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Il “nuovo” Rito del Matrimonio Il rito del Matrimonio interpreta e porta alla massima espressione il linguaggio dell’amore; nello stesso tempo fa sì che il dialogo d’amore dei fidanzati e degli sposi si lasci plasmare sempre più dal linguaggio dell’amore divino, comunicatoci attraverso la Sacra Scrittura e la vita della comunità ecclesiale. (CEI, Celebrare il “mistero grande” dell’amore, 2)
Da qualche parte nella Bibbia sta scritto che bisogna partecipare con “il cuore e le viscere”. A una liturgia protestante si può sicuramente partecipare in pieno con il cuore. Ma tutto il resto della persona viene lasciato molto spesso fuori dalla porta della chiesa. Questa è probabilmente una mia insufficienza, ma in queste giornate pasquali ho sentito per la prima volta che bisogna veramente partecipare con tutta la persona, che i salmi non vengono soltanto pensati con la testa e cantati con la bocca, ma che possono cantare anche le mani e i piedi e tutto il resto. Per favore, non pensare che io mi sia montata la testa. Raramente sono stata così lucida come in questi giorni. (Lettera di Maria von Wedemeyer al fidanzato Dietrich Bonhoeffer in campo di concentramento, 25 aprile 1944)
Il rito liturgico rappresenta la grammatica indispensabile per comprendere la singolare e irripetibile vicenda d’amore che caratterizza il cammino di ciascuna coppia nella prospettiva dell’amore di Dio. Nulla di ciò che è autenticamente umano nell’esperienza affettiva resta escluso dal cammino sacramentale, di cui il rito è il culmine. La celebrazione liturgica del rito del Matrimonio diviene punto di arrivo del fidanzamento, ma anche punto di partenzaper una vita familiare ricca di grazia e orientata alla santità. (CEI, Celebrare il “mistero grande” dell’amore, n.4. Cfr. n.105: Ripartire dal nuovo Rito del Matrimonio)
Se siamo allergici o refrattari al rito, noi neghiamo un corpo a Dio, nonostante lui continui a gridarci che si è fatto carne, è risorto con il corpo e ci nutre con il suo corpo. Il rito è la fede generata dalla morte e risurrezione di Gesù con il corpo (…). È solo un corpo attivo, ossia il corpo che percepisce, sente, agisce ritualmente, che può partecipare al Mistero di quel Dio che in Gesù si fa vicino nel suono di una voce, nel sapore del pane, nel contatto delle mani. (G. Busani, Liturgia e vita affettiva)
“… Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato…” Al termine della sua vicenda terrena, “… è salito al cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria…”. Nel frattempo, il Risorto mantiene la confortante promessa: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(Mt 28,20; cfr Mt1,23)
Ciò è possibile mediante il continuo attualizzarsi del mistero dell’Incarnazione attraverso i riti sacramentali celebrati dalla sua Chiesa. “Il sacramento è espressione dell’esperienza che Dio incontra l’uomo in maniera umana”(J.Ratzinger).
I sacramenti, come dicevano gli antichi, sono propterhomines, sono fatti per l’uomo. Non soltanto nel senso che servono alla santificazione e alla salvezza degli uomini, ma nel senso che sono a misura dell’uomo, rispondono a un’esigenza umana (non è Dio che ha bisogno dei sacramenti: siamo noi!) e funzionano secondo le modalità dell’essere e dell’agire umano. I sacramenti, infatti, sono l’ultima espressione di quella logica di incarnazione che guida tutta la rivelazione biblica e la storia della salvezza: Dio viene incontro all’uomo scendendo sul piano dell’esistenza umana e adattandosi alle strutture dell’umano.
