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Don Luigi Palazzolo. Il sacerdote. un prete. senza titoli né privilegi,. semplicemente "prete"!. un prete. che amava definirsi “ignorante” ma che in realtà. "vide da lontano". La sua vocazione-missione è essere…. prete della confidenza in Dio Provvidente;
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Don Luigi Palazzolo Il sacerdote
un prete senza titoli né privilegi, semplicemente "prete"!
un prete che amava definirsi “ignorante” ma che in realtà ... "vide da lontano"
La sua vocazione-missione è essere… • prete della confidenza in Dio Provvidente; • prete dell’umiltà profonda, della ubbidienzaperfetta, di una evangelica povertà • prete della carità e della gratuità • prete della gioia • prete dellapreghiera • prete della sapienza umile e semplice • prete della predicazione tra la gente semplice del popolo; • prete dell’oratorio, tra la gioventù povera • prete della comunione, sempre più intima col Padre, di una comunione fedele e operosa con la Chiesa e di una comunione proficua con i fratelli
La predicazione Immerso nel popolo con il cuore e con l’attività, don Luigi ne interpreta bene gli slanci religiosi, la fede semplice ma robusta; ne intuisce le possibilità da sviluppare e le ombre da rischiarare. Sa trovare il tono giusto per parlare dell’Amabile Infinito all’uomo oppresso dalla pesantezza della vita quotidiana, sa aprire la povertà materiale e morale alla speranza. La parte sua nelle Missioni era la gioventù d’ambo i sessi... In questo nessuno riusciva meglio del Palazzolo. Nei discorsi che faceva ai giovani e alle giovani, era impareggiabile. Li teneva là gli uni e le altre pendenti dalle sue labbra. Sapeva condire quei discorsi con fatti e con uno stile che i giovani sarebbero stati immobili tutto il giorno ad ascoltarlo... Altra sua occupazione e fatica nel tempo delle Missioni era il canto: raccoglieva quanti più poteva giovani e giovanette e insegnava loro delle canzoncine sacre, in gran parte di sua composizione, che poi faceva cantare in chiesa”. (don Luigi Rossi, testimone e compagno nelle missioni popolari)
L’oratorio Per don Luigi la parola “ORATORIO” significa: • Largo spazio alle feste religiose e non religiose (il carnevale, le sagre di paese ecc.) per cui si metteva in moto l’attività di tutti, dai ragazzi ai collaboratori giovani e adulti, laici, preti e suore. • Non mancava mai, anzi don Luigi lo voleva di proposito, il sano divertimento: rappresentazioni teatrali di vario tipo e in particolare l’attività della baracca dei burattini, manovrati con arte da don Luigi stesso. • Presenza attiva nell’oratorio di gruppi o associazioni particolari, per una formazione cristiana più capillare e approfondita dei ragazzi e giovani... • Scuole serali per giovani e adulti analfabeti, ovviamente poveri operai e contadini; scuole festive per le ragazze che andavano ben presto al lavoro e non avevano potuto frequentare normalmente le scuole elementari. • Intensa e ben organizzata attività catechistica per tutti; • Tempi della preghiera, importanti e ben curati: Don Luigi si studiava di rendere amabile ai ragazzi la preghiera, in modo che non la prendessero come un peso, ma come il soddisfacimento di un bisogno dell’anima. Non teneva i ragazzi lungamente in chiesa. Brevi le orazioni, brevi i discorsi, brevi le funzioni, non lunghe nemmeno le preparazioni ai sacramenti” .
La comunione con il Padre… • Da qui, la scelta di servire gli ultimi diviene una conseguenza logica e indispensabile: nel volto dei poveri e degli ultimi è riflesso il volto di Dio; servendo e vivendo con loro, entra in perfetta comunione col Padre. • “Chi alla vista di un Dio crocifisso può resistere a non amarlo?” Don Luigi vede in Gesù che muore ignudo sulla Croce il gesto più alto dell’Amore di Dio Padre. Quando contempla questo mistero d’amore ne resta affascinato fino ad avvertire che non può tirarsi indietro, che deve “darsi” come Lui • La strada sicura per entrare in comunione con Dio e per vivere come Lui è l’Eucarestia “Quando riceviamo l’Eucarestia diventiamo una cosa stessa con Cristo: noi ci mutiamo in Lui.”
