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Economia internazionale -7- Movimento internazionale dei fattori della produzione. Dallo scambio dei prodotti alla mobilità dei fattori di produzione.
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Economia internazionale -7- Movimento internazionale dei fattori della produzione
Dallo scambio dei prodotti alla mobilità dei fattori di produzione • La forma più tradizionale e antica di integrazione internazionale è quella che avviene tramite il movimento (lo scambio) di beni e servizi; ma questa è solo una delle forme di integrazione internazionale • Un’altra possibilità di integrazione si ha con il movimento internazionale dei fattori che servono a produrre i beni (movimenti di fattori) • I movimenti di fattori comprendono: • migrazioni della forza lavoro • trasferimenti di capitale mediante prestiti internazionali • connessioni internazionali stabilite nella formazione di imprese multinazionali: investimenti diretti all’estero per acquisire o creare dal nulla (greenfield investment) imprese e realizzare, quindi, attività produttive fuori dai confini nazionali della casa-madre
Dallo scambio dei prodotti alla mobilità dei fattori di produzione • I principi che regolano la mobilità dei fattori sono analoghi a quelli che regolano gli scambi di prodotti: un paese con abbondanza relativa di lavoro può importare, in date condizioni, beni ad alta intensità di capitale o, in altre condizioni, importare capitale dall’estero; un paese con abbondanza relativa di capitale può importare beni ad alta intensità di lavoro o direttamente forza-lavoro dall’estero (Heckscher-Ohlin) • Un paese di dimensioni troppo piccole e che, per questo, non ha all’interno imprese di dimensione efficiente può o importare dall’estero i beni prodotti da grandi imprese di cui manca, o consentire l’insediamento al proprio interno di branche di grandi imprese estere, vale a dire sussidiarie di multinazionali (economie di scala) • In generale, la mobilità internazionale dei fattori genera maggiori preoccupazioni politiche rispetto allo scambio di beni (timori riguardo alle multinazionali; timori dei flussi migratori). Per questo sono diffuse restrizioni a questi movimenti: limitazioni alla migrazione di forza-lavoro; controlli sui movimenti di capitali (l’Italia aveva controlli ai movimenti di portafoglio fino ai primi anni ottanta); interferenza politica negli investimenti delle multinazionali, irrigidimento delle normative e ostacoli di vario tipo ad acquisizioni da parte di imprese estere (questioni dei “campioni nazionali”, dei settori strategici, ecc.)
Mobilità internazionale del lavoro • Un modello con due paesi, due fattori e un solo bene prodotto • Assunzioni del modello: • Due paesi: A e B • Due fattori produttivi: terra (T) e lavoro (L) • I due paesi producono un solo bene (che chiameremo semplicemente “prodotto”) • I due paesi hanno la stessa tecnologia, ma si differenziano per la disponibilità relativa di terra-lavoro • A è abbondante in lavoro e B è abbondante in terra, talchè L/T > L*/T* • In tutti i mercati vigono condizioni di concorrenza perfetta
Produzione, Q Q(T, L) Lavoro, L Mobilità internazionale del lavoro funzione di produzione: quantità in funzione del lavoro
Mobilità internazionale del lavoro Produttività marginale del lavoro, MPL Rendite MPL Lavoro, L Produttività marginale del lavoro (MPL); in un’economia perfettamente concorrenziale in equilibrio salario reale=MPL; monte salari=salario pro-capite x lavoratori occupati Salario reale Salari
Mobilità internazionale del lavoro • I flussi migratori • Supponiamo che i lavoratori possano spostarsi da un paese all’altro • Ricordando che L/T > L*/T*, il lavoro in A (più abbondante) avrà una MPL e una remurazione reale inferiori che in B; la terra invece, relativamente scarsa in A, avrà una produttività marginale e una remunerazione reale superiori che in B • La terra è immobile, queste differenze quindi influiranno solo sul fattore mobile, il lavoro, costituendo un incentivo a che i lavoratori di A si spostino in B fino a che la produttività marginale del lavoro diventa uguale nei due paesi • Questo spostamento riduce la forza lavoro di A, aumentandone quindi la produttività e il salario reale • Questo movimento aumenta la forza lavoro in B, riducendone quindi la produttività e il salario reale • Se non ci sono restrizioni al movimento, il flusso dura finchè si eliminano le differenze di produttività e di retribuzione reale tra i due paesi
