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ODISSEA. ODISSEA (canto XXIII). Canto XXIII. Prof.ssa Maria Grazia COCCOLUTO. ODISSEA - Canto XXIII. ODISSEA (canto XXIII).
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ODISSEA ODISSEA (canto XXIII) Canto XXIII Prof.ssa Maria Grazia COCCOLUTO
ODISSEA - Canto XXIII ODISSEA (canto XXIII) Il Canto XXIII dell’Odissea, con cui gli antichi commentatori Aristofane ed Aristarco facevano terminare il poema al v. 296, rappresenta il punto di arrivo nello sviluppo dei nuclei tematici che si sono evoluti attraverso tutta l’opera. Aristofane Aristarco di Samo
ODISSEA - Canto XXIII In esso appare la straordinaria capacità di Omero di indagare nell’animo di tutti i personaggi. In modo particolare abbiamo scelto i versi nei quali Penelope mette alla prova l’eroe prima di riconoscerlo e quelli in cui Odisseo le rivelerà la profezia che lo vedrà ancora lontano dalla sua dimora. Penelope Omero
ODISSEA - Canto XXIII E a lui parlò la prudente Penelope: “Misero no, non sono superba, non ti disprezzo, non stupisco neppure: so assai bene com’eri partendo da Itaca sulla nave lunghi remi. Sì, il suo morbido letto stendigli, Euriclea, fuori dalla solida stanza, quello che fabbricò di sua mano;qui stendetegli il morbido letto, e sopra gettate il trapunto, e pelli di pecora e manti e drappi splendenti.” τoν δ' αὖτε προσέειπε περίφρων Πηνελόπεια·"δαιμόνι', οὐ γάρ τι μεγαλίζομαι οὐδ' ἀθερίζωοὐδὲ λίην ἄγαμαι, μάλα δ' εὖ οἶδ' οἷος ἔησθαἐξ Ἰθάκης ἐπὶ νηὸς ἰὼν δολιχηρέτμοιο.ἀλλ' ἄγε οἱ στόρεσον πυκινὸν λέχος, Εὐρύκλεια,ἐκτὸς ἐϋσταθέος θαλάμου, τόν ῥ' αὐτὸς ἐποίει·ἔνθα οἱ ἐκθεῖσαι πυκινὸν λέχος ἐμβάλετ' εὐνήν,κώεα καὶ χλαίνας καὶ ῥήγεα σιγαλόεντα." 180 Euriclea
ὣς ἄρ' ἔφη πόσιος πειρωμένη· αὐτὰρ Ὀδυσσεὺςὀχθήσας ἄλοχον προσεφώνεε κεδνὰ ἰδυῖαν·"ὦ γύναι, ἦ μάλα τοῦτο ἔπος θυμαλγὲς ἔειπες.τίς δέ μοι ἄλλοσε θῆκε λέχος; χαλεπὸν δέ κεν εἴηκαὶ μάλ' ἐπισταμένῳ, ὅτε μὴ θεὸς αὐτὸς ἐπελθὼνῥηϊδίως ἐθέλων θείη ἄλλῃ ἐνὶ χώρῃ.ἀνδρῶν δ' οὔ κέν τις ζωὸς βροτός, οὐδὲ μάλ' ἡβῶν,ῥεῖα μετοχλίσσειεν, ἐπεὶ μέγα σῆμα τέτυκταιἐν λέχει ἀσκητῷ· τὸ δ' ἐγὼ κάμον οὐδέ τις ἄλλος.θάμνος ἔφυ τανύφυλλος ἐλαίης ἕρκεος ἐντός, 190ἀκμηνὸς θαλέθων· πάχετος δ' ἦν ἠΰτε κίων. Così parlava, provando lo sposo; ed ecco Odisseo sdegnato si volse alla sua donna fedele: “ O donna davvero è penosa questa parola che hai detto! Chi l’ha spostato il mio letto? Sarebbe stato difficile anche a un esperto, a meno che un dio venisse in persona, E, facilmente, volendo, lo cambiasse di luogo. Tra gli uomini, no, nessun vivente, neanche in pieno vigore, senza fatica lo sposterebbe, perché c’è un grande segreto nel letto ben fatto, che io fabbricai e nessun altro. C’era un tronco ricche fronde, d’olivo, dentro il cortile, florido, rigoglioso; era grosso come colonna. ODISSEA - Canto XXIII Ulisse (181-191)
