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AIF -S cuola 2007 Contesti teorici e scoperte sperimentali - Immagini della natura e modellizzazione in fisica. La strana storia della radiazione di fondo a microonde. S. Bergia, Dip. di Fisica di Bologna INFN, Sez.di Bologna. Un esempio sulle modalità del riscontro osservativo di
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AIF-Scuola 2007Contesti teorici e scoperte sperimentali - Immagini della natura e modellizzazione in fisica La strana storia della radiazione di fondo a microonde S. Bergia, Dip. di Fisica di Bologna INFN, Sez.di Bologna
Un esempio sulle modalità del riscontro osservativo di un’ipotesi cosmologica (e cosmogonica). •Come una scoperta casuale acquista significato in presenza di un’ipotesi complessiva. • Come la confluenza di un percorso teorico e di uno osservativo possono aprire nuovi campi di ricerca e fornire altre risposte oltre a quelle attese dall’ipotesi di partenza. • Di come in fisica (e in cosmologia) il discorso non sia mai chiuso, o di come un’apparente chiusura riapra di fatto il discorso.
La storia della radiazione di fondo a microonde comincia, intorno al 1948, con George Gamow, fisico nucleare e astrofisico americano di origine russa, e con la sua visione cosmologica complessiva, la cosiddetta teoria del big bang caldo . Con i suoi allievi e collaboratori Ralph Alpher e Robert Herman ipotizzò una fase (a ~300.000 anni di vita dell’universo) in cui la materia, sotto forma di plasma, era in equilibrio termico a circa 5.000 K con la radiazione elettromagnetica.
Se particelle materiali elettricamente cariche sono in equilibrio termico con la radiazione elettromagnetica, quest’ultima deve avere uno spettro planckiano: Numero di fotoni in un modo normale di oscillazione alla frequenza ν: v. H. Ohanian, R. Ruffini, Gravitazione e spazio-tempo, Zanichelli 1997, p. 459.
Per l’espansione Corrispondentemente Alpher e Herman formularono la previsione che l’universo attuale dovrebbe essere pervaso da una radiazione elettromagnetica con spettro termico corrispondente a una temperatura di circa 5K.
Nel 1964 la previsione di Alpher e Herman era caduta nel dimenticatoio. In quell’anno Arno Penzias e Robert Wilson, della Bell Telephone Company, stavano mettendo a punto, a Holmdel, New Jersey, un’antenna per le trasmissioni via satellite.
Per migliorare la qualità delle telecomunicazioni, si deve cercare di eliminare i disturbi, quello che si chiama il rumore radioelettrico. Nel maggio del '64, Penzias e Wilson avevano cominciato a impiegare la loro antenna per misurare il rumore radioelettrico proveniente dallo zenit. Dedotti vari effetti, rimaneva un rumore residuo che risultò ineliminabile. Nell'anno seguente, essi si resero conto che lo stesso rumore era captato da ogni direzione. Inoltre constatarono che non subiva variazioni stagionali. Gradualmente risultò che esso non era prodotto dalla superficie terrestre, né da qualunque sorgente localizzabile.
Per una coincidenza veramente straordinaria, Robert Dicke era alla guida di un gruppo di ricerca che si occupava di questi temi a Princeton, New Jersey, a pochi chilometri di distanza da Holmdel. Dicke era fautore di un universo chiuso oscillante: il “nostro” big bang avrebbe fatto seguito a un big crunch, un residuo del quale dovrebbe essere un fondo di radiazione elettromagnetica. Su sue indicazioni, Jim Peebles effettuò calcoli, pubblicati in un articolo proprio nel 1965, secondo i quali l’universo attuale dovrebbe essere permeato da una tale radiazione con spettro termico corrispondente a una temperatura di 10K.
Sentito della scoperta di Penzias e Wilson, Dicke e i suoi proposero immediatamente l’identificazione del fondo in eccesso rivelato da Penzias e Wilson con la radiazione cosmica da loro prevista. I due gruppi si misero d’accordo per pubblicare due articoli sull’“Astrophysical Journal”, il primo dei quali, di Penzias e Wilson, forniva il resoconto della scoperta, mentre il secondo, dei fisici di Princeton, ne descriveva la possibile interpretazione cosmologica.
Ma il segnale (non più rumore) di Penzias e Wilson era di una lunghezza d’onda intorno ai 7 cm (nel campo delle microonde). Per una vera conferma occorreva lo spettro. Nel 1990 un satellite dedicato, COBE (Cosmic Background Explorer), trasmise a terra lo spettro completo della radiazione di fondo: uno spettro planckiano per una temperatura di2,728 K.
