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Un nuovo patto sociale per lo sviluppo e la crescita della produttività: quali condizioni?

Un nuovo patto sociale per lo sviluppo e la crescita della produttività: quali condizioni?. Leonello Tronti (Università di Roma Tre) Centro Sudi Cisl di Firenze, 30 settembre 2010. Argomenti 1. Le condizioni macro. Il modello di politica dei redditi di Tarantelli La “legge di Bowley”

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Un nuovo patto sociale per lo sviluppo e la crescita della produttività: quali condizioni?

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Presentation Transcript


  1. Un nuovo patto sociale per lo sviluppo e la crescita della produttività: quali condizioni? Leonello Tronti (Università di Roma Tre) Centro Sudi Cisl di Firenze, 30 settembre 2010

  2. Argomenti 1. Le condizioni macro • Il modello di politica dei redditi di Tarantelli • La “legge di Bowley” • Il modello contrattuale del luglio ’93 • Analisi formale del modello • Verifica: contrattazione, distribuzione del reddito e crescita economica • Il nuovo accordo quadro del 22 gennaio 2009 • Riprogettazione della contrattazione nazionale

  3. Argomenti 2. Le condizioni micro • Quando cresce la produttività nell’impresa? • Teorie della crescita e organizzazione innovativa dell’impresa • Conoscenza, apprendimento, competenze • Riorganizzazione dei luoghi di lavoro, potenziamento del lavoro, benessere organizzativo • Riassumendo: il nuovo patto sociale, condizioni macro e condizioni micro

  4. Il livello macro. Il punto di partenza: Il modello di politica dei redditi di Tarantelli

  5. Inflazione e retribuzioni di fatto. Anni 1970-2007 (Tassi annui di variazione percentuale) Fonte: Istat, Conti nazionali

  6. L’ipotesi di politica dei redditi di Tarantelli • La stabilità dei prezzi come bene pubblico, • La stabilità delle quote distributive (legge di Bowley), • Il recupero del potere d’acquisto, dal passato al futuro: la “politica salariale d’anticipo”, • Il rientro dell’inflazione attraverso La programmazione concertata degli scatti di ‘scala mobile’ e la disciplina di prezzi, tariffe e prezzi amministrati (inflazione programmata).

  7. La distribuzione funzionale del reddito: La “legge di Bowley”

  8. La legge di Bowley - 1 • A seguito degli studi sui redditi in Gran Bretagna (Bowley e Stamp, 1927), Arthur Bowley suggerì l’ipotesi della costanza nel tempo della quota del lavoro nel reddito, principio divenuto in seguito noto come “legge di Bowley”. • La distribuzione funzionale del reddito occupa un ruolo preminente nell’ambito della teoria economica con il contributo degli economisti post-keynesiani, che la considerano come dipendente dal tasso di crescita del prodotto. • Nel breve periodo, un incremento del tasso di crescita dell’economia non viene compensato dalla dinamica salariale e comporta quindi uno spostamento della distribuzione a favore dei redditi da capitale. • Gli economisti post-keynesiani forniscono così un’interpretazione delle variazioni di breve periodo della distribuzione funzionale dei redditi, che si accompagna però con la previsione di una costanza delle quote di reddito nel lungo periodo (legge di Bowley).

  9. La legge di Bowley - 2 • Date le diverse propensioni al risparmio di lavoratori e imprenditori, la manovra della distribuzione funzionale del reddito consente di portare i risparmi ad eguagliare gli investimenti necessari per conseguire: a) il pieno impiego o, b), il tasso di crescita del prodotto desiderato. • Di qui l’importanza fondamentale della politica dei redditi per la crescita e l’occupazione. • Per Kaldor (1957) la stabilità nel tempo della distribuzione funzionale del reddito deriva dalla costanza del saggio di profitto, e dalla coincidenza del tasso di crescita del rapporto capitale-lavoro con quello della produttività del lavoro (che, prescrittivamente, consente un sentiero di balanced growth).

  10. La legge di Bowley - 3 • Al di là del suo valore euristico, la legge di Bowley può essere assunta come “regola aurea della politica dei redditi”, perché: • in parità di altre condizioni, assicura la massima crescita dei salari (e della domanda interna) compatibile con l’assenza di pressioni sul saggio di profitto e, quindi, sui prezzi. • Come vedremo in seguito, questa condizione comporta come corollario che le retribuzioni reali crescano nell’esatta misura dei guadagni di produttività del lavoro. • Ciò non tanto per un’implicita (quanto infondata) identificazione dei lavoratori come unici autori della crescita della produttività, • ma per motivi di carattere macroeconomico, legati agli effetti delle diverse propensioni al consumo di lavoratori e datori di lavoro sui consumi e sulla crescita.