… con la Chiesa • La ferma volontà di vivere in comunione con il Signore Gesù genera come conseguenza in don Luigi il desiderio di essere in comunione con la Chiesa: “Ecco dunque la prima cosa: stare attaccati a Gesù Cristo, ma nel modo che Egli vuole, cioè con quell’ossequio di ubbidienza alla sua Sposa che, salendo Egli al Cielo, ci ha lasciata quale interprete della sua volontà: la Chiesa! Chi non ubbidisce alla sua Chiesa, non è con Gesù Cristo.” • Alle sue suore raccomanda: “State sempre unite al Sommo Pontefice … in tutto ciò che riguarda la fede, il costume ed il governo della Chiesa in generale e il nostro minimo istituto in particolare.”
… con i fratelliin particolare con i “non raggiunti” • Il vivere in intima unione con il Padre e in pieno accordo con la Chiesa genera in lui la volontà di comunione con i fratelli e il desiderio di coinvolgere il maggior numero di persone per dare una risposta all’Amore gratuito ricevuto. • Don Luigi fa emergere le capacità insite nel cuore di ognuno e fa fruttificare al meglio le risorse umane di cui riesce a disporre; con la semplicità e l’umiltà che gli derivano dall’essere strumento nelle mani di Dio, fa comunione con gli uomini, tra gli ultimi e i più poveri, dove si riflette la presenza di Cristo e chiede risposte concrete e chiare. “Prendiamocela di patto che siamo poveri e dobbiamo stare da poveri e coi poveri; Gesù Cristo ci vuole coi poveri, coi poveri … coi poveri. Dovete vivere da povere con le povere e gustare gli incomodi della povertà” • Per don Luigi il modello da seguire nelle relazioni è la Sacra Famiglia di Nazareth, dove tutto viene vissuto in armonia, dove regna la pace e ognuno si sente partecipe e coinvolto nelle scelte di vita dell’altro.
La confidenza • Con la sua vita di povertà il Palazzolo testimonia che solamente il Signore è la vera e solida ricchezza per ogni uomo e che a Lui solo si deve la confidenza radicale: "Prega tanto il Signore che ci dia, e a me in particolare, grande confidenza in Lui. Bisogna persuadersi che da Lui solo dobbiamo aspettarci tutto, dagli uomini nulla” • La sua fiducia in un Padre che gratuitamente ama e serve la vera grandezza dell'uomo, è confermata, ancora più chiaramente e abbondantemente, dalla costante, quasi scrupolosa, preoccupazione di assecondare sempre e dovunque la volontà di Dio. • È uno dei propositi più sottolineati negli esercizi spirituali, è il tema che più frequentemente ricorre nel suo epistolario e rappresenta il filo conduttore della sua attività. Le diverse iniziative (oratorio maschile, oratorio femminile, Istituto delle suore, apertura delle varie case) fioriscono dal suo cuore e dalle sue mani solo quando è sicuro di essere nella volontà del Signore.
L’umiltà … Dal Castelletti:“… Il vero umile poco parla di sé. E se ne parla lo fa con la consapevolezza di chi si sente bisognoso dell’aiuto di Dio. Nella maggior parte delle sue lettere si firma coi nomi di povero peccatore, sacco di miserie, prete miserabile, e simili. Scrivendo alla Madre Gabrieli la supplica «per amor del caro nostro Gesù e della dolce Madre Maria» a non volergli tacer nulla di nulla che vegga in lui di mancante. Una volta fu visto viaggiare sopra un carretto tirato da un asino e tenendo in mano, per ripararsi dalla pioggia, un ombrello lacero e rotto. Si recò con un simile equipaggio da Torre Boldone fino a Gavarno, a visitare Mons. Speranza …. Mons. Speranza lo accolse con grande amorevolezza e lo volle a pranzo. Venuta l’ora della partenza, il Palazzolo, presente il Vescovo, fece attaccare il suo giumento al carretto e stava per montarvi, mentre un suo orfanello pigliava le redini. Allora il Vescovo, volendo far prova dell’umiltà e della obbedienza del Palazzolo, gli disse: «In complesso ella è ben comoda codesta vostra vantata umiltà. Siete venuto qui senza fatica al mondo col vostro carrettino guidato da mano altrui. Vorrei vedervi un po’ pigliare voi stesso le briglie del vostro giumento e guidarlo a mano». Non ci volle altro pel Palazzolo. Giubilante d’aver avuto un tal comando dal suo Vescovo, collocò tosto sul carretto il suo orfanello e pigliato con una mano per le briglie il giumento, coll’altra agitando da bravo carrettiere la frusta e gridando appunto come sogliono i carrettieri, si pose in viaggio, e sarebbe certamente andato fino a Torre ed in capo al mondo in quella maniera, se lasciatogli fare così un tratto di via, Monsignore non lo avesse richiamato, ordinandogli di montare di nuovo sul carretto e di usare poi parcamente di queste mostre di umiltà.
