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La cartella clinica: significato giuridico e implicazioni medico-legali. Dott. Luca Cimino Istituto di Psichiatria “P. Ottonello” Università degli Studi di Bologna.
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La cartella clinica: significato giuridico e implicazioni medico-legali Dott. Luca Cimino Istituto di Psichiatria “P. Ottonello” Università degli Studi di Bologna
“Le corti di giustizia sono come cantine, dove la saggezza degli avi sta chiusa in bottiglie; si aprono le bottiglie e vien da piangere nel constatare com’è scipito il sommo e più fermentato grado dello sforzo umano verso la precisione, prima di diventare perfetto. E tuttavia certe persone non indurite se ne possono ubriacare. E’ un fenomeno noto che l’angelo della medicina, dopo aver ascoltato per un po’ le dissertazioni dei giuristi, dimentichi molto spesso la propria missione. Egli ripiega allora le ali fruscianti, e si comporta nelle aule dei tribunali come un angelo di complemento della giustizia”. Rober Musil “L’uomo senza qualità”
Introduzione • La cartella clinica è anche denominata cartella nosocomiale, scheda clinica, memoriale clinico, cedola cubicolare, clinografia, ecc.La pluralità di termini utilizzati per indicarla suggerisce da un lato la complessità del suo contenuto, dall'altro l'esigenza di attribuirle una definizione unitaria. • La cartella clinica secondo Huffmann (2005), indica "il chi, il che cosa, il come, il quando e il perché del trattamento del paziente mentre è ricoverato".Più analiticamente, essa rappresenta l'insieme dei dati relativi al paziente raccolti dal personale sanitario. • Essa costituisce pertanto il presupposto indispensabile di qualsiasi prestazione sanitaria che non presenti carattere di mera episodicità, ma che si svolga secondo requisiti di continuità e di durata, consentendo la raccolta e la integrazione dei dati anamnestici, degli elementi obiettivi, delle informazioni relative al decorso della malattia e di ogni elemento di ordine diagnostico, prognostico e/o terapeutico, ordinati cronologicamente. • Oltre a una indubbia valenza medico-nosologica ed epidemiologica, essa ha poi anche un importante rilievo giuridico ed amministrativo.
Cenni storici • La storia della cartella clinica si perde nei tempi e parallelamente alla storia della medicina: già nell'età paleolitica, in alcune caverne della Spagna, sono stati trovati in alcuni graffiti, tracce emblematiche di cartelle cliniche, così nell'era delle Piramidi, nel 3000-2000 a.C., ci fu chi si occupò di registrare le sue attività di medico. • Ai tempi di Ippocrate negli Asclepei, templi ospedale, furono trovate colonne scolpite con nomi di pazienti e brevi storie delle loro affezioni.Infatti si dice che fu proprio Ippocrate ad inventare la cartella clinica, teorizzando sulla necessità di osservare razionalmente i pazienti prendendone in considerazione e annotandone l'aspetto e i sintomi: l'esame complessivo deve estendersi anche al passato (anámnesis, ricordo), per poter individuare il male (diágnosis, conoscenza) e ipotizzarne ragionevolmente il decorso (prógnosis, previsione). • Nella Roma antica Galeno fondò la sua scuola sulla casistica con pubblicazioni dei resoconti medici nei Romana Acta Diurna affissi nel foro. • L'uso sistematico di una documentazione clinica sul singolo malato viene fatta risalire a Leonardo Botallo nel secolo decimo sesto.La sistematizzazione dell'utilizzo della cartella clinica nella pratica la si deve a Pierre Cabanis a fine del 1700. • L‘ obbligo della cartella clinica cartacea in Italia nasce con il decreto legislativo N. 6972 del 1890.
Definizione • E' un documento, o meglio un insieme di documenti, nei quali viene registrato dal medico, ed anche dal personale paramedico, un complesso eterogeneo di informazioni, soprattutto sanitarie ma anche anagrafiche, sociali, ambientali, giuridiche, ecc., concernenti un determinato paziente ricoverato in ospedale, allo scopo di poterne rilevare ciò che lo riguarda in senso diagnostico-terapeutico, nel particolare momento dell'ospedalizzazione, ed in tempi successivi anche ambulatoriamente, al fine di predisporre gli opportuni interventi medici e poterne usufruire anche per le più varie indagini di natura scientifica, statistica, medico-legale e per l'insegnamento (Gattai, 1992). • La cartella clinica, anche denominata cartella nosocomiale, scheda clinica, memoriale clinico, cedola cunicolare, clinografia, ecc. è il fascicolo nel quale si raccolgono i dati anamnestici ed obiettivi riguardanti il paziente ricoverato, quelli giornalieri sul decorso della malattia, i risultati delle ricerche ed analisi effettuate, quelle sulla terapia praticata ed infine la diagnosi della malattia che ha condotto il paziente in ospedale (Guzzanti e Tripodi, 1998).