Poteva certamente il popolo dei credenti nel Cristo essere ammaestrato col solo vedere ciò che facevasi nella chiesa, come semplice spettatore di sacra rappresentazione, e Iddio, padrone assoluto dei suoi doni, poteva, se avesse voluto, aggiungere alla sola vista delle funzioni del culto esercitate dai sacerdoti, l’influenza vivifica della sua grazia. Ma per accomodare tutto all’uomo nel modo il più conveniente, non volle farlo: ed anzi volle che il popolo stesso nel tempio fosse gran parte del culto: e ora sopra il popolo si esercitassero delle azioni, (…); ora lo stesso popolo unito di intelligenza non meno che di volontà e di azione col clero, operasse con esso. (A.Rosmini, Delle cinque piaghe della santa Chiesa, 14)
Giustamente la liturgia è ritenuta come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; esercizio nel quale, per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale. (Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, 7 )
A tutti i livelli della sua vita, fisica e spirituale, affettiva e intellettiva, l’uomo si esprime mediantesistemi simbolici ritualizzati. La nascita, la morte, il matrimonio, la festa, tutto può essere – e normalmente lo è – vissuto ritualmente (Celebrare in spirito e verità, 18) Nella vita umana segni e simboli occupano un posto importante. In quanto essere corporale e spirituale insieme, l’uomo esprime e percepisce le realtà spirituali attraversosegni e simboli materiali. In quanto essere sociale, l’uomo ha bisogno di segni e di simboli per comunicare con gli altri per mezzo del linguaggio, di gesti, di azioni. (Catechismo della Chiesa cattolica,1146).
Se offro una rosa rossa a una capra, essa inequivocabilmente la mangia, senza dire alcuna parola che significhi qualcosa. Per noi invece, se non siamo ridotti a puri consumatori di cose e sensazioni, la questione è ben diversa. Un botanico classifica la rosa, un giardiniere la coltiva, un fiorista la vende... e un innamorato la dona alla sua donna. La quale, a sua volta, non la mangia né la classifica né la coltiva né la vende: ne gioisce come segno di ciò che dà luce alla sua esistenza. Quante diverse reazioni, e poesie, può ispirare la stessa rosa! (S.Fausti)
H.Matisse, La tavola apparecchiata, olio su tela 1896 L’artista esalta il tocco di finezza della madre che nella preparazione della tavola per l’incontro familiare festivo dispone tutto senza far mancare l’inutilità preziosa dei fiori che rallegrano facendo del pranzo un’esperienza che sazia anche il cuore.
Vari comportamenti ritualizzati emergono nella vita ordinaria: • a casa, per i pasti, • * ciascuno ha il suo posto • * l’invitato si mette a capotavola • * gli vengono serviti i piatti per primo • * si prepara un dolce in suo onore • in occasione di un compleanno • * si arriva con un regalo per il festeggiato • * si mettono le candeline sulla torta • * si canta il tradizionale “Tanti auguri a te…” • tra fidanzati • * regalare dei fiori esprime affetto per la persona amata • * il dono dell’anello la decisione di rendere stabile la relazione • * In vista del Matrimonio: le partecipazioni, i confetti… • in occasione di una festa civile • * l’alzabandiera sottolinea l’importanza sociale dell’evento • * il suono della banda lo rende festoso • * la posa di una corona al monumento dei caduti esprime l’omaggio a chi si è sacrificato per la patria
La stessa cosa avviene nella relazione dell’uomo con Dio. • La liturgia della Chiesa presuppone, integra e santifica elementi della creazione e della cultura umana conferendo loro la dignità di segni della grazia, della nuova creazione in Gesù Cristo. • I sacramenti della Chiesa non aboliscono, ma purificano e integrano tutta la ricchezza dei segni e dei simboli del cosmo e della vita sociale. (Catechismo della Chiesa cattolica, 1146.1149.1152)
La Riforma (liturgica) suppone una indispensabile ‘conversione’ al progetto e allo stile di Dio che ha voluto attuare e comunicare la sua salvezza attraverso il ‘sacramento’ delle cose più comuni e delle azioni più quotidiane(GS, 34-38). Conforme a questo stile dell’agire divino, la Chiesa, guidata dallo Spirito, per costruire la sua liturgia ha assunto alcune azioni proprie delle culture umane come riunirsi e agire comunitariamente, salutare e dialogare, cantare e acclamare, leggere un testo e interpretarlo, formulare desideri e ringraziare, chiedere perdono e darsi la pace, preparare la mensa e partecipare al convito… rendendole significative dell’iniziativa divina che salva e della risposta umana che accetta e corrisponde(SC,5-7.21.33) (CEI, Il rinnovamento liturgico in Italia, n.12).