… l’obbedienza… • Don Rossi racconta: «Era di una obbedienza singolare, cosicché si può dire, che viveva di obbedienza. Voleva l’obbedienza in tutto, anche nelle cose minime e vi si atteneva scrupolosamente. Per lui il Superiore era tutto; la voce del Superiore era la voce di Dio. … Non ragionava su quello che gli veniva imposto, né discuteva, ma lo poneva in esecuzione. L’obbedienza lo rendeva tranquillissimo del suo operare. L’obbedienza lo avrebbe mandato nel fuoco. Quante volte mi diceva tutto allegro: “Il Superiore ha approvato, che faccia questo, che faccia quest’altro; sono sicuro quindi, che non isbaglio! ». • Don Luigi scrive a Madre Teresa: • “Preghi per me, perché ho bisogno di umiltà profonda per essere lucido e netto con chi mi dirige. Se sarò obbediente, sarò morto di quella morte, che è la più viva vita e sarò salvo. Siamo obbedienti fino a morire!”. • “Se l’obbedienza mi permettesse di fare tutto quello che la mia mente mi suggerisce, benché siano cose stravaganti, qual nocumento mi porterebbe il mondo? Ciò che porta danno non è che il peccato; questo debbo fuggire a costo della vita; ma le cattive figure che avessi a fare, facendomi tenere dal mondo per pazzo o stolto, queste anzi mi servono per tenermi umiliato.
… la povertà Don Luigi durante gli esercizi a Roma: • “Non so se nella S. Messa o nella meditazione prima mi si presentò alla mente, che Gesù morì ignudo sulla croce e però sentii desiderio di povertà e abbandonar tutto. … Grande eccitamento ancora a spogliarmi di tutto per amore di Gesù. In questo ebbi pensato la notte, nella quale non ho dormito il mio solito e sono stato molto tempo svegliato e agitato dolcemente da questi pensieri. … Mi ha messo in grande agitazione la mia risoluzione, ma avendo parlato col mio R. Direttore, mi sentii quieto e sono deciso per il sì..... Passeggiando nel giardino sentii grande consolazione nel seguitare Gesù ignudo; e questo mentre pensavo appunto alla mia risoluzione. Viva la povertà”. • “Salendo le scale per entrare in cella, ho dovuto fermarmi sulle scale istesse a ragionarla un poco col Cuore purissimo di Maria, la cui bella immagine sta dipinta sul muro del terrapieno, ed anche là ho sentito ravvivarmi il mio desiderio. • Al dubbio che mi disturbava, se dovrò privarmi del tal quadro, del cembalo, ecc. ecc., rispondo: Farò quello che Dio vorrà.
Carità e gratuità • “Se vi sono delle anime da salvare, e Iddio si compiace di salvarle per mezzo nostro, come dire di no?”. Così scriveva il Palazzolo, giustificando la larghezza sua nell’aver accettato alcuni orfani. Lo muoveva a compassione la miseria dei corpi, ma ancor più quella delle anime; quindi gli era caro il togliere quei poveri derelitti dalla strada e custodirli corporalmente per poter poi loro giovare nell’anima, apprendendo loro a conoscere ed amare il buon Dio. Così mons Amadei dice di lui: La sua vocazione: essere memoria di Cristo crocifisso, povero e umile, nel gratuito e completo darsi ai fratelli, in particolare dove è richiesta maggior gratuità, cioè nel servizio ai più bisognosi, privi di qualsiasi aiuto e rifiutati da tutti. • Il fuoco della carità che gli arde nel cuore, quella carità la radicale, la più illimitata, che non dice mai “basta” non gli lascia pace. Come un padre tenero ed affettuoso è sollecito del bene materiale e spirituale dei suoi figli, ai quali pur nella povertà non vuole che manchi il necessario per la vita del corpo e che abbondino i conforti che tengono vivo lo spirito. (Castelletti)
La gioia • Scrive di lui Mons Mariano Lovato: “La gioia del Palazzolo era quella di chi aveva scoperto la chiamata del Signore a trasformarsi in dono per tutti e continuamente vi corrispondeva. Chi gli si accostava capiva subito che Dio lo allietava di perenne e giovanile gioia, che in lui tutto era unificato e trasfigurato dall’amore. • Parlando di come vuole le sue suore, per la sua naturale sensibilità e delicatezza, don Luigi non indugia nell’affermare:“Il modo di trattare mi piace che sia rispettoso con tutti, ma nello stesso tempo aperto, franco, allegro”. • E così le persone, anche le più ferite dalla vita per non aver avuto una famiglia, non aver provato un affetto vero, scoprono di “stare a cuore” a un Dio che “non dimentica, anzi accarezza i suoi poverelli” e gustano la gioia e la sicurezza di avere un Dio-Papà che pensa a loro; sperimentano la soddisfazione di essere figli amati, riescono a cogliere in sé il positivo che li abita, cominciano a dialogare nella verità e nella fiducia; imparano a volere il bene e a compierlo, consapevoli di avere un posto e un compito nella vita e nella società. Il Castelletti annota:“… abbondava nei divertimenti. Permetteva tutti i giuochi, purché non vi fosse peccato; durante il carnevale procurava quanti divertimenti poteva; merende, cene, fantocci, recite, anche balli (s’intende di ragazzi e giovanetti fra di loro); d’autunno passeggiate. E non ultimi i burattini, le commedie, le farse e la musica che curava lui stesso senza risparmiare spese e energie.Amava, come S. Filippo Neri, l’allegria e andava egli stesso a scuotere e rimproverare quelli che nel tempo della ricreazione e dei divertimenti si stavano soli e taciturni”.
