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COMPETENZE E AMBIENTI DI APPRENDIMENTO: CAMBIARE PARADIGMA. SILVANO TAGLIAGAMBE Bergamo- Liceo Mascheroni 29 OTTOBRE 2013 . L’INTEGRAZIONE DELLE INTELLIGENZE. 1.
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COMPETENZE E AMBIENTI DI APPRENDIMENTO: CAMBIARE PARADIGMA SILVANO TAGLIAGAMBE Bergamo- Liceo Mascheroni 29 OTTOBRE 2013
Bansky sui muri di Londra, street art. Spiacenti, lo stile di vita che avete ordinato non è al momento disponibile. Se ci crediamo allora è così. Invece noi pensiamo che la scuola così come viene prefigurata in questo intervento sia possibile.
COSA E COME FORMARE: L’OBIETTIVO PRIMARIO DEL PROCESSO EDUCATIVO “L’uomo è l’unico essere che dice “io” e che, forse, è capace di pensare “io”. Tutti parliamo dicendo “io”: “io dico, io faccio, io penso”. E sappiamo cosa diciamo. Anche io dico “io”, e so che cosa intendo. Talvolta tiro in ballo il concetto di coscienza, perché sento di potermi quasi sempre identificare con la mia coscienza, sia di me stesso che del mondo. Io vivo certamente nel mondo, nel mio corpo e col mio corpo, ma che rapporto ho con il mio corpo? Con il mondo? Con me stesso?” E. Boncinelli, Mi ritorno in mente. Il corpo, le emozioni, la coscienza, Longanesi, Milano, 2010.
L’OBIETTIVO PRIMARIO DEL PROCESSO EDUCATIVO “...la percezione è sempre finalizzata all'azione, ma l'azione non cipuò essere senza una motivazione o un' aspettativa positiva. La percezione e la mente cognitiva ci suggeriscono “come” compiere un'azione; l'emotività ci dà una ragione per compierla e ci spinge a farlo. La cognizione e la ragione si comportano come gli argini di un fiume in piena, ma l'affettività è la gravità della sua massa d'acqua. Noi siamo prima di tutto il fiume e secondariamente gli argini, anche se la nostra evoluzione culturale ha teso a richiamare la nostra attenzione più su questi ultimi, non fosse altro perché le loro vicende si prestano meglio a essere raccontate e tramandate. Noi esseri umani abbiamo sviluppato molto il nostro lato cognitivo, arrivando a coltivare la ragione se non una razionalità spinta, ed è giusto che prendiamo tutto ciò molto sul serio. Occorre però ricordare che la ragione ci aiuta a vivere, ma non ci motiva a farlo. Nessuno di noi vive per motivi razionali bensì perché siamo... “portati” a vivere….. e per vivere bisogna voler vivere…. E questo la mente computazionale e la ragione non lo possono garantire. Vale anche la pena di sottolineare che abbiamo individuato diverse aree cerebrali impegnate nella gestione dell' affettività, ma nessuna devoluta alla razionalità: è questo in sostanza il « corpo estraneo » - e nuovo - presente in noi, non le emozioni”. E. Boncinelli, Mi ritorno in mente. Il corpo, le emozioni, la coscienza, Longanesi, Milano, 2010.