τῷ δ' ἐγὼ ἀμφιβαλὼν θάλαμον δέμον, ὄφρ' ἐτέλεσσα,πυκνῇσιν λιθάδεσσι, καὶ εὖ καθύπερθεν ἔρεψα,κολλητὰς δ' ἐπέθηκα θύρας, πυκινῶς ἀραρυίας.καὶ τότ' ἔπειτ' ἀπέκοψα κόμην τανυφύλλου ἐλαίης,κορμὸν δ' ἐκ ῥίζης προταμὼν ἀμφέξεσα χαλκῷεὖ καὶ ἐπισταμένως καὶ ἐπὶ στάθμην ἴθυνα,ἑρμῖν' ἀσκήσας, τέτρηνα δὲ πάντα τερέτρῳ.ἐκ δὲ τοῦ ἀρχόμενος λέχος ἔξεον, ὄφρ' ἐτέλεσσα,δαιδάλλων χρυσῷ τε καὶ ἀργύρῳ ἠδ' ἐλέφαντι· ἐν δ' ἐτάνυσσ' ἱμάντα βοὸς φοίνικι φαεινόν. Intorno a questo murai la stanza, finchè la finii, con fitte pietre, e di sopra la coprii per bene, e robuste porte ci misi, saldamente connesse. E poi troncai la chioma dell’olivo frondoso, e il fusto sul piede sgrossai, lo squadrai con il bronzo bene e con arte, lo feci dritto a livella, ne lavorai un sostegno e tutto lo livellai con il trapano. Così cominciando da questo, polivo il letto, finché lo finii, ornandolo d’argento e d’avorio. Per ultimo tirai le corregge di cuoio, splendenti di porpora. ODISSEA - Canto XXIII (192-201) Ulisse
οὕτω τοι τόδε σῆμα πιφαύσκομαι· οὐδέ τι οἶδα,ἤ μοι ἔτ' ἔμπεδόν ἐστι, γύναι, λέχος, ἦέ τις ἤδηἀνδρῶν ἄλλοσε θῆκε, ταμὼν ὕπο πυθμέν' ἐλαίης."ὣς φάτο, τῆς δ' αὐτοῦ λύτο γούνατα καὶ φίλον ἦτορ,σήματ' ἀναγνούσῃ, τά οἱ ἔμπεδα πέφραδ' Ὀδυσσεύς·δακρύσασα δ' ἔπειτ' ἰθὺς κίεν, ἀμφὶ δὲ χεῖραςδειρῇ βάλλ' Ὀδυσῆϊ, κάρη δ' ἔκυσ' ἠδὲ προσηύδα· Ecco, questo segreto ti ho detto : e non so donna, se è ancora intatto il mio letto, o se ormai qualcuno l’ha mosso, tagliando di sotto il piede d’olivo.” Così parlò e a lei di colpo si sciolsero le ginocchia e il cuore, perché conobbe il segno sicuro che Odisseo le diceva; e piangendo corse da lui, dritta, le braccia gettò intorno al collo ad Odisseo e diceva… ODISSEA - Canto XXIII (202-208) Ulisse e Penelope
ODISSEA - Canto XXIII La profezia ODISSEA (canto XXIII) Telemaco e Penelope Dopo che i due sposi si sono ritrovati, pur con qualche esitazione, Odisseo rivela a Penelope quanto l’indovino Tiresia gli ha profetizzato nell’Ade. Telemaco e Ulisse
ODISSEA - Canto XXIII La profezia Egli dovrà ancora viaggiare per molte città, portando con sé un remo; quando giungerà presso un popolo che non conosce il mare e un viandante incontrandolo gli dirà che porta sulla spalla una pala per il grano, allora dovrà piantare il remo sulla terra, fare sacrifici a Poseidone e ritornare in patria. Infine, giunto alla vecchiaia, la morte gli verrà dal mare, mentre i popoli intorno a lui prospereranno.
