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Maurizio Ambrosini, Università di Milano Direttore della rivista “Mondi migranti”. Chi sono gli immigrati?. Noi non chiamiamo immigrati gli stranieri provenienti dai paesi ricchi E neppure i benestanti, o le persone famose, dei paesi poveri
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Maurizio Ambrosini, Università di Milano Direttore della rivista “Mondi migranti”
Chi sono gli immigrati? • Noi non chiamiamo immigrati gli stranieri provenienti dai paesi ricchi • E neppure i benestanti, o le persone famose, dei paesi poveri • Il termine si applica solo agli stranieri residenti classificati come poveri • Di fatto dividiamo il mondo in tre fasce: noi, i nostri amici, gli altri • I confini tra i gruppi si spostano: Unione europea e sviluppo economico come vettori di inclusione
Le migrazioni sono una conseguenza della povertà? • Circa 200 mlni di migranti nel mondo, pari al 3% scarso della popolazione mondiale • I poveri sono molti di più • I migranti non provengono dai paesi più poveri del pianeta, se non in minima parte • Non sono i più poveri dei loro paesi: per migrare occorre disporre di risorse • In molti casi, l’emigrazione è una strategia estrema di difesa di uno stile di vita da classe media
I migranti arrivano perché sono “disperati”? • I migranti, e anche gli irregolari (stimati in 750.000 unità, sono molti di più degli sbarcati via mare (36.000 nel 2008) • La grande maggioranza degli irregolari arrivano regolarmente, soprattutto con visti turistici • L’immigrazione irregolare è l’effetto delle distanze tra l’economia (famiglie comprese) che richiede apertura, e la politica che tende a chiudere • Se gli immigrati non arrivassero più dai paesi che oggi ce li forniscono, andremmo a cercarli altrove • Le crisi economiche non hanno mai prodotto massicci rientri degli immigrati • I migranti a loro volta si spostano perché aspirano a migliorare le proprie condizioni: conta più la speranza della disperazione
I numeri e oltre • Le definizioni dell’immigrazione influenzano le statistiche: seconde generazioni, migranti di ritorno … • Influenza del “nazionalismo metodologico” (Beck): sforzo degli Stati di far coincidere territorio, popolazione omogenea, appartenenza nazionale. • Le nazioni come “comunità immaginate” (Anderson), basate su un’unità di sangue, di terra, di lingua ( e di religione) • “naturalizzazione” dell’appartenenza nazionale. Il caso degli eventi di cronaca internazionale in televisione • L’immigrazione sfida la coincidenza tra popolazione, territorio, appartenenza
La globalizzazione dal basso • La globalizzazione come insieme di processi che travalicano i confini nazionali: finanziari, industriali, mediatici, culturali… • È possibile aprire i confini a valute, merci, TV, ecc., e chiuderli alle persone? • Globalizzazione dal basso come trasgressione dell’ordine mondiale da parte delle persone comuni • Globalizzazione dall’alto e dal basso non si escludono: il fenomeno delle rimesse (433 miliardi di dollari nel 2008) come business e come risorsa di politica economica
Migrazioni e globalizzazione: viaggi e transiti • Per una parte dei migranti, il viaggio è tornato ad essere un’esperienza a sé stante, lunga, travagliata, pericolosa • Una serie di paesi e di luoghi si configurano come aree di transito, a volte prolungato • Si è formata un’industria del viaggio e dell’attraversamento delle frontiere (legale e illegale) • L’innalzamento dei controlli produce una crescita dei livelli organizzativi (anche criminali) e dei costi dell’industria del viaggio • Tuttavia, ogni giorno migliaia di persone attraversano le frontiere fisiche (ingressi), politiche (acquisto della cittadinanza), affettive (matrimoni misti)
Oltre il nazionalismo e l’assimilazionismo • L’immigrazione come fenomeno disturbante, perché incrina l’omogeneità nazionale • L’assimilazionismo: richiesta di omologazione obbligatoria e di conformità culturale verso la società ricevente • L’identità religiosa minoritaria, oggi come un tempo, diventa simbolo di non allineamento