Definizione • La cartella clinica rappresenta una raccolta di notizie riguardante il paziente nei riferimenti anamnestici, obiettivi, terapeutici e dietetici, raccolte dai medici curanti e destinate soprattutto alla diagnosi e alla cura; subordinatamente allo studio, alla ricerca scientifica e all'insegnamento (Soprana, 1987). • La raccolta di "chi, che cosa, perché, quando e come" del paziente curato durante la ospedalizzazione (American Hospital Medical Record Association). • Lo strumento informativo individuale finalizzato a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche significative relative ad un paziente e ad un singolo episodio di ricovero (Ministero della Sanità). • L'incartamento o documentazione riguardante la malattia di una persona ricoverata in una clinica o in un ospedale e contenente i dati relativi all'esame clinico, alle ricerche diagnostiche espletate, alla diagnosi formulata, alle cure istituite e all'evoluzione della malattia durante il periodo di degenza (Treccani, 1990).
In sintesi: La cartella clinica è una registrazione dei rilievi clinici, degli indirizzi diagnostici e dei dispositivi terapeutici: è una costante certificazionedi ciò che si rileva e ciò che si fa.
Funzioni La cartella clinica costitusce una documentazione multidimensionale in quanto è contemporaneamente: • documento sanitario, il cui contenuto origina dal consenso informato del malato (art. 32 Cost; art 26 CDM 2006) ed è protetto dal segreto professionale (art. 622 c.p.) e dal vincolo del consenso per il trasferimento di informazioni a terzi (art. 34 CDM; Dlg 196/2003 art. 92); • documentazione di dati personali sensibili, tutelata dalla normativa sulla riservatezza dei dati personali (legge 31 dicembre 1996, n. 675; D.L. 30 luglio 1999, n. 302; Dlg 196/2003): l’acceso è limitato ai soggetti autorizzati; la custodia durante la degenza è affidata al personale in servizio; la conservazione e l’archiviazione richiedono il rispetto di opportune misure di garanzie; • atto pubblico, sottoposto alla relativa normativa, perché assolve la funzione di storia autentica e fedele di tutto l’iter sanitario del soggetto relativo ad un determinato arco di tempo e da essa può derivare l’esercizio di diritti previsti dalla legge (art. 2699 c.c.).
Riferimenti legislativi R.D. 30 settembre 1938 numero 1631 • Art. 24: “Il primario ha le seguenti attribuzioni:e) cura, sotto la propria responsabilità, la regolare tenuta delle cartelle cliniche e dei registri nosologici”. • Art. 25: “L’aiuto coadiuva il primario nel disimpegno delle sue mansioni e lo sostituisce nelle assenze e nelle mansioni a lui deferite dal primario”. D.P. R. 27 marzo 1969 numero 128 • Art. 5 :“Il direttore sanitario… vigila sull’archivio delle cartelle cliniche... rilascia agli aventi diritto,in base ai criteri stabiliti dall’amministrazione,copia delle cartelle cliniche ed ogni altra certificazione sanitaria riguardante i malati assistiti in ospedale...” • Art. 7 : “Il primario è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all'archivio centrale.L'aiuto collabora direttamente con il primario nell'espletamento dei compiti a lui attribuiti.L'aiuto sostituisce il primario in caso di assenza, impedimento”.
D.M. 5 agosto 1977 art. 24 • Art. 24 (Cartelle cliniche ): “In ogni casa di cura privata è prescritta, per ogni ricoverato, la compilazione della cartella clinica, da cui risultino le generalità complete, la diagnosi d’entrata, l’anamnesi familiare e personale, l’esame obiettivo, gli esami di laboratorio e specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti e i postumi. Le cartelle cliniche, firmate dal medico curante, dovranno portare un numero progressivo ed essere conservate a cura della direzione sanitaria.In caso di cessazione dell’attività della casa di cura le cartelle cliniche dovranno essere depositate presso l’ufficio comunale o consorziale di igiene”.
Codice di deontologia medica (2006) • Art 26 (Cartella clinica): ”La cartella clinica delle strutture pubbliche e private deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate.La cartella clinica deve registrare i modi e i tempi delle informazioni nonché i termini del consenso del paziente, o di chi ne esercita la tutela, alle proposte diagnostiche e terapeutiche; deve inoltre registrare il consenso del paziente al trattamento dei dati sensibili, con particolare riguardo ai casi di arruolamento in un protocollo sperimentale (…)” Ricordiamo a tal proposito che le Sezioni Unite Civili della Cassazione sono pervenute a definire le norme deontologiche “vere e proprie norme giuridiche vincolanti nell’ambito dell’ ordinamento di categoria”.
Dlg 30 giugno 2003, n. 196 (CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI) • Art. 92 (Cartelle cliniche) 1. Nei casi in cui organismi sanitari pubblici e privati redigono e conservano una cartella clinica in conformità alla disciplina applicabile, sono adottati opportuni accorgimenti per assicurare la comprensibilità dei dati e per distinguere i dati relativi al paziente da quelli eventualmente riguardanti altri interessati, ivi comprese informazioni relative a nascituri. 2. Eventuali richieste di presa visione o di rilascio di copia della cartella e dell'acclusa scheda di dimissione da parte di soggetti diversi dall'interessato possono essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta è giustificata dalla documentata necessità: a) di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria ai sensi dell'articolo 26, comma 4, lettera c), di rango pari a quello dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile; b) di tutelare, in conformità alla disciplina sull'accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.