I dati di COBE furono considerati dalla quasi totalità degli addetti ai lavori (il solo Hoyle cercò di individuare possibili meccanismi alternativi nell’ambito della teoria dello stato stazionario) come il suggello definitivo alla teoria del big bang caldo. Il principio cosmologico, che parte avevo dall'ipotesi di una distribuzione mediamente omogenea della materia dell'universo, implica che se ne abbia una visione isotropa – in particolare – dal nostro punto d'osservazione. La radiazioni appariva in effetti isotropa: da qualunque settore del cielo provenisse si registrava per essa uno spettro planckiano alla stessa temperatura.
Se la condizione appare ragionevolmente soddisfatta dalle osservazioni riguardanti la distribuzione delle galassie, essa apparve esserlo in termini immediatamente stringenti dal punto di vista quantitativo da questo risultato sperimentale. Andando a valori di ΔT/T via via più piccoli su scoprirono tuttavia anisotropie ... e fluttuazioni. Una premessa: la proiezione di Hammer
(l’asse orizzontale individua il piano galattico; il fondo galattico è sottratto nelle due immagini)
L’anisotropia di dipolo Qual è l’andamento della variazione di temperatura con l’angolo? (in ordinate la differenza fra la temperatura osservata Tobs e quella massima T0)
Come possiamo dar ragione di questo andamento? Con riferimento alla legge di Planck si usa introdurre quella che si chiama intensità specifica della radiazione, di solito denotata come Iν e si dimostra che è un invariante*. Ma allora lo è anche *John. A. Peacock, Cosmological Physics, Cambridge University Press, 1999, p. 290.
Se c’è un moto dell’osservatore rispetto alla sorgente della radiazione, e quindi uno spostamento Doppler della frequenza, si passa da una frequenza ν0 a una frequenza ν tramite (per un moto d’avvicinamento) la Sull’argomento, v. anche: P. E. Peebles, D. P. Wilkinson, Phys. Rev. 174, 2168 (1968); B. Melchiorre, F. Melchiorre, M. Signore, New Astronomy Revievs, 46, No. 11, 693 (2002). o Ma allora dovrà anche essere
Sviluppando in serie la abbiamo e quindi, al prim’ordine: da confrontare con la Nota T0 si risalealla velocità v.
L’anisotropia è interpretata in termini di un effetto Doppler, il parametro v misurando il valore della velocità che ad esso dà luogo. Velocità (nostra) rispetto a che cosa? Non certo rispetto alla radiazione di fondo, che viaggia comunque alla velocità c: piuttosto velocità del nostro punto d’osservazione – meglio sistema di riferimento – rispetto a un sistema di riferimento che non constaterebbe l’anisotropia. Il discorso sa di tautologia, ma non è affatto tautologico perché implica l’assunzione che, evento per evento nell’universo – il nostro qui e ora, al solito, non è privilegiato –, vi sia un osservatore che constaterebbe l’isotropia (in breve, un osservatore isotropo). Gli osservatori isotropi sono quelli del substrato.
Le velocità del sistema solare rispetto all’osservatore locale isotropo risulta di circa 380 km/s*. Sottratto (vettorialmente) il moto del sistema rispetto al gruppo locale, risulta il moto di quest’ultimo rispetto al substrato illustrato nella figura: V., per es., D. Giulini, Special Relativity, Oxford University Press (2005), p. 124.
Appare del tutto legittimo affermare che attraverso l’effetto si è rivelato un moto assoluto del nostro sistema di riferimento, assoluto in quanto moto rispetto a un sistema di riferimento privilegiato, quello dell’osservatore locale isotropo. Questo sistema non individua una sorta di sistema di quiete dell’universo. L’elemento “qui ed ora” del substrato è in caduta libera (sistema localmente inerziale) nel campo determinato dalla distribuzione media della materia nell’universo. Tuttavia, nel loro insieme, i sistemi di riferimento localmente inerziali associati agli elementi del substrato individuano un sistema inerziale esteso, cioè un sistema di riferimento inerziale di nuovo tipo non soggetto alla limitazione della località.
