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Le vicende di Roma fino alla vigilia dell’intervento in Italia meridionale. Lezione V. I popoli dell’Italia preromana: il Centro-Nord. 2. I Latini e Roma. 3. I Latini. Stanziati originariamente in un’area piuttosto ristretta, compresa tra il Tevere e l’area dei Colli Albani (Latium vetus).
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Le vicende di Roma fino alla vigilia dell’intervento in Italia meridionale Lezione V
I Latini • Stanziati originariamente in un’area piuttosto ristretta, compresa tra il Tevere e l’area dei Colli Albani (Latium vetus). • La parte meridionale dell’odierno Lazio era occupato da Volsci, Ernici e Aurunci (Latium adiectum, perché “aggiunto” al Lazio antico dopo la conquista romana). 4
Caratteri delle genti latine • Una popolazione indoeuropea, che presenta particolari affinità linguistiche con i loro vicini settentrionali, i Falisci, ma anche con i Siculi della Calabria meridionale e della Sicilia. • Il mutamento dei rituali funerari nel Lazio nel X sec. a.C. (passaggio dall’inumazione all’incinerazione) testimonia l’arrivo di genti latine? • Dalle forme di insediamento sparso si passa ad un’organizzazione per poleis: Alba Longa, Lavinium (Pratica di Mare), Praeneste (Palestrina), Tibur (Tivoli) e Tusculum (nei pressi di Frascati). • La formazione in età storica di una Lega Latina.
Un elemento caratteristico del rituale funebre latino: l’urna a capanna • Queste copie miniaturizza-te di capanne, in cui si ponevano le ceneri del defunto, ci permettono di conoscere l’architettura domestica dei Latini. • Capanna in terracotta da Castelgandolfo, IX sec. a.C. (Roma, Museo Gre-goriano Etrusco) 6
I Latini: il santuario di Minerva a Lavinio • Lavinium come “città santa” dei Latini, per la presenza di numerosi santuari: il santuario dei 13 altari, un’area sacra a Enea, il santuario di Minerva. • Statua di offerente in terracotta da Lavinio (Pratica di Mare) dal santuario di Minerva. 7
Roma, città latina (e troiana) • Dal punto di vista culturale e linguistico Roma è una città latina: ma nella nota leggenda alla componente latina si aggiunge quella troiana. • Un gruppo di scampati alla rovina di Troia, guidati da Enea, approda nel Lazio. • L’accordo con gli indigeni del re Latino: Enea ne sposa la figlia, Lavinia, in onore della quale è fondata Lavinium. • Il figlio di Enea, Ascanio (o Iulo), fonda la città di Alba Longa, sulla quale regnano 12 generazioni di suoi discendenti.
Il mito di Romolo e Remo • Il dodicesimo re di Alba Longa, Numitore, è spodestato dal fratello Amulio. • La figlia di Numitore, Rea Silvia, è costretta a farsi vestale, ma rimane prodigiosamente incinta del dio Marte. • I due figli gemelli di Rea Silvia si salvano miracolosamente dalle macchinazioni di Amulio: approdati sulle rive del Tevere (dove sorgerà Roma) sono allevati dal pastore Faustolo. • La riscossa dei gemelli: Amulio è cacciato e il regno è restituito al vecchio Numitore. • I gemelli decidono di fondare per loro una nuova città, Roma: ma tra Romolo e Remo sorge un contrasto.
Livio,, I, 7, 1-3: la sanguinosa cronaca della fondazione di Roma • Si dice che a Remo per primo apparvero come segno augurale sei avvoltoi; e poiché, quando ormai l’augurio era stato annunciato, se ne erano mostrati a Romolo il doppio, le rispettive schiere li avevano acclamati re entrambi: gli uni pretendevano di avere diritto al regno per la priorità nel tempo, gli altri invece per il numero degli uccelli. Venuti quindi a parole, dalla foga della discussione furono spinti alla strage; fu allora che Remo cadde colpito nella mischia. È più diffusa la tradizione che Remo, in atto di scherno verso il fratello, abbia varcato con un salto le nuove mura e che per questo sia stato ucciso da Romolo infuriato, il quale, inveendo anche a parole, avrebbe aggiunto “Così d’ora in poi perisca chiunque altro varcherà le mie mura!”. Pertanto Romolo ebbe da solo il potere; fondata la città essa ebbe il nome dal suo fondatore.