MPL MPL* B A C MPL MPL* Occupazione in A L2 L1 Occupazione in B O* O Migrazione di forza lavoro da A a B Totale della forza lavoro mondiale Mobilità internazionale del lavoro Cause ed effetti della mobilità internazionale della forza lavoro Produttività marginale del lavoro
Mobilità internazionale del lavoro • La redistribuzione della forza lavoro mondiale: • conduce alla convergenza dei salari reali, che aumentano in A e si riducono in B • aumenta la produzione mondiale complessiva: l’aumento di produzione di B più che compensa la contrazione di A (i lavoratori di B sono più produttivi che in A); si ha quindi un miglioramento generale rispetto alla situazione di non-integrazione • lascia alcuni gruppi in condizioni peggiori: danneggia i lavoratori di B che vedono il loro salario scendere; i proprietari terrieri di B sono invece avvantaggiati (il monte-rendite cresce); i proprietari di terra di A sono danneggiati, i lavoratori di A vedono aumentare i loro salari reali (anche se quelli che emigrano sopportano costi) • Estensione dell’analisi • Modifica del modello mediante l’aggiunta di alcune complicazioni: • i paesi producono due beni, uno intensivo in lavoro e uno intensivo in terra • Il commercio internazionale offre un’alternativa alla mobilità dei fattori: A può esportare lavoro e importare terra, esportando il bene intensivo di lavoro e importando il bene intensivo di terra; in linea d principio, ciò potrebbe portare al pareggiamento del prezzo dei fattori senza ricorrere alla loro mobilità (si ricordi H-O) • Quindi il commercio è un sostituto del movimento internazionale dei fattori. Ma non perfetto: nella realtà il pareggiamento non avviene; come il movimento dei fattori è un sostituto imperfetto del commercio di beni (per l’esistenza di barriere alla mobilità)
Mobilità internazionale del lavoro • Riferimenti storici: • Periodo di grande mobilità del lavoro tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento; la direzione dei flussi era da Europa (e, quindi, anche Italia) verso gli USA • Dal 1924 i movimenti internazionali di lavoratori negli USA sono stati notevolmente limitati da leggi restrittive sull’immigrazione • 1950-70 emigrazione dall’area mediterranea (Spagna, Portogallo, Mezzogiorno italiano, ex-Jugoslavia, Grecia, Turchia) verso il Nord Europa (Germania, Svizzera, Belgio); ma anche verso altre zone (per es. Italiani in Sud America) • Dal 1965, dopo allentamento restrizioni, ripresa ondata migratoria verso gli USA, soprattutto di asiatici e latino-americani; differenze rispettto alla precedente ondata migratoria sperimetata dagli Usa (divari di istruzione tra entranti e residenti) • Dal 1990 nuovi grandi flussi migratori in Europa soprattutto di provenienza Est-Europa, Nord Africa, Asia; l’Italia da paese di origine di deflussi netti (anni 50-70) diviene paese di destinazione di afflussi netti • Questi flussi migratori verso l’Europa riguardano in generale lavoratori con basse qualifiche che occupano posti di lavoro non desiderati dai lavoratori autoctoni; non c’è spiazzamento • Sarebbe utile un afflusso di lavoratori high skill: arrichiscono il capitale umano del paese ospitante
Movimenti di capitale: prestiti internazionali • I movimenti internazionali di capitale non indicano lo spostamento fisico da un paese all’altro di beni capitali (macchinari, attrezzature, ecc; in questo caso di parla di esportazioni di beni capitali); tale mobilità si realizza invece tramite transazioni finanziarie (prestiti) o la realizzazione di investimenti diretti in loco da parte di una multinazionale • Riferimento ai prestiti internazionali tra paesi • Esempio: una banca statunitense offre un prestito ad un’impresa messicana • I prestiti tra paesi possono essere interpretati come una forma particolare di commercio internazionale, in cui non si scambiano beni in uno stesso momento, ma beni presenti in cambio di beni futuri: è un commercio internazionale di tipo intertemporale
I prestiti internazionali • Possibilità produttive intertemporali e commercio internazionale • Si immagini un’economia che consuma solo un bene e che esista solo per due periodi, il periodo corrente e quello futuro; questa economia deve decidere quanto consumare “oggi” e quanto “domani”, tramite il risparmio, cioè la rinuncia al consumo “oggi”, e il corrispondente investimento che assicura consumo “domani” • Frontiera intertemporale delle possibilità produttive • Rappresenta il trade-off esistente tra produzione corrente e futura del bene di consumo • La sua forma differisce tra paesi: • alcuni paesi sono sbilanciati verso la produzione corrente • alcuni paesi sono sbilanciati verso la produzione futura