Una reincarnazione dell’etere? Ebbene, sì: qualcuno a suo tempo parlò di un “ether transmogrified”. Stiamo violando il principio di relatività? N.B.: Dal 1965 in poi, sono state eseguite sofisticate ripetizioni dell’esperimento di Michelson e Morley (fra le altre, quelle di L. Essen, 1955; C. H. Townes e altri, 1964; A. Brillet e J. L. Hall, 1979) che hanno permesso di abbassare il tetto per un’eventuale velocità di deriva nell’etere da qualche chilometro al secondo a 1,6 m/s, naturalmente compatibili con 0 nei limiti della precisione sperimentale. E allora? Il punto è che non stiamo eseguendo un esperimento, ma “guardando fuori”. Il caveat galileiano: “Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coperta di alcun gran navilio …”
Se “guardiamo fuori” ci rendiamo conto del nostro moto – anche se rettilineo uniforme – rispetto a non importa che cosa. Ma guardar fuori non vuol dire sperimentare. In questo caso, osserviamo dal nostro sistema di riferimento una sorgente a riposo in un altro; guardare una sorgente luminosa rispetto alla quale siamo in moto è un tipico modo di guardar fuori, appena più sofisticato di quello consistente nell’aprire un oblò. Il principio di relatività - Esperimenti condotti nelle stesse condizioni in diversi sistemi inerziali danno gli stessi risultati - non esclude la possibiltà di renderci conto di un nostro stato di moto, anche assoluto, guardando fuori.
Le fluttuazioni La comunità degli esperti era peraltro ben consapevole che la radiazione di fondo avrebbe dovuto mostrare altre anisotropie, o meglio irregolarità, o meglio ancora fluttuazioni. La mancanza di forme di irregolarità a avrebbe testimoniato una corrispondente distribuzione omogenea della materia nel plasma primordiale: e allora come - dopo il distacco fra materia e radiazione - avrebbero potuto formarsi le aggregazioni della materia ai vari livelli riscontrati, in particolare in galassie? Meno male che COBE, esplorando la volta celeste con una risoluzione di 7 gradi, le riscontrò!
L’analisi della struttura del campo di temperature ci permette potenzialmente l’accesso ad una quantità di informazioni cosmologicamente rilevanti, in primo luogo sulla geometria dell’universo. Questa analisi si rende però possibile solo per una risoluzione angolare più fine di quella che era stato in grado di compiere la missione COBE. Una tale risoluzione è stata ottenuta in esperimenti più recenti, come BOOMERANG, DASI, MAXIMA E WMAP. BOOMERANG (Balloon Observation of Millimetric Extragalactic Radiation and Geophysics) era una collaborazione fra varie università statunitensi, canadesi, britanniche, francesi e italiane, e con Istituti CNR, guidata da Paolo de Bernardis e da Andrew Lange.
COBE aveva una risoluzione di 7 gradi. Anche se BOOMERANG esplorò solo il 2,5% del cielo, lo fece con una risoluzione di 0,25 secondi d’arco.
Le dimensioni lineari apparenti di un oggetto lontano, a parità delle dimensioni, dipendono dalla geometria dello spazio. Si pensi, a un triangolo isoscele, i cui due lati uguali sono formati dalle rette luce che congiungono le due estremità dell’oggetto al punto di osservazione: la dimensione apparente coinciderà con quella intrinseca nel caso di geometria euclidea, e risulterà rispettivamente maggiore e minore nei casi di geometria elittica e iperbolica.
Per poter inferire qualcosa sulla geometria, si deve avere un’informazione sulla dimensione intrinseca di qualcosa, una sorta di regolo campione. L’“orizzonte alla ricombinazione” è la distanza che un fotone può aver coperto dal più caldo e denso momento della storia dell’universo (il big bang) a quello in cui la materia diventò trasparente alla radiazione. Se la geometria dello spazio è euclidea l’ampiezza dell’orizzonte alla ricombinazione vale circa un grado. Per quanto appena ricordato BOOMERANG era ampiamente in grado di individuare fluttuazioni dell'ampiezza dell’orizzonte, e quindi di ottenere indicazioni sulla geometria spaziale dell'universo.
Una risposta formalizzata venne di fatto dall'analisi dello spettro di potenza della radiazione, qualcosa come una trasformata di Fourier della sua distribuzione spaziale. La conclusione di BOOMERANG sulla piattezza dell’universo è stata in seguito confermata e rafforzata dagli altri esperimenti.
Se valgono i modelli di Friedmann a suo tempo delineati, la densità media riscontrata della materia, visibile od oscura che sia, si aggira sul trenta per cento del valore critico necessario per individuare tra essi quello di Einstein-de Sitter, spazialmente piatto. Per rendere uguale a uno il valore determinante del parametro Ω, rapporto della densità media a quella critica,mancherebbe dunque, se ci atteniamo a quella modellistica senza modifiche, qualcosa come il settanta per cento della materia. Ma c’è un altro dato recente che ci dice che quelle equazioni vanno in ogni caso modificate….