Caratteri della leggenda delle origini di Roma • Il racconto tradizionale ha scarsa credibilità storica: Livio (vissuto molti secoli dopo l’evento) inventa, sulla base della verosimiglianza e delle istituzioni posteriori. • L’opinione degli studiosi moderni: Roma non è creata in un giorno, ma è il risultato di un lento processo di fusione dei villaggi che sorgevano sui sette colli. • Un processo che troverebbe compimento proprio alla metà del VIII sec. a.C., in una data vicina a quella tradizionale per la fondazione di Roma (753 a.C.). • Il dato archeologico: i rinvenimenti di antichissime capanne nell’area in cui sorgerà Roma e il “muro di Romolo” ritrovato da A. Carandini nell’area del Palatino.
La monarchia latino-sabina • Secondo la tradizione i primi quattro re di Roma sarebbero appartenenti, alternativamente, all’etnia latina (Romolo, Tullo Ostilio) e a quella sabina (Numa Pompilio, Anco Marcio). • Tradizioni poco credibili, ma non si può dubitare dell’esistenza di una monarchia nella Roma delle origini, sulla base di importanti prove documentarie. • Una monarchia non assoluta: il re è vincolato ad ascoltare il parere del Senato, che riunisce i capi delle gentes(patres). • Alla morte del re il potere torna ai patres, che eleggono un nuovo sovrano.
Il cippo del Foro • Una lacunosa ed enig-matica iscrizione, redatta in alfabeto e lingua molto arcaici. • Per tali caratteristiche l’iscrizione è datata in genere entro il VI sec. a.C. • Probabilmente una legge sacra, la cui precisa interpretazione è ancora discussa. • Importante la comparsa della parola recei, “al re”. 14
Una testimonianza documentaria sulla monarchia di Roma: il graffito della Regia Graffito su coppa di bucchero, dalla Regia, 530 a.C. (Roma, Antiquarium del Palatino) 15
La monarchia etrusca • Una fase meglio documentata (fine VII – fine VI sec. a.C.) nella quale regnano a Roma personaggi provenienti dall’Etruria: Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. • Roma si dota di istituzioni più stabili ed efficienti. • La svolta autocratica della monarchia etrusca, in cui il potere si trasmette per via dinastica. • Una fioritura urbanistica della Roma etrusca: il tempio di Giove Capitolino, l’area sacra di S. Omobono (templi di Fortuna e Mater Matuta).
Gruppo in terracotta dall’area sacra di S. Omobono: Minerva ed Ercole (metà VI a.C.) 17
La caduta della monarchia etrusca • Le tendenze autocratiche di un re che fonda il suo potere soprattutto sul consenso delle classi sociali inferiori (compresi i molti immigrati dall’Etruria): la plebe. • La reazione dei patricii (i discendenti degli originari patres): una congiura aristocratica porta alla cacciata di Tarquinio il Superbo e alla creazione di una Repubblica. • Un racconto con particolari leggendari (esemplificati su episodi della storia greca), ma nella sua sostanza credibile.