La questione della regolazione politica delle migrazioni • Nessuno Stato nazionale, per quanto democratico, ha mai rinunciato a regolamentare gli ingressi e ad espellere cittadini stranieri ritenuti indesiderati • Il problema è trovare un equilibrio tra istanze di difesa delle frontiere, interessi economici che promuovono l’apertura, obblighi internazionali di protezione dei rifugiati • Già oggi l’Unione europea (Schengen) ha eliminato le frontiere interne e statuito dei diritti a favore dei cittadini comunitari all’estero
Migrazioni e chiusura delle frontiere • Carenza di politiche esplicite di reclutamento: “Importatori riluttanti” • Accumulazione di immigrazione irregolare come effetto della carenza di canali di ingresso regolari • Sanatorie come politiche migratorie (6 in circa 20 anni, più i decreti flussi) • I lavoratori immigrati oggi regolari di solito sono stati irregolari per un certo periodo • Fluidità e reversibilità delle definizioni di regolari/ irregolari
Le cause dell’immigrazione irregolare • La spinta del mercato (e delle famiglie) • L’azione dei network degli immigrati • Il vincolo liberale • I costi economici e organizzativi delle espulsioni • L’advocacy coalition e l’azione solidaristica sul territorio
L’economia, motore dell’integrazione degli immigrati • Le imprese sono all’avanguardia dell’evoluzione verso una società multietnica • Gli imprenditori possono essere innovatori sociali (anche involontari) • Ma senza un consenso sociale e politico più ampio, l’innovazione rischia di essere soffocata • L’azione economica ha bisogno di regole e di controlli: abbandonata a se stessa, tende a degradarsi nello sfruttamento
Quattro modelli territoriali • Le economie metropolitane • I sistemi produttivi diffusi • I sistemi di lavoro temporaneo (Sud) • I sistemi di lavoro temporaneo (Centro-Nord)
Un mercato che si espande verso il basso • Le imprese hanno bisogno di accedere a mercati del lavoro più ampi • Rispetto agli altri paesi, l’Italia finora non ha programmi per attrarre lavoratori ad alta qualificazione • L’incontro spontaneo tra fabbisogni del mercato e lavoratori immigrati è mediato dalle reti etniche • Ma questo incontro avviene al ribasso, con fenomeni di brain wasting (“spreco di cervelli”)
L’economia dell’alterità (K.Calavita) • L’immigrato come estraneo, da ammettere solo per certi scopi • “desiderati, ma non benvenuti” • Gli stereotipi sulle attitudini: un’economia della mente che diventa un’avarizia del cuore • Immigrati e lavori rifiutati: un circolo vizioso? • Il paradosso dell’integrazione subalterna
Lavoratori di serie B? • Occupazione nei settori poveri dell’economia • I lavori delle cinque P: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati, penalizzati socialmente • Problematica inclusione nel sistema dei diritti: vengono concessi i diritti sociali legati al lavoro, ma manca una base di diritti politici
Donne globali • Una risorsa per le famiglie: il “welfare invisibile”, privatizzato e flessibile • Il drenaggio di risorse affettive e relazionali da paesi più poveri • La sofferenza delle famiglie transnazionali • Il problema delle condizioni di lavoro • Il problema dei ricongiungimenti • Il problema della promozione
Carriere difficili e lavoro autonomo • Il miglioramento professionale degli immigrati è raro e spesso dovuto a casi particolari • Fra le poche eccezioni, ricordiamo il lavoro infermieristico • Cresce invece il lavoro autonomo: il fenomeno interessa tra i 140 mila (Caritas-Confartigianato) e i 334 mila (Infocamere) immigrati. • Secondo la fonte Caritas-Confartigianato, si possono contare in Lombardia 33 mila immigrati a capo di un’attività
Qualche modesta proposta • una governance mondiale, o almeno europea delle migrazioni • una varietà di dispositivi e canali (migranti qualificati, stagionali, studenti, ecc.) • un sistema a punti (premiare la conoscenza dell’italiano, i titoli di studio, le esperienze professionali) • l’istituto dello sponsor • un’ipotesi di conversione del permesso di soggiorno (almeno per le assistenti domiciliari, o gli studenti) • la repressione dell’impiego di lavoro irregolare • la possibilità di ingresso nel sistema pubblico e nelle professioni (caso del sistema infermieristico) • un robusto investimento istituzionale, a tappeto, sulla lingua italiana • Ipotesi del contratto di integrazione