abbiamo analizzato l’ipertrofia muscolare. Il peso corporeo non è cambiato nei WT mentre quelli transgenici pesavano di più e aumentavano dopo l’allenamento.
Ipertrofia muscolare di topi inattivi e allenati WT e mIGF. A) confronto del peso corporeo; B) l’area di sezione è aumentata in tutti i muscoli
I topi transgenici avevano un’area di sezione maggiore in tutti i muscoli rispetto a WT e IGF-EX avevano la più grande, ad eccezione del gracile anteriore, che non era diverso da quello WT. Modificazioni del tipo di fibre con l’ipertrofia da esercizio. Gli effetti dell’ipertrofia transgenica o indotta dall’esercizio sulle modificazioni delle fibre è stato studiato sulla base della percentuale di fibre con catena pesante della miosina (MHC) di tipo I, II B e II A/X nei muscoli gracile anteriore e posteriore. Le modificazioni dovute all’ingegneria genetica erano minime, mentre erano significative in seguito all’esercizio. Nel gracile anteriore diminuivano le fibre I e IIA/X, mentre aumentavano le IIB. Quindi è l’esercizio, non la modificazione genetica che determina il tipo di fibre.
Le modificazioni del tipo di fibra nei gracili anteriore e posteriore sono influenzate dall’esercizio, non dalle modificazioni genetiche. A) Il gracile anteriore aumenta le fibre IIB a scapito delle altre. B) anche nel gracile posteriore prevalgono le fibre IIB. È evidente che è l’esercizio a determinare il tipo di fibra
Specifiche modalità di ipertrofia nei muscoli ad innervazione singola o multipla In risposta ad uno stimolo ipertrofico le fibre dei muscoli ad innervazione singola, come il gracile posteriore aumentano di diametro. Tuttavia, le fibre che terminano fra i fascicoli, come nel gracile anteriore si possono anche allungare aumentando di fatto il diametro. Per distinguere le due modalità, abbiamo confrontato il numero di fibre in sezioni traverse di gracile anteriore, posteriore e soleo dei quattro tipi di ratto e abbiamo calcolato il diametro medio delle fibre. Si noti che i m. gracili hanno fibre parallele che consentono una sezione perpendicolare di tutte le fibre, mentre il soleo ha una disposizione pinnata. Il gracile posteriore ha un aumento dell’area delle fibre, ma non del loro numero: quello dei topi IGF-EX è massimo, e questo conferma che gli effetti dei geni e dell’esercizio sull’ipertrofia sono additivi. Il soleo aumenta poco sia il numero sia il diametro delle fibre, ma questi piccoli aumenti, esaltati dall’effetto della pinnazione, fanno aumentare il diametro totale del muscolo.
Al contrario, il conteggio del numero di fibre nel gracile anteriore risulta aumentato in tutti i casi di ipertrofia: le fibre in più possono essere dovute all’aggiunta di fibre nuove oppure all’allungamento di fibre a terminazione fra i fasci pre-esistenti. Per distinguere le due modalità abbiamo contato il numero totale di fibre dopo digestione con acidi che rimuove i connettivi e permette la separazione fisica delle fibre all’interno del muscolo, anche quelle che terminano fra i fasci. Il numero totale delle fibre non risulta aumentato, mentre aumenta quello in un sezione a metà muscolo perché le fibre si sono sovrapposte allungandosi ma non ci sono fibre neoformate.