Natura • Il principale riferimento legislativo attualmente vigente che tratta della cartella clinica è riconducibile al dpr 27 marzo del 1969, n. 128 che all’ art. 7 recita: “Il primario è responsabile della regolare compilazione delle cartelle cliniche, dei registri nosologici e della loro conservazione, fino alla consegna all’archivio centrale (…)”. • Tuttavia alla disattenzione del legislatore in campo normativo pone rimedio la giurisprudenza che ha trattato abbondantemente l’argomento nei suoi vari risvolti.
Cass. Pen., Sez. V, 27 febbraio 2009 (1) “Per consolidata giurisprudenza, la cartella clinica, redatta da un medico di un ospedale pubblico e quale conseguenza di un ricovero, anche di breve durata, è caratterizzata: a) dalla produttività di effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica (Cass. Pen. sez. 5ª, 9423/1983); b) dalla documentazione di attività compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità; c) da una incontestabile natura di atto pubblico che ne esplica la natura di diario del decorso della malattia e degli altri fatti clinici rilevanti (Cass. Pen. sez. 5ª 1098/1997); d) dalla acquisizione del carattere di definitività in relazione ad ogni singola annotazione, in quanto il documento esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata (Cass. Pen. sez. 5ª, 35167/2005)”. (cont.)
Cass. Pen., Sez. V, 27 febbraio 2009 (2) “ … In particolare la cartella clinica, nella quale i fatti devono essere annotati contestualmente al loro verificarsi, assicura l’essenziale e tempestivo onere informativo di documentare a chiunque, e soprattutto ai sanitari che si succedono nella cura del paziente, l’andamento della malattia, i medicamenti somministrati, le terapie e gli interventi praticati, l’esito della cura e la durata della degenza dell’ammalato. Si tratta quindi di un “servente cartaceo insostituibile” nell’assistenza e cura sanitaria, il quale prescinde dalla contingente necessità della sua redazione e che si accompagna ad ogni presenza ospedaliera, in un singolo reparto o divisione di cura, indipendentemente dalla consistenza cronologica della degenza stessa …” (cont.)
Cass. Pen., Sez. V, 27 febbraio 2009 (3) “… Quanto poi alla relazione che corre tra la stesura della cartella clinica ed obblighi sanzionati dall’art. 328 c.p. in tema di rifiuto ed omissione di atti d’ufficio, sicuramente la redazione della cartella clinica - per le sue connotazioni peculiari - rientra nel novero degli atti di ufficio da compiere per ragioni di “sanità”. Si tratta infatti: a) di atto avente carattere di indifferibilità, considerato che la tardiva annotazione di dati clinici, con la conseguente loro non conoscenza da parte del medico, successivamente intervenuto, può rendere impraticabili od inefficaci accertamenti strumentali e/o terapie; b) di atto doveroso di natura propriamente sanitaria, o comunque strettamente funzionale alla realizzazione degli obiettivi di salvaguardia della salute (Cass. Pen., sez. VI, 19039/2006)” (cont.)
Cass. Pen., Sez. V, 27 febbraio 2009 (4) “… In quest’ottica, di funzionali scambi informativi, va quindi affermata la regola che la mera presenza (“ad horas”) del paziente, in un ambiente ospedaliero, che abbia, come nella specie, comportato anche il solo apprestamento di cure di mantenimento, in attesa dello spostamento del paziente stesso ad altro nosocomio più attrezzato, impone la redazione della cartella clinica. Invero, anche la semplice attestazione dello stato del paziente, nei suoi parametri vitali (al momento della sua “permanenza non momentanea nella struttura ospedaliera per il transito ad altra”), sia pure nella conferma del mantenimento della terapia (che risulta praticata al momento dell’arrivo-accettazione), è evento rilevante per la comprensione del decorso clinico della malattia e per le indicazioni sulle successive terapie od interventi da praticarsi nel nosocomio di destinazione”.
Qualifiche giuridiche Ai soli effetti della legge penale, ovvero quando si deve rispondere di un reato, il sanitario può assumere tre differenti qualifiche: - Pubblico Ufficiale (art. 357 c.p.) Sono coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa, ovvero quella attività alla quale sono collegati i poteri dello Stato o di un Ente pubblico. E’ pubblica la funzione disciplinata da norme di diritti pubblico e da atti autoritativi, caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della PA o del suo rivolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi (quando alle mansioni di carattere diagnostico e terapeutico si accompagna l’esercizio di un’attività autoritativa e certificativa che impegna l’ente dal quale dipendono).
Qualifiche giuridiche Ai soli effetti della legge penale, ovvero quando si deve rispondere di un reato, il sanitario può assumere tre differenti qualifiche: • Pubblico Ufficiale (art. 357 c.p.) • Incaricato di pubblico servizio (art. 358 c.p.) Sono coloro i quali prestano un pubblico servizio che lo Stato (o altro Ente pubblico) svolge per mezzo di persone incaricate allo scopo di soddisfare i bisogni utili della collettività ed agevolare i cittadini al conseguimento dei loro scopi leciti e tutelati, di cui lo Stato ha assunto la tutela, senza svolgere mansioni che richiedano l’esercizio di poteri autoritativi.
