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LA MUSICA E <<L’ARTE DELL’AVVENIRE>>. Fra i miti romantici, quello che intendeva l’arte come trasfigurazione poetica dell’esistenza si radicò profondamente nella cultura europea.
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Fra i miti romantici, quello che intendeva l’arte come trasfigurazione poetica dell’esistenza si radicò profondamente nella cultura europea.
Ciò si verificò nel caso di Liszt che iniziò a dimostrare un vivo interesse per le questioni politiche e sociali avvicinandosi alle dottrine Lamennais e Saint-Simon (socialismo utopistico).
La poetica lisztiana continua sempre ad essere caratterizzata da un anelito verso una dimensione futura che da suo campo specifico doveva aprirsi per abbracciare le altre arti.
L’idea della fusione di tutte le arti sembrava rispondere, secondo Liszt, ad una profonda esigenza dei tempi, per il raggiungimento di una più ampia e profonda espressività.
Solo il <<musicista-poeta>> può allargare i confini della sua arte <<rompendo le catene che impediscono il libero volo della fantasia>> (Liszt). Anche l’inserimento di un “programma” nella musica diventa un elemento dirompente.
Anche Wagner preconizzava la creazione di un’<<opera d’arte dell’avvenire>>, partendo però da presupposti totalmente diversi da quelli di Liszt.
Per Wagner la rigenerazione dell’uomo attraverso l’arte non poteva compiersi che attraverso la liberazione dell’arte musicale dai vincoli economici con la civiltà borghese e mercantile che si serviva della musica per fini bassamente utilitaristici.
La storia disattese totalmente chi aveva creduto in una rigenerazione umana per mezzo della rivoluzione. I moti del ‘48 furono seguiti da una restaurazione ancora più dura e pesante di quella seguita alla Rivoluzione Francese.
Tanto per Liszt che per Wagner gli ardori giovanili e gli slanci rivoluzionari e socialisteggianti si attenuarono con l’avanzare degli anni.
Wagner infine approdò alla concezione pessimistica di Schopenhauer ed in tal senso diede una svolta alla sua <<opera d’arte dell’avvenire>>.
Sia per Liszt quanto per Wagner l’arte musicale non si rivolge ad un pubblico specifico ed attuale, bensì ad uno futuro ed ideale.
Il tradizionale rapporto tra fruizione e creazione si ribalta totalmente sul secondo termine: l’arte musicale si crea liberamente le proprie forme ed il proprio linguaggio.
In questo senso si comprende quel processo di emancipazione linguistica cui tale esperienze creative conducono: • Il disancoraggio delle strutture tradizionali per aprire la forma musicale ai percorsi della poesia e all’<<arte della transizione>> wagneriana in continuo divenire; • L’allargamento del campo armonico mediante un impiego espressivo della tonalità svincolata dai rapporti funzionali strutturali, che assecondi il libero evolversi del discorso musicale; • L’abbandono della quadratura del periodo musicale e della regolarità sintattica verso l’apertura della forma.
Questa concezione dell’opera d’arte intesa come realtà autonoma superiore, come <<unica giustificazione della vita>> (Nietzsche), come ripiegamento e rifugio sanciva il fallimento dell’utopia di una trasformazione poetica dell’esistenza e della realtà, recando i germi di quel decadentismo, di quel pessimistico isolamento in una realtà altra (diversa) da quella contingente.
Sarà proprio il lato oscuro e <<negativo>> dell’arte wagneriana a dare l’esca, specialmente in Francia, ad interpretazioni decadentiste (Baudelaire) da cui sorgeranno le teorie dell’<<arte per l’arte>>.
L’arte wagneriana diventerà, comunque, un <<caso>>, un fatto culturale che avrà enormi ripercussioni non solo in Germania ma in tutti i principali centri europei.
Franz Liszt • Sullo sfondo di queste premesse si colloca la produzione di Franz Liszt (Raiding, Ungheria 1811 - Bayreuth 1886), una delle personalità romantiche meno circoscrivibili in una specifica area geografica dato il suo nomadismo ed internazionalismo che lo spinsero a continui viaggi e trasferimenti.