L’OBIETTIVO PRIMARIO DEL PROCESSO EDUCATIVO La complessità di questo rapporto tra percezione, cognizione ed emozione, che costituisce l’essenza del nostro assetto interiore è chiarita da Trevi che afferma: “Possiamo dire che l'Io ha a disposizione il concetto e il giudizio, mentre il Sé ha a disposizione la tensione e il simbolo. Possiamo dire che il discorso dell'Io è direttivo, consequenziale, semplice, mentre il discorso del Sé è rizomatico, dendritico, polidimensionale e complesso. Possiamo dire che l'Io distingue e decide, agisce, opera, mentre il Sé non distingue, non agisce, non opera. Possiamo dire che l'Io traccia un breve segmento di retta nell'apparente groviglio del Sé, che è invece ordinato, ma così complesso da non potersi descrivere. Possiamo dire che la dimensione normale dell'Io è la semplicità sillogistica e monodirezionale, mentre la dimensione normale del Sé è la complessità multipla, ricorsiva e indescrivibile. Possiamo dire però che il discorso dell'Io è anche un fare, perché l'Io deve decidere, vale a dire tagliare e separare quel piccolo segmento di retta dalla sgomentante complessità del Sé. Possiamo dire che la dimensione emozionale dell'Io è l'ansia, mentre quella del Sé è la pace, nonostante la tensione che è sottesa al simbolo. Possiamo dire che l'atteggiamento fondamentale dell'Io è l'esame della realtà, e perciò la richiesta e la cura, mentre l'atteggiamento fondamentale del Sé è la visione globale e infinita del reale, e perciò l'accettazione e la trascuranza”. E’ nel continuo scambio e tensione all’interno di questa dualità che si gioca l’equilibrio della nostra mente. M. Trevi, L’altra lettura di Jung, Raffaello Cortina Ed., Milano, 1988, p. 111.
CALVINO: IL BINOMIO PESANTEZZA-LEGGEREZZA Per Calvino è essenziale la funzione della letteratura e ci racconta lo sforzo nel suo lavoro per affrancare la scrittura dal rischio di essere contaminata dalla pesantezza, dall’inerzia e dall’opacità del mondo. “In certi momenti mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra: una lenta pietrificazione...era come se nessuno potesse sfuggire allo sguardo inesorabile della Medusa. L’unico eroe capace di tagliare la testa della Medusa è Perseo, che vola coi sandali alati, Perseo che non rivolge il suo sguardo sul volto delle Gorgone ma solo sulla sua immagine riflessa nello scudo di bronzo. Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un'immagine catturata da uno specchio...” Lo sguardo di Perseo coglie la presenza della Medusa, non ne ignora ingenuamente la presenza, né il suo potere, ma non la combatte opponendosi a quel corpo mostruoso con la forza del suo corpo, se lo avesse fatto si sarebbe trasformato in un essere altrettanto spaventoso in una lotta tra Titani. E’ un’altra la via che sceglie Perseo e, a questo punto, il confronto si gioca tra due modi opposti di usare la mente.
CALVINO: IL BINOMIO PESANTEZZA-LEGGEREZZA Medusa ha un volto terribile, dalla sua testa nascono serpenti al posto dei capelli; chi la guarda diventa pietra perché questo è il modo in cui Medusa guarda il mondo, che in tal modo si materializza davanti ai suoi occhi. Così tutto diventa cosa, si congela nel peso più opprimente della materia, senza significato, senza desiderio, senz’anima. Perseo ha la testa tra le nuvole, ama farsi portare dal vento e accomodarsi tra le soffici nubi, vola perché ama volare e non si perde nell’empireo, ma ne riporta sulla terra tutta la leggerezza e il piacere che gli suscita l’attraversarlo. Così la mente di Perseo anche quando riflette su quanto vi è di più terribile e spaventoso, quando riflette il volto di Medusa, lo sa guardare senza perdere il senso di sé, la propria sensibilità. E’ questo lo scudo che lo protegge: quel sé che sa animare la sua mente e attraverso il quale vede il mondo dandogli significato e valore. Ciò gli permette di trovare una possibilità anche di fronte a quanto di più orrendo e spaventoso e di lottare senza sottomettersi.