Qualifiche giuridiche Ai soli effetti della legge penale, ovvero quando si deve rispondere di un reato, il sanitario può assumere tre differenti qualifiche: • Pubblico Ufficiale (art. 357 c.p.) • Incaricato di pubblico servizio (art. 358 c.p.) • Esercente un servizio di pubblica necessità (art. 359 c.p) Sono i privati che esercitano professioni sanitarie il cui esercizio sia vietato dalla legge senza una speciale abilitazione dello Stato, ai quali inoltre il pubblico sia per legge obbligato a valersi. E’ quindi un’attività socialmente utile che non si riferisce direttamente né indirettamente allo Stato.
Anche lo specializzando in medicina è pubblico ufficiale: responsabilità per falsificazione di cartella clinica • Cass. Pen., sez. V, sent. n. 35767/2006 “Se lo specializzando in medicina procede ad un rilievo sintomatico sul paziente, durante una guardia o una visita, affidatagli dal primario o dall'aiuto, all'evidenza tale rilievo deve essere inserito nella cartella clinica, e nulla osta che sia ammesso a farlo di persona.È questa la ragione per cui la falsificazione della cartella clinica, della cui redazione può astrattamente disporre per quanto gli compete, gli è attribuita ai sensi dell'art. 476 c.p., in quanto la qualifica di pubblico ufficiale è stata correttamente ritenuta nei suoi confronti”. • A tal proposito si ricorda tuttavia che lo specializzando, essendo un medico in formazione, non può prescrivere terapie specialistiche ai pazienti ospedalizzati e pertanto non può firmare una terapia nella cartella clinica.
Codice Civile, Titolo II – Delle prove, Sezione I – Dell’atto pubblico • Art. 2699 c.c. (Atto pubblico) “Atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli fede nel luogo dove l’atto è formato”. • Art. 2700 c.c. (Efficacia dell’atto pubblico) “L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonchè delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Quindi: • La cartella clinica è un atto pubblico di fede privilegiata, con valore probatorio contrastabile solo con querela di falso. Tuttavia va tenuto presente che: “L’atto pubblico ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., prova fino a querela di falso la provenienza di esso; gli atti compiuti dal pubblico ufficiale e quelli avvenuti alla sua presenza, ma non prova la veridicità delle dichiarazioni delle parti e quindi non preclude l’indagine su circostanze e fatti non acquisiti” (Cass. Pen. 672/1998). “Le valutazioni, le diagnosi o comunque manifestazioni di scienza o opinione in essa contenute non hanno valore probatorio privilegiato rispetto ad altri elementi di prova e, in ogni caso, le attestazioni della cartella clinica, ancorché riguardante fatti avvenuti in presenza di un pubblico ufficiale o da lui stesso compiuti (e non la valutazione dei suddetti fatti) non costituisce prova piena a favore di chi le ha redatte, in base al principio secondo il quale nessuno può precostituire prova a favore di se stesso” (Cass. Pen. 10695/1999).
Requisiti formali: compilazione • Chiarezza e accuratezza: La cartella clinica è un documento ufficiale e deve essere redatto con grafia chiara e in modo intelleggibile.Se la cartella clinica è illeggibile per la grafia di chi l’ha redatta, deve essere trascritta in modo che le informazioni in essa contenute risultino chiare per il paziente: la leggibilità delle informazioni è la prima condizione per la loro piena comprensione Garante della Privacy(Sulla necessaria intelleggibilità delle cartelle cliniche): “(…) la leggibilità dei dati comunicati all’interessato è la prima condizione necessaria ancorchè non sufficiente per la loro intelleggibilità. (…). La resistente dovrà pertanto (…) rilasciare una trascrizione dattiloscritta o comunque comprensibile delle informazioni contenute nella cartella clinica (…)”.
Consigli da seguire nella compilazione di una Cartella clinica • La cartella clinica è un documento permanente, per cui ogni registrazione non deve essere cancellata. • Ogni registrazione deve essere annotata in sequenza cronologica. • Ricordare che "gli spazi e i tempi vuoti" sono difficilmente giustificabili. • Le registrazioni devono essere sintetiche, complete e perfettamente leggibili, evitando le generalizzazioni che possono disorientare. • Soprattutto qualora il decorso clinico sia atipico, è opportuno non limitarsi a scrivere solo i sintomi che il paziente "ha", ma anche quelli che "non ha". • Evitare, se possibile, le correzioni; nel caso, tracciare una linea sulle parole e sulle frasi da correggere, consentendone le leggibilità, annotare la data e firmare la correzione. • Le omissioni devono essere evitate in qualsiasi modo (il magistrato può essere indotto a pensare che l'omissione sia intenzionale). • Evitare gli acronimi; in casi eccezionali è possibile utilizzarli, ma solo qualora universalmente riconosciuti. • Inserire nella Cartelle clinica le procedure di acquisizione del consenso informato, sia quello "generale" (ovvero inerente l'ammissione alle cure), sia quello "specifico" (ovvero le manovre diagnostiche e/o terapeutiche particolari, specialmente quelle invasive).