La preghiera • Dal Castelletti:“Aveasi collocato nel suo studiolo una grande croce di legno, alta non meno di due metri col Crocifisso dipinto da lui stesso secondo il suo genio, tutto coperto di lividure, di sangue, di piaghe da capo a piedi. Là davanti al Crocifisso pregava e pregava lungamente il dì e la notte” • Così scriveva a mons. Valsecchi:"Mi permetta adunque secondo l'usato da più e più anni di potere in questo mese della Madonna passare le notti nella Chiesa dinanzi al SS. Sacramento" • La preghiera e l'ascesi lo avevano introdotto sempre più nella "stanza fortunata" del Cuore di Cristo: "Tuo in Gesù nel cui Cuore mi trovi... Ti lascio nel Cuore di Gesù, là mi troverai"
Sapienza, umiltà, semplicità • “Attendiamo a santificarci nell'Umiltà, e a correre dietro a quello che vuole da noi Gesù, come a Lui piace puramente e semplicemente”. • Vita umile e nascosta quella condotta dal Palazzolo. Nella gerarchia ecclesiastica non fu mai altro che semplice prete. Non ambì, non cercò, non ebbe cariche, benefici, onorificenze. Gli bastava operare per la maggior gloria di Dio, e unico premio che ambisse su questa terra, sapersi benvoluto ed approvato da’ suoi Superiori. Non parlava mai nemmeno del bene che si operava nei suoi Istituti; costretto da necessità o convenienza a parlare, lo faceva con parole umili e di rendimento di grazie a Dio, ben mostrando come da lui solo riconoscesse quel bene.
Nell’esperienza relazionale di don Luigi, spicca in modo evidente la semplicità nei rapporti con il prossimo, chiunque esso sia, grandi e piccoli, collaboratori, le sue “benedette figlie” (le sue Suore), autorità ecclesiastiche e civili, miti e prepotenti, con chi era in sintonia e con chi lo osteggiava. • “Siate semplici semplici semplici semplici, avete capito?” - così scrive alle sue più dirette collaboratrici, le prime Poverelle, chiamate a servire i poveri - “Il vostro comportamento sia sodo, uguale, sciolto, allegro, umile, semplice”. Il suo è uno stile di semplicità contagioso, disarmante e accattivante: attira, apre il cuore dell’altro, rende accoglienti, dona fiducia e ispira confidenza. • “Di più la semplicità ha con sé un tale carattere severo di giustizia e di onestà che serve mirabilmente ad allontanare chiunque non avesse retta intenzione, nell’entrare in questa Casa”. Semplicità, verità e trasparenza che don Luigi vive profondamente in tutte le relazioni: “Se la legna la dona ai poveri orfanelli me la mandi come vuole. Se poi invece me la fa pagare, me la dia della più buona”. • Papa Giovanni XXIII, uomo evangelicamente semplice, da tutti stimato e amato per questa sua caratteristica, scrisse: “Il culmine della vita umana e cristiana è essere semplici” e aggiunge, non a caso, “con prudenza”. • Gesù nel suo Vangelo pone addirittura, come condizione indispensabile per entrare nel Regno del Padre, che è regno di verità, giustizia e fraternità, il “diventare semplici come un bambino”.
don Luigi Palazzolo prete! sempre e semplicemente