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THÉATRON Lo spazio teatrale nel mondo antico. La Grecia: origini e sviluppo dello spazio scenico. Il mondo greco e i principali teatri dell’antichità.
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La parola théatron, da cui deriva nelle lingue moderne il termine “teatro”, compare per prima volta nei testi letterari greci arrivati fino a noi attorno al V secolo a. C. Si tratta di un sostantivo derivato dal verbo theàomai, “vedere”, che può designare sia il luogo adatto per assistere ad uno spettacolo sia la collettività degli spettatori che guardano quello spettacolo (per cui un attore può dire, ad esempio, che si sta rivolgendo al théatron). Il teatro come forma d’arte drammatica nasce nel VI secolo a.C. in Atene. Tuttavia, già nella società greca arcaica a partire dall’VIII secolo esistevano forme di intrattenimento di lunga tradizione, probabilmente micenee (danze, acrobati, giochi e competizioni atletiche) che richiedevano l’individuazione e la preparazione di spazi adatti. I testi letterari e le testimonianze iconografiche ci documentano primitive forme di spettacolo nelle quali il pubblico tendeva a disporsi a cerchio attorno ai performers. Ad esempio nell’Odissea (VIII 256 ss.: siamo attorno all’VIII secolo a. C.) si narra della preparazione ed esecuzione di una danza in onore di Ulisse da parte dei Feaci. Ma su, voi che siete i migliori danzatori Feaci, danzate, perché l’ospite racconti ai suoi cari, Tornato a casa, quanto siamo più bravi degli altri Nell’arte navale, e a correre, nella danza e nel canto. (…) Tutti e nove si alzarono gli arbitri scelti del popolo, che nelle gare preparavano bene ogni cosa, spianarono un coro, allargarono bene il campo di gara. S’accostò l’araldo recando la cetra sonora a Demodoco, ed egli avanzò fino al centro. L’attorniavano Giovani nel primissimo fiore, esperti di danze: scandirono coi piedi la danza divina. Ulisse guardava il balenare dei piedi e stupiva nell’animo. Notiamo che il tratto di terreno che viene spianato è definito choròn, la stessa parola che in greco indica la danza e anche il gruppo dei danzatori. Su di esso i giovani eseguono le figure del ballo (orkhethmos. dalla radice del verbo orkheisthai, danzare, da cui deriva anche la parola orchestra, sul cui significato teatrale torneremo più avanti).
Alcune rappresentazioni iconografiche assai antiche, inoltre, ci mostrano situazioni in cui gli spettatori di un evento spettacolare si dispongono in modo da ottenere una visuale dall’alto verso il basso. In particolare, un frammento di vaso ateniese del pittore Sofilo (VII secolo a. C.) da cui è tratto il disegno qui sotto, mostra il pubblico che assiste ad una gara atletica disposto su una sorta di rudimentale tribuna probabilmente eretta per l’occasione. La visione dall’alto verso il basso sarà destinata a restare una costante nella storia degli edifici teatrali greci.
L’edificio teatrale è certamente uno dei prodotti architettonici più caratteristici della civiltà greca antica, una forma d’arte nella quale la ricerca della perfezione geometrica e dell’armonia formale raggiunge risultati altissimi. Dalle città della Grecia continentale, dove si origina, il teatro nel corso di quattro secoli si diffonde a tutto il mondo colonizzato e abitato da Greci, diventando un elemento di prestigio dell’arredo urbano, fino a raggiungere in alcuni casi dimensioni imponenti, come quelle del teatro di Pergamo. Le rovine del grande teatro di Pergamo, in Asia Minore (Turchia), realizzato durante il regno del re Eumene I (197-159 a. C.)
