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SPAZIO LIBERO. Giornalino mensile della. Banco di Napoli. Anno IV. Numero 46 – marzo 2008. RUBRICHE: Editoriale Mondo filiali Attualità C’era una volta Cinema e cultura Flash. Spazio libero. EDITORIALE. SCENARI
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SPAZIO LIBERO Giornalino mensile della Banco di Napoli Anno IV Numero 46 – marzo 2008 RUBRICHE: EditorialeMondo filialiAttualitàC’era una voltaCinema e culturaFlash Spazio libero
EDITORIALE SCENARI In questo mese la Fisac/Cgil della Campania, che riunisce tutti gli iscritti delle varie banche nella regione, ha fatto la sua Conferenza di Organizzazione, all’interno della Conferenza che riguarda tutta la Cgil e le sue categorie. Tra i vari documenti elaborati, uno in particolare - “Approfondimenti sulle trasformazioni” - ci sembra centrato su quanto stiamo vivendo nel settore del credito, e che dà spunti di riflessione. Pubblichiamo alcuni, brevi, brani. “…Siamo di fronte ad un processo che, allo stesso tempo, concentra la proprietà e il comando sul ciclo lavorativo e insieme segmenta e polverizza il processo lavorativo stesso. E non solo sul territorio con realtà operative sempre più ridotte e isolate, ma, soprattutto, moltiplicando le condizioni di salario, di lavoro, di diritti e tutele, finanche a parità di mansioni. Pensiamo agli atipici, al doppio regime esistente tra i più giovani e più anziani, alla divisione discrezionale e discriminante operata sempre più dal salario incentivante, ai budget individuali. Un diversificazione delle condizioni che è sposa e figlia anche dei processi di esternalizzazione, di cessione di rami d’azienda, della stessa divisionalizzazione, della informatizzazione ed automazione sempre più spinte. Processi di cui limitiamo fortemente le ricadute sui livelli occupazionali, ma che ancora non riusciamo ad affrontare sull’altro versante, quello della lotta alla segmentazione del ciclo lavorativo. Un processo presente non solo nel settore del credito, ma anche in quello assicurativo, con %
EDITORIALE continua: “SCENARI” 200.000 addetti complessivi, di cui oltre un terzo dipendenti delle agenzie in appalto; o ancora nel settore esattoriale insidiato nella sua funzione, non solo dalla rete di sportelli bancari e postali, ma ora anche dalle stesse rivendite di tabacchi; fino alla forte diffusione delle società finanziarie, società di credito al consumo e alle tante figure di procacciatori d’affari. Insomma, un unico processo, una proprietà sempre più concentrata a livello nazionale e anche oltre, ma di converso centinaia di segmenti che a loro volta si scompongono ulteriormente all’ennesima potenza. In questa stessa direzione potrebbe anche andare la fusione di ABI e ANIA (associazione padronale delle assicurazioni-ndr) che a febbraio si sono date statuto e strutture rappresentative uniche. Un segnale dell’affermarsi del modello della “Bancassicurazione”, ma anche di un possibile pericolo già paventato in Germania: il tentativo di trasformare le reti bancarie in reti di agenzie in concessione, sul modello delle agenzie assicurative. Con le immaginabili ricadute in termini di deterioramento dei rapporti di forza, di tutele, di salari. Un tentativo già messo in atto dalla Deutsche Bank in Germania, ma pensiamo così tanto lontano anche in Italia? E quanto potrà incidere la decisione di dar vita ad un’unica struttura ABI-ANIA in una scelta del genere?.......
MONDO FILIALI UN’ALTRA BANCA E’ POSSIBILE? L’ESEMPIO DEL D.U.R.C. D.U.R.C. è un acronimo e sta per Documento Unico di Regolarità Contributiva; si tratta dell’attestazione dell’assolvimento, da parte delle imprese, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di Inps, Inail e Cassa Edile. Serve per tutti gli appalti e subappalti di lavori pubblici (verifica dei requisiti per la partecipazione alle gare, aggiudicazione dell’appalto, stipula del contratto, stato di avanzamento lavori, liquidazioni finali), per i lavori privati soggetti al rilascio della concessione edilizia o della DIA, per le attestazioni SOA. Ebbene, in una recente riunione tenutasi a Napoli alla presenza dei direttori delle filiali più strutturate, dei rispettivi Capi mercato e di tutta la “nomenklatura” dei responsabili, il Capo Area Napoli e Provincia ha sollecitato circa l’opportunità che, tra i documenti a supporto di un’istruttoria creditizia vi sia, da parte delle imprese richiedenti il finanziamento, l’esibizione del DURC. Tale orientamento è stato spiegato come la necessaria e dovuta “responsabilità sociale”, da parte di un’azienda, il Banco di Napoli, verso il territorio di riferimento. Certo non siamo ancora ad un obbligo vero e proprio, pena la non concessione dell’affidamento, certo non siamo così ingenui da non comprendere che le ordinarie azioni di recupero del credito da parte degli enti per le imprese irregolari dal punti di vista contributivo - con i connessi decreti ingiuntivi - mettono in difficoltà la banca e che dunque la banca con tale azione può meglio tutelarsi, ma è un segnale, un segnale importantissimo di come, quando c’è la volontà politica, si può essere attenti alle conseguenze delle proprie azioni. Ciò appare ancora più importante in un territorio dove le parole etica e responsabilità appaiono, purtroppo, prive di senso, a cominciare dai livelli politico-istituzionali. Così come costantemente denunciamo la “disinvoltura” nella vendita di alcuni prodotti, piuttosto che pressioni e politiche commerciali tutt’altro che eticamente responsabili, ci piace sottolineare, per onestà intellettuale, un primo, piccolo, passo in controtendenza