Il quadro politico del Lazio alla fine della monarchia La Roma dei Tarquini esercita un’egemonia su buona parte del Latium, grazie alle conquiste e alla politica matrimoniale dei re etruschi. Un quadro confermato da un documento importantissimo: il primo trattato romano-punico, concluso nel primo anno della Repubblica (data tradizionale: 509 a.C.; data polibiana 508 a.C.) 19
Polibio, III, 22: il I trattato romano-punico Ebbene, il primo trattato tra Romani e Cartaginesi è dell'epoca di Lucio Giunio Bruto e Marco Orazio, i primi consoli che furono eletti dopo la fine della monarchia, dai quali fu anche consacrato il santuario di Giove Capitolino. Questi eventi accaddero 28 anni prima del passaggio di Serse in Grecia. L'abbiamo trascritto dandone l'interpreta-zione più precisa possibile. La differenza tra la lingua dei Romani di oggi e quella antica è così forte, infatti, che anche i più esperti conoscitori a stento distinguono qualco-sa, dopo avervi fissato la loro attenzione. 20
Polibio, III, 22: il I trattato romano-punico Il trattato è il seguente: «A queste condizioni ci sia amicizia tra i Romani e gli alleati dei Romani e i Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi: né i Romani né gli alleati dei Romani navighino al di là del promontorio Bello, a meno che non vi siano costretti da una tempesta o da nemici; qualora uno vi sia trasportato a forza, non gli sia permesso comprare né prendere nulla, tranne quanto gli occorre per riparare l'imbarcazione o per compiere sacrifici, e si allontani entro cinque giorni. A quelli che giungono per commercio non sia possibile portare a termine alcuna transazione, se non in presenza di un araldo o di un cancelliere … 21
Polibio, III, 22: il I trattato romano-punico I Cartaginesi non commettano torti ai danni degli abitanti di Ardea, Anzio, Laurento, Circei, Terracina, né di alcun altro dei Latini, quanti sono soggetti; nel caso di quelli non soggetti, si tengano lontani dalle loro città: ciò che prendano, restituiscano ai Romani intatto. Non costruiscano fortezze nel Lazio. Qualora penetrino da nemici nella regione, non passino la notte nella regione». 22
Il crollo del dominio romano sul Lazio Approfittando delle difficoltà interne di Roma determinate dalla fine della monarchia, le città latine si affrancano dal suo dominio e si stringono in una Lega. Ai suoi membri la Lega Latina riconosce: Ius connubii Ius commercii Ius migrationis 23
I successi della Lega Latina Nella battaglia di Aricia, la Lega Latina, appoggiata da Aristodemo di Cuma, sconfigge Arrunte, figlio del re di Chiusi Porsenna. La Lega Latina si volge poi contro Roma, secondo la tradizione su impulso del dittatore di Tusculum, Ottavo Mamilio, che voleva riportare sul trono di Roma suo suocero Tarquinio. 24
La rivolta dei Latini contro Roma: Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, V, 50, 1 Al tempo della 70° Olimpiade, nella quale vinse la corsa dello stadio Nicea di Opunto, nella Locride, mentre Smiro era arconte ad Atene (500/499 a.C.), assunsero la dignità consolare Postumo Cominio e T. Larcio (501 a.C.). Nel corso del loro ufficio, le città latine si staccarono dall'amicizia con i Romani, poiché Ottavo Mamilio, il genero di Tarquinio, aveva convinto gli uomini più illustri di ciascuna città, in parte con promesse di doni, in parte con preghiere, a cooperare al ritorno degli esuli. 25