Una delle più perfette e meglio conservate realizzazioni del teatro greco di età classica è rappresentata dal teatro di Epidauro, nell’Argolide, costruito all’interno di un grande santuario dedicato al dio della medicina Asclepio. Il teatro di Epidauro costituisce per molti versi un modello della ‘forma teatro’, caratterizzato da un finissimo studio della struttura circolare e da una perfetta acustica, tanto più stupefacente in quanto realizzata su basi solamente empiriche. Epidauro, visione aerea assiale del teatro, costruito nel IV secolo a. C. La parte superiore della cavea, aggiunta in epoca posteriore, è ben distinguibile dall’impianto originale
Questa immagine del teatro di Epidauro, ripresa dalla parte centrale superiore della cavea, evidenzia l’inserimento della struttura teatrale nello spazio naturale circostante. Al di là dello spazio dell’orchestra e degli edifici scenici di cui restano solo le fondamenta, lo sguardo degli spettatori poteva spaziare in lontananza sul santuario e fino al monte Aracnèo, nella piena luce del paesaggio greco. In quella piena luce si svolgevano le rappresentazioni, senza alcun concorso di illuminazione artificiale.
Ricostruzione del teatro di Epidauro con indicazione dei principali elementi costitutivi della struttura di un teatro greco della prima età ellenistica
Il teatro di Epidauro ci offre una immagine dello stadio di sviluppo cui le costruzioni teatrali erano giunte nel IV secolo a.C., alle soglie dell’età cosiddetta ellenistica (che si suole far cominciare con la morte di Alessandro Magno, nel 321 a. C.). A quell’epoca i teatri erano già diventati solidi edifici in pietra, ed avevano raggiunto dimensioni cospicue. Le origini del teatro tragico e comico risalgono però a circa un secolo e mezzo prima, e tutta la grande fioritura del teatro tragico e della commedia antica è contenuta nell’arco del V secolo a.C., una fase in cui la produzione teatrale è fenomeno quasi esclusivamente ateniese. E’ dunque nella città di Atene e nei suoi dintorni che si devono cercare le tracce della forma originaria dello spazio teatrale. Questa ricerca, come vedremo, risulta molto difficile per una complessa serie di motivi, e abbiamo ragione di sospettare che il teatro in cui misero in scena le loro opere i grandi drammaturghi del V secolo fosse sensibilmente diverso da quello che abbiamo appena descritto.
Il teatro di Dioniso in Atene Il teatro di Atene fu costruito, in epoca non precisabile (fine VI secolo a.C.?) all’interno del santuario di Dioniso Eleutereo, a sua volta realizzato alle pendici meridionali dell’Acropoli nella seconda metà del VI secolo a.C. L’area del teatro è stata oggetto di scavi accurati tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, ad opera degli archeologi tedeschi W. Dörpfeld e E. Fiechter, che riportarono alla luce le rovine oggi visibili. Le rovine del Teatro di Dioniso, sul pendio sud dell’Acropoli, come appaiono oggi. Sullo sfondo a destra si notano i resti del piccolo tempio di Dioniso, preesistente al teatro (freccia verde) e quelli di un altro tempio dello stesso dio, più recente (freccia rossa)
L’orchestra e la parte inferiore della cavea del teatro di Dioniso visti da NE. Da questa immagine, come dalla precedente, si nota come il pendio della collina fu in parte sbancato per far posto alla struttura teatrale. Particolare dell’orchestra, che evidenzia la pavimentazione intarsiata. Si notino anche la fila dei sedili privilegiati (proedrie, indicate dalla freccia rossa) e i gradini che davano accesso alla zona rialzata su sui recitavano gli attori (freccia verde).
Le rovine oggi visibili non corrispondono però all’aspetto originario del teatro, ma ad una delle numerose ristrutturazioni di epoca successiva, e precisamente a quella operata in età imperiale romana (II secolo d. C.). A quell’epoca il teatro doveva apparire all’incirca come in questa ricostruzione virtuale. Una parte dei resti appartiene ad una fase precedente, quella dell’epoca ellenistica (IV-I secolo a.C.), durante la quale il teatro appariva più o meno così (si noti la somiglianza con le strutture ricostruite per il teatro di Epidauro). Caratteristica di questa fase è la presenza di un alto palco (chiamato logheion) sul quale recitavano gli attori (freccia)
Ma qual era dunque l’aspetto originario del teatro, o quanto meno quello del teatro in cui furono messi in scena i drammi più antichi che conosciamo, nella prima metà del V secolo a. C.? Per cercare questa risposta, gli archeologi hanno scavato al di sotto delle rovine ellenistiche e romane, fino a trovare lo strato di roccia originario della collina, a contatto del quale dovevano trovarsi le strutture originarie. Il risultato di questa ricerca è scarno e problematico, ma di grande interesse. Pianta delle rovine riportate alla luce dagli scavi di Dörpfeld e Fiechter. Il solo elemento che possa essere riportato con buona probabilità al V secolo a. C. sono le sei pietre siglate SM1 e indicate dalla freccia, che si trovano a circa un metro sotto il livello degli altri resti e appaiono disposte secondo una linea curva che disegna un arco appartenente ad un cerchio assai grande.