La legge di Hubble, si è detto, non può valere rigorosamente: la velocità d’espansione, nei modelli di Friedmann esposti, varia (diminuisce) col tempo cosmico. Ci si aspettano dunque scostamenti dalla linearità del tipo di quello rappresentato in figura dalla curva con la concavità rivolta verso il basso.
E se l’espansione è accelerata? Supernovae di tipo 1a hanno fornito un nuovo tipo di candela cosmica. Gli scostamenti ci sono, ma vanno in verso opposto.
Se la costante cosmologica rientra dalla finestra … Ma come può una qualunque teoria di forze attrattive comportare un’accelerazione anziché una decelerazione di oggetti ad essa sottoposti? Una sorta di repulsione era stata a suo tempo introdotta da Einstein,nel 1917, per rendere statico il suo universo ipersferico. Esso sarebbe collassato sotto l’azione della gravità come descritta dalle sue originarie equazioni del campo se egli non le avesse modificate introducendovi un termine nella costante cosmologica Λ. Che dunque, bilanciando una forza attrattiva, rappresentava di fatto una sorta di repulsione di origine totalmente sconosciuta. Il risultato fu allora ottenuto, come intuitivamente comprensibile, fissando un valore definito di Λ.
Per un valore di Λ maggiore o minore l’equilibrio non sarebbe stato raggiunto. Ma c’è di più: poiché, com’è noto dai tempi di Galileo e Newton, le forze non producono il moto ma un’accelerazione, un valore di Λ maggiore di quello allora scelto avrebbe prodotto un'espansione accelerata dell’universo einsteiniano. E un termine di costante cosmologica reintrodotto nelle equazioni di campo finirebbe nelle equazioni descriventi i modelli di Friedmann modificandole nel senso di renderle potenzialmente in grado di descrivere un’espansione accelerata.
L’equazione di Friedmann è in realtà un integrale primo, assieme alla C=costante, delle equazioni del moto. Quella basilare, per un universo di polvere, è la: Introdottovi un termine nella costante cosmologica essa prende la forma Il termine aggiutivo simula dunque la presenza di una densità
Risulta pertanto possibile scegliere un valore di Λ che, accanto all’accelerazione, renda conto anche della piattezza dell’universo. “Basta‘”, allo scopo, sceglierlo in modo che ρΛvalga quello 0,7 che può, aggiunto allo 0,3 provveduto dalla materia visibile ed oscura, rendere uguale a 1 il valore del parametro Ω. Poiché non c’è materia associabile alla densità ρΛil termine in uso che affianca quello di materia oscura è energia oscura.
Non è ancora finita: nel 2001, il telescopio spaziale Hubble individuò una supernova ancora più remota che indicava uno scostamento dalla legge di Hubble comportante una decelerazione. La fase attuale di accelerazione sarebbe stata dunque preceduta da una fase di decelerazione. Più recentemente, lo stesso Hubble ha individuato altre due supernovae in galassie che sembrano collocarsi nella regione di transizione.
Un termine di costante cosmologica appare in grado di rendere conto di tutte queste modalità: il termine di densità ρΛ che essa introduce nelle equazioni di Friedmann è, né potrebbe essere diversamente, costante; il termine di densità descrivente la materia, visibile od oscura che sia, varia invece, a seguito dell'espansione, secondo l’inverso del cubo del fattore di scala; esso domina quindi sul termine comologico per tempi abbastanza remoti mentre ne è sopraffatto per tempi più prossimi.
Quello basato sulla costante cosmologica costituisce il tentativo più semplice di rendere conto delle novità messe in luce dalle osservazioni e misure recenti. Ce ne sono svariati altri. Nessuno, crediamo, pienamente soddisfacente. Già la materia oscura, della quale si colgono le tracce ma che non è stato ancora dato di riscontrare direttamente, costituisce una grossa difficoltà; l’energia oscura una maggiore: non che manchi un’idea circa quale ne potrebbe essere l’origine – le fluttuazioni quantistiche del vuoto – ma vari tentativi di calcolo della costante cosmologica su questa base falliscono l’obiettivo per un numero impressionante di ordini di grandezza. Meglio così: rimane molto da fare nel secolo in corso: quello passato sembra aver prodotto abbastanza, come in altri campi.