ODISSEA - Canto XXIII La morte dal mare ODISSEA (canto XXIII) La conclusione della profezia, già esposta nel canto XI, rimane oscura per la locuzione ex alo. Non si sa infatti se bisogna intendere “ dal mare” o “ fuori dal mare”. La tradizione successiva (Orazio, Odi III, 29 e Ovidio Fasti III) inventò che Telegono, figlio di Odisseo e di Circe, venne inviato dalla madre in cerca del padre. Telegono
ODISSEA - Canto XXIII La profezia Telegono reagì uccidendo il padre il cui cadavere fu portato ad Eea. Approdato ad Itaca in seguito ad una tempesta,per sopravvivere si diede a saccheggiare la regione, ma fu assalito da Odisseo e Telemaco.
"ὦ γύναι, οὐ γάρ πω πάντων ἐπὶ πείρατ' ἀέθλωνἤλθομεν, ἀλλ' ἔτ' ὄπισθεν ἀμέτρητος πόνος ἔσται,πολλὸς καὶ χαλεπός, τὸν ἐμὲ χρὴ πάντα τελέσσαι. 250ὣς γάρ μοι ψυχὴ μαντεύσατο Τειρεσίαοἤματι τῷ, ὅτε δὴ κατέβην δόμον Ἄϊδος εἴσω,νόστον ἑταίροισιν διζήμενος ἠδ' ἐμοὶ αὐτῷ.ἀλλ' ἔρχευ, λέκτρονδ' ἴομεν, γύναι, ὄφρα καὶ ἤδηὕπνῳ ὕπο γλυκερῷ ταρπώμεθα κοιμηθέντες." “O Donna, ancora alla fine di tutte le prove non siamo giunti, ancora mi resta smisurata fatica, lunga, aspra, che tutta devo compiere. Così a me lo spirito di Tiresia predisse, il giorno in cui scesi nella casa dell’Ade, cercando il ritorno per i compagni e per me. Ma vieni, andiamo a letto, donna, e godiamo finalmente di stenderci, vinti dal sonno soave”. ODISSEA - Canto XXIII (248-256) Ulisse e Penelope
τὸν δ' αὖτε προσέειπε περίφρων Πηνελόπεια·"εὐνὴ μὲν δὴ σοί γε τότ' ἔσσεται, ὁππότε θυμῷσῷ ἐθέλῃς, ἐπεὶ ἄρ σε θεοὶ ποίησαν ἱκέσθαιοἶκον ἐϋκτίμενον καὶ σὴν ἐς πατρίδα γαῖαν· ἀλλ' ἐπεὶ ἐφράσθης καί τοι θεὸς ἔμβαλε θυμῷ,εἴπ' ἄγε μοι τὸν ἄεθλον, ἐπεὶ καὶ ὄπισθεν, ὀΐω,πεύσομαι, αὐτίκα δ' ἐστὶ δαήμεναι οὔ τι χέρειον." Ma gli rispose la prudente Penelope: “ Il letto tuo sarà ormai pronto ogni volta che tu vorrai nel cuore, dopo che i numi t’ han fatto tornare alla solida casa e alla terra dei padri; ma poiché l’hai detto, un dio te l’ha messo nell’anima, dimmi della fatica, perché penso che in seguito dovrò saperla; non è peggio saper tutto subito” ODISSEA - Canto XXIII (256-262) Penelope
τὴν δ' ἀπαμειβόμενος προσέφη πολύμητις Ὀδυσσεύς·"δαιμονίη, τί τ' ἄρ' αὖ με μάλ' ὀτρύνουσα κελεύειςεἰπέμεν; αὐτὰρ ἐγὼ μυθήσομαι οὐδ' ἐπικεύσω.οὐ μέν τοι θυμὸς κεχαρήσεται· οὐδὲ γὰρ αὐτὸςχαίρω, ἐπεὶ μάλα πολλὰ βροτῶν ἐπὶ ἄστε' ἄνωγενἐλθεῖν, ἐν χείρεσσιν ἔχοντ' εὐῆρες ἐρετμόν,εἰς ὅ κε τοὺς ἀφίκωμαι, οἳ οὐκ ἴσασι θάλασσαν 270ἀνέρες οὐδέ θ' ἅλεσσι μεμιγμένον εἶδαρ ἔδουσιν·οὐδ' ἄρα τοὶ ἴσασι νέας φοινικοπαρῄουςοὐδ' εὐήρε' ἐρετμά, τά τε πτερὰ νηυσὶ πέλονται. E rispondendole disse l’accorto Odisseo: “ Misera, perché con tanta fretta mi spingi a parlare? Dunque te la dirò, non la terrò nascosta. Ma non ne avrà gioia il tuo cuore: io neppure ne godo, perché per molte città di mortali ordinava ch’io vada, in mano tenendo il maneggevole remo, finchè verrò a genti che non conoscono il mare, non mangiano cibi conditi col sale, non sanno le navi dalle guance di minio, né i maneggevoli remi che sono ali alle navi. ODISSEA - Canto XXIII (264-273)