Le sei pietre SM1 come appaiono oggi (Dörpfeld in realtà ne trovò 7, ma una è sparita). L’andamento curvo delle pietre fece ipotizzare all’archeologo tedesco che si trattasse dei resti di un grande muro di sostegno, costruito per delimitare e sostenere una vasta spianata circolare realizzata con terreno di riporto. Sarebbe stata questa l’orchestra originaria del teatro ateniese. Particolare delle pietre SM1
Se accettiamo l’ipotesi di Dörpfeld e ricostruiamo la circonferenza dell’orchestra sulla base della curvatura del muro SM1, si vede che l’orchestra arcaica (molto grande, del diametro di 20-25 m) si estendeva sulla zona dove poi sorsero gli edifici scenici in pietra, che dunque in origine non dovevano esserci o dovevano essere molto semplici e leggeri, perché si sarebbero trovati nei pressi del bordo del riempimento. Si capisce anche che l’orchestra attualmente visibile è il risultato di un arretramento rispetto alla posizione originaria, effettuato in occasione di successive ristrutturazioni del teatro. Sezione che ricostruisce il pendio originario della collina e il primo sbancamento del terreno. In nero il muro di sostegno SM1, in grigio il riporto di terreno che formava l’orchestra arcaica. I cerchi evidenziano la posizione reciproca dell’orchestra arcaica e di quella più tarda
La ricostruzione di Dörpfeld, largamente condivisa tra gli studiosi, parte dall’idea che nei teatri greci fin dalle origini la forma dell’orchestra sia sempre stata circolare. Le ragioni principali di questo convincimento sono: 1. La naturalezza della disposizione circolare del pubblico, che si riscontra in molte forme di spettacolo popolare, come danze, rappresentazioni ecc., e che è proseguita nella tradizione popolare greca. 2. L’assoluta prevalenza del modello circolare nei teatri dal IV secolo a.C. in poi, che hanno orchestre o circolari, come lo splendido esempio di Epidauro, o semicircolari. Questa circostanza potrebbe essere dovuta all’imitazione del modello più autorevole, quello del teatro ateniese del V secolo a. C. Il teatro di Epidauro durante una rappresentazione moderna. L’immagine evidenzia la grandezza dello spazio circolare dell’orchestra, che trova riscontro nelle grandi dimensioni dell’orchestra ateniese. Le costruzioni sulla sinistra sono una scenografia moderna ricostruita sulla base delle fondazioni antiche
Orchestre circolari, rettangolari, trapezoidali? Non tutti gli studiosi tuttavia concordano con Dörpfeld. Molti, tra cui l’italiano Carlo Anti, e di recente il tedesco Egert Pöhlmann, sono convinti che l’orchestra originaria del teatro di Atene fosse di forma rettangolare allungata o trapezoidale. Tale convinzione riposa su due ordini di considerazioni. 1. Nella civiltà minoica e micenea (XV-XII secolo a. C.) ci sono tracce di spazi destinati al pubblico di spettacoli e giochi in forma di gradinate rettilinee. 2. In alcune zone periferiche dell’Attica, la regione cui appartiene Atene, sono stati ritrovati resti di teatri che presentano orchestra rettangolare o trapezoidale, il più antico dei quali è il teatro di Torico. Orchestra e cavea del “teatro” di Torico, una piccola struttura realizzata a partire dalla metà circa del VI secolo a. C., nella quale un’orchestra di disegno rettangolare appare adattata alla curva del pendio. I primi diciannove gradini della cavea appartengono alla struttura più antica, che fu rimaneggiata in un secondo momento, come risulta dalla pianta che segue. La pianta evidenzia in nero la parte più antica del teatro, delimitata da un muro (analemma) che cinge la cavea, e la linea del muro che costitutiva il limite dell’orchestra primitiva, che si arrestava un paio di metri prima di quella attualmente visibile.
