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SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE E QUESTIONE ETICA

SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE E QUESTIONE ETICA. “ Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa . S ta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione ”.

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SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE E QUESTIONE ETICA

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Presentation Transcript


  1. SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE E QUESTIONE ETICA

  2. “Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa. Sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione”. Viviamo in un’epoca di ipersviluppo tecnologico ma anche di “sottosviluppo morale” Assistiamo a un’accelerazione dello sviluppo della tecnica, che dilata in modo fino a qualche anno fa impensabile le nostre possibilità di comunicazione.

  3. NUOVO CONTESTO ESISTENZIALE DOVE LE POSSIBILITÁ SONO INFINITE MA I CRITERI DI ORIENTAMENTO SONO DEBOLI E CONTRADDITTORI La riflessione antropologica e etica, sulle implicazioni di queste trasformazioni rispetto alla nostra percezione di noi stessi, del mondo e degli altri è debole e nella maggior parte dei casi ideologizzata.

  4. Dalla comunicazione di massa, secondo un modello uno-a-molti, siamo passati alla mass self-communication, “autocomunicazione di massa”, un modello comunicativo uno-a-molti orizzontale, o molti-a-molti. L’ autocomunicazione di massaè comunicazione di massa perché ha la possibilità di raggiungere un pubblico globale. Ma è contemporaneamente autocomunicazione perché la produzione del messaggio è autogenerata, la definizione dei potenziali destinatari è autodiretta e il reperimento di specifici messaggi o contenuti dal World Wide Web è autoselezionato. Le tre forme di comunicazione (interpersonale, comunicazione di massa e autocomunicazione di massa) coesistono e si completano. VIVIAMO NEL VILLAGGIO DIGITALE

  5. Nel mondo digitale, trasmettere informazioni significa sempre più spesso immetterle in una rete sociale, dove la conoscenza viene condivisa nell’ambito di scambi personali. Questa dinamica ha contribuito ad una rinnovata valutazione del comunicare, considerato anzitutto come dialogo, scambio, solidarietà e creazione di relazioni positive. Oggi, nell’era della convergenza e della post o iper-medialità, il paradigma della comunicazione come “trasmissione” di contenuti va relativizzato, mentre il nuovo contesto ci obbliga a considerare la comunicazione come condivisione, quindi relazione.

  6. IN QUESTO NUOVO CONTESTO COMUNICATIVO, QUALI SONO LE SFIDE PER L’ETICA? LaChiesa, che si fonda sull’autocomunicazione di Dio Padre in Cristo e sull’incontro con Lui attraverso i sacramenti, la liturgia, la preghiera può svolgere in questo momento un ruolo prezioso per accompagnare, in una direzione umanizzante, il cambiamento tecnologico

  7. CHIAMO PROSPETTIVA ETICA LA PROSPETTIVA DELLA VITA BUONA CON E PER L’ALTRO ALL’INTERNO DI ISTITUZIONI GIUSTE L’ambiente ipermediale favorisce quella che Ricoeur chiama “la dialettica incrociata del sé e dell’altro da sé”. Caratteristico dell’essere umano è il MOVIMENTO CHE VA DAL SE’ ALL’ALTRO, che consente la conoscenza del mondo: un processo, oggi, infinitamente potenziato dall’accessibilità alle fonti più svariate grazie al web; altrettanto costitutivo è il MOVIMENTO DALL’ALTRO VERSO IL MEDESIMO, che costituisce una chiamata alla responsabilità, e che dunque pertiene all’etica. Anche questo movimento, oggi, è enormemente facilitato grazie alle nuove possibilità di connessione.

  8. OGGI SIAMO TUTTI INTERCONESSI E COINVOLTI: CONOSCERE NON SIGNIFICA SOLO “SAPERE MA ENTRARE IN RELAZIONE E FARSI CARICO, NELLA SOLLECITUDINE, DI ALTRI ANCHE LONTANI. Per Ricoeur LA SOLLECITUDINE è il movimento del sé verso l’altro. L’istanza etica più profonda è quella della reciprocità, che costituisce l’altro in quanto mio simile e me stesso come il simile dell’altro. Nella definizione di etica è importante anche il concetto di ISTITUZIONE, per assicurare che anche ogni relazione all’altro che non consente d’essere ricostruita sul modello dell’amicizia si svolga secondo giustizia. Con il termine altrooccorre intendere due idee diverse: l’altro e il ciascuno. L’altro dell’amicizia e il ‘ciascuno’ della giustizia.

  9. I NUOVI MEDIA POSSONO DAVVERO ESSERE STRUMENTO DI UNA RIVOLUZIONE DEMOCRATICA? Conoscenza e reciprocità, relazione e giustizia sono questioni rilevanti anche per comprendere i recenti fatti che hanno infiammato il nord Africa, che nell’opinione pubblica ha assunto le sembianze di una “rivoluzione digitale”. Possono reti basate su “legami deboli” innescare cambiamenti e soprattutto sostenere il cambiamento nel tempo? Qui è la sfida per un’etica della comunicazione. Con un’avvertenza: non si può più parlare soltanto di “infoetica”. L’infoetica va coniugata con un’etica della testimonianza e della responsabilità, per l’altro concreto e per il “ciascuno” che può essere raggiunto dall’informazione.