σῆμα δέ μοι τόδ' ἔειπεν ἀριφραδές, οὐδέ σε κεύσω·ὁππότε κεν δή μοι ξυμβλήμενος ἄλλος ὁδίτηςφήῃ ἀθηρηλοιγὸν ἔχειν ἀνὰ φαιδίμῳ ὤμῳ,καὶ τότε μ' ἐν γαίῃ πήξαντ' ἐκέλευσεν ἐρετμόν,ἕρξανθ' ἱερὰ καλὰ Ποσειδάωνι ἄνακτι,ἀρνειὸν ταῦρόν τε συῶν τ' ἐπιβήτορα κάπρον,οἴκαδ' ἀποστείχειν ἕρδειν θ' ἱερὰς ἑκατόμβας 280ἀθανάτοισι θεοῖσι, τοὶ οὐρανὸν εὐρὺν ἔχουσι,πᾶσι μάλ' ἑξείης· θάνατος δέ μοι ἐξ ἁλὸς αὐτῷἀβληχρὸς μάλα τοῖος ἐλεύσεται, ὅς κέ με πέφνῃγήρᾳ ὕπο λιπαρῷ ἀρημένον· ἀμφὶ δὲ λαοὶὄλβιοι ἔσσονται. τὰ δέ μοι φάτο πάντα τελεῖσθαι." E questo chiaro segno mi disse, che non ti nascondo: quando incontrandomi un altro viatore mi dica che un ventilabro reggo sulla nobile spalla, allora, piantato in terra il remo, ordinò di fare bei sacrifici a Poseidone sovrano, - ariete, toro e verro marito di scrofe - e poi tornare a casa e fare sacre ecatombi ai numi immortali, che il cielo vasto possiedono, a tutti per ordine. Morte dal mare mi verrà, molto dolce, che deve uccidermi vinto da serena vecchiezza; intorno a me popoli beati saranno. Questo mi disse che tutto ha da compiersi” (trad. R. Calzecchi Onesti) ODISSEA - Canto XXIII (273-285)
ODISSEA - Canto XXIII Il mito romantico del viaggio La lirica del poeta inglese Alfred Tennyson ( 1809-1892) interpreta il personaggio di Odisseo in chiave romantica, come emblema dell’inesausta sete di conoscenza dell’uomo, la cui esistenza trova senso soltanto nella ricerca continua anche a costo della vita stessa. Alfred Lord Tennyson Odisseo
ODISSEA - Canto XXIII Il mito romantico del viaggio ODISSEA (canto XXIII) Il quieto e tranquillo trascorrere del tempo ad Itaca , in contrapposizione alle terribili ed esaltanti avventure del passato, delude e rattrista il malinconico re. Itaca Il suo monologo non si limita ad essere una riflessione sulla condizione dell’uomo: poco per volta diviene proposito di partire e invito ai compagni affinchè riprendano il mare con lui, decisi a “ lottare, cercare, trovare e non cedere mai”.
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse Serve a ben poco un re sfaccendato, seduto ad un focolare spento, con la moglie ormai vecchia, in un’isola che è solo rocce: sto qui ad applicare leggi non giuste per una gente selvaggia, che ammassa, che dorme, che mangia e non sa come sono. L’ultimo Ulisse, G. Roperti Ulisse e Penelope, Gisella Malagodi Non posso rinunciare al viaggio: voglio sorbire la vita fino all’ultimo sorso. Sempre ho goduto molto e molto sofferto, con chi mi amava e anche da solo, sia sulla terra sia quando tra nuvole in corsa le Iadi che portano pioggia sconvolgono il mare nebbioso.
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse ODISSEA (canto XXIII) Mi sono fatto un nome, perché sempre errando con cuore affamato ho visto molto e molto saputo: città, uomini, usi, governi e assemblee, così ho conosciuto di più anche me stesso. Il folle volo Fui accolto bene da tutti e con i miei pari mi inebriai di lontane battaglie, là nella piana sonora di Troia battuta dal vento. Tutto ciò che incontrai nel mio andare ora fa parte di me.