L’aspetto del teatro di Torico nella sua fase più arcaica (VI sec. A. C.), secondo la ricostruzione di Chr. Von Schieckel, conservata presso il Deutsches Theatermuseum di Monaco di Baviera. La validità di questo esempio per la ricostruzione dell’orchestra del teatro di Atene è per altro limitata, perché l’edificio preesiste alle più antiche manifestazioni teatrali ateniesi, e non ne conosciamo la destinazione d’uso.
Un altro caso di teatro con orchestra rettangolare è offerto dal piccolo teatro di Trachones, un borgo alla periferia di Atene, che è stato oggetto di scavo a partire dal 1973. Esso presenta una pianta sostanzialmente rettangolare, qui sotto riprodotta, e risale a giudizio degli archeologi che conducono gli scavi alla prima metà del IV secolo a. C. Alcuni studiosi traggono la conclusione che questi teatri periferici riprendessero la forma del teatro principale di Atene, che dunque sarebbe stato rettilineo e non circolare.
Ecco dunque quale potrebbe essere stato l’aspetto del teatro di Dioniso nella prima metà del V secolo a. C., se si accoglie la tesi di questi studiosi. Il modello è ancora di Chr. Schieckel, ed è conservato al Deutsches Theatermuseum di Monaco di Baviera (il tempietto sullo sfondo a destra è il vecchio tempio di Dioniso, della seconda metà del Vi sec. A.C.
La discussione degli archeologi sulla forma dell’orchestra non è ovviamente fine a se stessa. La scelta dell’una o dell’altra ricostruzione ha forti ripercussioni sul modo in cui possiamo figurarci la messa in scena originaria. I due aspetti più direttamente coinvolti sono: A: le coreografie del Coro. Benché delle figure di danza messe in atto dai coreuti sappiamo poco, è chiaro che una forma rotonda dell’orchestra favoriva figure di andamento circolare, che in alcuni casi sembrano anche testimoniate dai testi (per esempio, la danza magica che le Erinni eseguono contro Oreste nelle Eumenidi di Eschilo sembrerebbe basata sulla figura del cerchio che lega all’incantesimo). Una forma quadrata sembrerebbe invece coerente con le notizie che abbiamo da Polluce sulla formazione rettangolare che il Coro manteneva al momento dell’ingresso. Tutto però è molto incerto, non potendosi escludere l’esecuzione di figure circolari in spazi rettangolari e viceversa. B: la gestione dello spazio scenico e soprattutto la questione dei rari cambi di scena attuati dalla tragedia. Se il lato dell’orchestra che fronteggiava gli spettatori era piuttosto lungo, si possono ipotizzare messe in scena in cui venivano focalizzati due luoghi distinti, uno spostato a destra e uno spostato a sinistra, e pensare che il cambio di scena consistesse solo nello spostamento dell’attenzione degli spettatori dall’uno all’altro luogo (ad esempio le due porte di un edificio scenico molto allungato). Con l’orchestra circolare, invece, la visione tende ad essere simmetrica e centrale. Il decentramento della visione rispetto ad una parte degli spettatori resta uno degli argomenti più forti contro la tesi dell’orchestra allungata e rettangolare. Nel seguito sarà accolta come valida la tesi dell’orchestra circolare avanzata da Dörpfeld.
Il problema della skene Torniamo adesso alla prima sistemazione dell’area teatrale di Atene, che comprendeva probabilmente solo tre elementi essenziali, raffigurati nel modello riprodotto qui sotto, e cioè A) la cavea per gli spettatori, ricavata sul pendio della collina. In origine sappiamo che vi venivano sistemati dei sedili di legno (ikria), poi, in epoca non precisabile il pendio fu sistemato ricavandovi sedili in pietra. B) l’orchestra, un grande cerchio spianato di circa 25 m di diametro C) due rampe di accesso laterali (eisodoi o parodoi, indicate dalle frecce) che davano accesso all’orchestra da est e da ovest. Nel modello la posizione delle rampe è scelta arbitrariamente, perché nulla è rimasto di esse.