Comunque il suo inserimento nell’area culturale tedesca quale compositore va giustificato alla luce delle seguenti considerazioni: • nel suo più intenso periodo creativo fu attivo a Weimar; • non è possibile scollegarlo da Wagner.
A Weimar L. si era trasferito nel 1848 con la compagna, la principessa di Sayn und Wittgeinstein, quale direttore artistico dell’opera di corte. L’accettazione di una tale carica era la dimostrazione più lampante dell’affievolirsi della suo ardore rivoluzionario.
Tale scelta comunque non era in totale contraddizione con le scelte del periodo precedente. Tra il Liszt parigino incantatore di folle, socialista utopista ardente, ed il Liszt di Weimar profeta della <<musica dell’avvenire>> c’è un elemento in comune: l’arte musicale intesa come missione.
Allora era il missionario L. che catechizzava con la propria inimitabile arte pianistica i pubblici più disparati ed eterogenei, a Weimar la sua attività è tutta tesa alla promozione degli esponenti di punta della tendanza progressista: anzitutto Wagner e Berlioz.
Gli anni parigini avevano visto il L. trascrittore ed improvvisatore e compositore di parafrasi e di variazioni su temi celebri, evocatore di atmosfere sonore di straordinario fascino armonico e timbrico e di immagini poetiche ispirate da impressioni naturalistiche.
Tali produzioni possono trovarsi inserite nel primo anno delle Années de Pélerinage, ovvero ancora evocatore di contenuti letterari ed artistici (il secondo anno delle Années de Pélerinage) dedicato all’Italia.
Ancora evocatore di contenuti religiosi (la raccolta dal titolo Harmonies poétique et religeuses) o politico-umanitarie come Lyon ispiratogli dalle miserevoli condizioni del proletariato della città di Lione.
Nonostante nel periodo di Weimar venga alla luce la sua migliore produzione pianistica (Sonata in si min. del 1853) è nel campo orchestrale che L. concepisce i suoi progetti più ambiziosi, con una serie di 13 poemi sinfonici e due sinfonie programmatiche dedicate l’una al Faust di Goethe e l’altra alla Commedia dantesca (Dante-Symphonie, del 1856).
In questi progetti la creatività musicale di L. si impregna fortemente di contenuti poetici extramusicali che mostrano l’esigenza di ampliare le dimensioni delle composizioni mediante criteri diversi da quelli tradizionali basati su continue metamorfosi tematiche che possono ricalcare certi schemi come ad esempio la forma-sonata, ma in un’ottica defunzionalizzata.
In tal senso anche la Sonata in si min. è un poema sinfonico per pianoforte, mentre i due concerti per pianoforte, entrambi del 1849, conferiscono al tradizionale schema del concerto un andamento ciclico.
Questi concerti, assieme alla mefistofelica parafrasi sul Dies Irae per pf. e orch. Intitolata Totentanz (danza macabra) ispirata al Trionfo della morte raffigurato al cimitero di Pisa, rappresentano il banco di prova dell’orchestrazione lisztiana.
Sempre nel periodo di Weimar, la religiosità di L. sotto l’influsso della principessa Carolina, subi una svolta più confessionale che lo condusse ad abbracciare gli ordini minori proprio quando, alla morte del marito della principessa, avrebbe potuto sposarla dopo anni di falliti tentativi perché potesse ottenere il divorzio.
Sul piano creativo ha inizio una produzione sacra con grandiosi lavori come la Messa di gran (1855) o gli oratori La leggenda di Elisabetta (1857-62) e Christus (1862-66).
A ben altro escetismo creativo L. perviene nella sua tarda stagione con una serie di brani pianistici, tutti degli anni ‘80, di carattere rievocativo e funebre, in memoria di Wagner o di eroi ungheresi.
In questi lavori il discorso musicale si svolge su incolori disegni atonali, su aspri urti dissonanti, manifestando atteggiamenti schiettamente sperimentali talora esplicitati fin nel titolo (Bagatelle sans tonalité del 1855).
Investita da un fuoco di passioni diverse e spesso contrastanti quanto lo erano le motivazioni creative, l’arte musicale di L., nel suo complesso, non risulta un’arte perfetta quale può esserlo ad esempio quella di Wagner.