10. Utile inserire una modulistica autorizzativa da parte dell'interessato a quali persone dare informazioni del suo stato di salute. • Annotare le richieste di consulenze specialistiche di medici che non appartengono al reparto nonché le risultanze. • Registrare il più precocemente possibile e comunque entro le 24 ore gli ordini impartiti telefonicamente, o comunque verbalmente, al personale infermieristico (che deve in ogni caso ripetere l'ordine prima di eseguirlo). • Segnare l'eventuale dissenso a procedimenti diagnostici e rifiuti alle cure da parte del paziente. • Segnalare la eventuale mancata collaborazione del paziente. • Segnalare reclami o conflitti, col paziente e/o coi parenti virgolettando le frasi senza alcun commento. • Ponderare le parole che si scrivono evitando le opinioni personali. • Evitare commenti sull'operato dei Colleghi. • Evitare di scrivere tutto ciò che è estraneo alle procedure diagnostiche e alla cure erogate.
Anomalie di più frequente osservazione nelle cartelle cliniche • SCARSA LEGGIBILITA' - La ricostruzione del caso clinico può essere problematica, fino a creare difficoltà ad una eventuale strategia difensiva. • ABBREVIAZIONI IMPROPRIE - E' possibile indurre errori di interpretazione. Sono da proscrivere. • ACRONIMI - E' possibile indurre errori di interpretazione ad altri professionisti. E' preferibile usare solo acronimi noti a tutta la classe medica. • OMISSIONI - Il magistrato può essere indotto a pensare che l'omissione sia intenzionale. • GENERALIZZAZIONI - Possono disorientare. E' opportuno usare frasi chiare e significative sugli accadimenti, con particolare riguardo per la attualità anamnestica. • FRASI POSITIVE/NEGATIVE - Soprattutto qualora il decorso clinico sia atipico, è opportuno non limitarsi a scrivere solo i sintomi che il paziente "ha", ma anche quelli che "non ha". • ANNOTAZIONI POSTUME - E' necessario trascrivere immediatamente gli eventi, soprattutto i più rilevanti, in modo da poterne precisare correttamente l'epoca. • CORREZIONI IMPROPRIE - La correzione deve essere chiaramente visibile, onde evitare di indurre al magistrato ipotesi di "falso materiale", ma anche ipotesi di deliberata contraffazione degli eventi ("falso ideologico"). • OPINIONI PERSONALI - Sono da evitare, soprattutto quando emergono contrasti con il paziente o coi parenti, annotare eventuali frasi "tra virgolette", senza alcun commento. • INSINUAZIONI INOPPORTUNE - E' da proscrivere qualsiasi insinuazione su procedure cliniche eseguite da Colleghi, che possa essere lesiva della professionalità altrui.
Requisiti di contenuto • La cartella clinica nella sua totalità (informazioni e documenti riportati) deve rispondere ai criteri di: • Veridicità : Poiché la cartella clinica è il diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, i fatti debbono essere annotati contestualmente al loro verificarsi. • Tempestività: Il ritardo nella compilazione o la mancata compilazione possono costituire l'elemento materiale del reato di omissione di atti d'ufficio, sanzionato dall' art. 328c.p.In particolare, l‘ annotazione postuma di un fatto clinico rilevante violerebbe l'obbligo di contestualità della compilazione (Cassazione 9623/1983 e Cassazione 227/1990).
La cartella clinica è il diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti; i fatti debbono essere annotati contestualmente al loro verificarsi, in modo intelleggibile. • Le annotazioni debbono avvenire nel ragionevole tempo della contestualità ed essere consequenziali. • Ciascuna annotazione presenta, singolarmente, autonomo valore documentale definitivo che si realizza nel momento stesso in cui vengono trascritte e qualsiasi successiva alterazione, apportata durante la progressiva formazione del complesso documento, costituisce falsità, ancorché il documento sia ancora nella materiale disponibilità del suo autore, in attesa di trasmissione alla Direzione sanitaria. • Per i giudici di Cassazione (sent. 22694/2005) "la cartella clinica è un atto pubblico che esplica la funzione di diario dell'intervento medico e dei relativi fatti clinici rilevanti, sicché i fatti devono essere annotati conformemente al loro verificarsi".
Un ritardo nella compilazione oppure la mancata compilazione della cartella clinica si può configurare come una omissione di atti di ufficio (art.328 cp), mentre una sua compilazione non veritiera come falso ideologico (art. 479 cp) e una sua correzione postuma come un falso materiale (artt. 476 - 493). • Ciascuna annotazione presenta, singolarmente, autonomo valore documentale definitivo che si realizza nel momento stesso in cui vengono trascritte e qualsiasi successiva alterazione, apportata durante la progressiva formazione del complesso documento, costituisce falsità, ancorché il documento sia ancora nella materiale disponibilità del suo autore, in attesa di trasmissione alla Direzione sanitaria. • Le modifiche e le aggiunte, anche se fatte per ristabilire la verità, integrano un falso punibile perché violano le garanzie di certezza accordate agli atti pubblici. Eventuali adattamenti o completamenti tardivi debbono essere evidenziati come tali. • Ricordiamo che è punibile il falso in atto pubblico informatico (art.491/bis cp) e che il falso materiale e il falso ideologico sono ravvisabili anche quando la falsificazione, ad opera di un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, avviene a mezzo di supporto informatico (Cass. Pen., sent. 20723/2003).