Il simbolo non si spiega Non si parla di lui, è lui che ci parla. Abbiamo imparato a dire “Buongiorno”, a far regali, molto prima di avere una qualsiasi spiegazione di ciò. Se mai l’abbiamo avuta! Figuriamoci se qualcuno dicesse: “Le stringo la mano, perché questo significa che…” Oppure: “Ti abbraccio, perché l’abbraccio vuol dire che…”. Il simbolo non si spiega. Se lo avessimo capito, le nostre celebrazioni non sarebbero invase da innumerevoli spiegazioni: “Ora il sacerdote fa questo, perché…” Oppure: “Ora canteremo il canto n., perché…”
La Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede (= Eucaristia), ma che, comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente… (Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, 48) Il paragrafo formula ufficialmente la insufficienza di una partecipazione della sola anima. E’ la stessa azione sacra compiuta in pienezza il modo primario della intelligenza liturgica. La riforma del rito eucaristico è motivata essenzialmente dalla esigenza di recuperare per tutti questo livello rituale e orante.
Negli anni successivi al Concilio Vaticano II ci si prefisse di aiutare il popolo a “capire” quanto il precedente regime rituale gli aveva precluso. La partecipazione dei fedeli all’azione liturgica rimane ancora l’obiettivo principale del cammino del rinnovamento liturgico. Le energie dedicate al raggiungimento dell’obiettivo sono state tante, ma in buona parte hanno subito uno sbilanciamento verso la dimensione “consapevolezza”. Per partecipare occorre “capire”, sembrava essere l’imperativo cui obbedire. Oggi è forse giunto il momento di rovesciare il rapporto: per partecipare occorre agire, solo così è possibile capire.
Come ci si sposava nel 1966 Dopo il Vangelo e l’omelia: Consenso sacramentale N., vuoi prendere in tua legittima sposa N. qui presente, secondo il rito della santa madre Chiesa? Sì. Io vi dichiaro uniti in matrimonio, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Benedizione degli anelli Versetti biblici + orazione Preghiere conclusive -Proteggi, o Signore, questi tuoi servi. +Essi sperano in te. -Manda loro, o Signore, il tuo aiuto dal tuo santo tempio. +Difendili dall’alto della tua sede celeste. -Sii per loro come fortezza. +Contro gli assalti del maligno Orazione Lettura degli articoli del Codice civile
La celebrazione del Matrimonio Il “nuovo” rito del Matrimonio costituisce il primo significativo caso di “adattamento” operato dalla Chiesa italiana con l’approvazione della Sede Apostolica. In data 19 marzo 1990 le Chiese di tutto il mondo ricevettero un’editiotypica altera della celebrazione del Matrimonio (dopo quella del 1969). I nostri Vescovi con i loro esperti si sono mobilitati. La CEI ha “voluto anche rispondere a una rinnovata coscienza ecclesiale del Matrimonio, di cui fanno fede, tra gli altri documenti, l’Esortazione apostolica Familiarisconsortio di Giovanni Paolo II (1981) e il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia(1993)” (Presentazione CEI, n.2).
La dimensione ecclesiale del Matrimonio “E’ una comprensione che fatica ancora a farsi strada; lo testimonia anche la persistente difficoltà nelle nostre parrocchie a leggere nel Matrimonio un sacramento ‘per la Chiesa’, da celebrare nella comunità ecclesiale e non in privato, nei luoghi più impensati e lontani dalla vita ordinaria della comunità cristiana” (G.Betori). “Poiché il Matrimonio è ordinato alla crescita e alla santificazione del popolo di Dio, la sua celebrazione ha un carattere comunitario che consiglia la partecipazione anche della comunità parrocchiale, almeno attraverso alcuni dei suoi membri” (RM,n. 28). Non dovrebbe mancare qualche lettore (tra quelli che svolgono abitualmente il servizio in parrocchia), un gruppo di cantori (o almeno un animatore del canto) oltre l’organista; e dei fedeli che, semplicemente in quanto tali, avvertono l’impulso di dare volto a una Chiesa accogliente e desiderosa di crescere nella sua indole nuziale.