Possiamo dunque immaginare un teatro originario in cui alle spalle degli attori non compariva alcun fondale, o al massimo poteva esservi un fondale neutro di legno, con funzione solo di riflessione acustica. Questo troverebbe conferma nel fatto che alcuni drammi di Eschilo, come i Sette a Tebe e le Supplici non presuppongono la presenza di alcun edificio, e sono ambientati all’aperto. Tuttavia, almeno a partire dall’Orestea di Eschilo, quasi tutte le tragedie che possediamo presuppongono la presenza di una casa, o tempio, o capanna dalla quale i personaggi entrano ed escono, e lo stesso vale per tutte le commedie di Aristofane. Dunque, dobbiamo collocare in un qualche momento del V secolo a. C., la prima realizzazione di un edificio scenico cui si dà il nome di skene (da cui il latino scaena e il nostro termine moderno scena). Una possibile ricostruzione della prima skene del teatro di Dioniso, secondo Fiechter.
E’ evidente che la diversa datazione e ricostruzione dei resti archeologici porta a ricostruzioni della skene assai diverse, come le due raffigurate qui sotto: Ricostruzione di Dörpfeld. Si noti la massiccia struttura dell’edificio, con tre porte e un portico di fronte alla porta centrale, cui forse fanno riferimento alcuni testi tragici Ricostruzione di Mahr con l’edificio dotato sulle ali dei cosiddetti paraskenia, struttura che molti studiosi ritengono più tarda, di età ellenistica
Il teatro dal IV secolo in poi A partire dal IV secolo a.C., l’edificio teatrale diventa parte integrante dell’arredo urbano delle maggiori città di tutto il mondo greco, dalla Sicilia alle coste del Mar Nero. Ne sono stati ritrovati e scavati più di centocinquanta. La forma prevalente è quella già esemplificata nel teatro di Epidauro. In molti casi, tuttavia, le rovine giunte sino a noi sono il risultato di ristrutturazioni avvenute in epoca imperiale romana, e la valutazione della situazione originaria può risultare controversa. Restano tuttavia sostanzialmente immutati gli elementi essenziali, e cioè cavea ed orchestra circolare, con varie realizzazioni della skene e del cosiddetto proskenion, che assume la forma di un alto palco posto davanti alla skene (spazio questo riservato agli attori). La riduzione progressiva dell’importanza del coro avvia un procedimento di riduzione dello spazio orchestico, che in molti teatri non è più un cerchio completo, e di avanzamento degli edifici scenici verso la cavea, che arriverà a pieno compimento nel teatro romano. I teatri ellenistici assumono la caratteristica forma a parasceni, e si arricchiscono di risorse nuove e di macchinari, come le periaktoi, prismi girevoli posti ai lati dell’edificio scenico che consentivano di rappresentare dei cambi di scena. Di questa forma dell’edificio teatrale ci ha lasciato una importantissima descrizione l’architetto romano Vitruvio, nel quinto libro del De Architectura.
Il teatro di Megalopoli Visione aerea del teatro di Megalopoli in Arcadia, il più grande della terraferma greca (21.000 posti), realizzato nel IV secolo a. C. Sulla destra la freccia indica i resti di un edificio d’appogio (skenotheke) dal quale uscivano dei binari sui quali poteva scorrere un pannello (la scaenaductilis di Vitruvio) che andava a posizionarsi davanti alla skene cambiando la scena
Il teatro di Priene Il bel teatro di Priene, in Asia Minore ha subito numerosi rimaneggiamenti. L’orchestra e la cavea risalgono al 300 a. C. circa, e dovevano avere in origine una skene lignea. Più tardi fu eretta una scena in pietra con proscenio sul tetto del quale quale recitavano gli attori (logheion, metà II sec. A. C. indicato dalla freccia). La cavea fu dotata di sedili di marmo. In età romana, poi la skene fu elevata di un piano e resa più compless.