ATTUALITA' CRISI DELLA “MONNEZZA”? NO, CRISI DELLA DEMOCRAZIA! Non vi era bisogno di una delle ultime puntate di “Report” per farci comprendere il dato di disastro complessivo in cui siamo immersi in Campania: disastro ambientale, di salute, di legalità, di ordine pubblico; ma non solo, anche del vivere, dello stare insieme come società. Ma quando il magistrato Cegle afferma che su 2500 discariche abusive (quindi a valle, a disastro già avvenuto) sequestrate in Campania per nessuna - ma proprio per nessuna - vi era stata (a monte) una verifica preventiva da parte degli enti locali, una denuncia, una segnalazione, fosse anche anonima, da parte dei cittadini, vuol dire che è in crisi, se non addirittura finito, il nostro livello di partecipazione al destino comune. La democrazia si sostanzia non tanto e non solo in un Parlamento nazionale (forme di rappresentanza generale erano presenti anche negli stati feudali premoderni), ma nella vita politica locale, dove i cittadini eleggono i propri amministratori e decidono, scelgono, la sorte del proprio territorio: è l’esercizio della democrazia su base locale che costruisce una forte democrazia nazionale. Tutto questo in Campania non c’è più, dall’episodio macro delle discariche si comprende che le amministrazioni locali non mandano più un vigile urbano a vedere quanto accade, un cittadino non si prende neanche il disturbo di una lettera anonima; la democrazia, la partecipazione che è il modo principale di esercitare la democrazia, non interessa più nessuno. Una delle migliori costituzioni democratiche, quella italiana, non è sospesa, manipolata, cambiata o stravolta: è semplicemente ignorata. Non ci riguarda più il regime democratico, la democrazia pare non essere più il contenitore per la rappresentanza dei nostri diritti e dei nostri bisogni, la democrazia - a scelta - o non la vogliamo o non ci interessa, semplicemente perché non la utilizziamo e questo, ovviamente non è e non sarà privo di conseguenze. Infatti, i vuoti di potere vengono sempre riempiti e da noi chi ha forza, capacità e soldi per rappresentarsi direttamente (e già lo sta facendo) è solo la malavita organizzata: è la camorra, che, ovviamente, non ha bisogno della democrazia.
C'ERA UNA VOLTA C’era una volta la lotta di classe Sì, se c’è una cosa sulla quale quasi tutti sono d’accorso è che ormai la lotta di classe è finita! Le dichiarazioni di Veltroni sono lapidarie: “in una moderna società il conflitto di classe non ha senso” Ma allora, chi l’ha “inventata? Provate ad indovinare l’autore del brano che segue: il colpevole è lui!. “… La storia di ogni società è stata finora la storia di lotte di classe. Uomo libero e schiavo, patrizio e plebeo, barone e servo della gleba, membro di una corporazione e artigiano, in breve oppressore e oppresso si sono sempre reciprocamente contrapposti, hanno combattuto una battaglia ininterrotta, aperta o nascosta, una battaglia che si è ogni volta conclusa con una trasformazione rivoluzionaria dell'intera società o con il comune tramonto delle classi in conflitto … Nell'antica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel Medioevo, feudatari, vassalli, membri delle corporazioni, artigiani, servi della gleba e ancora in ciascuna di queste classi, ulteriori specifiche classificazioni. La moderna società borghese, sorta dal tramonto della società feudale, non ha superato le contrapposizioni di classe. Ha solo creato nuove classi al posto delle vecchie, ha prodotto nuove condizioni dello sfruttamento, nuove forme della lotta fra le classi …”
CINEMA E CULTURA 'IN DUE'dI ANTONIO DEBENEDETTI Dodici racconti di disperate solitudine eppure tutti di protagonisti che vivono, anelano o hanno nostalgia di un rapporto di coppia. Nessuno riesce a restare solo e nello stesso tempo soffre la crudeltà del rapporto a due e Antonio Debenedetti, con la sua scrittura attenta e sottile, che scardina apparenze e mette a nudo lati oscuri di anime tormentate, nella sua ironia penetrante, e' ottimo cronista di simili storie. Scrittore di umanissimi racconti dalla misura esemplare, concentra in essi vite che potrebbero diluirsi in un romanzo, che acquistano così un'intensità psicologica e emotiva, grazie a dialoghi senza sbavature. Nasce una galleria di situazioni che e' un ritratto selezionato, certo, ma esemplare comunque e inquietante del nostro contemporaneo vivere male i rapporti, soffrirne le lacerazioni, crudeli, autodistruttive spesso come quelle che nascono dell'incontro per strada tra un cucciolo di cane abbandonato e la solitudine di Capparucci Tino detto Fischio. Un tocco di teatro, una svolta che e' come una presa di coscienza, serve a far prendere quota a queste storie a coinvolgerci e farci capire l'intimo abisso da cui nascono, dal colonnello napoletano Don Gegè col suo ''trapano del rimorso'' che ha imparato a vivere e parlare da solo, disprezzato innanzitutto dai suoi famigliari, e che finisce per confidarsi sino in fondo solo con l'ombra sullo schermo di un personaggio amabile, il Toto' di un vecchio film, a Osvaldo, personaggio ''tentatore di casalinghe'' che ha acquistato un po' di fama grazie alle televendite e, a fine stagione, quando alla pensione Dorotea i prezzi si abbassano, illude, più che se stesso, Deda ''milanese delusa''.
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