330 likes | 1.06k Views
Approcci alla teoria della distribuzione. Distribuzione funzionale: spiega la natura e l'origine delle categorie di reddito collegandole alle funzioni economiche svolte da coloro che le ottengono.Distribuzione personale: determina l'entit
E N D
1. IL MERCATO DEI FATTORI DI PRODUZIONE
2. Approcci alla teoria della distribuzione Distribuzione funzionale: spiega la natura e l’origine delle categorie di reddito collegandole alle funzioni economiche svolte da coloro che le ottengono.
Distribuzione personale: determina l’entità dei redditi complessivi percepiti dai vari agenti economici a prescindere dalla funzione svolta nel processo produttivo.
Approccio marginalista (neoclassico): è un approccio funzionale; i redditi sono pari al prezzo (o remunerazione) per i servizi resi dai singoli fattori di produzione moltiplicato per il numero di unità del fattore impiegate.
Le remunerazioni dipendono dalla “solita” regola marginalista.
Quindi la distribuzione è determinata interamente nella sfera dello scambio come semplice applicazione della teoria dei prezzi.
3. I fattori di produzione I fattori di produzione (o input) sono necessari per produrre beni e servizi. Anch’essi sono scambiati sul mercato in base alla rispettiva domanda ed offerta.
La domanda dei fattori viene dalle imprese, l’offerta dalle famiglie (proprietarie dei fattori di produzione).
Si noti che la domanda per un input è una domanda derivata. Essa deriva infatti dalla decisione dell’impresa di produrre un certo bene o servizio.
Cosa determina la quantità che viene scambiata (cioè acquistata dalle imprese) di ciascun fattore? Cosa determina il prezzo (detto, in questo caso, remunerazione)?
4. Premessa: le imprese acquistino i servizi - non la proprietà (la schiavitù è stata abolita!) - dei fattori produttivi.
Ipotizziamo che l’impresa sia PC sia nel mercato del prodotto finale che in quello degli input (questa seconda ipotesi è cruciale per considerare l’impresa price-taker anche sul mercato dei fattori).
Per perseguire l’obiettivo della massimizzazione del profitto l’impresa deve acquistare fattori in modo “razionale”, cioè seguendo la solita regola marginalista.
Il punto di partenza è la relazione tra quantità di input e quantità di output, cioè la funzione di produzione.
Il prodotto marginale di un input è l’incremento di output che si ottiene impiegando un’unità addizionale di quell’input, a parità di tutti gli altri fattori.
Per esempio, nel caso dell’input lavoro il prodotto marginale del lavoro è: PML = ?Q /?L
5. La domanda di lavoro (1) Per il principio del prodotto marginale decrescente, anche PML diminuisce al crescere del numero di lavoratori (o del numero di ore di lavoro) utilizzati dall’impresa.
Per massimizzare i profitti l’impresa considera se e quanto profitto ricava dall’utilizzazione di ciascun lavoratore (o di ciascuna ora di lavoro) addizionale.
L’impresa non è interessata solo a quanto produce il lavoratore marginale, ma anche (anzi, soprattutto!) a quanto vale ciò che tale lavoratore produce. Deve quindi tenere conto anche del prezzo del prodotto finale.
Serve pertanto una misura monetaria, il valore del prodotto marginale, pari al prodotto tra PML ed il prezzo di mercato del bene finale: VPML = P ? PML
VPML non è altro che la domanda di lavoro dell’impresa.
7. La domanda di lavoro (2)
8. La domanda di lavoro (3) Per massimizzare il profitto l’impresa segue la regola marginalista in tutte le sue decisioni. Quindi assume lavoratori fino a che il beneficio marginale (cioè VPML) che ottiene da un lavoratore in più uguaglia il costo marginale (cioè il salario che deve pagare a tale lavoratore).
La regola di scelta ottimale del fattore lavoro è quindi: impiegare L* t.c. VPML = w.
Il salario è dato al livello stabilito dal mercato (l’impresa è wage-taker), quindi la curva di domanda di lavoro - cioè l’insieme delle coppie (L*,w) scelte dall’impresa - coincide con la curva VPML.
E’ lo stesso ragionamento della curva di offerta dell’impresa PC.
Questo dimostra che la domanda di lavoro deriva dall’obiettivo dell’impresa di massimizzare il profitto.
