600 likes | 725 Views
PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI. DALLA PAROLA ALLA FEDE . Parola di Dio, Chiesa , Liturgia. Anno Pastorale 2013-2014. La chiesa sotto l’autorità della Parola di Dio.
E N D
PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI DALLA PAROLA ALLA FEDE Parola di Dio, Chiesa, Liturgia Anno Pastorale 2013-2014
La chiesa sotto l’autorità della Parola di Dio La chiesa porta inscritto nel suo stesso nome la qualità di ascoltatrice della Parola. Il termine ekklesía, «convocazione», è formato dal prefisso ek-, «da», e dal verbo kaléo, «chiamare».
In ebraico vi corrisponde il termine qahal, «assemblea, convocazione, adunanza», la cui etimologia ha a che fare con il termine qol, «voce».
I vocaboli indicano l’assemblea del popolo di Dio, la riunione convocata da Dio per la salvezza di quanti vi partecipano. La chiesa è sottomessa all’autorità della Parola di Dio che la crea e la convoca, la guida e la orienta.
L’incipit della Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione del Concilio Vaticano II, la Dei Verbum, mentre parla della Parola di Dio, compie un’affermazione ecclesiologica fondamentale:
«In religioso ascolto della Parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il sacro Concilio aderisce alle parole di san Giovanni il quale dice: “Vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi; quello che abbiamo veduto e udito noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi e la nostra comunione sia con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo...»1. 1. CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, 1965, n. 1.
II Proemio della DV mostra il Concilio che parla di se stesso e che si pone come modello per quel «popolo degli ascoltanti della Parola di Dio» (Karl Rahner) che sono chiamati a essere i cristiani. La chiesa è chiesa di Dio in quanto serva e ancella della Parola di Dio.
La Parola di Dio la situa nella duplice postura di colei che ascolta e che annuncia la Parola. Ma per essere ecclesia docens, la chiesa deve essere ecclesia audiens: questa è conditio sine qua non di quella.
L’allora teologo Joseph Ratzinger lo ha affermato magnificamente proprio commentando questo passo della DV: «È come se l’intera vita della chiesa fosse raccolta in questo ascolto da cui solamente può procedere ogni suo atto di Parola».
Ora, se è vero che la Parola di Dio eccede il libro biblico, le sante Scritture, in quanto realtà eterna, onnipotente, creatrice e instauratrice di storia, realtà che si è fatta carne e persona in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, essa trova nelle Scritture proclamate e spiegate nelle celebrazioni liturgiche un sacramento grazie al quale il Signore si fa presente nelle assemblee cristiane.
Certo, la Scrittura deve risorgere a Parola vivente per dispiegare la potenza dello Spirito che la abita ed è a questo dinamismo che vogliamo ora dedicare la nostra attenzione. Per questo ci chiediamo: quali sono le condizioni perché il testo biblico risorga a Parola di Dio vivente e attuale all’interno della liturgia?
Per rispondere a questa domanda occorre anzitutto fare una premessa, da un lato, sul testo che viene letto e ripreso nella liturgia, ovvero la Bibbia nella sua forma canonica, dall’altro, sul contesto liturgico.
La Bibbia: libro plurale e dialogico Anzitutto va posta in evidenza la distanza tra Bibbia e Parola di Dio: le due realtà non coincidono, anzi, la Parola eccede la Scrittura, è realtà teologale che, in definitiva, si identifica con il Figlio Gesù Cristo, Parola definitiva di Dio all’umanità.
Come attesta la Bibbia stessa, «la Parola trascende ogni sua incarnazione biblica» (Carlo Buzzetti). Solo un’ermeneutica nello Spirito santo può far emergere la Parola di Dio dalle parole bibliche:
la Scrittura «deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito santo mediante il quale è stata scritta»2. 2. Idem, n. 12.
Il nome «Bibbia» deriva dal greco tà biblía, un plurale che significa «i libri»: la Bibbia è una biblioteca di libri, un libro plurale. Al tempo stesso la Bibbia, riflesso del Dio che ha parlato in molti modi e in diversi tempi, è un libro unico che racchiude in sé una profonda e variegata diversità: diversità di lingue, di generi letterari, di ambienti culturali e geografici di produzione dei testi, di epoche di composizione dei testi ...
Soprattutto, la Bibbia o, se vogliamo, le Scritture cristiane, sono composte di due parti fondamentali chiamate solitamente AnticoTestamento e Nuovo Testamento.
Le Scritture cristiane abbracciano in sé le Scritture ebraiche (l’Antico Testamento o Primo Testamento), sicché la struttura della Bibbia è dialogica: il Nuovo Testamento non ha abrogato e reso caduco l’Antico, ma l’ha conservato al proprio interno, quasi a memoria imperitura che la chiesa trova le sue radici nel popolo d’Israele.
Le Scritture cristiane rappresentano il documento dell’alleanza: alleanza istituita da Dio con il popolo d’Israele e rinnovata in Gesù il Cristo, figlio d’Israele (Gesù è ebreo e lo è per sempre) e Figlio di Dio, che appare il centro unificatore ed ermeneutico delle Scritture (cfr. Lc 24,27.44).
