690 likes | 973 Views
Rifiuti -storia di un'emergenza -analisi della produzione e dello smaltimento -il caso Sicilia. la nozione di rifiuto.
E N D
Rifiuti-storia di un'emergenza-analisi della produzione e dello smaltimento-il caso Sicilia
la nozione di rifiuto in senso strettamente ecologico, LA NATURA NON PRODUCE RIFIUTI o meglio, in un ciclo ecologico non si possono accumulare rifiuti poiché nulla è rifiutato. Tutti i processi che si possono osservare in natura hanno compiuto un cammino evolutivo che ha condotto ad una concatenazione tra fenomeni diversi. Queste correlazioni complesse tra i processi naturali sono indicati generalmente con il nome di CICLO NATURALE
nel “ciclo naturale” non esiste il concetto di scoria o rifiuto, esso viene introdotto in rappresentazione parziale di singoli segmenti del ciclo, che verranno dalla stessa natura riciclati e smaltiti. Ma negli ultimi decenni è accaduto che l’uomo è intervenuto sulle dinamiche ambientali, producendo accelerazioni in punti circoscritti dei cicli naturali. Per quanto detto, può definirsi più esattamente rifiuto tutto ciò che per motivi di tempo, di quantità e qualità non può essere immediatamente riutilizzato nei cicli naturali o nelle attività umane. Infatti, è rifiuto tutto ciò la cui velocità di produzione è superiore a quella di riutilizzo nell’ambiente e nei processi produttivi.
la nozione autentica di rifiuto, introdotta dalla legge n. 178/2002 distingue due ipotesi:la prima è quella dell’utilizzo del bene nel ciclo produttivo nell’originaria composizione e consistenza; la seconda è quella in cui il bene è oggetto di un trattamento preventivo mirato alla successiva commercializzazione o riutilizzo. Nella prima ipotesi non si è in presenza di un rifiutosolo nei casi in cui la destinazione alla riutilizzazione della sostanza non arrechi alcun pregiudizio all’ambiente in senso lato del termine (es. paesaggio, aria, acqua, suolo ecc.), mentre nella seconda ipotesi si ha un non-rifiutosolo nei casi in cui le operazioni di trattamento dirette al riutilizzo della sostanza non rientrano tra quelle considerate come attività di recupero (D.M. 5 febbraio 1998).
per un’interpretazione normativa del concetto di rifiuto soccorre l’art. 14 del D. L. n. 138/02 convertito in legge n. 178/02, secondo cui l’intenzione o l'obbligo di disfarsi della res non ricorrono quando le sostanze in oggetto siano effettivamente riutilizzate, nel medesimo o in altro processo produttivo, senza subire trattamenti e senza pregiudizio per l’ambiente,
i contenuti del Decreto Ronchi individua quattro ordini di priorità: • intervenire nel processo produttivo per ridurre “a monte” la quantità di merci (ad esempio gli imballaggi), destinate a divenire sempre più rapidamente ed abbondantemente dei rifiuti; • favorire quanto più possibile il riuso ed il riciclaggio delle merci/materie prime con il processo di differenziazione dei rifiuti; • termovalorizzare (incenerimento con produzione di energia) la frazione di rifiuti che non può essere riciclata; • porre a dimora in discariche controllate la frazione che a sua volta non può essere termovalorizzata e/o i residui di quel processo di trattamento.
In Italia si producono oltre 32 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (RU) ogni anno, cioè circa 539 Kg per abitante. Il dato è annualmente in crescita di oltre due punti percentuale e ci allontana ulteriormente dall'obiettivo che si era posto l'Unione Europea, ovvero ridurre a 300 chili pro capite/anno la produzione urbana di rifiuti. Con una magra consolazione: in Europa occidentale la situazione non è molto diversa e la media di rifiuti prodotta è di 577 Kg. Migliori le performances per le politiche di riciclaggio che hanno registrato un incremento generalizzato, con picchi del 60% dei rifiuti urbani riciclati come accade in Austria a Paesi Bassi.