9. La scelta ottimale del fattore lavoro
10. La scelta di quante ore lavorare La scelta è tra l’acquisto di due “beni”, il denaro e il tempo libero. Aumentare il consumo di tempo libero significa lavorare di meno e quindi avere meno denaro.
Il prezzo rilevante è il salario w (= costo opportunità del tempo libero), mentre il denaro ha prezzo pari ad 1 (un euro vale un euro!).
La pendenza del vincolo di bilancio dunque è: – w/1.
Al crescere del salario, si ha un effetto sostituzione (= cresce il prezzo del tempo libero, quindi ne “consumo” meno, lavorando di più) e un effetto reddito (= sono più ricco e quindi “consumo” più tempo libero, lavorando di meno).
Se l’effetto sostituzione prevale, lavoro di più.
Se l’effetto reddito prevale, lavoro di meno.
N.B.: il secondo non è un caso “alla Giffen” perché il tempo libero è un bene normale (cioè con effetto reddito positivo).
12. Come si costruisce la linea di bilancio nel caso dell’offerta di lavoro? N* = ore disponibili per lavoro e tempo libero
N = ore di lavoro; TL = ore di tempo libero
TL = N* – N ovvero: N = N* – TL
Il vincolo di bilancio BC è:
Y = wN (ovvio! è la definizione di reddito)
= wN + wN* – wN*
= – w (N* – N) + wN*
= – wTL + wN*
wN* è il termine noto, – w è la pendenza
Nel nostro esempio: w = 50 ; N* = 100
quindi il vincolo di bilancio è: Y = – 50 TL + 5000
15. L’equilibrio sul mercato del lavoro L’offerta e la domanda di lavoro di mercato (ottenute per aggregazione – cioè somma – di quelle individuali) determinano il livello di equilibrio del salario e dell’occupazione.
Quindi la massimizzazione del profitto da parte delle imprese garantisce che all’equilibrio il salario sarà sempre pari a VPML. In pratica, i lavoratori ricevono un salario pari esattamente al valore di ciò che producono.
Questo vale per tutti i fattori produttivi, la cui remunerazione di equilibrio sarà sempre pari al valore del loro prodotto marginale.
Ma allora, possiamo concludere che se le imprese sono PC, ciascun fattore ottiene sul mercato la “giusta” remunerazione
“giusta” = pari al valore del suo contributo marginale al processo produttivo.
Questo risultato, da cui segue che non esiste sfruttamento (p.e. del lavoro), è il cardine della teoria neoclassica della distribuzione.
La teoria data al 1890 circa; Das Kapital di Marx è del 1867 ? un caso?
17. Statica comparata: spostamenti dell’offerta e della domanda di lavoro Possibili cause di spostamento della domanda Ld:
Variazioni nel prezzo del prodotto.
Cambiamento tecnologico.
Variazioni nell’offerta di altri fattori.
Possibili cause di spostamento dell’offerta Ls:
Cambiamento delle preferenze nella scelta tra lavoro e tempo libero.
Nuove opportunità in altri mercati del lavoro.
Immigrazione.
18. Un aumento dell’offerta di lavoro
19. Un aumento della domanda di lavoro
20. Salario nominale e reale Distinguiamo tra salario nominale, w, e salario reale, w/P.
Il salario reale è una misura del potere di acquisto del reddito dei lavoratori, cioè della loro capacità di comprare beni e servizi.
N.b.: P non è più il prezzo del bene prodotto dall’impresa, ma l’indice generale dei prezzi (concetto macroeconomico ? vedi)
Gli agenti razionali (imprese e lavoratori) non considerano il salario nominale, ma quello reale.
Le imprese, come abbiamo visto, usano il prezzo del loro prodotto P; mentre i lavoratori usano invece l’indice generale P
Esempio: se w raddoppia, ma anche P raddoppia, il lavoratore è più ricco o più povero in termini di potere d’acquisto?
Illusione monetaria: fenomeno per cui gli agenti (specie i lavoratori) basano le loro decisioni sulle grandezze nominali invece che su quelle reali.
Il salario fissato nei contratti di lavoro è quello nominale, ma la negoziazione del salario considera quello reale (in genere atteso, cioè data l’aspettativa sul livello futuro di P).