Numero e diametro delle fibre muscolari. A) il numero appare aumentato solo nel gracile anteriore non nel posteriore ne’ nel soleo. B) l’area media delle fibre aumenta nel gracile posteriore e anteriore. Quindi i muscoli ad innervazione singola rispondono ai segnali ipertrofici aumentando l’area e non il numero delle fibre: al contrario il gracile anteriore aumenta il numero di fibre in sezione traversa
Modelli delle diverse modalità di ipertrofia muscolare. A) i muscoli ad innervazione singola si ipertrofizzano aumentando il diametro delle fibre. B) le fibre a terminazione intrafascicolare in un moscolo con due o più placche motrici si ipertrofizza allungandosi e così aumenta il numero di fibre in sezione traversa
ALLENAMENTO (TRAINING) Effetti specifici dell’aumento di una funzione specifica: miglioramento della funzione specifica VARIABILI: • intensità • durata • frequenza
Molecular Mechanisms of Muscle Plasticity withExercise Hans Hoppeler,*1 Oliver Baum,1 Glenn Lurman,1 and Matthias Mueller1 ComprPhysiol1:1383-1412, 2011 Il fenotipo del muscolo scheletrico va incontro a notevole malleabilità a seconda dell’uso. Un esercizio di endurance di bassa intensità porta a variazioni qualitative del tessuto muscolare caratterizzate soprattutto da un aumento delle strutture che sostengono l’apporto ed il consumo di ossigeno. Invece l’esercizio di forza con carichi elevati fa crescere le fibre muscolari in particolare le proteine contrattili. Nell’esercizio a bassa intensità, i segnali prodotti dallo stress provocano una regolazione aumentata a livello trascrizionale di una varietà di geni: la sensibilità al Ca2+ ed allo stato energetico del muscolo attraverso AMPK sono i fattori più importanti. Diverse reti di segnali parallele convergono sul co-attivatore trascrizionalePGC-1α, che è considerato il coordinatore della maggior parte dei processi post-trascrizionali. L’allenamento con carichi elevati è dominato dalla sopra regolazione traslazionale controllata da mTOR, che dipende da una cascata dipendente da insulina/fattore di crescita e da fattori meccanici e nutrizionali. L’accrescimento muscolare indotto dall’esercizio è ulteriormente rafforzato dal reclutamento di DNA per attivazione e incorporazione di cellule satellite. Alcuni nodi cruciali dell’esercizio di forza e di endurance sono comuni per cui le due modalità sono interdipendenti. La robustezza dei segnali legati all’esercizio dipende dal fatto che i segnali sono multipli e paralleli con un controllo a feedback e feedforward su livelli singoli o multipli di segnale.
Se oggi possediamo una buona conoscenza descrittiva dei meccanismi molecolari che controllano la plasticità fenotipica dei muscoli, ci manca di comprendere le esatte interazioni fra elementi delle reti di segnale e quindi non abbiamo modelli per prevedere il risultato dei segnali delle reti complessive. La più grande sfida attuale consiste nel verificare ed applicare le conoscenze acquisite attraverso modelli per prevedere la plasticità fenotipica nell’uomo. Osservando il regno animale, i tessuti muscolari si presentano in diversi modi e condizioni strutturali distinte a seconda delle caratteristiche locomotorie. Animali sedentari (capre, bovini) hanno tessuti muscolari con pochi capillari e scarsa attività ossidativa, cioè con un basso contenuto di mitocondri, mentre animali atletici come i cani, le antilopi e i cavalli sono ben equipaggiati per il lavoro di endurance con abbondanti capillari e mitocondri. La funzione e il fenotipo dei muscoli sono in relazione con la specifica modalità di attivazione che ognuno esplica. L’uso ripetuto e intenso del tessuto muscolare (allenamento all’esercizio) provoca caratteristiche modificazioni strutturali e funzionali del muscolo che migliorano la performance meccanica per la quale un particolare muscolo è impiegato. Si distingue classicamente fra l’allenamento di endurance (stimolo a basso carico e molte ripetizioni) e l’allenamento di forza(alto carico – poche ripetizioni).
I protocolli classici di allenamento di endurance provocano un aumento del VO2max, che è una conseguenza adattativa combinata di modificazioni del sistema cardiovascolare e dei muscoli allenati. Nel muscolo, troviamo che il fenotipo contrattile vira verso un aumento dell’espressione di miosine lente, talvolta con un cambiamento del tipo di fibra. L’area di sezione delle fibre cambia poco salvo dopo prolungata immobilizzazione; la capillarità è aumentata per assecondare il maggior fabbisogno di ossigeno da parte dei mitocondri muscolari. L’espansione del compartimento mitocondriale del muscolo può essere rapida con l’allenamento di resistenza, soprattutto in soggetti prima sedentari: si sono visti aumenti >30% in 6 settimane. Gli aumenti della densità mitocondriale sono in genere accompagnati da aumenti simili degli enzimi del ciclo di Krebse della fosforilazioneossidativa, come succinil deidrogenasi (SOD), citrato sintetasi (CS) e ossidasi del citocromoC (Cytox). Inoltre, l’allenamento di resistenza sposta il metabolismo verso i substrati lipidici e un aumento dei depositi intramiocitici di lipidi (IMLC) e di carboidrati.