La categoria di “adattamento” liturgico… …non va semplicemente interpretata come l’adeguarsi di un rito alla situazione (come quando diciamo “mi sono dovuto adattare” nel senso di “ho dovuto rassegnarmi”). Si tratterebbe di un livellamento che abbassa la qualità della proposta. Certo si tiene conto della situazione, ma nei suoi confronti il rito opera: per un verso ascolto e solidarietà per altro verso differenza e promozione, in modo da suscitare la crescita delle persone. Il rito infatti non è solo un momento espressivo-rappresentativo. Sarebbe troppo vicino e coincidente con la vita e con la realtà. E impedirebbe l’irruzione della novità di Dio. Il rito è azione che esercita una forza impressiva. Istituisce una nuova realtà.
Il rituale si struttura in quattro capitoli: 1° Rito del Matrimonio nella Celebrazione eucaristica. 2° Rito del Matrimonio nella Celebrazione della Parola. 3° Rito del Matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana (una semplice traduzione, questo). Di seguito, il rituale presenta alcuni formulari di Preghiera dei fedeli; e un elemento nuovo, interessante: le melodie
Dal 2008 è disponibile in volume apposito il Lezionario che offre una delle ricchezze più belle del Rito adattato. I testi biblici, che ora raggiungono il numero di 82 brani, sono preceduti da ampia e accurata presentazione CEI (p.11-16). Cfr. anche Percorsi biblici in appendice a Celebrare il “mistero grande” dell’amore. Esso richiede un serio approfondimento, redatto come è – oltre che per lo specifico uso celebrativo – anche per qualificare la pastorale dei fidanzati, delle giovani coppie, della famiglia nel suo insieme.
Passiamo in rassegna le novità • a livello di riti • 2. a livello di gesti • 3. a livello di testi
1. Le novità rituali • a) Nel rito d’ingresso è di grande valore la Memoria del Battesimo (n.52-58; n.104-110). • Nella Liturgia della Parola la proposta di 5 schemi di letture-salmi per orientare la scelta (n.62; n.113). • c) Le invocazioni litaniche dei santi-sposi • agganciate alla Preghiera dei fedeli • mostrano che l’esperienza sponsale • è assunta nella ministerialità della Chiesa; • si evidenzia la comunione • tra la Chiesa della terra e quella del cielo.
La consegna della Bibbia agli sposi introdotta (nel secondo capitolo) prima della benedizione finale: • “Ricevete la Parola di Dio. Risuoni nella vostra casa, riscaldi il vostro cuore, sia luce ai vostri passi. La sua forza custodisca il vostro amore nella fedeltà e vi accompagni nel cammino incontro al Signore” (n.142). Chiaro orientamento verso l’Eucaristia. • d) La benedizione degli sposi si può compierla subito dopo lo scambio degli anelli, quindi all’interno del Rito del Matrimonio in senso stretto.
2. Le novità gestuali • (manifestano l’importanza del linguaggio non-verbale). • Nei riti di ingresso, per la memoria del Battesimo è bene recarsi al fonte. • Segue l’aspersione degli sposi e dell’assemblea. • Nella Liturgia della Parola gli sposi dopo il sacerdote venerano l’Evangeliario con un bacio (n.63). • Nella Liturgia del Matrimonio gli sposi • per rispondere alle domande • e per manifestare il consenso • possono avvicinarsi all’altare, • ma soprattutto rivolgersi l’uno verso l’altro. • E’ molto importante la loro adeguata collocazione.