La Lega Latina in guerra: Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, V, 61, 1-3 Riunitasi a Ferentino un'assemblea generale, coloro che esortavano a fare ricorso alle armi, e in particolare Tarquinio e suo genero Mamilio, insieme coi capi della città di Aricia, accusarono con violenza coloro che cercavano di opporsi alla guerra. Trascinati dai discorsi di costoro, tutti i delegati della nazione latina deci-sero di intraprendere la guerra contro i Romani; e perché nessuna città tradisse la causa comune o interrompesse le ostilità senza il consenso di tutti, pronunciarono giuramenti reciproci e decretarono che coloro che non avessero osservato gli ac-cordi sarebbero stati esclusi dai trattati di alleanza, maledetti e considerati nemici di tutti. I delegati che sottoscrissero i patti e pronunciarono i giuramenti proveni-vano da queste città: Ardea, Aricia, Boville, Bubento, Cora, Carvento, Circea, Corioli, Corbio, Cabo, Fortinea, Gabii, Laurento, Lanuvio, Lavinio, Labici, No-mento, Norba, Preneste, Pedo, Quercetola, Satrico, Scazia, Sezia, Tivoli, Tusculo, Tolerio, Tellene e Velletri; da tutte queste città bisognava scegliere gli uomini idonei alla spedizione, nella quantità che sarebbe parsa opportuna ai comandanti, Ottavo Mamilio e Sesto Tarquinio: essi, infatti erano stati scelti generali con pieni poteri. 26
La battaglia del Lago Regillo e il Foedus Cassianum 496 a.C.: al Lago Regillo le forze romane sconfiggono quelle della Lega Latina. Tarquinio finisce in esilio a Cuma. 493 a.C.: il console Spurio Cassio conclude con la Lega Latina un trattato: Composizione pacifica di future controversie. Alleanza difensiva. Spartizione del bottino di guerra (e fondazione di colonie miste nei territori conquistati). I contraenti dovevano anche riconoscersi reciprocamente ius connubii, commercii, migrationis. 486 a.C.: la popolazione degli Ernici si aggiunge all’alleanza, negli stessi termini stabiliti dal foedus Cassianum. 27
Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, VI, 95, 1-2: il foedus Cassianum «Ci sia pace reciproca tra i Romani e le città latine, finché il cielo e la terra abbiano la medesima posizione. Né essi combattano tra loro, né conducano nemici da altre nazioni, né a chi porta guerra offrano strade sicure, aiutino con ogni mezzo chi di loro è coinvolto in una guerra, entrambi abbiano parti uguali delle prede e del bottino fatto a danno dei nemici comuni. Le sentenze sui contratti privati vengano pronunciate entro dieci giorni, presso la popolazione in cui sia stato fatto il contratto. A questi patti non sarà lecito aggiungere o togliere alcunché se non ciò su cui consentano Romani e Latini tutti». 28
I conflitti con Sabini, Equi e Volsci La spinta delle popolazioni osco-sabelliche dai monti dell’Italia centrale alle coste del Tirreno: I Volsci verso la pianura Pontina, contro Terracina, Anzio e Velletri. Gli Equi verso i Colli Albani, Tibur e Praeneste. I Sabini su Roma (il colpo di mano di Appio Erdonio del 460 a.C., sventato con l’aiuto di truppe di Tusculum). Dopo un’interminabile serie di scaramucce, l’avanzata degli Equi e dei Volsci è bloccata al Passo dell’Algido (431 a.C.). 29
Livio, III, 22, 2-4: Gli alleati Romani, Latini ed Ernici contro i Volsci e gli Equi nel 459 a.C. Sotto i consoli Quinto Fabio e Lucio Cornelio, subito all'inizio dell'anno, s'ebbero dei disordini. I tribuni istigavano la plebe; Latini ed Ernici annunciavano una grossa guerra da parte dei Volsci e degli Equi: le legioni dei Volsci, essi dicevano, si trovavano già ad Anzio. Si aveva un gran timore che anche la colonia sarebbe passata al nemico; e stento si ottenne dai tribuni della plebe il consenso a che fosse data precedenza alla guerra. I consoli si divisero quindi i compiti: a Fabio fu dato l'incarico di condurre le legioni ad Anzio, a Cornelio di rimanere di presidio a Roma, perché una parte dei nemici non venisse, com'era abitudine degli Equi, a compiere saccheggi. Gli Ernici e i Latini furono invitati a fornire truppe, secondo quanto era stabilito dal trattato, e l'esercito risultò costituito per due terzi di alleati, per un terzo di cittadini. 30