  10. L’ ORIZZONTALITÁ DI INTERNET È IN GRADO DI MINARE LA VERTICALITÁ DEL POTERE POLITICO, ECONOMICO, MILITARE?L’AUTOCOMUNICAZIONE DI MASSA PUÒ GENERARE UNA SOCIETÁ IN RETE? “Twitter non fa la rivoluzione”, i Social Network, strutturalmente costruiti su “legami deboli” (i contatti), aumentano la partecipazione, ma diminuiscono il livello di motivazione che la partecipazione richiede; in altre parole, sono efficaci per azioni “spot”, ma non per sostenere cambiamenti “di sistema” nel tempo. Quella nordafricana è stata una rivoluzione virtuale e reale; il passaparola virtuale sulla inaccettabilità di una situazione realeha consentito la “realtà” delle manifestazioni nelle piazze, che a sua volta ha fatto da volano alla moltiplicazione dei contatti e alla diffusione virale delle informazioni.

  11. OCCORRE RIPENSARE L’IDEA DI POTERE, COMPRESA QUELLA DI POTERE DELLA COMUNICAZIONE Un potere che ha certamente a che fare con la libertà, ma che non è potere “su” qualcosa e qualcuno” ma un “potere-con”, un “potere-in-comune”, che consiste nel coltivare la “capacità che hanno i membri di una comunità storica di esercitare in modo indivisibile il loro voler-vivere insieme”. Un essere-con che anche a partire dalla nuove forme di reciprocità virtuale può essere fecondamente ripensato.

  12. EMERGENZA EDUCATIVA E MEDIA: UNA SFIDA DA AFFRONTARE Un’etica della comunicazione deve essere attenta al linguaggio in sé. Un linguaggio che certo giornalismo ha mortificato, spingendolo verso il cliché, privando i termini della loro ricchezza semantica; enfatizzando la componente emotiva-soggettiva (pathos) a scapito di quella conoscitiva-comunicativa (logos). Legheinin greco significa parlare, ragionare, ma anche legare: unire attraverso la parola e il dialogo ciò che è altrimenti diviso ma anche trovare un vincolo a un pensiero che altrimenti si perderebbe.

  13. Il logos, come parola, pensiero, legame e fede si contrappone oggi a un pathos fatto di emotività, individualismo, rifiuto del vincolo, sottrazione alla responsabilità Il linguaggio è il contesto vivente e pulsante nel quale i pensieri, le inquietudini e i progetti degli uomini nascono alla coscienza e vengono plasmati in gesti, simboli e parole. Il comunicatore ecclesiale può offrire anche in questa direzione un contributo fondamentale per la riumanizzazione del linguaggio, in una chiave che è insieme etica ed educativa: perché nell’orizzontalità del web l’educazione non può più passare per la trasmissione, ma ha bisogno dell’incontro e prende la forma della testimonianza, di una verità incarnata in una vita, in un modo di entrare in relazione, in un medium che è insieme messaggio.

  14. VERITÁ, ANNUNCIO E AUTENTICITÁ DI VITA NELL’ERA DIGITALE • Su questo tema Benedetto da Norcia • scrive nella sua Regola al capitolo VII, a • proposito dell’umiltà.Egli fa riferimento ad • una serie di gradini che preparano • quest’atteggiamento di fondo: e cioè • il senso della presenza di Dio • il rinunciare a fare la propria volontà • la sottomissione all’altro riconosciuto superiore • la perseveranza mite e rocciosa nelle contrarietà • l’apertura del cuore all’abba • la contentezza nelle situazioni estreme • il senso di essere ultimo di tutti • l’esempio degli anziani Rispetto alla verità da annunciare quale deve essere l’autenticità richiesta? Anzitutto e’ necessario un esercizio di ‘buona passività’, cioè di apertura a quanto fuori dal nostro io ci viene fatto scoprire.

  15. AUSCULTA! OGNI PAROLA INTERUMANA HA COME TERRENO FECONDO DI ORIGINE IL SILENZIO, CHE INCLUDE BOCCA, CUORE E SENSI, QUALIFICATO DALL’APERTURA ALLA PAROLA Giunto poi al nono gradino e fino all’undecimo, Benedetto unisce parola e silenzio per delineare una comunicazione autentica. Possiamo considerarli in un colpo solo perché parola e silenzio sono relativi e il ridere parlando è invece una modalità inautentica.

  16. “Il nono gradino dell’umiltà è quando il monaco tiene a freno la lingua e coltiva l’amore per il silenzio, non parlando se non interrogato. La Scrittura insegna infatti che: chi fa molte chiacchiere entra nel peccato, e che: l’uomo dalle troppe parole cammina sulla terra privo di orientamento. Il decimo gradino dell’umiltà è non ridere per qualunque sciocchezza, perché sta scritto: l’uomo maleducato ride in modo sguaiato. L’undecimo gradino dell’umiltà è quello in cui il monaco, quando parla, lo fa sottovoce, senza ridere, umilmente e con gravità, con brevi e assennate parole, senza alzare la voce, come sta scritto: il saggio si riconosce dalla poche parole”.

  17. CONDIZIONI AL BUON PARLARE PER DARE VOCE ALL’ANNUNCIO DELLA VERITÁ Leniter, sine risu, humiliter, cum gravitate, pauca verba, rationabilia, non sit clamosus in voce Non si tratta solamente di esprimere il messaggio evangelico nel linguaggio di oggi, ma occorre avere il coraggio di pensare in modo più profondo il rapporto tra la fede, la vita della Chiesa e i mutamenti che l’uomo sta vivendo. È l’impegno di aiutare quanti hanno responsabilità nella Chiesa ad essere in grado di capire, interpretare e parlare il «nuovo linguaggio» dei media in funzione pastorale, in dialogo con il mondo contemporaneo, domandandosi: quali sfide il cosiddetto «pensiero digitale» pone alla fede e alla teologia? Quali domande e richieste?

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