Delfi Il teatro è collocato nella parte alta del celebre santuario di Apollo, sulle pendici scoscese del M. Parnaso. Costruito nel IV secolo, fu restaurato in epoca imperiale romana. Sulla sinistra, al di là della cavea si scorgono alcune colonne e il basamento del tempio di Apollo, uno dei centri religiosi più importanti del mondo greco.
Il Mediterraneo Romano nel II secolo d. C. e la diffusione dei teatri nelle province romane
Per quanto riguarda gli edifici teatrali romani, è necessario fare alcune premesse. Tutta l’attività dei grandi drammaturghi di Roma del III e II secolo a. C. si svolse in teatri di legno di natura provvisoria, che venivano montati e smontati negli spazi aperti destinati ai Ludi. Una serie di pregiudizi rese i governanti romani dell’epoca repubblicana sospettosi nei confronti del teatro, e impedì la costruzione di edifici stabili. Solo a partire dal I secolo a. C. a Roma fu costruito un teatro in pietra. Questo tipo die difici però furono destinati a spettacoli di tipo diverso dalle opere della tradizione teatrale dei due secoli precedenti, che non vennero più rappresentate. I romani incontrarono nelle colonie greche che man mano andavano conquistando, dei teatri che riflettevano la forma del teatro ellenistico, Di questo tipo di edificio essi col tempo si appropriarono, modificandolo in una forma mista greco-romana, che con un lento processo di trasformazione si sviluppò in epoca imperiale in una forma nuova, che definiamo “teatro romano”, e poi nel cosiddetto amfiteatro. Gli edifici teatrali si diffusero nelle province dominate dai Romani, raggiungendo grandi risultati architettonici, ma anche in queste nuove sedi essi furono dedicati in genere dedicati a forme di spettacolo non strettamente teatrali. Questo vale anche per la più caratteristica struttura costruita dai Romani, e cioè l’amfiteatro. 4. Di fatto, lo studio degli edifici “teatrali” romani esula dall’argomento di questo corso, che si occupa dei drammaturghi del III-II secolo a. C. Se ne darà qui solo qualche cenno di carattere generale.
Nel corso della loro espansione verso il sud dell’Italia, tra IV e III secolo a. C., i Romani incontrarono molte città greche che avevano una intensa vita teatrale ed edifici in pietra di dimensioni considerevoli. La mappa mostra i luoghi che possedevano teatri a partire già dal IV secolo a. C. Una parte di essi (cerchiati in rosso) sono stati ritrovati dagli archeologi, di altri (verde), come i due teatri di Taranto, non si è ancora ritrovato nulla.
Il teatro di Metaponto La struttura visibile risale al III secolo a.C., ma il lavoro di costruzione del terrapieno che sostiene la cavea è databile al IV secolo a.C.
Segesta Il teatro di Segesta, come appare oggi. Situato presso la sommità del Monte Barbaro, in vista della costa di Castellamare, risale nell’impianto originario alla metà circa del III secolo a. C.; subì poi modifiche nel tempo. In questa immagine si nota la riduzione dello spazio orchestico, ormai semicircolare.
In questa seconda immagine si nota l’avvicinamento degli edifici scenici alla cavea, con considerevole riduzione dello spazio destinato alle eisodoi laterali. Le fondamenta degli edifici rivelano la forma a parasceni della skene, cioè la presenza di due ali sporgenti alle due estremità laterali.