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse E quello che ho visto è una porta che si apre sul nuovo: e più vado avanti più vedo i confini lontani. E’ penoso fermarsi, darsi un confine, non splendere più, arrugginiti perché si rimane inattivi. Fingendo che vivere sia respirare! Una fila di vite non mi basterebbe; e non mi resta che un poco dell’una che ho. Naufragio di Ulisse, F. Stassen Naufragio, Anonimo fiorentino
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse ODISSEA (canto XXIII) Il viaggio di Ulisse, Elogio alla follia Torino 8-13 maggio 2007 Eppure quel poco è un momento rubato all’eterno silenzio, e porta con sé cose ancora da fare,e vile sarebbe per questi pochi anni restare in disparte con questo mio spirito grigio che brucia e che sogna ancora il sapere: la stella che cade lontano là dove l’umano pensiero non sa immaginare.
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse ODISSEA (canto XXIII) Telemaco Itaca, porta Palazzo di Ulisse Qui c‘è mio figlio, Telemaco mio, a lui lascio l’isola e il regno: lo amo moltissimo è lui l’uomo adatto a far quel che serve: addomesticare con calma la gente selvaggia per gradi, così da portarla pian piano a far cose utili e buone.
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse E’ libero da ogni peccato, sa bene qual è il suo dovere, rispetta gli dei, ha amore per le tradizioni, e non mancherà di dare l’onore dovuto agli avi defunti, anche se non sarò qui: lui fa il suo lavoro ed io faccio il mio. Laggiù c’è il porto: la nave gonfia le vele, grande nel buio mormora il mare. Telemaco Gli dei
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse ODISSEA (canto XXIII) Miei marinai, cuori che avete con me sopportato, sofferto, pensato, voi che sempre accoglieste con un allegro saluto la tempesta e la luce brillante del sole, che liberi cuori libere fronti avete opposto alla sorte: voi ed io siamo vecchi ma pur la vecchiaia ha un valore, e un compito: la morte è la fine di tutto, ma anche vicino alla fine può essere fatto qualcosa che è degno di uomini che han combattuto contro gli dei. Le luci si accendono là sulle rocce, il lungo giorno si spegne, si alza lenta la luna e il mare.
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse Intorno mugola fondo con mille voci. Su amici miei, non è troppo tardi per la ricerca di un mondo più nuovo. Salpiamo e sedendovi in ordine battete le onde sonore. Mi sono proposto di veleggiare al di là del tramonto, verso i sentieri di tutte le stelle dell’Ovest: fino alla morte. Forse è destino che le acque ci tirino sotto; forse è destino arrivare fino alle isole della Fortuna e là rivedere il grande Achille, che già conoscemmo. Achille
ODISSEA - Canto XXIII Ulisse ODISSEA (canto XXIII) Molto ci è stato sottratto, ma molto ci resta anche adesso non siamo più quella forza che un tempo mosse la terra e il cielo noi siamo quello che siamo: una schiera compatta di eroici cuori fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di lottare, cercare, trovare e non cedere mai. ( trad. M: Sboarina) Ulisse
ODISSEA - Canto XXIII Penelope Femio - Aedo Penelope, figlia di Icario,madre di Telemaco,rimasta ad Itaca in attesa dello sposo,è una figura di indubbio interesse. Sin dalla sua prima apparizione nell’Odissea ci si mostra bellissima,quando scende dalle sue stanze per recarsi nella sala del banchetto dove i Proci stanno ascoltando i racconti di Femio, il famoso aedo che canta il ritorno degli Achei dalla guerra di Troia: proprio questo canto farà provare alla donna un dolore tale da invitare l’aedo a cambiare soggetto del canto. Soldato spartano Icario, Re di Sparta
ODISSEA - Canto XXIII Penelope ODISSEA (canto XXIII) “Femio, molti altri canti tu sai, smetti questo cantare straziante, che sempre in petto il mio cuore spezza…” (Od.,I 337-342) Femio - Aedo Penelope tra i Proci Ed é con il cuore spezzato che Penelope scende tra i suoi pretendenti, ben centootto, che aspiravano alla mano della presunta vedova del re.