  11. Salario, produttività e legge di Bowley • Sia w il salario di fatto, ND l’occupazione dipendente, Q il reddito reale totale e p i prezzi; la quota del lavoro, o quota del lavoro dipendente nel reddito (SL), può essere definita nel modo seguente: • da cui, moltiplicando e dividendo per l’occupazione totale NT, e sostituendo la produttività del lavoro al reddito per occupato, abbiamo: • dove nD indica l’incidenza dell’occupazione dipendente sul totale. Da questa equazione si ricava agevolmente la nota condizione di crescita salariale che assicura l’invarianza della quota del lavoro:

  12. Condizioni della legge di Bowley • La legge di Bowley si verifica soltanto se: • la crescita del salario reale eguaglia la variazione della produttività del lavoro, • al netto della variazione dell’incidenza dell’occupazione dipendente sul totale.

  13. Il modello contrattuale del Protocollo di luglio 1993

  14. Dopo Tarantelli: la riforma della negoziazione delle retribuzioni • La parziale riforma della scala mobile (1986) • La disdetta della scala mobile (1991), • la sua abolizione (1992), • in cambio del riconoscimento della salvaguardia del potere d’acquisto delle retribuzioni come obiettivo della politica economica; • Un nuovo meccanismo di negoziazione dei salari, previsto dal Protocollo di Luglio 1993, • che prevede anche (seconda parte) l’ammodernamento del sistema produttivo e la riqualificazione del lavoro e delle tecnologie.

  15. Il Protocollo di luglio 1993 • Il nuovo meccanismo di negoziazione dei salari previsto dal Protocollo di Luglio 1993 prevede: • Due livelli negoziali, specializzati e non sovrapposti: • Importi tabellari previsti dai CCNL e legati all’inflazione programmata; • Salario di risultato a livello aziendale o territoriale, legato a produttività, profittabilità e qualità a livello locale. • Una forma di politica salariale d’anticipo (tasso di inflazione programmata e recupero degli scostamenti); • altri contenuti di ammodernamento del lavoro e delle imprese (seconda parte). • Manca però l’esplicito obiettivo della stabilità delle quote distributive.

  16. Perché un modello contrattuale squilibrato? • Nel 1993 l’Italia si trovava nella doppia condizione: • Di dover fronteggiare la più grave crisi occupazionale del dopoguerra • E di dover “accomodare” l’ultima grande svalutazione della lira (settembre 1992) in vista dell’entrata nel “Club dell’euro” al primo turno. • In realtà l’accordo prevedeva la sua revisione dopo 5 anni. Questa venne tentata dalla Commissione Giugni (1997), le cui raccomandazioni rimasero però senza esito.

  17. Protocollo ’93, contrattazione decentrata e legge di Bowley Nell’insieme dell’economia italiana, sulla base delle differenze di livello tra retribuzioni di fatto e retribuzioni contrattuali, si può ipotizzare che il fattore β* abbia un valore medio elevato, vicino a 6,5 – un valore che conferma la scarsa diffusione della contrattazione di secondo livello.

  18. Protocollo ’93 e legge di Bowley - 1 • Il Protocollo ’93 prevede che le retribuzioni fissate dai contratti nazionali restino ancorate per sempre al loro potere d’acquisto del 1993. • Dunque, per mantenere inalterata la distribuzione funzionale del reddito, richiede che la contrattazione decentrata cresca in misura sufficiente a eguagliare la crescita reale dell’intera retribuzione di fatto (comprensiva di primo e secondo livello) a quella della produttività del lavoro.

  19. Protocollo ’93 e legge di Bowley - 2 • Inoltre, poiché l’unica situazione in cui essa potrebbe ridursi è quando la retribuzione di secondo livello dovrebbe contrarsi a seguito di una caduta della produttività del lavoro, • l’incidenza della retribuzione decentrata sulla retribuzione di fatto dovrebbe tendenzialmente crescere nel tempo, sino a diventare la principale voce retributiva.