CALVINO: IL BINOMIO PESANTEZZA-LEGGEREZZA “Il rapporto tra Perseo e la Gorgone è complesso: non finisce con la decapitazione del mostro. Dal sangue della Medusa nasce un cavallo alato, Pegaso; la pesantezza della pietra può essere rovesciata nel suo contrario… quanto alla testa mozzata, Perseo non l'abbandona ma la porta con sé, nascosta in un sacco…Perseo riesce a padroneggiare quel volto tremendo tenendolo nascosto, come prima l'aveva vinto guardandolo allo specchio. E sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato di vivere, una realtà che egli porta con sé, che assume come proprio fardello. Sul rapporto tra Perseo e la Medusa possiamo apprendere qualcosa di più leggendo Ovidio nelle Metamorfosi. Perseo ha vinto una nuova battaglia, ha massacrato a colpi di spada un mostro marino, ha liberato Andromeda. E ora si accinge a fare quello che ognuno di noi farebbe dopo un lavoraccio del genere: va a lavarsi le mani. In questi casi il suo problema è dove posare la testa di Medusa. E qui Ovidio (Le Metamorfosi) ha dei versi (IV, 740-752) che mi paiono straordinari per spiegare quanta delicatezza d'animo sia necessaria per essere un Perseo, vincitore di mostri: «Perché la ruvida sabbia non sciupi la testa sanguicrinita egli rende soffice il terreno con uno strato di foglie, vi stende sopra dei ramoscelli nati sott' acqua e vi depone la testa di Medusa a faccia in giù».
CALVINO: IL BINOMIO PESANTEZZA-LEGGEREZZA La leggerezza di cui Perseo è l'eroe non potrebbe essere meglio rappresentata che da questo gesto dl rinfrescante gentilezza verso quell'essere mostruoso e tremendo ma anche in qualche modo deteriorabile, fragile. Ma la cosa più inaspettata è il miracolo che ne segue: i ramoscelli marini a contatto con la Medusa si trasformano in coralli, e le ninfe per adornarsi di coralli accorrono e avvicinano ramoscelli e alghe alla terribile testa”. Queste riflessioni, dedicate al valore della leggerezza, fanno parte delle “Lezioni americane”, che hanno un sottotitolo che fa proprio al caso nostro: “Sei proposte per il prossimo millennio”. Italo Calvino muore per un ictus nel settembre 1985 alla vigilia dell’apertura dell’anno accademico in cui avrebbe dovuto tenere le sue lezioni ad Harvard. Il titolo di questa sua lezione è: “Leggerezza”. Le altre cinque sono dedicate a rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza. Ed è giusto ricordare che l’ultima lezione, che lo scrittore non riuscirà a terminare, rovescia di colpo le precedenti cinque. Pur vivendo in un mondo diventato leggero, rapido, in cui la visibilità è dominante, la coerenza rimane l’elemento principale con cui affrontare il rapporto con la realtà.
Non è possibile un reale progetto formativo senza ricostituire il senso civile e politico dei valori dell’appartenenza, che è parte integrante del processo di individuazione del divenire persona. • Il rapporto individuo-gruppo non è accessorio, ma è costitutivo dell’essenza stessa dell’essere umano, svilirne un aspetto è svilire, con l’altro, tutto l’insieme. Henri Matisse, La danza. 1910
I contesti di apprendimento A.I. Apprendimento Individuale A.G. Apprendimento Gruppo A.K. Apprendimento Connettivo A.C. Apprendimento Collettivo
Fattori di successo dell’ apprendimento A.I. Apprendimento Individuale 1-2 persone 3- 5 (max 7) persone A.G. Apprendimento Gruppo Riflessione, concentrazione, espressione rappresentazione, cognizione emozione A.A. Apprendimento Assistito Dialettica, condivisione, visione multipla, cognizione emozione, Capacità critica, argomentativa Verbalizzazione Amb collaborativi Libro – P.C - Multimedialità centinaia persone 20 centinaia persone A.K. Apprendimento Connettivo A.C. Apprendimento Collettivo Visione condivisa, New e Social media, artefatti digitali Ambienti in rete Content sharing - User Content Generation Aula –TV Conduttore - Docente
L’ambiente didattico e le modalità di apprendimento A.G. Apprendimento Gruppo A.I. Apprendimento Individuale A.K. Apprendimento Connnettivo A.C. Apprendimento Collettivo A.C. Apprendimento Collettivo A.G. Apprendimento Gruppo E’ la corretta articolazione dei diversi momenti ciò che determina l’apprendimento efficace, critico e creativo
ALBERO E RETE L'albero è da sempre considerato simbolo dell'essere umano e della conoscenza, in quanto la sua struttura verticale - terminante in basso con le radici ed in alto con i rami - lo rende una metafora perfetta dell'intermediazione fra alto e basso, fra visibile (il tronco e il ramo) e invisibile (le radici). Questa verticalità simboleggia due esigenze: la capacità di penetrare le profondità della realtà e della conoscenza (approfondimento); la capacità di far emergere e maturare, sulla base di questo fondamento e di questo primo livello, la coscienza superiore.