Un particolare da assumere: il prete accoglie il consenso “stendendo la mano sulle mani unite degli sposi”(n.74; n.125). d) Per la benedizione degli sposi, la rubrica del precedente rito voleva “Il sacerdote rivolto agli sposi con le braccia allargate”. Adesso, dopo la preghiera silenziosa di tutti gli astanti, si legge: “Il sacerdote tenendo stese le mani sugli sposi…”(n.85; n.130). Si attribuisce maggiore risalto all’invocazione dello Spirito attraverso il gesto che è tradizionale per l’epiclesi. Gli sposi “si mettono in ginocchio”(n.84).
e) L’incoronazione e la velazione: Estranee alla situazione italiana, non sono da introdurre o da incoraggiare; se non altro per il rischio che oggi si trasformino in folklore, alleato del consumismo e della spettacolarizzazione. La prima segue la consegna degli anelli; la seconda è durante la benedizione nuziale. Si tratta di due gesti tradizionali nel mondo biblico-giudaico e greco-romano (diffusi in tutta l’area mediterranea) che la liturgia cristiana ha recepito, privilegiando tuttavia in Occidente la velazione e in Oriente l’incoronazione. Chi volesse documentarsi circa il profondo significato di questi riti si renderebbe conto – per contrasto – della fragilità di alcuni gesti che si sono a volte introdotti nelle nostre celebrazioni senza essere stati coscienziosamente vagliati.
3. Le novità testuali. • Di nuova creazione sono i testi • per la Memoria del Battesimo (n.52-56). • Li contraddistingue • il carattere di memoria riconoscente. La nota espressione • “Voi siete già consacrati mediante il Battesimo” • che introduce le interrogazioni prima del consenso (n.66) • trova qui il suo contesto, la sua radice. • E’ il Battesimo che fonda il consenso, perché libera la libertà. • Il “sì” degli sposi è saldamente radicato • sul “sì” pronunciato da Dio nel Battesimo. • L’adesione di fede a Lui è da rinnovare nel giorno in cui • essi corrispondono alla specificazione • della loro vocazione battesimale. • Si ravviva per loro e per tutti il • dono della benedizione originale.
b) Alcune nuove monizioni. Una interessante sta nel secondo capitolo. Dato che il Matrimonio qui si svolge nella Celebrazione della Parola, ecco un’esortazione da premettere alle Letture: “Fratelli e sorelle, dopo aver fatto memoria del Battesimo, ascoltiamo in raccoglimento la Parola di Dio. Accolta con fede, annuncia la presenza del Signore in questo momento di festa e di gioia, illumina il cammino dei coniugi, apre alla ricchezza della vita ecclesiale, rivela l’amore di Cristo sposo per la Chiesa sua sposa” (n.113)
c) Introduzione di nuove forme (in entrambi i capitoli). • La seconda forma di manifestazione delle intenzioni. • Invece che rispondere alle domande del rituale finora in uso, gli sposi espongono i loro intendimenti a partire da una testimonianza relativa al fidanzamento vissuto come tempo di grazia: • “Compiuto il cammino del fidanzamento, • illuminati dallo Spirito Santo, • accompagnati dalla comunità cristiana, • siamo venuti in piena libertà…”. • Suggestiva la conclusione: • “Chiediamo a voi, fratelli e sorelle, di pregare con noi e per noi perché la nostra famiglia diffonda nel mondo luce, pace e gioia”. (n.69).
- Una seconda, originale forma di manifestazione del consenso (n.72). E’ in termini dialogici tra i due: • “N. vuoi unire la tua vita alla mia, • nel Signore che ci ha creati e redenti? • Sì, con la grazia di Dio, lo voglio. • N. vuoi unire la tua vita alla mia, • nel Signore che ci ha creati e redenti? • Sì, con la grazia di Dio, lo voglio”. • E proseguono insieme:“Noi promettiamo di amarci…”. • Una terza formula nuova di benedizione degli anelli che termina così: • “siano per voi ricordo vivo e lieto • di quest’ora di grazia”(n.76).
d) Arricchimenti nei testi già noti, e modifiche delle traduzioni. • Gli arricchimenti più significativi riguardano la presenza o il riferimento all’opera dello Spirito Santo. E’ interessante verificarne l’innesto. • La modifica che ha conseguito notorietà è relativa al verbo adottato - come traduzione del latino accipio - per la prima forma di manifestazione del consenso: • “Io accolgo te come mia sposa. • Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre …” • L’altro non è un possesso, ma un dono promettente. • E’ Dio che consegna gli sposi l’uno all’altro. • Essi si ricevono dalle mani di Dio. • Io accolgo te dalle mani di Dio, • non come un ospite di passaggio, ma come mia sposa. • L’impegno, la responsabilità, non sono indeboliti, • ma assunti con la grazia di Cristo. • Una promessa in grado di sfidare il tempo, • che include anche il periodo della prova: • deserto non attraversabile senza questa grazia • che discende dall’alto come la manna.
