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LA PERIZIA PSICHIATRICA. E. Aguglia. U.C.O. di Clinica Psichiatrica – Università di Trieste. Dipartimento di Scienze Cliniche, Morfologiche e Tecnologiche. Cenni storici.
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LA PERIZIA PSICHIATRICA E. Aguglia U.C.O. di Clinica Psichiatrica – Università di Trieste Dipartimento di Scienze Cliniche, Morfologiche e Tecnologiche
"Qualunque volta ci si affaccia un'opera od un problema di medicina legale delle alienazioni mentali, ci sentiamo involontariamente sorpresi da un senso di sconforto e di ribrezzo. Gli è che ai termini misurati, precisi, a cui la medicina moderna ci ha abituati, noi vediamo sostituite delle espressioni vaghe, indeterminate, mal comprese da quegli stessi che le hanno inventate, e che non hanno nessuno di quei riscontri obiettivi a cui tutta la educazione medica ci ha abituati, e per i quali soltanto il giudice intende interrogarci. E così accade che, o per eccessiva precauzione, o per una non ingiusta reazione alla diffidenza dei giudici, gli uni non vogliono trovare pazzo nessun criminale anche alienato, (...) e gli altri abbondano in senso contrario così da convertire in manicomio tutte le prigioni" Cesare Lombroso, La medicina legale delle alienazioni mentali studiata col metodo sperimentale, Gazzetta medica italiana - Provincie Venete, nn. 27-30, anno VIII, pgg. 5-41,1865
Nel Diritto romano, in aderenza alla dottrina ippocratica, i "furiosi" e i "fatui“ che si fossero resi responsabili di reati andavano esenti da punizioni. La "fatuitas" era pressocchè assimilabile al difetto di intelligenza; nel "furor" si ricomprendevano tutte le forme di follia. Già allora si conosceva la possibilità di un "lucido intervallo“.
Nella legislazione giustinianea vediamo arricchirsi il vocabolario "nosografico“ con le categorie di "dementia", "insania", "fatuitas", "mania", "amentia": tutte situazioni che comportano impunità per l'eventuale delitto. Anche qui fatto salvo il caso di lucido intervallo. Pure gli intensi gradi delle passioni erano considerati atti a escludere la responsabilità. L'ubriachezza "derubricava" il reato da doloso a colposo.
Il dirittopenale germanico è l'unico che fa eccezione alla regola universale: tale diritto, infatti, avendo riguardo esclusivo all'elemento oggettivo del danno, non si cura dell'elemento soggettivo e considera responsabili anche i malati di mente.
Il diritto penale canonico escludeva l'imputabilità per coloro a cui facessero difetto il discernimento e la volontà libera, cioè i dementi e i furiosi, comprendendosi anche le situazioni di furore improvviso e transitorio; ma si assimilavano alle malattie mentali anche la febbre violenta, il sonno, il sonnambulismo, l'ira subitanea, il dolore intenso, in quanto appunto suscettibili di incidere sulla consapevolezza e sulla libertà dell'azione. Stesso dicasi per l'ubriachezza. Tutto ciò non riguardò l'epoca del potere dell'Inquisizione, in cui considerazioni di politica criminale prevalsero, e poco importò che i folli fossero o meno responsabili perchè tanto la malattia mentale era considerata effetto di stregoneria o di influenza diabolica.