Raccolta di rifiuti urbani per alcuni comuni capoluogo di provincia – Anni 2000-2006 (kg per abitante) (Fonte: ISTAT)
la raccolta differenziata L’orientamento politico generale (Protocollo di Kyoto) indica nella riduzione dei gas serra e genericamente di tutti gli inquinanti la soluzione al problema dei cambiamenti climatici, lasciando su un piano distinto la questione della gestione dei rifiuti, che pure è intimamente connessa alla pressione ambientale umana vista nel suo complesso. La politica delle 4R (RIDUCI-RIPARA-RIUSA-RICICLA) viene ignorata, preferendo a questo processo la costruzione di termodistruttori, termovalorizzatori, centrali termoelettriche (a rifiuti) e torce al plasma; cioè lasciando inalterata la questione della riprogrammazione, del cambiamento dello stile di vita attraverso il risparmio/efficienza energetica, il riuso delle materie prime e quindi, alla chiusura del ciclo, la riduzione dell’utilizzo dei gas serra.
Le 4 R: Riduzione Riuso Riciclaggio Recupero E verso quest'opzione spingono tutte le linee guida di Bruxelles: recupero e riciclaggio creano posti di lavoro, più di quanti può darne il sistema della termovalorizzazione. E sono più sani per l'ambiente.
La politica delle 4R • molto più veloce da mettere in pratica in confronto ai tempi lunghi di costruzione dell’inceneritore, • molto meno dispendiosa, • molto più vantaggiosa in termini di impatto occupazionale locale e non solo, • infinitamente più sicura dal punto di vista dell’impatto ambientale. Inoltre la produzione di energia elettrica mediante incenerimento è tra le cause di maggior incremento di immissioni di gas serra in atmosfera (violazione degli obiettivi di Kioto).
Rifiuti zero e le 4 R • Le attuali tecniche consentono di avvicinarsi all’obiettivo “rifiuti zero”, come esperienze nazionali (Consorzio Priula di Treviso) ed internazionali (città di San Francisco, USA) dimostrano ampiamente. • Una corretta e moderna gestione dei rifiuti, basata sulla • raccolta porta-a-porta e su una • corretta filiera del riciclaggio, e • sulla riprogettazione e riduzione sottrarrebbe all’incenerimento tutti quei materiali che hanno un qualche potere calorifico (carta, plastiche, legno, …), rendendo del tutto inutile, se non impossibile, l’incenerimento stesso.
1.3.riutilizzo completo o parziale 1.3.1. realizzazione di imballaggi riutilizzabili un numero di volte compatibile con il materiale utilizzato 1.3.2. diffusione estesa del meccanismo del vuoto a rendere 1.3.3. recupero di parti riparabili e riutilizzabili da oggetti complessi come parti di ricambio 1.3.4. promozione di attività artigiane per il riutilizzo di oggetti o loro parti per funzioni diverse da quelle d’origine 1.3.5. promozione del mercato dell’usato per oggetti di durata superiore al periodo di utilità per il singolo proprietario 1.3.6. promozione del recupero di oggetti usati da parte degli stessi produttori per la loro rigenerazione 1.3.7. misure per scoraggiare la pratica “usa e getta”
1.6. riciclaggio 1.6.1. utilizzo di materiali riciclabili 1.6.2. utilizzo, per oggetti multimateriali, di materiali omogenei e compatibili ai fini del riclaggio 1.6.3. scoraggiamento di poliaccoppiati incompatibili e di difficile separazione 1.6.4. incentivi all’uso di materiali riciclati 1.6.5. identificazione di nuovi strumenti di certificazione per l’utilizzo di materiali riciclati 1.7.stili di vita 1.7.1. orientare gli stili di vita della popolazione verso un uso più efficiente delle risorse 1.7.2. promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione del pubblico 1.7.3. sperimentare la diffusione di modelli di autocontrollo (ecobilanci)
Attraverso il riutilizzo ed il riciclaggio si risparmia più energia di quanta se ne produca con l'incenerimento
Se si usano materiali riciclati non sarà più necessario estrarre minerali, petrolio e abbattere foreste come si fa oggi ed essendo i procedimenti di recupero molto più semplici dell'estrazione si ha un notevole risparmio energetico con una diminuzione di gas serra ed emissioni inquinanti. Basti pensare che in Italia la riduzione dei consumi energetici associata al riciclo è pari a circa 15 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), a fronte di un consumo nazionale pari a circa 190 milioni di tep e la riduzione di emissioni climalteranti associate al riciclo è stimabile in 50 tonnellate di CO2 equivalente, a fronte di un totale nazionale di 533 milioni di tonnellate, di cui 128 dell'insieme delle attività industriali.
