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L’impatto della romanizzazione sull’Italia meridionale nel II sec. a.C. Lezione IX. L’acuirsi della crisi nel II sec. a.C. La crisi della piccola e media proprietà terriera si approfondisce nel II sec. a.C. in conseguenza:
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L’impatto della romanizzazione sull’Italia meridionale nel II sec. a.C. Lezione IX
L’acuirsi della crisi nel II sec. a.C. • La crisi della piccola e media proprietà terriera si approfondisce nel II sec. a.C. in conseguenza: • Dell’obbligo dei contadini di servire nell’esercito nelle continue guerre di quel periodo. • Dell’affermarsi di un modello alternativo: i grandi latifondi in cui la nobiltà romana investe gli enormi guadagni acquisiti nelle fortunate campagne di espansione. • Dal fatto che i latifondisti si impadroniscono di porzioni sempre più estese di ager publicus. • Latifondi coltivati principalmente da manodopera servile, poco costosa e abbondante, in cui sempre hanno sempre più spazio le colture intensive della vite e dell’ulivo. • Una crisi non generalizzata, ma che colpisce soprattutto alcune aree dell’Italia centro-meridionale.
Appiano, Le guerre civili, I, 29-30: l’estendersi del latifondo a manodopera schiavile • I ricchi, occupata la maggior parte della terra indivisa e resi sicuri col passar del tempo che nessuno più l'avrebbe loro tolta, compravano con la persuasione o prendevano con la forza le altre piccole proprietà dei poveri che erano loro vicine, sì da coltivare estesi latifondi in luogo di semplici poderi. Essi vi impiegavano, come agricoltori e pastori, degli schiavi acquistati, dato che i liberi sarebbero stati distolti per il servizio militare dalle fatiche della terra. D'altro canto il capitale rappresentato da questa mano d'opera arrecava loro molto profitto per la prolificità degli schiavi, che si moltiplicavano senza pericoli, stante la loro esclusione dalla milizia. In tal modo i potenti diventavano sempre più ricchi e gli schiavi aumentavano per le campagne, mentre la scarsità e la mancanza di popolazione affliggevano gli Italici, rovinati dalla povertà, dalle imposte e dal servizio militare.
La risposta alla crisi • Principalmente rappresentata dall’emigrazione, in diverse direzioni: • a Roma, ad alimentare un sottoproletariato urbano, fatto di scontenti, in possesso di pieni diritti politici, in grado di coordinarsi rapidamente, solo in attesa di un leader. • Nelle nuove colonie fondate in Italia meridionale all’inizio del II sec. a.C., non tutte le quali ebbero vita facile. • soprattutto verso la pianura Padana, dove, a seguito di fondazioni coloniarie o distribuzioni individuali di lotti di terreno, vennero stanziate decine di migliaia di famiglie nel II sec. a.C.
La colonizzazione dell’Italia meridionale Un vasto programma, attuato negli anni 197-192 a.C. Fondazione di 8 colonie romane, probabilmente con 300 capifamiglia ciascuna: Puteoli (Pozzuoli), Volturnum (Castel Volturno), Liternum (presso Villa Literno), Salernum (Salerno), Sipontum (vicino a Manfredonia), Buxentum (Policastro Bussentino), Croto (Crotone) e Tempsa (presso Falerna?). Creazione di due popolose colonie latine nel territorio bruzio: Copia (Sibari - Thurii), con 3.300 coloni e lotti di 40 e 20 iugeri, e Valentia (Vibo), con 4.000 coloni e lotti di 30 e 15 iugeri. 5
Livio, XXXV, 9, 7-8: la fondazione della colonia latina nel territorio di Turii • In quello stesso anno [193 a.C.] i triumviri A. Manlio Vulsone, L. Apustio Fullone e Q. Elio Tuberone, autore della legge relativa, dedussero una colonia latina a Castro Frentino. Vi si recarono 3 mila fanti e 300 cavalieri, un numero piccolo in rapporto all’estensione del territorio. Si sarebbero potuti assegnare 30 iugeri ciascuno ai fanti e 60 ai cavalieri: per suggerimento di Apustio si lasciò da parte un terzo del territorio, per poterne in seguito, se si fosse voluto, iscrivere nuovi coloni; i fanti ebbero 20 iugeri ciascuno, i cavalieri 40.
Livio, XXXV, 40, 5-6: la fondazione della colonia latina di Vibo Valentia • Nel medesimo anno [192 a.C.] fu dedotta una colonia a Vibo in base a un senatoconsulto e ad un plebiscito. Vi andarono 3.700 fanti e 300 cavalieri; li condussero i triumviri Q. Nevio, M. Minucio e M. Furio Crassipede; vennero assegnati 15 iugeri di terra ciascuno ai fanti, il doppio ai cavalieri. Quel territorio apparteneva ultimamente ai Bruzi; i Bruzi lo avevano preso ai Greci.