e) La novità testuale più riuscita è una ulteriore Preghiera di benedizione degli sposi: la IV (n. 88 e n. 130). Ha una struttura abbastanza vicina a quella delle Preghiere eucaristiche. La prima parte è anamnetico-celebrativa, cioè una narrazione riconoscente del mistero salvifico nella sua dimensione trinitaria, ed è segnata da acclamazioni. Si ripete: “Ti lodiamo, Signore, e ti benediciamo. Eterno è il tuo amore per noi”3 volte: per il Padre, per il Figlio e per lo Spirito Santo.
Il passaggio più suggestivo è il secondo momento, quello che narra la vicenda di Cristo, sintetizzando il Vangelo con freschezza di linguaggio aderente all’esperienza nuziale: “Quando venne la pienezza dei tempi, hai mandato il tuo Figlio, nato da donna. A Nazaret, gustando le gioie e condividendo le fatiche di ogni famiglia umana, è cresciuto in sapienza e grazia. A Cana di Galilea, cambiando l’acqua in vino, è divenuto presenza di gioia nella vita degli sposi. Nella Croce, si è abbassato fin nell’estrema povertà della umana condizione, e tu, o Padre, hai rivelato un amore sconosciuto ai nostri occhi, un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio”.
La seconda parte invece è di supplica. Si interviene con l’invocazione: “Ti supplichiamo, Signore. Ascolta la nostra preghiera”. Si prega che scenda lo Spirito a trasfigurare l’opera iniziata e la renda segno della carità divina. “Scenda la tua benedizione su questi sposi, perché, segnati con il fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini”. Nella parte “esortativa” si riprende, in preghiera Rm 12,9 s. “Siano lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Non rendano a nessuno male per male, benedicano e non maledicano, vivano a lungo e in pace con tutti”. La conclusione è escatologica. “Il loro amore, Padre, sia seme del tuo Regno. Custodiscano nel cuore una profonda nostalgia di te, fino al giorno in cui potranno, con i loro cari, lodare in eterno il tuo nome”.
Il contenuto della Preghiera di benedizione colloca il “sì” degli sposi nella storia del dono originale, cioè in quell’impensabile e più grande scambio reciproco che è la storia della Trinità. L’atto della benedizione è compiuto dal ministro ordinato. Contribuisce a mantenere vivo il fatto che il Sacramento lo si riceve. Ciascuno non può darsi da solo il Sacramento, neppure il Matrimonio. La benedizione attesta che quello che avviene discende dall’Alto. Si fa presente in modo gratuito per noi quello che non è producibile da parte nostra.
Quale modello rituale? “La celebrazione del Matrimonio deve essere preparata con cura, per quanto possibile insieme con i fidanzati. Il Matrimonio si celebri abitualmente durante la Messa. Il Parroco, tuttavia, tenute presenti sia le necessità della cura pastorale, sia le modalità di partecipazione degli sposi e degli invitati alla vita della Chiesa, giudichi se sia meglio proporre la celebrazione del Matrimonio durante la Messa o nella celebrazione della Parola” (RM,n.29). Per la verità non si tratta di una direttiva inedita; la si rintraccia già nel rituale del 1975: “… in qualche circostanza è consigliabile omettere la celebrazione dell’Eucaristia” (n.8). Ma pochi ne avevano tenuto conto. E’ dal percorso preparatorio che potrà/dovrà emergere la propensione verso l’una o l’altra modalità rituale.