Numeri, questi, che comprovano le potenzialità di questo settore che in Italia smaltisce, o meglio assorbe, attraverso il sistema della raccolta differenziata (RD), il 25% circa della produzione totale dei rifiuti urbani: un dato in aumento ma che ci colloca comunque ben al di sotto di quel 35%, da raggiungere entro il 2003, prefissato dal famoso decreto Ronchi del '97. Secondo un'indagine sull'industria del riciclo realizzata dalla Commissione Ambiente della Camera, il settore del recupero e del riutilizzo dei rifiuti è cresciuto molto più dell'industria italiana nel suo insieme con un indice del più 5% nel periodo 2000-2004, contro un più 3,8% nello stesso periodo per l'industria nel suo complesso. Questi sono i valori medi nazionali, ma cosa succede se analizziamo i dati per aree geografiche?
Raccolta differenziata di rifiuti urbani (% su rifiuti prodotti) – 2005 (Fonte APAT) Obiettivo al 2013: almeno il 40% di raccolta differenziata Cosa dice la legge? Entro il 2007 almeno il 40% di r.d. (l.f. 2007) Cosa dice la programmazione regionale? Puglia, entro il 2010 almeno il 55% di r.d. (piano regionale dei rifiuti 2006) Sicilia, entro il 2007 almeno il 35% per ogni ATO (piano regionale dei rifiuti aggiornato nel 2004) Campania, schema POR FESR 2007-2013; raggiungere il 60%
Scendendo giù nella cartina le cose non vanno bene, infatti, mentre il Nord, con un tasso di raccolta differenziata pari al 38,1%, supera ampiamente il tetto del 35%, il Centro e il Sud, con percentuali rispettivamente pari al 19,4% ed all'8,7%, risultano ancora decisamente lontani da tale obiettivo.
Percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti per alcuni comuni capoluogo di provincia – Anni 2000-2006
Frazione umida dei rifiuti urbani trattata in impianti di compostaggio (% sulla frazione di umido nel rifiuto urbano totale); 2005 (Fonte APAT) Obiettivo al 2013 strettamente collegato con l’ipotesi di aumento della raccolta differenziata: almeno il 20% di frazione umida sia trattata per produrre compostaggio (corrisponde al valore attuale dell’Italia)
Il Cip 6 • Nell’anno 1992, il Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) emise una delibera (la numero 6), con la quale stabilì una maggiorazione del 6% del prezzo dell’elettricità pagato dai consumatori finali, destinando il ricavato alla promozione delle energie rinnovabili, con l’obiettivo di spingere le aziende energetiche a riorganizzare la loro produzione verso le fonti rinnovabili come quella solare e quella eolica. (43 miliardi di euro dal ’92 ad oggi) • Purtroppo successivamente – solo in Italia in tutta Europa – accanto all’espressione “energie rinnovabili”, fu aggiunta l’estensione “o assimilate”; e così una vera e propria valanga di miliardi di Euro venne utilizzata, negli anni successivi, per finanziare produzioni energetiche tutt’altro che “rinnovabili”.
La truffa delle “assimilate” gli ultimi dati disponibili, riferiti al 2006, riguardo alle fonti «rinnovabili», assegnano agli inceneritori di rifiuti e biomasse 1.135 milioni di euro, quasi i due terzi degli oltre 1.758 milioni di euro erogati, a fronte di 40.370 euro assegnati al solare fotovoltaico, pari allo 0,00002% di quanto erogato, il governo Prodi ha concesso questo contributo solo agli inceneritori già in funzione, riservandosi la possibilità di erogarla a quelli in progettazione (appena concessi per 3 inceneritori campani) in proposito la legge di programmazione regionale ha messo una “posta negativa” in bilancio di 250.000 euro
Il CdR • Il meccanismo di finanziamento dei CIP 6 era ben chiaro alle banche che finanziavano l’operazione «rifiuti in Campania». • Invece che bruciare il “tal quale” era meglio inventarsi un “combustibile” derivato dai rifiuti - questo è il significato dell’acronimo Cdr
La società FIBE • Peccato che il Cdr prodotto dalla società Fibe – del gruppo Impregilo – negli stabilimenti realizzati in Campania, non rispondesse al minimo delle specifiche tecniche previste dalla normativa, per quanto riguardava sia l’insufficiente potere calorifico, sia la presenza di sostanze tossiche. • Ciò spiega perché • non si riesce ad esportare il loro prodotto (in Germania dopo l’incremento di raccolta differenziata hanno “fame” di immondizia da bruciare) e • perché le uniche due ditte in gara per aggiudicarsi la costruzione del megainceneritore di Acerra nelle scorse settimane si siano ritirate.