  20. Protocollo ’93 e legge di Bowley - 3 • Pertanto, rispetto all’originario disegno di politica dei redditi di Tarantelli, il Protocollo di luglio ’93 affida la possibilità di rispettare la legge di Bowley a due condizioni: • che la la contrattazione decentrata (aziendale o territoriale) sia diffusa a tutte le imprese, e quindi sia disponibile per tutti i dipendenti una voce retributiva flessibile, aggiuntiva rispetto alle voci stabilite dal contratto nazionale di categoria; • Che il salario di secondo livello cresca in misura tale da eguagliare la dinamica della retribuzione di fatto reale (comprensiva di primo e secondo livello retributivo) alla variazione della produttività del lavoro.

  21. Efficacia della contrattazione decentrata e legge di Bowley • Le due condizioni sono in generale poco probabili, • in particolare nel sistema produttivo italiano, caratterizzato da un gran numero di imprese piccole e piccolissime, dove la contrattazione collettiva incontra notevoli difficoltà a svilupparsi.

  22. Se il modello contrattuale non rispetta la legge di Bowley:

  23. Effetto macroeconomico combinato atteso dei due livelli negoziali

  24. Criticità del funzionamento del modello contrattuale del Protocollo ‘93 • In condizioni di normale funzionamento dell’economia, la produttività del lavoro cresce; • E il modello tende ad aumentare la quota dei profitti automaticamente, senza contropartite in termini di investimenti, formazione, riorganizzazione ecc. • Paradossalmente, questa tendenza implicita si può arrestare o riequilibrare solo attraverso una contrazione della produttività del lavoro.

  25. Verifica del modello: contrattazione, distribuzione funzionale del reddito e crescita economica

  26. Inflazione, retribuzioni, produttività e distribuzione funzionale del reddito. Totale economia (Tassi di variazione percentuale medi annui; per i coefficienti, valori assoluti)

  27. Conflitto distributivo e produttività • Il modello tende a spostare il conflitto distributivo dalla distribuzione del valore aggiunto allacrescita della produttività, • E, quindi, alla crescita dell’economia, • sospingendo l’equilibrio del sistema economico in un sentiero di stagnazione. • Si tratta di un esito evidentemente indesiderabile, avverso allo sviluppo e alla crescita economica.

  28. Legge di Bowley e cooperazione per la crescita • Il Protocollo ’93 ha creato un meccanismo che viola la legge di Bowley, alterando automaticamente la stabilità delle quote distributive, e istituisce un sistema di incentivi evidentemente sfavorevole alla crescita economica: • Gli imprenditori trovano un equilibrio tra l’incentivo ad occupare lavoro a basso costo (e bassa produttività) e quello ad accrescere la produttività per spostare automaticamente a loro favore la distribuzione del reddito; • I lavoratori sono esposti all’azzardo morale di poter riequilibrare la distribuzione del reddito solo frenando la produttività.

  29. Legge di Bowley e cooperazione per la crescita • In altre parole, il sistema istituzionale di regolazione delle retribuzioni abbatte l’incentivo per i partner sociali a cooperare per la crescita. • E, di conseguenza, il sistema economico viene sospinto dalle convenienze dei partner sociali a imboccare un sentiero di stagnazione economica.

  30. L’economia italiana: quota del lavoro e crescita Fonte: Istat, Conti nazionali

  31. Controprova. Distribuzione funzionale del reddito e crescita economica: La prospettiva comparata

  32. La caduta della quota del lavoro in Italia e nei principali paesi avanzati (2005-1992) Fonte: Oecd

  33. Nel mondo: aumento della quota dei profitti e crescita economica Fonte: Oecd, Eurostat.

  34. L’accordo quadro del 22 gennaio 2009

  35. Il nuovo modello contrattuale – Punti salienti 1 Conferma del doppio livello contrattuale. Durata triennale dei contratti. Indice previsionale al posto dell’inflazione programmata (Ipca depurata dal prezzo dell’energia importata). Base di calcolo degli incrementi di primo livello. Recupero degli scostamenti indice previsionale-inflazione effettiva entro il triennio.

  36. Il nuovo modello contrattuale – Punti salienti 2 Ruolo guida del contratto nazionale. Contrattazione in deroga. Richiesta di incentivazione fiscale-retributiva del contratto decentrato. Elemento di garanzia retributiva.