I protocolli classici di allenamento di forza modificano soprattutto la sezione traversa del muscolo e delle fibre. Bisogna ricordare che si ottengono importanti aumenti della forza (soprattutto all’inizio degli allenamenti) con adattamenti del controllo neuromuscolare: pertanto i primi guadagni funzionali avvengono con scarse modificazioni strutturali. Continuando l’allenamento, si assiste ad una aumento della sezione traversa, relativamente più cospicua in prossimità dell’origine e dell’inserzione del muscolo: questo guadagno è dovuto all’aumento del numero delle miofibrille e le fibre veloci (tipi IIA e IIX) contribuiscono di più all’aumento. L’espressione della catena pesante della miosina può essere modificata dall’allenamento di forza, ma l’entità e la direzione delle modificazioni sembrano dipendere dalla specificità dell’esercizio. I mitocondri e i capillari sono poco influenzati e quindi il volume dei mitocondri e la densità dei capillari sono scarsi nei muscoli allenati alla forza; il metabolismo rimane dominato dai carboidrati e aumenta il contenuto relativo di glicogeno. L’esercizio concentrico provoca ipertrofia delle fibre muscolari, mentre quello eccentrico potrebbe indurre iperplasia muscolare con neoformazione di fibrille.
Qualunque tipo di esercizio consiste in una miscela specifica di fattori di stress che coinvolgono il tessuto muscolare quando è attivo: i fattori più evidenti sono il carico meccanico, gli aggiustamenti ormonali , l’attivazione neuronale e alterazioni metaboliche. Ognuno di essi è legato a diverse reti di segnali nelle cellule muscolari, che trasferiscono informazioni sulle circostanze esterne nelle quali il muscolo è chiamato ad operare. Questi segnali hanno un duplice scopo: servono ristabilire l’omeostasi intracellulare alterata dall’attività muscolare ma anche a modificare il tessuto rendendolo più adatto a sopportare analoghe condizioni di lavoro in seguito (adattamento). Considerando i segnali per le cellule muscolari bisogna distinguere le risposte acute da quelle di lunga durata. Queste ultime consistono in variazioni dell’accumulo di fattori di trascrizione e molecole di segnale, nonché in alterazioni della composizione proteica. Queste producono alterazioni strutturali del muscolo e costituiscono il substrato dell’adattamento all’allenamento. L’uomo ha le stesse reti di segnali dei modelli animali, quali topi e ratti, usati per la ricerca, tuttavia molti esempi dimostrano una evidente specie-specificità della risposta muscolare agli stimoli esterni.
Schema dell’integrazione dei segnali nel muscolo in risposta all’esercizio. La stimolazione del tessuto muscolare da episodi di esercizio è integrata da complesse reti di segnali che modificano la quantità di proteine, l’attività e la localizzazione regolando meccanismi trascrizionali o traslazionali.
Allo scopo di studiare il ruolo dei singoli componenti delle reti di segnale, la ricerca si è avvalsa recentemente di esperimento di soppressione (knock out) o aumento (knock in) genetico o di sostanze farmacologiche per bloccare o esaltare particolari vie. L’inconveniente di questo approccio è che esso non tiene conto della natura transitoria dello stress da esercizio perché qualunque funzione soppressa o esaltata dall’ingegneria genetica è costantemente presente, o per lo meno dura a lungo. ALLENAMENTO DI RESISTENZA (ENDURANCE) Il marchio funzionale dell’allenamento di resistenza è la capacità di rendere l’organismo in grado di mantenere una produzione di potenza aumentata per periodi prolungati (minuti o ore) o, più in generale, di diventare più resistente alla fatica. A livello del muscolo, questo ha bisogno del meccanismo ossidativo, perciò i mitocondri devono aumentare. Un aumento del volume (o della massa) dei mitocondri consente al muscolo di generare più ATP in maniera aerobica, utilizzando come substrati carboidrati o lipidi. All’aumento della capacità del muscolo di utilizzare l’ossigeno si associa un aumento quasi proporzionale della rete dei capillari che portano ossigeno e substrati alle cellule muscolari. Tutto questo comporta anche adattamenti centrali per il trasporto dell’ossigeno. I tessuti muscolari hanno anche altri meccanismi per aumentare la capacità dei endurance: siccome il rendimento della contrazione muscolare può essere aumentato rallentando l’attività dell’ATPasiactomiosinica, l’allenamento di resistenza si associa spesso con un rallentamento delle fibre muscolari con riduzione del costo della produzione di forza e quindi un passaggio a fibre lente.