Affari e politica • Le banche, sempre nel 2005, fanno approvare dal Governo un decreto di risoluzione del contratto che mantiene le società di Impregilo solo come esecutrici, mentre lo Stato, tramite il Commissariato per l’emergenza, si assume tutti i rischi imprenditoriali. • Viene così azzerata la gara di appalto che aveva assegnato a suo tempo a Impregilo e società collegate la gestione di tutto il ciclo dei rifiuti in Campania (conflitto o “convergenza” di interessi).
L’emergenza • A questo punto scoppia annunciata da almeno un anno – come dichiarato pubblicamente dal Sindaco di Napoli – l’emergenza. • Attraverso l’emergenza passa di tutto: • costosi apparati (800 milioni di euro negli ultimi anni) • pesanti tasse sui rifiuti • discariche abusive ove finiscono rifiuti industriali (i 2/3 della massa dei rifiuti) non certo solo campani • Anzi, si ribalta la realtà! «L’immondizia è arrivata al secondo piano dei palazzi di Napoli perché non abbiamo costruito i “termovalorizzatori”.
Prof. Giambattista De Medici • Cosa hanno risposto alla denuncia del Prof. Giambattista De Medici, che ha collaborato con la struttura di Bertolaso nel 2007? • La sua relazione prevedeva siti • lontani dai centri abitati, • facilmente raggiungibili dai mezzi pesanti, • ideali per accogliere tutta l’immondizia in eccesso perché naturalmente impermeabilizzati
La risposta all’emergenza? • De Gennaro, cui si affidano poteri speciali • Superare le normali procedure di valutazione di impatto ambientale • Riaprire discariche già chiuse dalla magistratura • Uno che non sa neanche cos’è il percolato • Ancora non si sa dove verranno portati i rifiuti che si vanno accumulando • Ancora non si ha idea dove verranno stoccate e che fine faranno le “ecoballe” non a norma che dovrebbero essere smaltite dalla società che ha intascato i soldi dal Commissario e il CIP6.
In Sicilia, dove la produzione annua di rifiuti è di 2.600.000 tonnellate, la raccolta differenziata è attestata su un magro 5-6% nonostante il Piano rifiuti varato dalla Regione nel 2002 dicesse che: "(...) si prevede che le percentuali di raccolta differenziata non possono essere inferiori al 15 per cento entro il 2003 e al 25 per cento entro il 2005 e poi, a regime, in base al D.L.gs 22/97 (decreto Ronchi), al 35 per cento. (...) tutti i Comuni della Regione siciliana dovranno attuare o la raccolta differenziata monomateriale (un contenitore per ogni frazione) o, con alcune limitazioni, multimateriale (contenitore unico per più frazioni)".
Nei fatti ciò non si realizza compiutamente ed in Sicilia nemmeno embrionalmente. Ma soprattutto, nell’orientamento politico generale, la questione della produzione è scissa da quella della gestione dei rifiuti prodotti a valle del processo di produzione stesso e da quello del consumo.
Raccolta differenziata nella città di Palermo – Anni 2000-2006 (kg per abitante) Fonte ISTAT
Il piano regionale rifiuti siciliano • La costruzione di quattro megainceneritori che saranno convenienti solo bruciando più immondizia di quanta la Sicilia non ne produca (da dove arriverà?) • solo per Bellolampo si parla di 546 mila tonn/anno • La fine della raccolta differenziata che, come abbiamo visto - lungi dal tendere all’obbiettivo del 70% - è relegata ad un 5-6% (se pur da verificare se veritiero) • contratto capestro che assicura un minimo ed un massimo di rifiuti da bruciare • conflitto di interessi tra chi raccoglie l’immondizia e chi la brucia
il piano di gestione dei rifiuti siciliano non rispetta, nella sua costituzione, le priorità del Decreto Ronchi. la regione è stata suddivisa in 25 ATO, all’interno dei quali la produzione di rifiuti totale e quella giornaliera pro-capite risultano disomogenee.