  37. Struttura del salario • Il risultato economico complessivo per il lavoratore deriva da:

  38. L’“elemento di garanzia retributiva” - 1 • Nella misura e alle condizioni concordate dai contratti nazionali, • e con particolare riguardo per le situazioni di difficoltà economico-produttiva, • l’egr andrà corrisposto ai dipendenti da aziende in cui non si esercita il 2° livello contrattuale, • e che non percepiscono altri trattamenti, individuali o collettivi, oltre a quelli previsti dal contratto nazionale.

  39. L’“elemento di garanzia retributiva” – 2 (Linee guida Industria) • Il beneficio è determinato con riferimento alla situazione rilevata nell’ultimo quadriennio. • La verifica degli aventi diritto e l’erogazione stessa dell’ egr avranno luogo al termine della vigenza del contratto nazionale.

  40. Quanto grande dev’essere l’egr per salvaguardare la legge di Bowley?

  41. Il coefficiente δ • L’equazione (10) mostra che, al fine di preservare la distribuzione del reddito ai fattori, le retribuzioni di primo livello devono crescere non solo con i prezzi, ma anche in rapporto con la produttività.

  42. Come varia δ • Il coefficiente δ, che lega la crescita dei salari nazionali a quella della produttività, può raggiungere l’unità soltantose le retribuzioni di primo livello coincidono con le retribuzioni totali. • Esso inoltre varia: • inversamente rispetto al valore del moltiplicatore della produttività sul secondo livello (β), • e direttamente con la quota del primo livello sulla retribuzione complessiva (α).

  43. Il valore di δ • In accordo con i dati presentati nella tavola 2 più sopra, il valore medio del coefficiente δ nel periodo 1993-2008 è di 0,4. • In altri termini, nelle condizioni strutturali dell’economia italiana dell’ultimo quindicennio, il potere d’acquisto delle retribuzioni di base sarebbero dovuto crescere di un importo pari al 40 per cento della crescita della produttività, ovvero dello 0,4 per cento l’anno invece del dato storico dello 0,1. • Questo accorgimento avrebbe assicurato la stabilità delle quote distributive e, quindi, concorso ad evitare che l’economia imboccasse un sentiero di stagnazione attraverso un equo sistema di incentivi alla crescita per entrambi i partner sociali.

  44. Coefficiente δ e egr • Nel quadro della logica dell’accordo del 22 gennaio, si dovrebbe prevedere che il contratto nazionale definisca l’egr comparto per comparto, sulla base del valore del coefficiente δ, • distribuendone l’importo tra i lavoratori privi di contrattazione integrativa. • In questo modo la contrattazione nazionale potrebbe agire in termini: • sia di supplenza della contrattazione di secondo livello (δ è tanto maggiore quanto è minore 1-α), • sia di stimolo rispetto alla forza della contrattazione integrativa (δ è tanto minore quanto è maggiore β).

  45. Il livello micro: quando cresce la produttività nell’impresa?

  46. Fattori esterni e fattori interni all’impresa - 1 • Quando esperti, politici e rappresentanti delle parti sociali parlano di crisi di produttività, la intendono quasi sempre come un problema che nasce fuori dai cancelli delle fabbriche e dagli uffici, a causa di: • deficienza di infrastrutture, • carenza di qualità dell’istruzione, • inefficienza della P.A., • regole poco flessibili nel mercato del lavoro.

  47. Fattori esterni e fattori interni all’impresa - 2 • Questi fattori esterni sono indubbiamente importanti ai fini del livello della produttività di un sistema economico; • ma la letteratura scientifica internazionale (e, in misura crescente, anche nazionale) segnala che la crescita della produttività: • si concentra nelle imprese innovative, • e scaturisce da una reingegnerizzazione degli ambienti di lavoro (BPR), • mentre l’influenza dei fattori esterni è scarsa.

  48. Cosa spiega la crescita della produttività? • Ad esempio, un importante studio apparso sulla prestigiosa rivista inglese Economic Journal documenta che: • la crescita annua dell’1.6% nella produttività totale dei fattori è riconducibile nella misura pari all’1.4% (equivalente all’89%): • alla riorganizzazione degli ambienti di lavoro • alle nuove tecnologie • e alle nuove pratiche di lavoro • adottate dalle imprese innovative.

  49. Crescita delle produttività totale dei fattori nelle imprese americane Fonte: Black e Lynch, 2004.

  50. Teorie della crescita e organizzazione innovativa dell’impresa

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