Prima situazione Alcuni di coloro che chiedono il Matrimonio vivono un’esperienza di Chiesa secondo la figura di “comunità eucaristica”. Queste persone hanno recepito lo sviluppo di riflessione teologica e spirituale sul Sacramento che è stato reso accessibile in questi anni. Sono persone che se leggono le Premesse del rituale ne colgono la ricchezza senza troppa difficoltà: perché hanno frequentato corsi biblici che reinterpretano la Sacra Scrittura secondo la categoria sponsale, perché conoscono quello che dice il Direttorio di pastorale familiare, la Familiaris consortio, e via di seguito. Noi per queste persone avevamo fino ad ora un rito che quasi costringeva a inserire questa ricchezza in modo scomposto e arbitrario, dal momento che il rito era tutto concentrato sul consenso. Ora la Chiesa italiana ha adattato il primo capitolo proprio per queste persone; per aiutarle a vivere l’intrinseca reciprocità tra Matrimonio-Consenso ed Eucaristia.
Seconda situazione Tuttavia – come hanno scritto i Vescovi nella Nota pastorale “Il volto missionario delle parrocchie…” – “il mondo della fede non ha più caratteri unitari (…) Ci sono i battezzati il cui Battesimo è restato senza risposta (…); per loro la fede non va ripresa, ma rifondata; (…) Ancora di più sono i battezzati la cui fede è rimasta allo stadio della prima formazione cristiana; una fede mai rinnegata, mai del tutto dimenticata, ma in qualche modo sospesa, rinviata” (n.2). E hanno diritto al Matrimonio. Sono costoro i destinatari del secondo capitolo del Rituale. Non inventiamo noi i termini per definire questi fratelli e sorelle battezzati (parlandone in termini di “non praticanti”, “lontani dalla Chiesa”…). I termini idonei si trovano nei documenti dei Vescovi; là dove spiegano questi modi nuovi di vivere la fede, che non sono più unitari, e suggeriscono come rapportarsi con queste persone. Per loro l’Eucaristia rischia di essere giustapposta, e quindi solo ornamentale. Una precisazione importante: il secondo capitolo non si muove secondo la logica del diminuire, del sottrarre rispetto al modello tipico, ma offre incentivi per un percorso di ripresa della fede.
Attuazione celebrativa Occorre applicarsi con proprietà e diligenza nel dare concreta fisionomia al rito, consapevoli che la sua “messa in opera” può risultare più o meno felice. Ad es. un testo può segnalarsi prezioso sulla carta, ma poi molto dipende da come è pronunciato; un gesto appare suggestivo quando viene letto nel programma rituale, ma poi bisogna vedere come si riesce ad attuarlo. Negli ultimi decenni si è assistito al proliferare di “personalizzazioni” del rito matrimoniale in alcuni casi superficiali e perfino stravaganti.. “La ricchezza dei testi biblici ed eucologicie la varietà delle formeviene già incontro alla diversità delle situazioni e delle esigenze degli sposi, ed esclude pertanto il ricorso ad altri testi ed espressioni” (Presentazione CEI, n.2).
“Secondo l’opportunità, si scelgano insieme con gli stessi fidanzati le letture della sacra Scrittura che saranno commentate nell’omelia; e inoltre si scelga la forma con cui esprimere il consenso, i formulari per la benedizione degli anelli, per la benedizione nuziale, per le intenzioni della Preghiera universale (…) e i canti. Si faccia inoltre attenzione alle varianti previste nel rito…” (RM, n.29). Non si sottovaluti la continuità dell’intervento ministeriale: “E’ opportuno che lo stesso sacerdote prepari i fidanzati, e nella stessa celebrazione del Sacramento, tenga l’omelia, riceva il consenso e presieda l’Eucaristia”(RM, n.23)
Ornamentazione floreale e addobbi “Conviene che il carattere festivo della celebrazione del Matrimonio si esprima in modo adeguato anche nell’ornamento della chiesa. Gli Ordinari del luogo vigilino perché, tranne gli onori dovuti, nel rispetto delle leggi liturgiche, alle autorità civili, non ci siano distinzioni di persone private o di condizioni sociali(SC,n.32)” (RM, n.31). Nel pensare e disporre gli ornamenti (piante, fiori recisi, ghirlande, addobbi…) si tenga conto del carattere dell’edificio e soprattutto si mettano in risalto (senza sommergerli) i luoghi caratteristici della celebrazione: ambone, altare (sia sgombra la Mensa), fonte battesimale (sia illuminato) L’eventuale larghezza dell’offerta non diventi in alcun modo pretesto per concessioni ingiustificate e discriminatorie.