Il rapporto con le antiche colonie greche • Una sovrapposizione a: • Dikearchia – Puteoli • Pyxous – Buxentum • Temesa – Tempsa • Kroton – Croto • Thurioi – Copia • Hipponion – Valentia • L’invio di coloni solo nei centri più spopolati, in cui l’elemento greco era in crisi, e il rispetto per le città magnogreche più vitali: Napoli, Taranto, Locri e Reggio. • La possibilità che il centro urbano della colonia non coincidesse con la città greca: il caso della colonia di Croto, forse ubicata a Capo Colonna. 10
Le ragioni della colonizzazione • La motivazione sociale: insediamento di contadini impoveriti e di veterani in aree spopolate dalla II guerra punica. • La motivazione strategica: il controllo delle coste, minacciate dall’invasione di Filippo V di Macedonia e Antioco III di Siria. • O piuttosto un controllo verso l’interno, sulle riottose popolazioni italiche? 11
Gli effetti del programma di colonizzazione • Un totale fallimento, dovuto al fatto che Roma aveva di mira le proprie esigenze strategiche, piuttosto che la rivitalizzazione del Mezzogiorno? • Difficoltà di reclutamento dei coloni. • Lo spopolamento di Buxentum e Sipontum, pochi anni dopo la colonizzazione. • Liternum come vicus ignobilis ac deserta palus (“oscuro villaggio e palude deserta”) in Valerio Massimo. • Di contro lo straordinario successo di Puteoli, porto principale dell’Italia e città tra le più fiorenti della penisola, e i buoni risultati della colonizzazione di Copia e Vibo. • La necessità di valutare caso per caso gli effetti della colonizzazione, sulle base di nuove indagini storiche e archeologiche. 12
Attività edilizia nella colonia romana di Crotone • Elegante mosaico dall’area del santuario di Era Lacinia, di età tardorepubblicana. • L’iscrizione ricorda la costruzione di un balneum destinato ai sacerdoti del tempio, curato dai duoviri quinquennales della colonia, su decisione del senato locale.
Attività edilizia a Copia: l’emiciclo • Un edificio con diverse fasi costruttive: nella prima, che inizia alla metà del I sec. a.C., l’edificio serviva forse come luogo di riunioni o mercato. • Nella seconda fase (metà del I sec. d.C.) l’edificio venne riadattato come piccolo teatro.
L’affare dei Baccanali • Nel 186 a.C. il Senato ordina una dura repressione dei culti di Bacco, originari del Mediterraneo orientale, e diffusi in Italia soprattutto tra le classi inferiori. • Nell’interpretazione del Senato romano il culto, con i suoi aspetti di segretezza, travalicava l’aspetto religioso, configurandosi come una protesta nei confronti dell’ordine sociale e politico imposto da Roma (forse non a torto). • La vicenda è nota, oltre che da Livio, da una straordinaria iscrizione su bronzo da Tiriolo, oggi al Kunstinstorisches Museum di Vienna, che riporta il decreto emanato allora dal Senato (senatoconsulto).
Le prescrizioni del senatoconsulto • La celebrazione dei culti di Bacco è sottoposta all’autorizzazione del Senato. • Il numero dei partecipanti è limitato e le conventicole baccanti sono private di qualsiasi organizzazione interna. • Le infrazioni sono punite con l’esilio. • I timori del Senato sono tali da portarlo a calpestare la formale autonomia delle comunità sociae: le prescrizioni valgono per tutte le comunità dell’Italia, indipendentemente dal loro status. • Il ritrovamento dell’unica copia a noi nota a Tiriolo e prova della diffusione dei culti bacchici (con le sue implicazioni sociali e politiche) anche nel Bruzio.
Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il senatoconsulto sui Baccanali • Il console Quinto Marcio [Filippo], figlio di Quinto, e Spurio Postumio [Albino], figlio di Lucio, consultarono il Senato alle none di ottobre [ = 7 ottobre 186 a.C.] presso il tempio di Bellona. Erano presenti [alla redazione del senatoconsulto] Marco Claudio, figlio di Marco, Lucio Valerio, figlio di Publio, e Quinto Minucio, figlio di Caio. Riguardo ai Baccanali è stato deciso di ordinare agli alleati che nessuno di loro celebri i Baccanali. Se vi sono persone che affermano che è per loro necessario celebrare i Baccanali, che si rechino presso il pretore urbano a Roma e, una volta ascoltate le loro parole, che il nostro Senato deliberi su tali questioni, a condizione che siano presenti almeno 100 senatori quando la questione viene discussa. Ai riti delle Baccanti non partecipi nessun uomo, sia esso cittadino romano, né cittadino di diritto latino, né alleato, a meno che non si sia presentato al pretore urbano e questi abbia dato l'autorizzazione, su decreto del Senato, a condizione che siano presenti almeno 100 senatori quando la questione viene discussa. Approvato.
Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il senatoconsulto sui Baccanali • Non vi sia alcun uomo come sacerdote, non vi sia alcun uomo o alcuna donna come presidente. Non vi sia nè alcuna cassa comune, né alcuna magistratura. Non si crei alcun uomo o alcuna donna come promagistrato. E inoltre nessuno si unisca in giuramento, né pronunci voti, né si leghi in obblighi, né faccia promesse, nessuno dia la propria parola a qualcun altro. Nessuno celebri in segreto gli atti del culto, né in pubblico, né in privato; nessuno compia gli atti del culto al di fuori di Roma, a meno che non si sia presentato al pretore urbano e questi abbia dato l'autorizzazione, su decreto del Senato, a condizione che siano presenti almeno 100 senatori quando la questione viene discussa. Approvato.
Corpus Inscriptionum Latinarum, I2 581: il senatoconsulto sui Baccanali • Gli atti del culto non siano celebrati da un gruppo maggiore di cinque persone in totale, uomini e donne, e non vi assistano più di due uomini e tre donne, se non con l'autorizzazione del pretore urbano e del Senato, come sopra si è stabilito. Si ordina di proclamare quanto stabilito in assemblea per non meno di tre giorni di mercato e, per fare in modo che abbiate conoscenza del decreto del Senato, è stato decretato quanto segue: se vi sono persone che contravvengono a quanto sopra prescritto, essi [cioè i senatori] hanno deciso che siano passibili di pena di morte; e il Senato ha ritenuto giusto che incidiate queste decisioni su di una tavola di bronzo e che si ordini che tale tavola sia affissa ove sia più facile prenderne conoscenza; e che se i Baccanali vengono celebrati al di fuori dei luoghi consacrati, secondo quanto è sopra prescritto, entro dieci giorni dal momento in cui vi sono state consegnate le tavolette, facciate in modo che siano banditi. Nell'agro Teurano.
Livio XLII, 3, 1-3: un sacrilegio contro il tempio di Era Lacinia • Quello stesso anno [173 a.C.] fu scoperchiato il tempio di Giunone Lacinia. Il censore Q. Fulvio Flacco stava costruendo il tempio della Fortuna Equestre, promesso in voto quando era pretore in Spagna al tempo della guerra contro i Celtiberi, con l’impegno che a Roma non vi fosse un tempio più grande e splendido di quello. Pensando che alla sua costruzione avrebbero aggiunto inestimabile ornamento tegole di marmo, recatosi nel territorio dei Bruzi scoperchiò a metà il tempio di Giunone Lacinia, sicuro che quel materiale fosse sufficiente alla copertura del tempio. Le navi erano pronte al carico e al trasporto di quel marmo, senza che gli abitanti della città alleata fossero in grado di impedire tanto sacrilegio, atterriti dall’autorità del censore.
Un sacrilegio contro il tempio di Era Lacinia • Una testimonianza dell’atteggiamento sempre più arrogante dei magistrati romani nei confronti delle comunità alleate. • Il Senato fece poi restituire le tegole al tempio, preoccupato dell’atto sacrilego, ma anche dall’ambizione di Flacco, dimostrata da quell’insolita copertura. • Secondo Livio, le tegole rimasero a terra, per mancanza di artigiani capaci di rimetterle in opera. • Una testimonianza della coesistenza a Crotone tra la colonia romana e la comunità socia, erede della città greca.
La costruzione della via da Capua a Reggio e il lapis Pollae • Nota da una singolare iscrizione ritrovata a S. Pietro di Polla (Vallo di Diano), di contenuto composito: • Il ricordo della costruzione della via, con i suoi ponti e i milliari. • Una sezione itineraria, che ricorda le distanze tra questo punto e altre importanti località seguendo il percorso verso nord e verso sud. • Un elogio in cui lo scrivente ricorda un’azione contro schiavi fuggitivi e l’intervento in favore dei contadini contro gli allevatori riguardo all’uso dell’ager publicus, infine la costruzione in questo luogo di un mercato (forum) e di un tempio.
Corpus Inscriptionum Latinarum I2 638: l’iscrizione itineraria di Polla • Feci la via da Reggio a Capua e in quella via posi tutti i ponti, i milliari e i tabellarii. Da questo punto a Nocera 51 miglia, a Capua 84 miglia, a Muranum 74 , a Cosenza 123, a Vibo Valentia 180, allo Stretto, presso la stazione di Ad Statuam, 231, a Reggio 237. Distanza totale da Capua a Reggio: 321 miglia. E io stesso, in qualità di pretore in Sicilia, diedi la caccia e riconsegnai gli schiavi fuggitivi degli Italici, per un totale di 917 uomini, e parimenti per primo feci in modo che sul terreno appartenen-te al demanio pubblico i pastori cedessero agli agricoltori. In questo luogo eressi un foro e un tempio pubblici.