dalla lettura dei suoi contenuti si evince difatti che la percentuale del 35% di materiali da riciclare è da considerare utopistica. Inoltre, la politica programmatica del governo regionale si dirige -in sintesi- verso le tecniche di termovalorizzazione piuttosto che verso quelle del riciclo, invertendo di fatto gli ordini di priorità contenuti nella normativa nazionale. Anzi, il riciclo viene pressoché scartato come ipotesi risolutiva -anche parziale- e la differenziazione dei rifiuti relegata in una dimensione di marginalità che non ha eguali in tutta Italia.
obblighi normativi nazionali di recupero e riciclaggio minimi 35% dei RSU (nel 2003) attuali percentuali di recupero dei RSU in Sicilia 4-5% del prodotto previsione di smaltimento dei RSU tramite incenerimento non inferiore al 60% del prodotto costo di realizzazione dei 4 termovalorizzatori in Sicilia circa 1 mld € occupazione per i 4 termovalorizzatori in Sicilia circa 1.500 unità dimensione dell’impianto di termovalorizzazione di Bellolampo WTE (waste to energy) da 62 MW di potenza, il più grande della regione produzione di energia prevista 430 GWh/anno ambito territoriale di riferimento del termovalorizzatore di Bellolampo l’ambito territoriale di riferimento e` costituito dai seguenti Ambiti territoriali ottimali per la gestione integrata dei rifiuti (A.T.O.): PAI – PA2 – PA3 – PA5 – TP1 – PA4 (con esclusione dei comuni di Altavilla Milicia, Bagheria, Casteldaccia, Ficarazzi, Santa Flavia e Villabate), ridenominato PA4 nord consorzio di imprese per la realizzazione del termovalorizzatore di Palermo-Bellolampo Elettroambiente Actelios, società del gruppo Falck (capofila), l'Arnia, l'Asi, la Emít del gruppo Pisante, la Aster e due società di costruzioni: la Safab e la Gecopre
ruolo industriale per ciascuna società Falck - owner engineer; Actelios - gestione e manutenzione dell’impianto WTE; Emit - costruzione, gestione e manutenzione dell’impianto di selezione e biostabilizzazione del sito di Palermo; Aster - costruzione dell’impianto WTE; Amia – costruzione e gestione in service delle trasferenze, delle discariche e relativi trasporti; Safab/Gecopre - realizzazione delle opere civili comuni del sito di Palermo. Il Consorzio Asi di Palermo metterà a disposizione le aree per la costruzione delle stazioni di trasferenza termine massimo per la realizzazione del termovalorizzatore di Bellolampo 31 luglio 2007 caratteristiche dell’impianto di Bellolampo tratta indistintamente tutti i rifiuti solidi urbani e non solo la parte residuata da altre forme di riciclaggio e trattamento strutture collegate con il termovalorizzatore di Bellolampo 3 stazioni di trasferenza (Carini, Monreale e Termini Imerese), 2 impianti di selezione e biostabilizzazione (l’impianto esistente di Trapani e uno da realizzare nel comune di Palermo), 3 discariche all. 2 ord. 1260/04
impegno di capitali per le cordate di imprese che gestiranno il bacino d’utenza del termovalorizzatore di Bellolampo la società P.e.a. Scpa - un consorzio ad hoc costituito da una serie di società del settore: Falck (19%), Actelios (20%), Amia (29%), Emit (29%), Consorzio di sviluppo per l'area industriale della provincia di Palermo (1%), Aster (1%), Gecopre (0,5%), Safab (0,5%) - investirà circa 300 milioni di euro per realizzare un sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani in 7 ambiti territoriali delle province di Palermo e Trapani previsione di remunerazione per le cordate di imprese che gestiranno il bacino d’utenza del termovalorizzatore di Bellolampo alla società P.e.a. Scpa andranno i proventi della vendita dell'energia prodotta dagli impianti e un ticket di almeno 80 € per ogni tonnellata di rifiuti conferiti dai Comuni. Complessivamente il sistema Palermo/Trapani gestirà intorno alle 800 mila tonnellate di rifiuti urbani l'anno e servirà 1.600.000 cittadini (circa il 31% della popolazione), cioè 65.000.000 di €/anno, oltre i proventi “energetici”