Roma e Veio 31
La guerra contro Veio Una guerra che Roma affronta da sola contro la potente città etrusca, per il controllo delle vie di comunicazione lungo il basso corso del Tevere e delle saline alle foci del fiume. Un conflitto in 3 fasi: 483-474 a.C.: i Veienti occupano Fidene, sulla sponda “latina” del Tevere; l’esercito gentilizio dei Fabii è annientato sul Cremera. 437-426 a.C.: A. Cornelio Cosso uccide in duello il “tiranno di Veio”, Lars Tolumnio. Fidene è ripresa e distrutta dai Romani. 405-396 a.C.: dopo un assedio di 10 anni l’esercito romano, guidato da M. Furio Camillo, conquista Veio. Solo le città falische di Falerii e Capena aiutano i Veienti, abbandonati dalle città etrusche. 32
Topografia di Veio Veio poteva contare su un’invidiabile posizio-ne difensiva, su una collina difesa da scar-pate e dai torrenti Valchetta e Due Fossi. 33
Gli effetti della guerra contro Veio Un conflitto segnato da un’atmosfera di misticismo, del quale è intrisa anche la figura del vincitore, Camillo. A questo proposito vedi soprattutto il racconto di come i Romani conquistino il favore della dea patrona di Veio, Giunone. Il lungo assedio di Veio costringe Roma a dare una paga ai suoi soldati (stipendium), finanziata attraverso la riscossione di una tassa pro-capite (tributum), proporzionale alle ricchezze dei cittadini. Con la conquista di Veio, Roma acquista un ampio e fertile territorio, nel quale vengono insediati numerosi coloni. 34
Plutarco, Vita di Camillo, 6, 1-2: Camillo trasferisce a Roma il culto di Giunone Dopo il sacco della città Camillo decise di trasferire a Roma la statua di Giunone, secondo il voto. Radunati allo scopo gli operai, cominciò a sacrificare e invocò la dea di gradire il loro zelo e di abitare propizia con gli dèi di Roma; la statua allora, dicono, bisbigliò sommessamente che accettava volentieri. Livio racconta, invece, che Camillo pregava e invitava la dea tenendo una mano sulla statua, e alcuni dei presenti risposero che essa accettava volentieri e bramava di seguirli. 35
Livio, IV, 59, 11 – 60, 3: l'istituzione dello stipendium e del tributum S’aggiunse poi la concessione più opportuna fra tutte quelle fatte dai maggiorenti alla moltitudine: prima che la plebe e i suoi tribuni vi facessero alcun accenno, il Senato decretò che i soldati ricevessero la paga dallo stato, mentre fino a quel tempo avevano compiuto il servizio militare a proprie spese. Si tramanda che mai nessuna concessione fu accolta dalla plebe con tanta gioia... Ma i tribuni della plebe, gli unici che non condividevano la letizia e la concordia comune dei due ordini, sostenevano che il provvedimento non sarebbe stato così gradito ai patrizi né così favorevole a tutti i cittadini come essi credevano: in effetti era a prima vista migliore di quello che si sarebbe in realtà dimostrato. Infatti da dove si poteva raccogliere il denaro necessario, dicevano i tribuni, se non imponendo un tributo al popolo? 36
