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La vita quotidiana nei ghetti. In memoria di Mario Anticoli , z ”l. ::: Varsavia :: :. Varsavia, 29 maggio 1942
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La vita quotidiana nei ghetti In memoria di Mario Anticoli, z”l
:::Varsavia ::: Varsavia, 29 maggio 1942 "Qualcuno mi aveva raccontato quei giorni che stava passeggiando per strada dietro a due bambine ed ascoltava i loro discorsi. La bimba di nove anni raccontava a quella di cinque cos'era il giardino Alazinshy a Varsavia. Il racconto sembrava come una fiaba. "Un giardino cosi' grande, grande grande, cui si entra senza pagare". ( Grande sorpresa della piccola "Veramente non si pagava nulla?!?"), "C'erano dei sentieri e delle aiuole" ("Cosa sono le aiuole?"), " Ed un laghetto con le papere" ("Cos'e' il 'laghetto'? Cosa sono le 'papere'?). La conversazione si era interrotta in descrizioni complicate, in spiegazioni difficili in questa fiaba di una vita passata. (Rahel Hoierbah, Nei cortili di Varsavia)
Che cosa vuol dire ”quotidianita’”? • Qual’e’ la nostra routine? • Condizioni fisiche di vita/ abitazione • Salute • Famiglia • Lavoro
Il 21 settembre 1939, dopo solo tre settimane dallo scoppio della guerra, Heydrich diramo’ la direttiva secondo la quale venivano istituiti I ghetti in Polonia. • Che cosa significava per gli ebrei la parola “ghetto”? • Che conseguenze poteva portare il trasferimento nel ghetto? • Come reagiscono gli ebrei alla notizia? • Cosa portare? O meglio, cosa dover lasciare?
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Cosa vuol dire “sovrappopolazione”? -’sovrappopolazione’ significa che la zona occupata dal ghetto e’ il 2.4% della citta’, ma ospita il 30% della popolazione totale di Varsavia -’sovrappopolazione’ e’ quando dalla zona del ghetto di Lo’dz’ escono 43.000 persone e ne entrano 150.000
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Dilemma dell’insulina Il ghetto di Vilna viene istituito nel 1941, quando a pochi chilometri di distanza gli ebrei vengono uccisi nelle fosse comuni di Ponar. Dottor Avraham Vinriv e’ il responsabile delle malattie infettive nel ghetto. Nell’inverno del 1942 rimangono poche razioni di insulina da distribuire ai 50 malati di diabete.
Dal luglio 1942 nei ghetti di Shavli, Kovna e Vilna viene proibito alle donne di partorire. Le donne che saranno scoperte incinta verranno uccise. Nel caso in cui venga scoperta una nascita nel ghetto, la punizione collettiva sara’ la castrazione di tutti gli uomini del ghetto.
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"Dopo un po' sono venuto a sapere da lui [lo zio] un paio di cose interessanti e sorprendenti. Per esempio che un certo periodo della mia vita, che ha chiamato "gli anni spensierati e felici dell'infanzia", con l'odierna giornata di tristezza per me sarebbe finito per sempre. Di certo, cosi' ha detto, io non avevo ancora riflettuto su quest'aspetto. Ho dovuto ammettere: no, non ancora. Ma sicuramente, ha proseguito, le sue parole non mi avrebbero colto del tutto di sorpresa. Ho detto di nuovo: no. A quel punto mi ha informato che dopo la partenza di mio padre la mia matrigna si sarebbe trovata senza un sostegno e, anche se la famiglia "terra' un occhio su di noi", d'ora in avanti sarei stato io il sostegno principale. Di certo- ha detto- avrei scoperto prima del dovuto "cosa sono preoccupazioni e sacrifici". Perche' era chiarissimo che d'ora in avanti la mia vita non sarebbe stata piu' quella di prima- e questo non voleva certo nascondermelo, visto che ormai ci parlavamo "da adulti". (Imre Kerte’sz, Essere senza destino)
Che cosa succede all’interno della famiglia durante la Shoah? • Come cambiano i compiti dei vari componenti della famiglia? • Perche’ in genere sono proprio I bambini a rubare per le strade? • Quale e’ il significato della parola “educazione” in questo nuovo contesto? • Cosa succedera’ a bambini cresciuti in questo modo dopo la Shoah?