Intanto si erano cominciati a consultare i medici: Johann Weyer, nel VI secolo, è considerato il primo psichiatra medico-legale; Paolo Zacchia, medico pontificio, è reputato il fondatore della psicopatologia forense italiana (allora "psicologia forense") con le sue Questiones medico-legales della prima metà del XVII secolo. Costui descrive i malati con delirio parziale, e distingue tra forme di origine organica, di origine psichica, di natura reattiva
Il Codice napoleonico del 1810, articolo 64: "Non esiste né crimine né delitto allorché l'imputato trovavasi in stato di demenza al momento dell'azione, ovvero vi fu costretto da una forza alla quale non poté resistere". Si chiarisce nei lavori preparatori che l'azione è imputabile con il concorso simultaneo di cognizione, volontà e libertà, e che: "E' demente colui che soffre una privazione di ragione; che non conosce la verità; che ignora se ciò che fa sia bene o male; e che non può affatto adempiere i doveri più ordinari della vita civile. Un uomo posto in questo stato è un corpo che ha soltanto figura e ombra di uomo; il suo reato è tutto fisico, poichè moralmente non esiste nulla". Si chiarisce altresì da parte della Dottrina francese dell'epoca che la demenza comprende la follia furiosa, l'idiozia o l'imbecillità, la monomania o l'allucinazione: sono evidenti gli influssi della psichiatria dell'epoca in particolare nel concetto di monomania di Esquirol e Georget.
Con l'Unità venne esteso all'Italia il Codice penale per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna del 1859 che, a proposito dell'imputabilità, così stabiliva: "Art. 94 - Non vi è reato se l'imputato trovavasi in istato di assoluta imbecillità, di pazzia, o di morboso furore quando commise l'azione, ovvero se vi fu tratto da una forza alla quale non poté resistere"; "Art. 95 - Allorchè la pazzia, l'imbecillità, il furore o la forza non si riconoscessero a tal grado da rendere non imputabile affatto l'azione, i Giudici applicheranno all'imputato, secondo le circostanze dei casi, la pena del carcere estensibile anche ad anni dieci, o quella della custodia, estensibile anche ad anni venti".
Dal Codice Zanardelli del 1889: "Art. 46 - Non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di infermità di mente da togliergli la coscienza o la libertà dei propri atti "; "Art. 47 - Quando lo stato di mente indicato nell'articolo precedente era tale da scemare grandemente l'imputabilità senza escluderla, la pena stabilita per il reato commesso è diminuita"; "Art. 51 - Colui che ha commesso il fatto nell'impeto d'ira o d'intenso dolore, determinato da intensa provocazione, è punito con la reclusione non inferiore ai venti anni, se la pena stabilita per il reato commesso sia l'ergastolo, e negli altri casi con la pena stabilita per il reato commesso diminuita di un terzo. Se la provocazione sia grave, all'ergastolo è sostituita la detenzione da dieci a venti anni, e le altre pene sono diminuite dalla metà ai due terzi, sostituita alla reclusione la detenzione". Scompare la previsione dell'appartenenza al sesso femminile come causa minorante l'imputabilità.
Un primo progetto di nuovo Codice Penale, redatto da una commissione di cui faceva parte tra gli altri il Ferri e ispirato ai principi positivistici non ebbe buona sorte; invece la fortuna arrise all'attuale Codice Penale che prende il nome dal Guardasigilli dell'epoca, Arturo Rocco, esponente della Scuola Tecnico-Giuridica, i cui principi traspose nelle nuove norme, pur con qualche concessione alla Scuola Positiva.
L’accertamento della capacità di intendere e di volere di un soggetto maggiorenne al momento di un fatto reato è sicuramente una delle valutazioni tecniche più complesse che si possano compiere in ambito legale.
PROCESSO PENALE FASE DI COGNIZIONE FASE DI ESECUZIONE Il magistrato deve accertare la: • RESPONSABILITA’ PENALE • IMPUTABILITA’ • PUNIBILITA’ • ELEMENTO PSICOLOGICO DEL REATO SANZIONE PENALE
RESPONSABILITA’ PENALE Per essere responsabile il soggetto deve aver agito con COSCIENZA e VOLONTA’ Il livello di coscienza e di volontà è irrilevante per il giudice nella fase di cognizione. Se una persona ha agito, ha commesso il fatto è responsabile penalmente, nella seconda fase del processo si approfondirà la dinamica degli eventi e si stabilirà se una persona è imputabile. Qui interviene lo PSICHIATRA
L’ accertamento sulle condizioni di mente di un indagato o di un imputato è sempre e solo di natura psichiatrica. CONSULENZA TECNICA PERIZIA D’ UFFICIO ACCERTARE L’ EVENTUALE ESISTENZA DI UN’ INFERMITA’ MENTALE Opportunamente graduata essa costituisce quel vizio di mente che esclude o scema grandemente l’ imputabilità dell’ autore di reato, al momento del fatto.