Cass. Pen., sez. V, sent 48086/2004 “La sostituzione della cartella clinica originaria con altra, fatta depositare presso la struttura ospedaliera e destinata a fungere da originale “in vece” di quella già assoggettata a cancellazioni ed addizioni, ha sicuramente integrato un fatto di falso documentale, facendosi apparire per tal via formato un unico atto rappresentativo di una diversa realtà (…). Il carattere di definitività della cartella clinica per ogni annotazione dei fatti clinici rilevati contestualmente al loro verificarsi (Cass., sez. 5, 26.11.1997 n. 1098; Cass., sez. 5, 8.12.1990 n. 6394), non tollerava, pertanto, una volta compilata e sottoscritta (come nella fattispecie), modifiche, aggiunte, alterazioni, cancellazioni, indipendenti dall’effettiva intenzione dell’agente”.
Cass. Pen., sez. V, sent. 18423/2005 “La cartella clinica, della cui regolare compilazione è responsabile il primario, adempie alla funzione di diario della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, la cui annotazione deve quindi avvenire contestualmente al loro verificarsi, uscendo al tempo stesso dalla disponibilità del suo autore ed acquistando carattere di definitività, per cui tutte le successive modifiche, aggiunte, alterazioni e cancellazioni, integrano falsità in atto pubblico”. • Le annotazioni vengono quindi qualificate come atti pubblici in considerazione della loro formazione; il fatto che si perfezionano immediatamente nel momento in cui vengono inserite nella cartella clinica, ne determina una immodificabilità delle stesse. • Tuttavia se vi è una dimenticanza da parte di un medico o di un infermiere, di poco conto, (es. non aver segnalato la T° corporea del pz.), in questo caso il fatto di poter integrare successivamente il documento appare una operazione legittima e che determina una maggior completezza del documento stesso.
Va precisato infatti che una semplice correzione che non alteri il documentonon integra il reato di cui all’art. 476 c.p.. • In tal senso la Cassazione recita: “Non costituisce falsità in atto pubblico la correzione, ad opera dell’autore dell’atto medesimo, pur dopo che questo sia stato definitivamente formato, di semplici ed evidenti errori materiali, la cui eliminazione lasci intatto il vero ed originario significato rappresentativo del documento” (Cass. Pen., sez. V, sent. 23327/2004).
Cass. Pen., sez. V, sent. 41394/2008 “La norma penale stabilisce che il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alla pena della reclusione nei termini stabiliti dall’art. 476 codice penale”.
Cass. Pen., sez. V, sent. 19094/2008 “Il delitto di falso materiale in atto pubblico è punito a titolo di dolo generico, ma è pur sempre necessaria la consapevolezza e la volontà della immutatio veri, essendo sufficiente per la configurabilità dell’elemento soggettivo la sola coscienza e volontà della alterazione del vero, indipendentemente dallo scopo che l’agente si sia proposto e senza che sia necessario che il nocumento rientri nella rappresentazione dell’agente. (…). Il primario omettendo di controllare il rispetto di tutte le formalità richieste per la correzione dell’atto pubblico e cioè la data e la firma in calce dell’avvenuta correzione, realizzava un comportamento connotato da leggerezza e negligenza (…)”.
Cass. Pen., sez. V, sent. 22192/2008 “Integra il delitto di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico la falsificazione dei “reports di stampa” -contenenti esami emocromocitometrici a corredo della documentazione clinica- mediante aggiunta a penna dei valori dei parametri della coagulazione allo scopo di farli apparire come eseguiti e repertati nei giorni ivi indicati nonché delle schede cartonate sui prelievi, considerato che essi sono atti pubblici giacché, ancorché atti interni alla struttura ospedaliera, sono destinati a provare le indagini di laboratorio svolte dagli operatori sanitari pubblici ed i relativi risultati e a documentare il decorso della malattia del paziente ad integrazione e corredo della cartella clinica”.
Furto di identità: la sostituzione di persona in esami di laboratorio • Si parla di furto di identità, in ambito sanitario, quando qualcuno utilizza il nome di un’altra persona, senza che questa ne sia a conoscenza e pertanto senza il suo consenso per ottenere prestazioni sanitarie o altri benefici. • Secondo il nostro ordinamento giuridico tale evenienza incorre nel reato ex art. 494 c.p. (Sostituzione di persona). • Si ravvisa anche il reato di truffa (art. 640 c.p.) ai danni della pubblica amministrazione (evasione di ticket o di pagamento per intero di una prestazione; danno da accertamenti non utili o non appropriati, etc.).