Consumo futuro Consumo corrente I prestiti internazionali Frontiera intertemporale delle possibilità produttive: trade-off tra consumo presente e futuro
I prestiti internazionali • La FP intertemporale (come nel caso normale di beni) non sarà la stessa per tutti i paesi • Un paese potrà avere la sua FP sbilanciata verso il consumo presente, un altro verso il consumo futuro • Come nel caso normale di beni, il paese con la FP sbilanciata verso il consumo presente tenderà a produrre in abbondanza questo bene e scarse quantità di consumo futuro; il prezzo relativo del consumo futuro (relativamente scarso) sarà più alto che nell’altro paese con FP spostata verso il consumo futuro • L’apertura internazionale, data la differenza nei prezzi relativi tra i due paesi, spinge all’interscambio fino all’uguaglianza dei prezzi • Ma quale è il prezzo del consumo futuro in termini di consumo presente? Dipende dal tasso di interesse (reale)
I prestiti internazionali • Il tasso di interesse reale • Come è possibile scambiare consumo corrente con consumo futuro? • Un paese può commerciare intertemporalmente prestando e prendendo a prestito potere d’acquisto • Quando un paese si indebita, acquisisce inizialmente la possibilità di consumare oggi al di sopra del proprio reddito, ma in futuro dovrà ripagare il prestito maggiorato di un interesse (e dovrà quindi consumare al di sotto del proprio reddito); attraverso la contrazione di un prestito, un’economia scambia maggiore consumo oggi contro minore consumo domani • La quantità di consumo futuro che il paese dovrà restituire nel periodo futuro è data dal consumo presente preso a prestito oggi moltiplicato per (1 + r), in cui r rappresenta il tasso d’interesse reale sui prestiti. In altri termini, consumo presente x (1 + r) = consumo futuro • Il prezzo relativo del consumo futuro (cioè quanto consumo presente si deve cedere per ottenere in cambio un’unità di consumo futuro) è dato da 1/(1 + r): quanto più alto è il tasso di interesse, r, tanto più basso è il prezzo relativo del consumo futuro (e tanto più alto è il prezzo relativo del consumo presente)
I prestiti internazionali • Vantaggi comparati intertemporali • Assumiamo che la frontiera intertemporale delle possibilità produttive di A sia sbilanciata verso il consumo corrente e quella di B verso il consumo futuro • Quindi il prezzo relativo del consumo futuro è più elevato in A (dove è relativamente scarso) che in B (dove è relativamente abbondante), questo significa che 1/(1+r) > 1/(1+r*); questo significa r<r* • Ciò spinge A a importare consumo futuro da B contro l’esportazione di consumo corrente; cioè A presta potere d’acquisto a B nel periodo corrente; B nel periodo futuro restituisce ad A una quantità di potere d’acquisto pari a quella ricevuta inizialmente più gli interessi • In altri termini, lo sbilanciamento della frontiera intertemporale verso il consumo presente in A e quello futuro in B indica che A ha un vantaggio comparato nel consumo presente e B nel consumo futuro. Ciò implica r<r*. Cioè in B si ha un più elevato rendimento reale degli investimenti. Quindi a contrarre/prendere prestiti sul mercato internazionale saranno quei paesi le cui opportunità di investimento sono altamente remunerative; i paesi prestatori saranno invece quelli che non dispongono di queste opportunità di investimento
Consumo futuro QF Frontiera intertemporale delle possibilità produttive Consumo corrente QP Investimenti Commercio intertemporale Determinazione della struttura intertemporale della produzione di A Rette di isovalore con inclinazione – (1 + r) da V=QP+QF/(1+r) si arriva a QF= V/(1+r) – [1/(1+r)] x QP Q
Consumo futuro DF Impor- tazioni Q QF Vincolo di bilancio intertemporale DP + DF/(1 + r) = QP +QF/(1 + r) Consumo corrente QP DP Esportazioni Commercio intertemporale Determinazione della struttura intertemporale di produzione e consumo di A Curve di indifferenza D
Consumo futuro Q*F Q* Esporta- zioni D*F Vincolo di bilancio intertemporale, D*P + D*F/(1 + r) = Q*P +Q*F/(1 + r) Q*P Consumo corrente D*P Importazioni Commercio intertemporale Determinazione della struttura intertemporale di produzione e consumo inB D*
B esporta il consumo futuro (Q*F– D*F) e A importa il consumo corrente (DF – QF) (Q*F– D*F) = (DF– QF) F pendenza = (1 + r) (QP– DP) = (D*P– Q*P) O A esporta il consumo corrente (QP– DP) e B importa il consumo futuro (D*P– Q*P) Commercio intertemporale Equilibrio intertemporale internazionale in termini delle curve di offerta reciproca P E