Nuova organizzazione del sapere Elencazioni e categorizzazioni Sistemi di relazioni A Rete (interconnessioni, rapporti cooperativi e competitivi, retroazioni e circolarità) Ad Albero e a mappe (rapporti gerarchici, di interazione) Per insiemi e categorie (rapporti di giustapposizione) sottocategorie Interconnessione secondo una regola predefinita (gerarchica) Elencazioni ordinate o casuali Interconnessioni paritetiche e a più livelli
L’“Arboreto salvatico” di Mario Rigoni Stern “….alcuni studiosi hanno relazionato intorno a certe osservazioni condotte su gruppi di alberi consociati e hanno constatato che questi si scambiano elementi vitali attraverso le radici per meglio sopportare le traversie della loro esistenza e che insieme uniscono i rami per meglio reggere le inclemenze delle perturbazioni climatiche. Insomma dall’albero singolo si passa al gruppo; dal gruppo al bosco: dalla vita breve – da qualche decennio a qualche secolo – dell’albero alla millenaria della foresta” da un presente che isolava e appiattiva si può guardare al passato e al futuro non solo dell’individuo ma anche della specie”.
Il “Wood Wide Web” Viene così chiamata la rete viva del sottosuolo, la rete delle ife di quei filamenti sottilissimi prodotti dai funghi che vivono in simbiosi con le radici delle piante. Grazie a questa fitta rete sotterranea alberi e arbusti comunicano tra di loro e si scambiano sostanze importanti per la sopravvivenza, formando una sorta di grande comunità di mutuo soccorso, all’interno della quale, ad esempio, se una nuova piantina non riceve abbastanza luce per la fotosintesi, lancia un segnale di aiuto, e proprio attraverso la rete riceve zuccheri e nutrienti sintetizzati dalle altre piante che svolgono un’intesa fotosintesi durante il giorno. Da questo scambio di segnali chimici, informazione genetica e nutrienti tutti i componenti dell’ecosistema vegetale traggono vantaggio.
IL SISTEMA INTEGRATO DA IMPLEMENTARE PER L’INCROCIO TRA ALBERO (VERTICALE) E RETE (ORIZZONTALE) Strumenti di amministrazione Strumenti di tracciamento ePortfolio Profili utente Strumenti di gestione dei diritti e della sicurezza "motore" di EduCloud Servizi Cloud(sincronizzazione) Spazio di interazione sociale XML Archivio delle risorse digitali Aggregatore Didattico (editor) Ambiente di approfondimento e gestione delle attività Strumenti di validazione Contenuti digitali (asset di I livello) Contenuti digitali (asset di II livello) ServizioInformation Brokering ServizioIntelligent Tutoring
Damasio Sistema polifonico Coesistenza di voci differenti Selezione
Assenza centro di comando Damasio: Teatro cartesiano Assenza di un centro di comando Ipotesi Zona di Convergenza IZC Sinapsi Mappe di Neuroni 10 Mld di neuroni 10.000 Mld di sinapsi
Il progetto di «curriculum verticale», comunque inteso, è legato in modo indissolubile a un approccio didattico imperniato sulle competenze e sulla loro valutazione. • Non si tratta, quindi, di una semplice questione di distribuzione diacronica dei contenuti da insegnare (cosa fare prima e cosa fare dopo) ma di stabilire cosa significa lavorare didatticamente sulle competenze e certificarle.
