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STORIA DELL ’ ASSISTENZA INFERMIERISTICA PSICHIATRICA. I primi luoghi di cura della “follia” sono stati i santuari e l’unica terapia consisteva in riti religiosi e nella somministrazione di medicamenti a base di erbe.
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STORIA DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA PSICHIATRICA • I primi luoghi di cura della “follia” sono stati i santuari e l’unica terapia consisteva in riti religiosi • e nella somministrazione di medicamenti a base di erbe. • Questa concezione, tipica del mondo antico e medievale continuò fino agli arbori del • settecento.
Con le idee diffuse nel secolo settecento • dall’ Illuminismo e con l’affermazione dei diritti • dell’uomo e del cittadino, propagati dalla rivoluzione francese, la condizione del malato mentale inizia ad essere distinta da quella del povero e quella del criminale.
In questo momento della storia si chiudono gli istituti di segregazione, e il concetto di follia inizia ad essere interpretato come malattia. • Cambiano le cure degli alienati, vengono istituiti i manicomi e le relative disposizioni legislative.
Con Philippe Pinell (1840 circa) inizia l’era della psichiatria come scienza positiva autonoma e separata dalla medicina; viene proposto un nuovo metodo di cura delle malattie mentali, che mira ad ottenere la guarigione puntando essenzialmente sul fattore psicologico e sul rapporto di fiducia da instaurare con il malato.
La psichiatria del XX secolo è stata caratterizzata almeno fino alla seconda guerra mondiale dall’egemonia dell’istituzione manicomiale, intesa come luogo di studio e controllo. • La Legge 36 del 1904 sanciva l’obbligo di custodire e curare “nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, • qualora siano pericolose a se o agli altri o • riescano di pubblico scandalo”.
All’inizio del 1900 il personale addetto all’assistenza dei ricoverati psichiatrici nel manicomio S.Maria della Pietà, era di 227 infermieri, per 1634 alienati. • L’infermiere psichiatrico è la figura fondamentale all’interno del manicomio: è colui che segue la vita, la disperazione, le manifestazioni di pazzia e la morte del malato.
Verso la fine degli anni ’60 il parlamento italiano propose un profondo miglioramento che condusse alla nuova legislatura ospedaliera (DPR 128 del 1969). • Esiste una consapevolezza diffusa sulla disumanità e disumanizzazione che l’istituzione manicomiale produceva sui pazienti e sui “curanti-guardiani”.
Nel 1968 fu emanata la Legge 431 (Legge Mariotti), e anche se questa legge non fu mai applicata nella sua interezza portò comunque sostanziali cambiamenti: • Potenziò il personale medico e infermieristico. • Introdusse il concetto di multidisciplinarità dell’assistenza. • Vennero riconosciuti i servizi di igiene mentale. • Possibilità di ricovero volontario. • Abrogazione dell’iscrizione dei malati mentali al casellario giudiziario.
LA CRISI MANICOMIALE: • Nasce da critiche e osservazioni effettuate da medici e infermieri. • In Italia Franco Basaglia sosteneva che la psichiatria si poteva rivoluzionare solo eliminando il manicomio, che era il focus dentro e intorno al quale tutto ruotava. • Egli si fece promotore del movimento di • critica e superamento del manicomio.
Nulla sarà più uguale senza manicomio perché con esso sparisce il paradigma dell’irrecuperabilità, della separazione senza speranza e della profezia di fallimento. • La radicalità dell’eliminazione del manicomio ha cambiato tutte le regole del gioco; poiché ha cambiato radicalmente, nella partica, nella teoria, nell’immaginario, il rapporto tra sanità e follia, conscio e inconscio.
LA RIFORMA PSICHIATRICA DEL 1978: • La riforma psichiatrica del 1979 è stata sancita dalla • Legge 180. • Tale legge ha portato un cambiamento culturale ed organizzativo a tutti i livelli istituzionali nel settore psichiatrico, optando per una nuova metodologia di intervento, dal modello centrato sul manicomio al • modello della cura a livello territoriale.
In quel contesto le risorse erano piuttosto scarse e il subentrare dei “DSM” si pone come mediatore tra i pazienti e le famiglie e tra queste e la società dalla quale sono facilmente emarginate. • Un DSM è un presidio complesso definito come • “sistema integrato di servizi, in grado di dare risposte differenziate ai molteplici bisogni che la sofferenza mentale comporta, garantire la continuità • terapeutica e l’omogeneità dei trattamenti.
Componenti organizzative del DSM: • CSM:Sede organizzativa e di coordinamento dell’equipe assistenziale, ed è attivo almeno 12 ore al giorno. • SPDC (Servizio psichiatrico diagnosi e cura): Effettua trattamenti in regime di ricovero ospedaliero. • Day Hospital: Offre assistenza semiresidenziale per prestazioni diagnostiche e riabilitative.
Centro diurno: Struttura semiresidenziale con funzioni terapeutico-riabilitative. • Strutture residenziali: Svolgono programmi • terapeutico-riabilitativi.
Principi che regolano l’attività del DSM: • Fornire trattamenti indirizzati alla prevenzione, cura e riabilitazione. • L’unità operativa è l’equipe multiprofessionale. • La centralità del territorio è il parametro fondamentale.
Il rispetto della persona umana è il principio irrinunciabile. • Prevenzione ed educazione alla salute mentale. • Programmazione e valutazione come fondamentali • modalità operative. • Formazione ed aggiornamento.
E’ importante ricordare che il funzionamento di ogni unità operativa dipende in larga misura dalle risorse umane, cioè dalla professionalità degli operatori in ogni ruolo o qualifica. • !!! Ricorda… • Sapere… • Saper Essere… • Saper Divenire…