Movimenti di capitale: investimenti diretti esteri e imprese multinazionali • Investimenti diretti esteri • Si intendono quei flussi internazionali di capitale attraverso cui un’impresa di un paese crea o espande una propria filiale in un paese estero (o acquisisce in toto o in parte un’impresa estera) • Comportano non soltanto un trasferimento di risorse, ma anche l’acquisizione di un controllo • La sussidiaria non ha semplicemente un obbligo finanziario nei confronti dell’impresa madre, ma è anche parte della stessa struttura organizzativa
Investimenti diretti esteri e imprese multinazionali • Imprese multinazionali a volte fungono dacanale per prestiti internazionali: le case madri forniscono finanziamenti alle sussidiarie estere, nell’attesa che questi vengano restituiti in futuro; in questo caso, stretta analogia con i prestiti internazionali • Perché allora viene scelto l’investimento diretto estero piuttosto che un altro modo per trasferire fondi? • Per formare un’organizzazione multinazionale e ottenere un’ estensione del controllo • Perché le imprese cercano di estendere il loro controllo? • La risposta è riassunta dalla teoria delle imprese multinazionali; non è una teoria completa e omogenea, come quelle che riguardano altri aspetti dell’economia internazionale
Investimenti diretti esteri e imprese multinazionali • La teoria delle imprese multinazionali • Due elementi spiegano l’esistenza di imprese multinazionali: • Motivazione della localizzazione (=teoria commercio internazionale) • Un bene viene prodotto in due (o più) paesi diversi anziché in uno solo e poi esportato per: • una motivazione di dotazione di risorse (vantaggi comparati) • una motivazione di costi di trasporto (barriere fisiche/naturali e artificali al trasporto) • Motivazione dell’internalizzazione • Un bene viene prodotto in luogo diverso dalla stessa impresa anziché da imprese separate (si internalizzano alcuni scambi) perché così è più profittevole condurre transazioni di tecnologie e ed è migliore la gestione • Trasferimento di tecnologie (possibilità di trasferire conoscenza non formalizzata e di impedire il rischio di imitazione con la vendita di licenze e diritti di proprietà) • Integrazione verticale (migglior coordinamento tra impresa a monte e a valle, certezza dei flussi di input, minori problemi logistici)
Investimenti diretti esteri e imprese multinazionali • Le imprese multinazionali nella realtà • Le imprese multinazionali giocano un ruolo importante nelle dinamiche del commercio internazionale e degli investimenti • Esempio: la metà delle importazioni statunitensi possono essere considerate come transazioni tra diverse branche di una stessa casa madre e il 24% delle attività che gli Stati Uniti possiedono all’estero è costituito dal valore di filiali estere di imprese statunitensi
Investimenti diretti esteri e imprese multinazionali Alcuni fatti • A partire dall’80 fortissima crescita degli IDE; dal 1990, mediamente gli IDE sono aumentati più delle esportazioni di merci e molto più del prodotto lordo mondiale • Gli IDE sono principalmente indirizzati nei paesi industriali (che ne assorbono circa il 60%); tuttavia, il grado di attrazione dei PVS è cresciuto nel tempo • Gli IDE sono originati principalmente dai paesi industriali; tuttavia anche alcune multinazionali di paesi emergenti sono diventate ultimamente molto attive (ad esempio nel settore energetico) • La gran parte degli IDE mondiali (il 60%) riguarda fusioni e acquisizioni tra imprese già esistenti, la parte restante è creazione di nuove realtà produttive (greenfield) • Gli IDE non sono necessariamente sostitutivi di esportazioni: realizzare IDE all’estero non è cioè alternativo a esportare; può, anzi, essere complementare • Soprattutto, le multinazionali: 1)sono canali di trasferimento di conoscenze tecnologiche; 2) fanno più ricerca e sviluppo; 3) sono portatrici di best management practices, essendo normalmente caratterizzate da migliori standard organizzativi (selezione del capitale umano, sistema di premi e carriere, organizzazione dei processi produttivi, logistica, ecc.); 4) sono a più alta produttività rispetto alla media delle imprese del paese di origine e di quello ospitante; 5) pagano salari più elevati ai dipendenti
Misure di internazionalizzazione produttiva: quote di imprese manifatturiere di proprietà straniere in % di fatturato e occupazione; Italia in ritardo