capacità di intendere • Rendersi conto del valore sociale dell’atto; • Idoneità del soggetto a conoscere, comprendere, discernere i motivi della propria condotta; • Valutare conseguenze (costi-benefici); • Attitudine ad orientarsi nel mondo esterno secondo una percezione non distorta della realtà; • Capacità di comprendere il significato del proprio comportamento e di valutarne le possibili ripercussioni positive o negative su terzi; • Obiettività delle azioni, consapevolezza delle conseguenze, coscienza giuridica, coscienza etica.
capacità di volere • Potere di controllare gli impulsi ad agire e di determinarsi secondo il motivo che appare più ragionevole o preferibile in base ad una concezione di valore; • Attitudine a scegliere in modo consapevole tra motivi antagonistici; • Attitudine a determinarsi in modo autonomo; • Possibilità di optare per la condotta adatta al motivo che appare più ragionevole; • Capacità di resistere agli stimoli degli avvenimenti esterni; • Facoltà di volere ciò che in maniera autonoma si giudica doversi fare.
L’imputabilità è definita dall’art. 85 del codice penale: Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.
L’imputabilità è data quindi dalla presenza di ambedue le capacità: tuttavia, nel momento in cui è stato commesso un reato, è sufficiente che anche solo una delle due sia esclusa o gravemente scemata per escludere l’imputabilità (e, di conseguenza, la punibilità) o per attenuare la responsabilità penale.
Nei riguardi della responsabilità recita l’art.42 del c.p.: Nessuno può essere punito per un’azione od omissione prevista dalla legge come reato, se non l’ha commesso con coscienza e volontà
Un soggetto deve sempre rispondere (responsabilità) davanti alla legge quando commette un fatto previsto come reato e, se di questo è imputabile, per questo deve essere punito.
IMPUTABILITA’ CONSERVATA… • Art 90 c.p.: stati emotivi e passionali • Art 92 c.p.: ubriachezza volontaria o colposa • Art 93 c.p.: fatto commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti
…e PENA AUMENTATA • Art 92, 2° capoverso c.p.: ubriachezza preordinata • Art 94 c.p.: ubriachezza abituale
Lo psichiatra forense deve essere in grado di stabilire l’esistenza o meno, al momento del fatto reato, di una condizione patologica definita dal codice “infermità”
L’infermità di mente deve necessariamente discendere da uno stato morboso, dipendente da una alterazione patologica clinicamente accertabile, di sicura consistenza, tale da scemare grandemente le capacità di intendere o volere Cass. Sez.1, 1977, n. 136556
Nei casi di infermità derivante da malattia psichica il Codice Penale sancisce l’applicazione di misure di sicurezza (artt. 219 e 222) presso ricovero in: • OPG • Casa di Custodia • altre Strutture Terapeutiche
Una volta stabilita l’esistenza dell’infermità, al momento del fatto, si deve poi valutare se e come essa abbia alterato, sempre in quel determinato momento, lo “stato di mente” del soggetto stabilendo poi il “grado” conseguente di compromissione delle capacità di intendere e di volere.