Il Ponte di Annibale • Il cosiddetto Ponte di Annibale, o Ponte S. Angelo, nel comune di Scigliano, dove la via Capua-Reggio passava il Savuto. • La tecnica costruttiva pare datare il ponte all’inizio del II sec. d.C., ma potrebbe aver sostituito un ponte simile, di età precedente.
Chi ha redatto il lapis Pollae? • Il nome del pretore di Sicilia doveva essere ricordato in un altro blocco del monumento, andato perduto. • L’ipotesi di Mommsen: P. Popilio Lenate, console del 132 a.C. • Il rapporto con la rivolta servile in Sicilia del 135-132 a.C. • La relazione con la legislazione sull’ager publicus di Ti. Sempronio Gracco del 133 a.C. • Le notizie sull’esistenza di un Forum Popilii, forse da identificare con Polla. • Tra le molte ipotesi alternative: T. Annio Lusco, console del 153 a.C., sulla base del rinvenimento di un milliare a Vibo che nomina un certo T. Annius. • Una combinazione delle due ipotesi principali: la costruzione della strada, iniziata da Popilio Lenate, come documenta il Lapis Pollae, sarebbe stata conclusa solo dal suo successore T. Annius Rufus.
Le ragioni della costruzione della via • Una via che si imposta su percorsi già battuti in tempi precedenti, fin dalla guerra contro Pirro. • Ma una via che viene costruita solo parecchi decenni dopo la definitiva sottomissione della regione a Roma e la stessa colonizzazione. • I possibili motivi della (tardiva) costruzione: • Il miglioramento dei collegamenti con la Sicilia, il cui possesso era minacciato dalle frequenti rivolte servili. • Un migliore controllo sulla Lucania e il Bruzio, regioni turbolente dal punto di vista sociale e politico. • Un asse viario sul quale si imposta la centuriazione, ai fini delle distribuzioni di terre dell’età graccana.
Il tentativo di riforma dei Gracchi • Un’importante opera di riforma portata avanti da Ti. Sempronio Gracco (tribuno della plebe nel 133 a.C.) e dal fratello Caio (tribuno nel 123-122 a.C.). • Un tentativo di riforma che punta a garantire il reclutamento dell’esercito, riportando il sottoproletariato urbano nelle campagne. • Confisca delle porzioni di ager publicus possedute da singoli eccedenti i 500 iugeri (massimo 1.000 per chi aveva due figli) e loro redistribuzione in lotti inalienabili di 30 iugeri, dietro il pagamento di un modesto canone. • Un problema particolarmente sentito nella Lucania e nel Bruzio, per la presenza di vaste estensioni di ager publicus e per le caratteristiche di ampie parti del territorio, che favorivano lo sfruttamento estensivo a pascolo.
Il tentativo di riforma dei Gracchi nel Mezzogiorno • Le attività della commissione incaricata della redistribuzione delle terre sono testimoniate da alcuni cippi iscritti, provenienti soprattutto dalla Lucania. • La violenta opposizione senatoria ai Gracchi portò all’uccisione dei due fratelli e allo smantellamento della loro opera. • Anche nella Lucania e nel Bruzio non pare che le riforme graccane abbiano portato a duraturi cambiamenti: il territorio continuò a essere caratterizzato soprattutto da vasti latifondi lavorati da schiavi. • Alle attività graccane è da collegare la probabile fondazione della colonia romana di Scolacium Minervia (Roccelletta di Borgia), e quella, meno sicura, di Consentia.
Ritratti di notabili locali, di età giulio-claudia, posti a decorazione del teatro di Scolacium
Per saperne di più • E. Campanile, L’assimilazione culturale del mondo italico, «Storia di Roma, II, L’impero mediterraneo, 1, La repubblica imperiale», a cura di G. Clemente – F. Coarelli – E. Gabba, Torino 1990, pp. 305-312 [BAU STO/D 937 STO II]. • E. Gabba, Il processo di integrazione dell’Italia nel II secolo, «Storia di Roma, II, L’impero mediterraneo, 1, La repubblica imperiale», a cura di G. Clemente – F. Coarelli – E. Gabba, Torino 1990, pp. 267-283 [BAU STO/D 937 STO II]. • Id., Italia Romana, Como 1994 [STO COLL PROVV. 911 GAB]. • U. Laffi, Il sistema di alleanze italico, «Storia di Roma, II, L’impero mediterraneo, 1, La repubblica imperiale», a cura di G. Clemente – F. Coarelli – E. Gabba, Torino 1990, pp. 285-304 [BAU STO/D 937 STO II]. • C. Nicolet, Strutture dell’Italia romana, III - I sec. a.C., Roma 1984 [BAU 937.02 S 9/1].