21. Gli altri fattori di produzione: terra e capitale Le imprese acquistano sul mercato i servizi dei beni capitale o del fattore “terra”. In entrambi i casi vale lo stesso meccanismo del mercato del lavoro ? la teoria neoclassica è unica per tutti i fattori!
Il capitale è l’insieme delle attrezzature e delle strutture utilizzate per la produzione. Esso rappresenta il frutto dell’accumulazione di beni prodotti nel passato che vengono usati nel presente per produrre nuovi beni e servizi.
Il capitale è il “ponte” che lega tra loro processi economici che si svolgono in momenti diversi del tempo.
Con il termine “terra” intendiamo tutti i fattori ad offerta fissa (o quasi fissa), cioè tutti quelli la cui offerta non dipende, almeno nel breve periodo, dalle decisioni degli agenti economici (come, appunto, la terra vera e propria, ma anche un brevetto è un caso di “terra”).
L’offerta del fattore “terra” è quindi tipicamente o perfettamente verticale o comunque poco elastica. in particolare nel breve periodo. E’ quindi il tipico fattore che gode di rendita o quasi-rendita.
22. Vari tipi di rendita Rendita: differenza tra reddito percepito da un fattore produttivo e costo opportunità del suo impiego. Esiste ogni volta che l’offerta del fattore non è perfettamente elastica. Essa dipende dal fatto che unità successive del fattore vengono offerte sul mercato ad un prezzo crescente.
Nel caso di offerta rigida (= verticale), tutta la remunerazione del fattore è rendita.
Quasi-rendita (= surplus del produttore, PS) ? quando è fenomeno di breve periodo
Rendita differenziale: remunerazione addizionale ottenuta dalle unità più efficienti di un fattore (= aventi un minore costo opportunità) rispetto a quelle meno efficienti.
La sua esistenza dipende dalla legge del prezzo unico: al prezzo necessario per acquistare le unità meno efficienti, quelle più efficienti ottengono un surplus.
La rendita differenziale può essere intensiva (= deriva dalla PM decrescente di un fattore variabile, a parità di dotazione degli altri fattori) oppure estensiva (= deriva dalla diversa efficienza delle unità successive di un certo fattore)
Esempio: dato un certo terreno per coltivazione, aumentare le ore di lavoro su quel terreno dà luogo a rendita intensiva sulle prime, e più produttive, ore di lavoro; mettere a coltura terreni diversi, aventi qualità via via minore, dà luogo a rendita estensiva a favore dei primi terreni.
Rendita assoluta: remunerazione addizionale ottenuta a causa della limitazione dell’offerta (= offerta verticale) rispetto alla domanda di un certo fattore. La sua esistenza ed entità dipende quindi dall’intensità della domanda.
24. Profitto e rendita Che relazione esiste tra profitto e rendita?
In un mercato PC il profitto puro, o extra-profitto, può esistere solo nel breve periodo.
E’ quindi un caso di quasi-rendita, che può avere due spiegazioni:
Deriva dalla capacità dell’impresa di innovare oppure di produrre a costo più basso delle rivali; tale capacità viene però rapidamente imitata dalle imprese esistenti o entranti nel mercato; nel lungo periodo ? si annulla.
Oppure deriva da un aumento della domanda; esso dura finché il numero di imprese operanti sul mercato (e quindi l’offerta totale del prodotto) è dato; l’ingresso di nuove imprese annulla ? nel lungo periodo.
In un mercato non-PC (p.e. monopolio) l’extra-profitto può esistere anche nel lungo periodo a causa delle barriere all’entrata che impediscono l’aumento dell’offerta. In questo caso si può parlare di vera e proprio rendita, nel senso di extra-remunerazione legata alla limitazione dell’offerta (= del numero delle imprese)
A rigore, però, dato che la rendita è legata alla proprietà di uno specifico fattore ad offerta fissa o quasi fissa, mentre il profitto è legato alla proprietà dell’impresa, è più corretto tenere separati i due concetti.
25. Affitto ed acquisto di un fattore Per i fattori capitale e “terra” è importante distinguere tra:
prezzo di acquisto: ciò che si paga per entrare in possesso definitivo di un certo input del tipo capitale o “terra”.
prezzo di affitto: ciò che si paga per usufruire dei servizi di quello stesso input per un periodo limitato di tempo.