Fine delle Scritture è di far entrare il popolo nel dialogo con il suo Signore, nel movimento di reciproca appartenenza tra Dio e popolo cui tende l’alleanza.
Sappiamo che la chiusura del Canone non fece che ratificare un dato di tradizione: furono riconosciuti canonici quei libri la cui lettura costituiva il momento fondamentale delle assemblee liturgiche giudaiche e cristiane.
La canonicità riveste pertanto un aspetto liturgico costitutivo: • «La formazione del Canone è l’evento liturgico della proclamazione della Parola ... La Bibbia è, fin dall’inizio, un libro di culto» (Hartmut Gese); • «È canonico ciò che riceve autorità dalla lettura pubblica secondo il ritmo dell’assemblea» (Paul Beauchamp); • «L’autorità del Canone è nel dialogo Vivificante che la comunità intrattiene con lui» (James-Alvin Sanders); • «II corpus biblico si è costituito anzitutto in funzione di una proclamazione e di un ascolto comunitario» (Irénée-Henri Dalmais).
Sono canonici i libri che hanno saputo reggere il dialogo tra il popolo e il suo Signore mostrando così di contenere la Parola di Dio e di far vivere il popolo nell’alleanza, alla presenza di Dio. Il Canone istituisce un’appartenenza reciproca tra Comunità e Scrittura.
La liturgia: luogo dell’alleanza La liturgia è il luogo del compiersi di tale circolo ermeneutico: dimensione discendente (catabatica), cioè di rivelazione e comunicazione di Dio all’uomo tendente alla santificazione dell’uomo stesso, e dimensione ascendente (anabatica), cioè di risposta dell’uomo a Dio, cultuale, sono parte costitutiva della liturgia.
La struttura plurale e dialogica delle Scritture cristiane (e della fede cristiana) trova piena espressione nella celebrazione liturgica (e nella pluralità delle liturgie e dei riti cristiani).
La liturgia costituisce per la Scrittura il contesto di alleanza che consente alla parola scritturistica di pervenire al suo fine: far entrare l’assemblea convocata nel dialogo con il suo Signore.
Nella liturgia, «quando il popolo è radunato per far memoria delle grandi opere di Dio, in atteggiamento di gioioso rendimento di grazie, si ricrea il contesto originale in cui la Parola fu pronunciata e per cui fu fissata, e perciò lo scritto ridiventa Parola viva» (Pietro Sorci) e attuale.
Questo contesto conferisce alla Parola scritta che viene proclamata la forza di interpellazione che pone l’uomo (l’assemblea) di fronte a una decisione: l’uomo risponde alla Parola entrando nell’alleanza e impegnandosi a tradurre nella propria vita le esigenze manifestate dalla Parola.
Le parole pronunciate dal popolo al momento della stipulazione dell’alleanza sinaitica: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo» (Es 24,7 secondo il testo ebraico), vengono di fatto ripetute da ogni assemblea riunita liturgicamente.
La Parola proclamata crea la risposta dell’assemblea, risposta di preghiera, ma anche di responsabilità esistenziale, risposta che è preghiera e lode, ma anche azione, prassi.
Il testo si manifesta così come testimone di una vita e di una esperienza di fede (passate) da cui è scaturito, e si apre alla vita e all’esperienza di fede (attuali) di un’assemblea che, nel proprio oggi storico, vi riconosce la propria vocazione.
Nella liturgia, inoltre, il contesto di alleanza consente alla Parola di raggiungere simultaneamente il singolo e la comunità.
La dialettica tra seconda persona singolare e plurale di tanti testi del Primo Testamento in cui la Parola di Dio si rivolge, allo stesso tempo al «tu» e al «voi», si realizza nella liturgia.
Il contesto rituale rappresentato dalla liturgia fa sì che non solo la parola scritturistica, ma anche i gesti e i segni siano veicolo della Parola di Dio. Eco della Parola (Lógos)fatta carne, la liturgia presenta la struttura fondamentale della rivelazione intesa come «eventi e parole intimamente tra loro connessi»3. 3. Idem, n. 2.
È pertanto essenziale che gesti e segni nella Liturgia siano ancillari nei confronti della parola e congruenti con essa, conservino quella sobrietà e quella eloquenza che non distoglie o distrae, ma concentra e raccoglie davanti al mistero celebrato.
La Scrittura sacramento della Parola Alla luce di quanto detto è evidente che condizione essenziale perché avvenga il passaggio dal testo alla Parola di Dio è la chiara coscienza di fede che la Scrittura èsacramento della Parola di Dio. All’interno della Scrittura poi la liturgia riconosce il posto privilegiato dei vangeli:
«Tra tutte le Scritture, anche del Nuovo Testamento, i vangeli meritatamente eccellono, in quanto sono la principale testimonianza relativa alla vita e all’insegnamento [vita atque doctrina] del Verbo incarnato, nostro salvatore»4. 4. CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, o. c., n. 18.