Furto di identità: la sostituzione di persona in esami di laboratorio • Si profila inoltre una falsificazione di atti riconducibile, in rapporto alla peculiarità del caso a: - Art. 476 c.p. (Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici); - Art. 479 c.p. (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici); - Art. 482 c.p. (Falsità materiale commessa dal privato); - Art. 487 c.p. (Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico); - Art. 491 bis c.p. (Documenti informatici); - Art. 493 c.p. (Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico).
Furto di identità: la sostituzione di persona in esami di laboratorio • Inoltre essendo la prescrizione un atto medico, a differenza della richiesta di prestazione sanitaria che consiste nel dar seguito all’ordine medico di eseguire un trattamento (es. prenotazione esame), una richiesta di esami in assenza di una relativa prescrizione compiuta da un soggetto non medico integra il reato di cui all’art. 348 c.p. (Abusivo esercizio di una professione). • Qualora il furto di identità determinasse un’offesa del bene salute dell’assistito, il responsabile dovrà rispondere del reato di lesione personale (art. 582 c.p.) o, qualora si determinasse l’exitus, di omicidio (art 575 cp.). • Poiché si presuppone che l’agente abbia consapevolezza delle conseguenze negative che potrebbero prodursi sul paziente, l’accettazione del rischio può portare a scorgere gli estremi del dolo eventuale, con la conseguenza di un’addebito di lesioni personali, o nella peggiore delle evenienze di omicidio, non a titolo colposo bensì doloso.
Furto di identità: la sostituzione di persona in esami di laboratorio • Inoltre il paziente potrebbe avere anche un danno all’immagine, in conseguenza della circolazione di dati sanitari falsi. • La pubblica amministrazione dovrebbe dar corso a procedimento disciplinare, autonomo rispetto a quello penale, seppure condizionato dalle risultanze di quest’ultimo. • L’appartenenza a una categoria con obbligo di iscrizione a un albo professionale renderebbe il soggetto agente passibile di un ulteriore giudizio, da parte del consiglio direttivo dell’ordine o collegio di competenza secondo le specifiche regole che presiedono al procedimento disciplinare in tale ambito. • Ricordiamo che gli illeciti sovra menzionati sono perseguibili d’ufficio, pertanto il pubblico ufficiale che ne avesse contezza avrebbe il dovere di procedere a denunzia all’autorità giudiziaria.
Cass. Pen., Sez. V, sent. del 27 febbraio 2009 “La condotta del primario ospedaliero che ometta di redigere la cartella clinica relativa ad un paziente temporaneamente sottoposto a cure di mantenimento ed in attesa di trasferimento ad altra, più attrezzata, struttura ospedaliera, trattandosi di un atto di ufficio da compiere senza ritardo per ragioni di sanità, integra il reato di cui all’art. 328, comma primo, cod. penale”.
Pertanto: • un ritardo nella compilazione della cartella clinica, che non sia una semplice correzione di errore materiale, costituisce un’ omissione di atti d’ufficio (ex art. 328 c.p.); • una sua compilazione non veritiera si configura come falso ideologico (ex art. 479 c.p.); • mentre una correzione postuma integra il reato di falso materiale (ex art. 476-493 c.p.).
Completezza: La cartella clinica viene aperta al momento della accettazione della persona assistita e va chiusa alla sua dimissione, completata in ogni sua parte senza correzioni o aggiunte postume. Eventuali adattamenti o completamenti tardivi debbono essere evidenziati come tali. Nella cartella clinica vanno ricomprese tutte le documentazioni sanitarie prodotte durante il ricovero (sia ordinario che diurno). Tale documento deve essere costituito da originali. • La imperfetta compilazione della cartella clinica (la cui corretta compilazione compete al sanitario) non può pregiudicare il paziente, nel caso in cui non si possono trarre utili elementi di valutazione della condotta del medico. Se il documento clinico è incompleto possono essere ammesse presunzioni logiche come fonti di prova (Cass., sent. 11316/2003). Il mancato inserimento nella cartella clinica di determinate circostanze o fatti di una certa rilevanza può risultare ostativa alla difesa del medico.
La cartella clinica deve essere compilata in modo corretto e completo. Nei giudizi civili per responsabilità professionale del medico le documentazioni riportate dal momento dell’accettazione fino a quello della dimissione dalla struttura sanitaria hanno valore probatorio: da un lato costituiscono una garanzia per la tutela e la salvaguardia dei diritti del paziente che non può essere danneggiato da una non corretta stesura e compilazione, dall’altro, essendo atti pubblici, se redatti in modo completo e contestuale alla effettuazione dell’attività, possono costituire una difesa dei diritti del medico. • La carente compilazione della cartella clinica può portare alla presunzione di colpa a carico del medico (Cass., sent. 11316/2003). Infatti la carente compilazione della cartella clinica o di certificati annessi non può andare a pregiudizio del paziente. • Pertanto nel caso in cui dalla cartella clinica non sia possibile trarre utili elementi di valutazione della condotta del medico, il giudice in caso di vertenza può fare ricorso a presunzioni logiche come fonti di prova.