Ma proprio i suoi squilibri, che sotto il profilo estetico possono risultare una debolezza, sotto quello storico sono rivelativi di una coscienza estetica tormentatissima. In questo senso L. può dirsi fra tutti i compositori romantici il più avanguardista, il più proiettato nel futuro o quanto meno in certo futuro dell’arte musicale.
Richard Wagner • Per Richard Wagner (Lipsia 1813 - Venezia 1883) invece, il dramma musicale è stato una precisa scelta ideologica: non un genere fra gli altri, ma l’unico luogo in cui potesse trovare piena attuazione l’<<opera d’arte dell’avvenire>>.
Il teatro di W. prende corpo in un contesto artistico che va dal’ideale del teatro musicale nazionale che parte da Mozart, passando per il Fidelio di Beethoven fino alle opere di Weber e altri e che aveva elaborato un complesso tipico di caratteri quali l’esoterico, il libertario, il fiabesco, il leggendario, il demoniaco, il popolaresco fino a pervenire alla scoperta del sentimento e dell’irrazionale.
In tale temperie W. Arriverà a porre alla base del suo dramma musicale il mito quale rappresentazione simbolica di una verità universale alla quale si accede per adesione immediata e non per via razionale.
Proprio per fare questo W. dichiarerà la necessità del superamento delle forme espositive del melodramma tradizionale per approdare ad innovazioni formali, linguistiche e tecniche che collocheranno il suo pensiero alle soglie dell’arte contemporanea, già annunciandone la mentalità critica.
W. muove da opere che si rifanno sia alla recente tradizione romantica di Hoffmann, Weber e Marschner, sia agli stili ecletticamente intrecciati di Donizetti e Auber: Die Feen (Le fate, 1833) Das Liebesverbot (Il divieto d’amare, 1835).
W. conosce queste opere, diffuse nei repertori dei teatri tedeschi, durante la sua gioventù dedicata alla attività di direttore d’orchestra.
Si trasferisce a Parigi nel 1839, dove nell’anno seguente completa la partitura del Rienzi, vero e proprio grand-opéra d’argomento storico.
Nei lavori seguenti giungerà poi progressivamente ad un superamento di questi modelli meyerbeeriani, assumendo come modello negativo il grand-opéra e volgendo all’identificazione di una vera opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk).
Il trapasso si compirà attraverso L’olandese volante, il Tannhäuser e il Lohengrin per sfociare nei capolavori della maturità: la tetralogia intitolata L’anello del Nibelungo, Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga e Parsifal, concepiti secondo un sistema ideativo teoricamente definito in ogni suo particolare poetico e tecnico.
Nel Der fliegende Holländer (L’olandese volante), presentato a Dresda nel 1842, tratto da Heine, dove i personaggi vivono all’interno delle tematiche simboliche che li avviluppano lungo i dispiegarsi di una leggenda.
La trama narra di un navigatore olandese condannato dal diavolo a vagare sui mari per l’eternità, fin tanto che l’amore fedele di una donna non l’abbia redento.
L’opera, che più che altro assume le sembianze di una grande ballata scenica, contiene i significati ideali contenuti nei pensieri fissi della maledizione e della redenzione, temi insediati stabilmente nel teatro wagneriano.
La musica ricalca ancora le forme chiuse e quelle recitative tradizionali anche se si può notare la presenza di scene di ampio respiro e l’occasionale impiego di motivi musicali <<conduttori>>.
A Dresda W. Compone e rappresenta nel 1845 il Tannhäuser su proprio libretto, come ogni altro dei suoi drammi, dove fonde varie leggende medioevali nordiche che hanno per protagonista il Minnesänger Tannhäuser con quella di S. Elisabetta contenuta in un poema alto-tedesco.
I precedenti temi della dannazione e della redenzione si integrano con quelli dell’amore sensuale, rappresentato da Venere e dell’amore spirituale: Tannhäuser irretito da Venere. Questi come l’Olandese volante cerca la salvazione che soltanto la morte di una vittima sacrificale, Elisabetta, può procurargli.