La lettura del vangelo è sempre il momento culminante e conclusivo delle altre letture nella liturgia della Parola; la processione del libro dei vangeli con cori, incenso e acclamazioni, il bacio del vangelo, sono solo alcuni dei gesti che vogliono esprimere il senso della presenza di Cristo nella parola evangelica.
L’acclamazione dopo la lettura del vangelo, che non si rivolge al libro, ma al Signore Gesù, traduce la coscienza del carattere sacramentale del libro dei vangeli. Il mistero di Dio è connesso, ma non confuso, con la mediazione simbolica nella quale si dona. Il libro appare così icona che chiede di vedere Altro e Oltre; appare Tabernacolo che dischiude il mistero di una presenza.
Scrittura, Spirito, Comunità Appare dunque evidente che le Scritture, che «contengono la Parola di Dio e, poiché ispirate, sono veramente Parola di Dio»5, ridiventano parola vivente e attuale nel contesto liturgico in cui è presente la Comunità che è la destinataria prima della Parola di Dio e che nel libro biblico trova racchiusa la sua vocazione, ed è attivo lo Spirito santo che ha ispirato le Scritture e ne presiede l’ermeneutica ecclesiale. 5. Idem, n. 24.
La Parola di Dio non si trova pertanto nella Scrittura isolatamente presa né semplicemente nella comunità, non si trova nella lettera della Scrittura né nello spirito della comunità ascoltante e lettrice, ma tra i due, nel loro rapporto mutuo e vivente, in una dinamica mai interamente oggettivabile e sempre nuova perché guidata dalla sovrana liberta dello Spirito santo.
La Parola di Dio avviene come evento pneumatico nell’interrelazione tra testo biblico e assemblea grazie all’azione vivificante dello Spirito santo. Scrittura, Spirito e Comunità sono infatti unificati nella e dalla presenza vivente del Cristo Risorto: la Scrittura è il libro che parla di Cristo e in Cristo trova la sua unità e il suo compimento (Lc 24,27.44; Gv 5,46);
«Tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest’unico libro è Cristo, perché tutta la Scrittura parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento»6. 6. UGO DI SAN VITTORE, De arca Noe morali, II, n. 8.
Lo Spirito è lo Spirito di Cristo (Rm 8,9), la Comunità è la chiesa di Cristo (Rom 16,16). E come lo Spirito ha vivificato il corpo di Gesù (cfr. Rom 8,11), così esso vivifica la parola scritturistica contenuta nel testo biblico (cfr. 2Cor 3,6: «La lettera uccide, è lo Spirito che dà la vita»), anch’esso tradizionalmente inteso come «corpo di Cristo» e vivifica quel corpo di Cristo che è la chiesa, la comunità cristiana (cfr. 1 Cor 12,13: «Siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo»).
La pericoresi tra Scrittura, Comunità e Spirito santo fa sì che nel contesto liturgico sia presente anche e soprattutto l’interlocutore dell’assemblea liturgica: il Cristo crocifisso e risorto.
La proclamazione Condizione elementare e basilare del passaggio del testo a parola è la sua lettura pubblica, la sua proclamazione. Lì lo scritto ridiventa orale. La parola si è fatta scrittura per ridiventare parola, annuncio, e questo avviene dando un corpo alla parola. Occorrono, come mostra con studiata lentezza Lc 4,16ss., una mano che prenda il libro e lo apra, occhi che vedano lo scritto, una bocca che pronunci le parole e le rivolga a un’assemblea che le ascolti con le proprie orecchie.
Il lettore dà corpo e voce, il proprio corpo e la propria voce di uomo del XXI secolo, alla parola scritta che ridiviene parola orale, attuale, rivolta a una comunità precisa. Si tratta dunque di una lettura-annuncio che deve essere udibile e comprensibile, opera di comunicazione. Il testo scritto vive nel suo essere proclamato.
Modalità di proclamazione, qualità dell’ambone quale luogo della proclamazione, dignità del libro, particolarmente l’evangeliario, sono elementi che concorrono all’evento che si verifica al momento della proclamazione liturgica: la resurrezione del testo scritto in parola vivente. Il dialogo tra lettore e assemblea che ascolta (cfr. Ap 1,3) è relativo infatti al dialogo tra la comunità riunita e il suo Signore.
L’azione dello Spirito Lo Spirito che ha presieduto il farsi Scrittura della Parola è anche lo Spirito che presiede il divenire nuovamente Parola della Scrittura: «La Scrittura deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta»7. 7. CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, o. c., n. 12.
«Perché la Parola di Dio operi davvero nei cuori ciò che fa risuonare negli orecchi, si richiede l’azione dello Spirito santo; sotto la sua ispirazione e con il suo aiuto la Parola di Dio diventa fondamento dell’azione liturgica e norma e sostegno di tutta la vita. L’azione dello stesso Spirito santo non solo previene, accompagna e prosegue tutta l’azione liturgica, ma a ciascuno suggerisce nel cuore tutto ciò che nella proclamazione della Parola di Dio vien detto per l’intera assemblea dei fedeli, e mentre rinsalda l’unità di tutti, favorisce anche la diversità dei carismi e ne valorizza la molteplice azione»8. 8. ORDOLECTIONUM MISSAE, 9.