Fotografie e riprese video Tutti gli sposi desiderano conservare, a ricordo delle nozze, fotografie e, a volte, anche videocassette. Si riconosce che queste testimonianze sono preziose e potranno essere valorizzate come suggestiva memoria del Sacramento ricevuto. Tuttavia questo desiderio non deve condizionare o addirittura stravolgere il ritmo della celebrazione. L’incarico del servizio fotografico sia assunto, d’intesa con il parroco, da una o al massimo due persone. Per quanto riguarda l’installazione di fari o lampade speciali per riprese video, sia limitata allo stretto indispensabile, evitando di distrarre e distogliere i fedeli dalla partecipazione. Gli operatori rimangano in un luogo fisso e si impegnino a non ostacolare lo svolgimento ordinato del rito. Gli sposi convincano parenti e amici ad astenersi dall’uso di cellulari e macchine fotografiche.
Canto e musica La scienza insegna e l’esperienza dimostra come il giorno del Matrimonio la presenza di canto e musica sia costante e diffusa, attesa e ricercata. Non vi è Matrimonio senza canto e – ancor più! – senza musica, giacché canto e musica sono ingredienti costitutivi, imprescindibili e ineliminabili di ogni festa umana. Sono, anzi, elementi performativi della stessa condizione festiva: se noi infatti cantiamo e suoniamo perché è festa, è tuttavia precisamente attraverso il suonare e il cantare che noi percepiamo, sperimentiamo e viviamo la dimensione festiva. (D.Sabaino, p.167)
“Il linguaggio del canto e della musica non è semplicemente un elemento di ‘addobbo’, da aggiungere per dare maggiore solennità e fasto al rito, ma, unito alla parola, al gesto e al silenzio, costituisce uno dei linguaggi necessari della celebrazione” Cantare la fede della Chiesa “I canti da eseguire siano adatti al rito del Matrimonio ed esprimano la fede della Chiesa; in modo particolare si dia importanza al canto del salmo responsoriale nella liturgia della Parola. Quello che è detto dei canti, vale anche riguardo alla scelta di tutto il programma musicale” (RM, n.30). I canti non devono essere solo genericamente religiosi. (M.Baldacci, RPL, 6/2004, p.65).
“Il canto e la musica nel rito del Matrimonio (…) non sono quindi da abbandonare alla buona volontà degli sposi (…) e sarebbe pure errato affidarli unicamente ai musicisti, come se si trattasse di un aspetto (…) strettamente tecnico (…). Non sarebbe giustificato che la celebrazione e gli interventi musicali procedessero come per strade parallele. Più che cantare e suonare ‘nel’ rito del Matrimonio, bisognerebbe cantare e suonare ‘il’ rito del Matrimonio, privilegiando i canti rituali” (ivi, p.66).
L’elenco delle possibilità di canto è assai nutrito: Canto di ingresso, acclamazioni e canto di aspersione per la Memoria del Battesimo, Gloria, Salmo responsoriale, Canto al Vangelo (canto dopo il Vangelo, mentre gli sposi baciano l’Evangeliario), Canto di ringraziamento – si tratta di un inedito “canto-rito” - o almeno una acclamazione di lode dopo la Benedizione degli anelli o dopo la Benedizione nuziale (con relative acclamazioni e invocazioni, per quanto attiene alla terza e quarta formula), Preghiera dei fedeli e Invocazione dei santi. Seguono i canti della liturgia eucaristica tipici di ogni Messa, che in una circostanza festiva meritano risalto. I riti conclusivi possono offrire spazio all’esecuzione strumentale dopo la lettura dell’atto di Matrimonio, durante l’apposizione delle firme e come accompagnamento per l’uscita degli sposi. Qualora le nozze avvengano nel Giorno del Signore, sarà necessario nella scelta dei canti tenere nel debito conto il repertorio dell’assemblea locale e le peculiarità dei diversi Tempi liturgici. Audizione delle melodie inserite nel rituale