Un secondo requisito e presupposto indispensabile è il riferimento vincolante all’idea di «ambiente di apprendimento», non a caso esplicitamente menzionata nelle Indicazioni del 2007 e da intendersi come contesto progettato in maniera da stimolare e favorire un apprendimento attivo, situato, partecipato, capace di mettere in gioco non solo fattori cognitivi, ma anche motivazioni, emozioni e socialità.
Un terzo presupposto irrinunciabile è la considerazione dei livelli e degli strati in cui si articola la conoscenza: • Contenuti dichiarativi e cognizioni esplicite; • Contenuti e significati impliciti (le conoscenze procedurali, il contesto del discorso, il contesto extralinguistico, le conoscenze generali condivise, le conoscenze specifiche condivise, le credenze, i valori, le finalità incorporate ecc.).
Il curriculum verticale e l’approccio orientato verso le competenze sono accomunati dall’importanza attribuita in entrambi i casi al relativo controllo che gli allievi devono acquisire sui vari aspetti dell’esperienza di apprendimento: qualcosa di esterno, il fenomeno, e qualcosa di interno a ognuno di essi, cioè il pensiero critico e la riflessione metacognitiva su quanto pensato, si fondono fino a portare ad un apprendimento significativo. Quindi nell’uno e nell’altro caso siamo di fronte alla ricerca e valorizzazione di una riflessione sulla conoscenza in generale, sulle sue conquiste e sui suoi limiti, sulla sua evoluzione storica, sulla sua strategia di ricerca, sulle ricadute sociali delle sue acquisizioni.
E in entrambi i casi siamo di fronte a un modello di scuola centrato sul potenziamento del pensiero critico e sull'ipotesi che gli studenti rappresentino in prima istanza una comunità di apprendimento attivamente coinvolta nella soluzione di problemi concreti, in conformità a una prospettiva pedagogica che si ispira ai modelli costruttivisti.
Per acquisire reali competenze gli allievi devono avere il tempo necessario per costruire il proprio bagaglio intellettuale attraverso domande, scambio di idee con altri studenti, esperienze in laboratorio e problemi da risolvere. Tale approccio, mentre può risultare particolarmente motivante per gli allievi, riserva un ruolo fondamentale all’insegnante, che seleziona e adatta i contenuti e le strategie didattiche ai fabbisogni degli allievi in base al tempo disponibile. Va da sé, che la qualità dell’atto educativo non si misura con la larghezza del curricolo proposto ma con la profondità dei concetti affrontati e anche gli errori commessi dagli studenti durante il processo d’apprendimento forniscono preziose informazioni per la scelta di ulteriori e/o diversificati interventi didattici, finalizzati anche all'attività di sostegno e di recupero.
Più che dalla predisposizione di metodi astratti e generali, l’efficacia di un curriculum verticale dipenderà dalla capacità delle scuole di trasferire saperi, abilità e capacità prima di tutto in un progetto didattico che ne consenta una trattazione organica, forte di legami tra concetti, modelli, procedure e teorie, e in secondo luogo da un contesto artificiale e semplificato, quale quello in cui vengono necessariamente proposti i concetti e le teorie in ambito scolastico, al mondo dell’esperienza quotidiana in tutta la sua complessità. • Per ogni singola disciplina non solo bisogna superare la tentazione dell’enciclopedismo, ma si deve anche evitare la gabbia disciplinare, cogliendo i nessi che collegano le discipline e permettono di interpretare la realtà in maniera più generale.
ESEMPIO CONCRETO: IL CONCETTO DI FUNZIONE Questo concetto ha diversi significati in discipline diverse: In matematica, corrispondenza che associa a ogni elemento di un insieme uno e un solo elemento di un altro insieme; In ingegneria, la proprietà necessaria fisica o astratta del sistema o del processo orientata all’obiettivo; In informatica, la porzione di un programma destinata a una specifica elaborazione; In diritto, l’attività svolta da un soggetto nell’interesse non proprio ma altrui; In filosofia, la funzione (trascendente) è il termine usato da Kant per designare l’incidenza dello spazio, del tempo e delle categorie sull’esperienza; In psicologia analitica, (Jung) la funzione (trascendente) indica il ponte tra la coscienza e l’inconscio In religione, un rito in occasione di festività liturgiche; In economia, un ruolo all’interno di un’organizzazione e di un’impresa. Altri esempi: funzione amministrativa; funzione pubblica; funzione sociale.