emissioni in aria complessive previste per i 4 termovalorizzatori in Sicilia circa 86.000 tonnellate di polveri tossiche e più di 3.000 tonnellate di fumi contenenti diossina, furani e altre sostanze di natura cancerogena tonnellate annue totali di frazione secca combustibile ricevuta dall’impianto di Bellolampo al raggiungimento della situazione di regime 546.000 t/anno tonnellate annue totali di residui dal trattamento fumi prodotte dall’impianto di Bellolampo al raggiungimento della situazione di regime 38.127 t/anno (56.047 t/anno dopo trattamento di inertizzazione) tonnellate annue totali di ceneri di combustione prodotte dall’impianto di Bellolampo al raggiungimento della situazione di regime: 85.397 t/anno energia elettrica annua ceduta alla rete nazionale dall’impianto di Bellolampo al raggiungimento della situazione di regime 499.600.000 kWh/anno (al lordo dei consumi interni) all. 2 ord. 1260/04
numero delle linee di combustione 3 energia elettrica annua assorbita dall’impianto di Bellolampo al raggiungimento della situazione di regime 56.000.000 kWh/anno metri cubi annui totali di effluenti liquidi prodotti dall’impianto di Bellolampo al raggiungimento della situazione di regime è previsto un ciclo chiuso, con emissioni liquide nulle metri cubi annui totali di effluenti gassosi prodotti dall’impianto di Bellolampo al raggiungimento della situazione di regime 1.000x106 Nm3/anno all. 2 ord. 1260/04
dati impianto di selezione secco/umido di Bellolampo: tonnellate annue totali di RSU ricevute dall’impianto al raggiungimento della situazione di regime tonnellate annue totali di FOS prodotte dall’impianto al raggiungimento della situazione di regime tonnellate annue totali di frazione secca combustibile prodotta dall’impianto al raggiungimento della situazione di regime tipologia del processo di stabilizzazione della frazione organica 652.191 t/anno 130.438 t/anno 456.533 t/anno biostabilizzazione aerobica in edificio chiuso, con insufflazione di aria nei cumuli dal basso e rivoltamento automatizzato con apparecchiatura portata su carroponte, senza la presenza di operatori nell’ambiente di compostaggio all. 2 ord. 1260/04
controproposta di unpiano per la gestione dei rifiuti basato su politiche di prevenzione a monte del processo di differenziazione e riciclaggio Le politiche di prevenzione si sviluppano a partire dai luoghi di istruzione primari. In questo senso la scuola possiede un ruolo ed una responsabilità decisive, in quanto è l’istituzione preposta e capace di introdurre nel soggetto studentesco la consapevolezza e la cultura che l’attuale modello di produzione e di consumo è, oltreché politicamente, anche fisicamente, ambientalmente insostenibile.
1. ridurre l'intensità di materiali nel sistema economico: dematerializzazione dell'economia 2. ridurre l'uso di prodotti chimici pericolosi 3. far sì che le apparecchiature di uso comune siano facilmente smontabili, progettate secondo logiche di modularità e intercambiabilità di parti aventi specifiche funzioni, comuni ad apparati diversi 4. favorire la produzione e l’utilizzo di beni duraturi, riparabili e fatti di materiali riutilizzabili, 5. avversare la produzione e il consumo di beni usa e getta, 6. ridurre drasticamente gli imballaggi, 7. standardizzare gli imballaggi, nella forma e nei materiali, per favorire il loro riutilizzo come oggetti integri e solo in seconda istanza il riciclaggio dei materiali di cui sono fatti. 8. sostituire i materiali non biodegradabili con nuovi materiali biodegradabili di origine naturale
dopo aver fatto tutto il possibile per ridurre la produzione dei rifiuti alla fonte gli oggetti, dopo un tempo di durata prolungato, e dopo diversi cicli di riparazione e riutilizzo, devono essere riutilizzati nei processi produttivi come materiali attraverso la raccolta differenziata seguita dal riciclaggio. Se si realizzasse quanto detto ci accorgeremmo che l’obiettivo rifiuti zero non sarebbe un’utopia: la natura lo ha già realizzato da sempre!