" In Francia si e' creata subito una differenza fra i bambini che venivano dalla Polonia, che erano stati a lungo nei campi, e fra gli ungheresi, i rumeni, i quali erano stati meno tempo nei campi, e grosse liti scoppiavano fra i due gruppi. Il cibo era per loro la cosa piu' importante... I piu' giovani non permettevano che il pane fosse tagliato a fette, ma volevano che pani venissero messi interi sul tavolo. Dopo ogni pasto, usavano portare nelle loro stanze tutto il pane ed il cibo che era avanzato sul tavolo. Sospettavano di tutti e tutto: un giorno distribuirono un formaggio particolare, il camembert, il quale ha un odore molto forte. Dato che non lo conoscevano, pensarono subito che il personale li volesse avvelenare, e quindi lo tirarono addosso al personale dell'istituto. Un argomento importante ed urgente era restituir loro l'identita'. Per far cio' imparammo a memoria i loro nomi: sedevamo con loro sul prato ed in sala da pranzo e chiedevamo a ciascuno dalle cinque alle dieci volte come si chiamassero, finche' non sapevamo distinguere ognuno. Quando riuscivamo a dire "Buon giorno Menashe", "Come stai Mordehai?", per la prima volta un piccolo sorriso sorgeva sulle loro labbra..." (Yehudit Amindgher).
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Alle soglie della Seconda Guerra Mondiale, Lo’dz’ era la seconda citta’ per grandezza in Polonia. Gli ebrei erano circa 233.000, ossia piu’ di un terzo del totale della popolazione nella citta’. Nel febbraio del 1940 venne istituito il ghetto e gia’ dal marzo dello stesso anno la maggior parte degli ebrei si era stabilita nel ghetto, con il divieto tassativo di lasciarlo. La popolazione ebraica era cosi’ totalmente separata dal resto della societa’.
L’autorita’ ebraica formale all’interno del ghetto era chiamata “Judenrat” – il concilio ebraico- stabilito per ordine dei tedeschi. I tedeschi usavano lo Judenrat per far trasmettere I loro ordini alla popolazione ebraica. Allo scoppio della guerra molti leaders ebrei lasciarono Lodz, e Mordechai Chaim Rumkowski – prima direttore di un orfanotrofio ed imprenditore- venne messo a capo dello Judenrat.
“Esistono forse bambini nel ghetto? Questo genere si sta estinguendo prima che nasca la creatura chiamata "bambino"; se ha fortuna e non e' morto, e' gia' diventato un ebreo adulto a tutti gli effetti. Nel ghetto non esistono bambini, ma piccoli ebrei, che fino ai dieci anni non lavorano, ma si mettono in fila per ricevere cibo, pane... piccoli ebrei che sopra ai dieci anni gia' lavorano. Non hanno ancora la barba, ne' mogli, ma gia' lavorano... E' dura, non solo per il lavoro che questo piccolo ebreo che non ha fatto in tempo a crescere deve svolgere, ma per il fatto che si deve presentare al lavoro come un soldato disciplinato alle sette in punto. Ogni ritardo significa 50 penig retratti dalla sua "paga". E quando questo piccolo ebreo si deve presentare a lavoro alle sette di mattina, si deve alzare alle sei. Ogni ora in piu' in cui questo piccolo ebreo e' sveglio, vuol dire un'ora in piu' al giorno di sofferenza della fame”.
Grazie La Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah, Yad Vashem, Gerusalemme Giordana Moscati