ODISSEA - Canto XXIII La bellezza Omero, Louvre-Parigi Tra le virtù femminili la prima ad essere lodata da Omero è la bellezza. La stessa Elena fa dire ai vecchi troiani seduti presso le porte Scee mentre guardano la battaglia che infuria nella pianura: “non è vergogna che i Teucri e gli Achei schinieri Robusti soffrano a lungo dolori” (Il: III, 156-157) Elena, G. Seferis
ODISSEA - Canto XXIII La bellezza ODISSEA (canto XXIII) Penelope Anche Penelope , con la sua bellezza, quando appariva ai suoi pretendenti, produceva effetti devastanti: “Si scioglieva il cuore nel petto a vederla si scioglievano le membra” L’effetto di Eros che scioglie le membra è un chiaro riferimento al desiderio amoroso, come ben è evidente in un frammento di Saffo: “Eros che scioglie le membra ancora mi squassa dolceamara invincibile fiera” ( fr. 130 Voigt) Amore e Psiche
ODISSEA - Canto XXIII La Saggezza Penelope è anche saggia, ed alla saggezza unisce l’abilità nella tessitura simbolo delle opere domestiche. Per ritardare il tempo in cui avrebbe dovuto decidere chi risposare avrebbe tessuto un sudario per Laerte, il suocero ritiratosi in campagna, cosa che prova la sua devozione filiale e la sua abilità di tessitrice. Penelope e Telemaco al telaio Laerte
ODISSEA - Canto XXIII La saggezza ODISSEA (canto XXIII) Penelope è bella, saggia, silenziosa e obbediente all’autorità maschile tanto che in assenza del marito segue senza discutere gli ordini del figlio che proprio in occasione del canto di Femio le ricorda: “Su, torna alle tue stanze e pensa all’opere tue, telaio e fuso; e alle ancelle comanda di badare al lavoro; al canto pensino gli uomini tutti e io sopra tutti: mio qui in casa è il comando” (Od. I 356-359) Penelope Penelope, Pinturicchio
ODISSEA - Canto XXIII La Saggezza Come Odisseo, Penelope è astuta, la metis è una qualità di cui è fiera e che anche la voce popolare le riconosce . (Od. II, 115-122) E’ proprio grazie alla sua metis che riesce ad avere la prova decisiva dell’identità dello sposo ed in questa circostanza, ella appare addirittura più astuta di Odisseo che non comprendendo che la moglie vuole metterlo alla prova, crede che qualcuno abbia spostato il suo letto. Metis, dea della saggezza Ulisse e Penelope
ODISSEA - Canto XXIII La saggezza ODISSEA (canto XXIII) La metis è una virtù comune al mondo maschile e femminile. Dice a tal proposito Eva Cantarella: ”…quand’anche legate a modelli di comportamento diversi da quelli maschili, tutte le donne… dovevano ammirare le qualità virili. Al punto di tentare di possederle, ove possibile. E poiché non potevano aspirare ad essere forti, si sforzavano di possedere l’unica virtù maschile che non fosse incompatibile con il loro ruolo” Eva Cantarella, Scrittrice Metis, figlia di Oceano e Teti
ODISSEA - Canto XXIII Penelope alla guerra Nel 1964 Oriana Fallaci pubblica Penelope va alla guerra, in cui narra la vicenda di Giovanna che a ventisei anni, è invitata da un produttore cinematografico a New York con il fine di osservare con spirito critico, la grande città americana per trarre il soggetto di un film. New York colpisce la giovane e qui ella vive esperienze nuove ed entusiasmanti. Dopo qualche tempo fa ritorno a Roma, quando ormai il sogno dell’America si è dissolto e quella realtà prima sentita come affascinante, ora è solo delusione e ricordo.
ODISSEA - Canto XXIII Penelope alla guerra ODISSEA (canto XXIII) All’ aeroporto Francesco, un suo amico, la richiama alla realtà femminile: “Da quando ti conosco non fai che parlarne: sembra che tu abbia un appuntamento laggiù. Peggio: sembri Ulisse che va ad espugnare le mura di Troia. Ma non sei Ulisse, sei Penelope. Lo vuoi capire sì o no che la donna non è un uomo?” Ma il viaggio che Giovanna sta per compiere le farà lasciare il ruolo di Penelope, rendendola simile ad Ulisse. Battaglia di Troia Guerriero greco
“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)
ODISSEA - Canto XXIII Il folle volo F I N E Prof.ssa Maria Grazia COCCOLUTO