Cass. Civ., sez. III, sent. 20101/2009 “Il medico ha l’obbligo di controllare la completezza e l’esattezza del contenuto delle cartelle cliniche, venendo altrimenti meno ad un proprio dovere e venendo a configurarsi un difetto di diligenza (ai sensi dell’art. 1176 c.c. comma 2) nonché un inesatto adempimento della sua corrispondente prestazione medica. La difettosa tenuta della cartella clinica, se non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta colposa dei medici, in relazione alla patologia accertata, ed il danno, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocarlo, consente anzi il ricorso alle presunzioni”.
Cass. Civ., Sez. III, sent. 20954/2009 “ (…) stante la natura contrattuale della responsabilità della struttura ospedaliera e la conseguente applicabilità della regola posta dall’art. 1218 c.c., secondo la quale il creditore che alleghi l’inadempimento deve provare solo la sussistenza di nesso causale fra questo ed il danno, mentre compete al creditore offrire la prova della non imputabilità della sua causa: dunque, dell’assenza della colpa. La quale -è il caso di chiarire ancora una volta- va valutata in relazione all’affidamento del paziente nella diligenza del debitore della prestazione sanitaria, nella specie caratterizzata dalla somministrazione di un farmaco di risaputa ototossicità, sicché più ancora che all’avvenuta denuncia dei propri malesseri da parte della paziente avrebbe dovuto aversi riguardo all’avvenuto interpello della stessa sull’assenza di sintomi collaterali, neppure esso annotato nella cartella clinica, costituente documento la cui formazione rientra pur sempre nella totale disponibilità di una sola della parte del rapporto obbligatorio e le cui eventuali carenze non possono in alcun modo ridondare a carico del paziente, come reiteramente affermato da questa Corte”.
Cass. Civ., sez. III, sent. 1538/2010 “(…) le omissioni imputabili al medico nella redazione della cartella clinica rilevano sia come figura sintomatica di inesatto adempimento, per difetto di diligenza, in relazione alla previsione generale contenuta nell’art. 1176 cod. civ., comma 2, sia come nesso di causalità presunto, posto che l’imperfetta compilazione della stessa non può, in via di principio, risolversi in danno di colui che vanti un diritto in relazione alla prestazione sanitaria”.
Cass. Civ., sez. lav., sent. 6218/2009 “Il medico ha l’obbligo di controllare la completezza e l’esattezza del contenuto della cartella clinica, cosicché l’inottemperanza a tale obbligo configura difetto di diligenza nell’adempimento della prestazione lavorativa; tale comportamento inadempiente è inoltre da qualificarsi come di particolare gravità, avuto riguardo alla rilevante funzione che la cartella clinica assume, in primo luogo, sotto il profilo sanitario, nei confronti del paziente, ma anche, indirettamente, nei confronti della struttura sanitaria a cui il paziente stesso è affidato. Ne consegue che, in linea generale, la violazione del suddetto obbligo è da ritenersi idonea a determinare la irrimediabile lesione dell’elemento fiduciario e il conseguente recesso datoriale”.
Il mancato inserimento nella cartella clinica di determinate circostanze o fatti di una certa rilevanza può configurarsi come una "omissione di atti di ufficio" (articolo 328 c.p.). • La giurisprudenza (sentenza 31 marzo 2003 del tribunale di Messina sezione II) ha indicato l'omissione di un dato che l'atto pubblico sarebbe obbligato a contenere oppure l'omessa indicazione di una circostanza se questa doveva essere indicata nell'atto, come "falso per omissione". • Tutti i medici che prestano in qualche modo assistenza al paziente sono tenuti parimenti alla corretta compilazione, per quanto di propria competenza, della cartella clinica.Anche nel caso di medico interpellato per un consulto esiste l'obbligo alla redazione della stessa o, comunque, al controllo della completezza e del contenuto. • Infatti nella valutazione dell'esattezza della prestazione medica valore indiziante è attribuito alla corretta ed esaustiva compilazione della cartella clinica, con la conseguenza che le omissioni imputabili al medico nella redazione della stessa cartella clinica possono essere rilevanti ai fini del nesso eziologico presunto (Tribunale di Genova sentenza pronunciata il 24 settembre 2005).
Tribunale di Genova, sent. del 23/12/2005 “Le attestazioni contenute in cartella clinica relative alle attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento, in quanto esplicazione del potere certificativo e della natura pubblica dell’attività sanitaria hanno valore di atto pubblico e, come tali, fanno piena prova fino a querela di falso della provenienza della cartella e di tutta l’attività in essa menzionata. Tutti i medici che prestano in qualche modo assistenza al paziente sono tenuti parimenti alla corretta compilazione, per quanto di propria competenza, della cartella clinica; anche nel caso di sanitario interpellato per un consulto, deve ritenersi che esista l’obbligo di partecipare alla redazione della stessa, o comunque di controllarne la completezza ed il contenuto. Nella valutazione dell’esattezza della prestazione medica valore indiziante è attribuito alla corretta ed esaustiva compilazione della cartella clinica, con la conseguenza che le omissioni imputabili al medico nella redazione della stessa cartella clinica possono rilevare ai fini del nesso eziologico presunto”.