Dei teatri dell’età di Ennio e Plauto non abbiamo praticamente alcuna documentazione iconografica contemporanea, e neppure attendibili descrizioni di epoca più tarda. Si ritiene che questi teatri provvisori riprendessero almeno in parte la forma dei palchi che vediamo raffigurati su una serie di vasi provenienti per lo più dalla Campania e dalla Puglia e daqtabili al IV secolo a.C. Si tratta per lo più di scene di commedia o secondo altri delle cosiddette farse fliaciche, un genere sorto fra IV e III secolo nella Magna Grecia New York. Metropolitan Museum of Arts, coll. Fleischmann F93cratere a campana apulo, 400-380 a.C. circa Scena di c ommedia o farsa fliacica, nella quale è evidente la presenza di un palco rialzato, accessibile con alcuni scalini e dotato di uno sfondo con una porta che rappresenta una casa
Berlin F 3044 Calice cratere di Assteas, probabilmente proveniente da Nola • Disegno ricavato dal lato A del vaso. • Scena di commedia. Un povero vecchio, di nome Carino, è aggredito da due ladri che vogliono portare via il forziere su cui Carino si è sdraiato. Il ladro a destra, di nome Cosilo, afferra e strattona il mantello su cui è steso il vecchio, l’altro, di nome Gymnilos, afferra Carino per i piedi. Sulla destra uno schiavo imbelle di nome Carione osserva terrorizzato senza intervenire a favore del padrone. • La scena è decorata con evidenti elementi teatrali, come le maschere femminili visibili al centro, e il palco sorretto da colonnine, con una porta sullo sfondo che rappresenta l’abitazione del vecchio Carino. • Le commedie di Plauto presuppongono un palco e uno sfondo sostanzialmente simile a questo.
Pompei Il teatro grande di Pompei, realizzato attorno all’80 a. C., è uno degli esempi più antichi dell’evoluzione della forma greca del teatro verso quella romana. L’orchestra ha perso ulteriormente spazio, e una parte di essa è stata occupata da quattro file di posti riservati a personaggi di prestigio (freccia blu). Gli edifici scenici si sono ormai saldati con la cavea, riducendo le parodoi a corridoi coperti da una volta (freccia rossa)
Il Teatro greco di Siracusa Questo bellissimo monumento antico ha ancor oggi una funzione importante, in quanto è sede dal 1914 delle rappresentazioni di teatro classico curate dall’I.N.D.A., che si alternano a convegni di studiosi del teatro antico.Siracusa ebbe un teatro fin da epoca molto antica: al tempo di Eschilo il tiranno Ierone invitò il drammaturgo ateniese e gli fece rappresentare i Persiani a Siracusa. L’edificio teatrale fu ricostruito completamente nel III secolo a. C. da Ierone II, e successivamente trasformato in modo radicale per dargli la forma del teatro romano (I-II secolo d.C.), con grandi edifici scenici addossati alla cavea.
Allo stesso processo di trasformazione da un teatro originario dell’epoca ellenistica ad una rielaborazione romana è andato incontro il teatro greco di Taormina, che ha conservato meglio di quello siracusano i resti degli edifici scenici in muratura, e in particolare il muro della scena.
Il teatro di Pompeo Il primo teatro di pietra edificato a Roma fu il teatro fatto costruire da Pompeo nel 55 a. C. Del teatro non resta nulla, ma si è conservata una pianta del tempo di Settimio Severo (II secolo d. C.), che ha permesso di ricostruirne l’ubicazione e la forma. Qui vediamo, riportata sulla pianta dell’attuale città di Roma, la sagoma del teatro, che rende anche l’idea delle enormi dimensioni della costruzione, che comprendeva, oltre al teatro vero e proprio (cerchiato in rosso) anche una vasta piazza cinta da portici e un tempio di Venere Vincitrice.
Ricostruzione virtuale del teatro di Pompeo. Si tratta di un teatro romano di forma compiuta, nel quale gli edifici scenici si sono completamente saldati con le estremità della cavea, La cavea era inoltre realizzata in modo che il cuneo centrale fosse una monumentale scalinata di accesso al tempio di Venus Victrix, indicato dalla freccia. Si notino anche le dimensioni raggiunte dall’edificio scenico, dotato di più piani.
Il teatro di Minturnae Un’altra importante innovazione che si afferma in ambito romano è il distacco dell’edificio teatrale dal pendio naturale di una collina. Il teatro di Minturnae, presso Latina, offre un bell’esempio di cavea che si regge su una struttura autonoma in muratura ad archi (fornici). Si tratta di un passaggio molto importante che prelude alla costruzione degli amfiteatri.
L’espansione dell’Impero Romano in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo fece diffondere il teatro romano nella vastissima area dominata dai Romani, dalla Spagna fino alle province Orientali. E proprio nelle provincie romane talora troviamo esemplari molto ben conservati. Nell’immagine, il teatro romano di Arles, in Provenza.