Fattori di rischio per comportamento violento Disturbo di asse I Disturbo di personalità Abuso di sostanze (alcool, stupefacenti) Angermeyer et al., Mental disorder and violence: results of eidemiological studies in the era of the de-institutionalization. Soc Psychiatry Psychiat Epidemiol 1998, 33: S1-S6
Schizofrenia • Disturbi deliranti cronici • Depressione • Psicosi organiche • Episodi maniacali • Demenze
La malattia di mente rilevante per l’applicazione della diminuente richiesta, ai sensi dell’art. 89 c.p., è solo quella medico-legale, dipendente da uno stato patologico veramente serio, che comporti una degenerazione della sfera volitiva o intellettiva del soggetto. Cass. Sez. 1, 1993, n.196225
Ritardo mentale se di grado lieve-moderato, non costituisce infermità mentale utile al riconoscimento del vizio parziale di mente (Cass. Sez. 1, 1983, n.161313) ma solo se impedisce al soggetto di inserirsi durevolmente, fattivamente e utilmente nella comunità sociale (Cass. Sez. 1, 1975, n.133478)
Epilessia i soggetti che ne soffrono non patiscono alcuna diminuzione delle loro capacità psichiche, al di fuori dei momenti di crisi e al di fuori dei casi in cui, per la gravità e il decorso del male, la personalità e l’integrità psichica del malato ne vengano seriamente incise (Cass. Sez. 1, 1992, n. 189834)
Personalità psicopatiche lasciano generalmente integra la capacità d’intendere e di volere e, nelle forme degenerative, interessano solo la sfera affettiva, non integrano di norma gli estremi per il riconoscimento del vizio di mente. Rientrano nell’ampio gruppo di personalità abnormi e costituiscono “semplice alterazione del carattere” (Cass. Sez. 1, 1988, n. 180234)
Dopo la pubblicazione del DSM-II tale termine coincise con l’espressione “personalità antisociale” (G.O. Gabbard, 1995). Meloy, invece, afferma che tale termine diagnostico implica caratteristiche psicodinamiche e anche biologiche che non sono presenti nei criteri del DSM-IV del disturbo antisociale di personalità. Egli utilizza il termine per descrivere individui con una tale assenza di empatia e uno stile relazionale sadomasochistico fondato sul potere piuttosto che sul legame affettivo (Meloy, 1988). Kernberg identifica la psicopatia come una variante primitiva del disturbo narcisistico di personalità, con la medesima sottostante organizzazione borderline di personalità che fa affidamento su difese primitive e su relazioni d’oggetto interne altamente patologiche (O. F. Kernberg, 1975).
Personalità borderline con importanti nuclei depressivi e scientificamente ipotizzabile o come forma minore di psicosi schizofrenica e come forma particolarmente grave, maggiore di nevrosi, occorre accertare se l’abnormità psichica riscontrata acquisisce nel caso concreto un valore di malattia (Cass. Sez. 1, 1986, n. 174635)
Codice di procedura penaleart.220: La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche compentenze tecniche, scientifiche o artistiche. Salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l’abitualità e la professionalità del reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.
come procedere? • massimo rigore metodologico • individuare elementi di valore patologico e di interesse forense = capacità di intendere e volere • integrare la diagnosi dimensionale con una valutazione categoriale (ex. impulsività)
Il paradigma medico mutua il proprio modello nosografico da Emil Kraepelin il quale, sul finire dell’800, afferma la piena identità tra infermità di mente e malattia mentale, ovvero ogni altra alterazione biologica che sia quanto meno riconducibile alle classificazioni nosografiche elaborate dalla psichiatria. A suffragio di tale modello anche considerazioni politico-criminali di natura general-preventiva (rischio di un’eccessiva estensione della non punibilità, ripercussioni sulla deterrenza)
A partire dagli inizi del 1900, sotto l’influenza dell’opera freudiana, il paradigma psicologico interpreta i disturbi mentali come disarmonie dell’apparato psichico. La realtà inconscia prevale sul mondo reale. Il concetto di infermità comprende non solo le psicosi organiche ma anche le nevrosi, le psicopatie e i disturbi dell’affettività.
Negli anni ’70 il paradigma sociologico interpreta la malattia mentale come disturbo psicologico avente origine sociale, causata da relazioni inadeguate nell’ambiente in cui il soggetto vive.
Attualmente il modello integrato della malattia mentale tiene conto di tutte le variabile biologiche, psicologiche, sociali, relazionali che entrano in gioco nel determinismo della malattia, superando la visione monocausale e pervenendo in tal modo ad una condizione multifattoriale integrata