L’invasione celtica dell’Italia settentrionale in Polibio, II, 17, 3 - 18, 1 I Celti, che avevano con loro [gli Etruschi] frequenti relazioni in ragione della vicinanza e guardavano con invidia alla bellezza del loro territorio, li assalirono improvvisamente, sulla base di un piccolo pretesto, con un grande esercito, cacciarono i Tirreni dalla regione padana e occuparono essi stessi la pianura. Si stabilirono, dunque, nelle zone all'estremità della pianura, situate presso le fonti del Po, i Lai e i Lebeci, e dopo loro gli Insubri, che erano il popolo più grande fra loro; immediatamente dopo questi, lungo il fiume, i Cenomani ... Si insediarono nelle zone al di là del Po, presso l'Appennino, per primi gli Anari e dopo di loro i Boi; subito dopo questi, verso l'Adriatico, i Lingoni e per ultimi, sul mare, i Senoni ... In origine, dunque, non solo dominavano sulla regione, ma avevano anche assoggettato molti dei popoli vicini, atterriti dalla loro audacia. 38
La discussa cronologia della penetrazione celtica in Italia La teoria dell’invasione: In più ondate, a partire dalla metà del VI sec. a.C. (Livio) In un’unica ondata, alla fine del V sec. a.C. e agli inizi del secolo seguente (Polibio). La teoria dell’infiltrazione e dell’acculturazione Una lenta infiltrazione di popolazioni celtiche dall’Europa centro-settentrionale, che progressivamente assorbono elementi locali (teoria del “farsi della celticità”). Solo alla fine del V sec. a.C., con i Sènoni, questo lento movimento ha una brusca accelerazione. 39
I Galli nelle Marche e l’incontro con la grecità: la corona aurea di Montefortino Da una tomba femminile della necropoli gallica di Montefortino, fine IV - inizi III sec. a.C. (Ancona, Museo Archeologico Nazionale) 41
Un ornamento tipico dei nobili Celti, il torquis A sinistra, torquis in bronzo da Gambara (Brescia), prima metà del III sec. a.C. (Brescia, Museo dell’età romana). A destra, torquis dalla necropoli di Canneto sull’Oglio (Mantova), prima metà del III sec. a.C. (Asola, Museo Civico Archeologico). 42
Una fibula aurea Fibula d’oro di tipo La Tène da Este (?), seconda metà del III sec. a.C. (Padova, Museo Civico Archeologico). 43
I Sénoni Ultima delle popolazioni celtiche a penetrare in Italia, avrebbe occupato i territori più meridionali: Romagna meridionale e Marche settentrionali. 390 a.C.: i Senoni invadono l’Italia centrale (probabilmente a scopo di razzia) e attaccano Chiusi; poi si volgono contro Roma. L’esercito romano inviato ad affrontarli si dissolve sul fiume Allia. Roma è presa e saccheggiata. Paghi del bottino (e forse del riscatto pagato dai Romani) i Senoni si allontanano rapidamente. Pochi mesi dopo alcuni di loro saranno arruolati come mercenari da Dionisio il Vecchio. 45
Il sacco gallico nella tradizione storiografica romana La storiografia romana cerca di mitigare il disastro supponendo che: I Romani abbiano resistito sul Campidoglio, sotto la guida di T. Manlio Capitolino. Camillo abbia riorganizzato i superstiti dell’Allia e sia piombato sui Galli mettendoli in rotta. Le fonti greche indipendenti presentano versioni della vicenda meno favorevoli a Roma. 46
Il sacco gallico nella versione di Polibio, II, 18, 3 Dopo qualche tempo, avendo sconfitto in battaglia i Romani e quelli schierati con loro, inseguendo i fuggitivi, tre giorni dopo la battaglia occuparono la stessa Roma, a eccezione del Campidoglio. Ma poiché sorse un ostacolo e i Veneti fecero irruzione nel loro territorio, allora, conclusi patti con i Romani e restituita la città, fecero ritorno nella propria terra. 47
Il sacco gallico ebbe conseguenze disastrose? La tradizione romana attesta durissime perdite umane e gravi distruzioni a Roma. In realtà la battaglia dell’Allia si risolse in una rotta piuttosto che in un massacro. Non abbiamo prove archeologiche dell’incendio che i Galli avrebbero appiccato a Roma. La ripresa economica e politica a Roma fu molto rapida. 48
Le mura “serviane” Attribuite al re Servio Tullio, ma certo posteriori alla conquista di Veio: il materiale usato è il tufo di Grotta Oscura, nel territorio della città etrusca. 49