Nel caso del lavoro la distinzione è meno importante perché il lavoro non può mai essere acquistato (salvo appunto la schiavitù!)
Come detto, nella nostra teoria le imprese affittano i soli servizi (non la proprietà) del capitale e della “terra”, per cui le rispettive remunerazioni (dette appunto prezzi di affitto) saranno determinate come quella del lavoro:
remunerazione del fattore = VPM di quel fattore
Anche la “terra” ed il capitale ricevono quindi un corrispettivo pari al rispettivo VPM.
N.b.: non stiamo dicendo che le imprese non acquistano mai i fattori capitale e “terra”, ma solo che, anche quando lo fanno, analizziamo la loro decisione come se affittassero il fattore per un tempo molto lungo (potenzialmente infinito).
26. I mercati di “terra” e capitale
27. Il nesso tra i fattori Finora abbiamo studiato i fattori isolatamente (cioè in base alla clausola ceteris paribus).
In realtà gli input sono usati tutti assieme, quindi il prodotto marginale di ciascun fattore dipende dalla quantità disponibile degli altri fattori.
Per esempio, una variazione nell’offerta di mercato di un certo fattore modifica anche la remunerazione di equilibrio di tutti gli altri fattori. Questo perché…
1. cambia l’equilibrio sul mercato del fattore la cui offerta è mutata;
2. quindi varia la quantità acquistata dalle imprese di quel fattore;
3. quindi varia anche il prodotto marginale ed il rispettivo VPM degli altri fattori;
4. quindi varia anche la remunerazione degli altri fattori.
28. Monopsonio nel mercato del lavoro Monopsonio: mercato in cui esiste un solo compratore e molti venditori.
P.e. alcuni mercati del lavoro hanno tale caratteristica (piloti di aereo, ingegneri automobilistici, prof. universitari, ecc.)
L’analisi è analoga a quella del monopolio.
La curva di domanda coincide con la curva del beneficio marginale che l’impresa ottiene assumendo lavoratori, ovvero la curva VPML.
La curva di offerta di lavoro è quella usuale, cioè crescente. Essa rappresenta anche il costo unitario (o medio) del lavoro per l’impresa.
Sopra tale curva troviamo la curva del costo (o spesa) marginale dell’impresa che assume lavoratori.
Come nel monopolio, infatti, per assumere un lavoratore in più l’impresa deve offrire un salario più elevato, ma tale salario deve essere pagato anche a tutti i lavoratori già assunti. Questo fa sì che il costo marginale dell’assumere un lavoratore in più sia sempre superiore al costo unitario.
La quantità ottima di lavoratori per l’impresa si trova, al solito, quando il costo marginale uguaglia il beneficio marginale, cioè nel punto E, ma il salario di monopsonio si legge sulla curva di offerta, cioè nel punto M.
L’equilibrio in M è caratterizzato da una quantità ed un salario minori rispetto all’equilibrio nel caso di mercato perfettamente concorrenziale (punto C).
30. Monopolio bilaterale Monopolio bilaterale: mercato in cui esistono un unico compratore ed un unico venditore.
Un esempio è un mercato del lavoro in cui si fronteggiano un unico compratore (= associazione delle imprese) ed un unico venditore (= sindacato unico).
Combiniamo l’analisi del monopolio e quella del monopsonio.
Il sindacato monopolista si comporta come una qualsiasi impresa monopolista e quindi massimizza la propria utilità uguagliando il proprio costo marginale (= offerta di lavoro) ed il proprio ricavo marginale (inferiore alla domanda di lavoro).
Il sindacato monopolista vorrebbe “vendere” una quantità di lavoro Ls al prezzo Ws (punto S); l’associazione delle imprese monopsonista vorrebbe “acquistare” Lm pagando Wm (punto M).
L’equilibrio è dunque indeterminato: il salario sarà compreso tra Wm e Ws e la quantità di lavoro tra Lm ed Ls.
Dove esattamente si colloca l’equilibrio? La risposta dipende dalla forza contrattuale delle due parti. Se prevale la forza del sindacato, ecco che il salario sarà più vicino a Ws e quindi strutturalmente superiore al salario di equilibrio Wc ? esisterà sempre disoccupazione