ICARDINI DEL CONCETTO DI «COMPETENZA» 2
OSTACOLI ALL’APPROCCIO PER COMPETENZE • QUANTITA’ DI DISCIPLINE • STRUTTURA DELL’ORARIO SCOLASTICO • QUANTITA’ DI CONTENUTI DA APPRENDERE • SCARSA COMPETENZA DIDATTICA DIFFUSA • SCARSA COLLABORAZIONE TRA DOCENTI • STRUTTURAZIONE DEGLI AMBIENTI DIDATTICI • CLASSI DI CONCORSO, CONTRATTI DI LAVORO • ORGANICI
NONOSTANTE TUTTO BISOGNA: • IMPOSTARE UNA PROGETTAZIONE DIDATTICA • LAVORARE PER PROGETTI • FAVORIRE UNA DIDATTICA LABORATORIALE • FAVORIRE L’’INDIVIDUAZIONE DI COMPETENZE • ESSENZIALI (E RELATIVE CONOSCENZE E ABILITA’) • FAVORIRE VALIDE ESPERIENZE DI ALTERNANZA
SAPERE, CAPIRE E FARE Il nucleo concettuale del concetto di «competenza» è l’integrazione tra il sapere, il capire e il riuscire, nella consapevolezza che Il capire presuppone, certamente, il sapere e quest’ultimo è indubbiamente condizione necessaria perché si possa arrivare allo scopo indicato. Se però ci chiediamo se esso sia anche condizione sufficiente, le cose si complicano. Senza sapere non si può arrivare a capire, ma non è affatto detto che basti sapere per poter capire. Quanto alla relazione tra sapere e riuscire, se è vero che si può sapere senza fare e si può fare senza sapere e capire, è certamente meno scontato ritenere che si possa davvero «riuscire» senza sapere e capire.
INFORMAZIONE e COMUNICAZIONE Per informazione intendiamo la pura e semplice trasmissione dei dati e della conoscenza, logicamente rigorosa e che nulla concede all'enfasi della espressività, della retorica, tutti fattori che giocano un ruolo importante ai fini del coinvolgimento dell'interlocutore. Per comunicazione intendiamo, invece, l'informazione quando è caricata di tratti non essenziali e spesso contraddittori dal punto di vista logico, ma che vogliono intenzionalmente interessare, coinvolgere, a volte anche condizionare l'interlocutore.
INFORMAZIONE e COMUNICAZIONE Si può parlare di informazione contenuta in un sistema di qualsiasi tipo quando l’azione di questo su altri sistemi è determinata in maniera essenziale non dalla mera quantitàonatura dei suoi elementi, ma dalla loro disposizione, cioè dall’insieme delle operazioni e relazioni interne, vale a dire da quello che, tecnicamente, si chiama “struttura”. Si parla poi di trasmissione di informazione quando la riproduzione di una struttura dà luogo a repliche contenenti la stessa informazione. Entrambi i fenomeni, com’è noto, sono essenziali per la conoscenza ma anche per la vita.
INFORMAZIONE e COMUNICAZIONE Detto diversamente e in modo più informale e accessibile: si parla di informazione se in macrostrutturesimili sono riconoscibili microstrutturedifferenti. La chiave della mia automobile è tanto simile alla tua che potremmo facilmente confonderle. La mia, però, apre la portiera della mia vettura, la tua no. Non è quindi fuori luogo dire che nella microstruttura di questa chiave è contenuta un’informazione che non c’è nella tua e che viene trasmessa alla serratura, consentendoci di aprirla.
INFORMAZIONE e SUPPORTO • Non esiste informazione senza supporto: l’informazione è sempre “portata da”, o “trasmessa su” o “memorizzata in” o “contenuta in” qualcosa; • Questo qualcosa non è l’informazione stessa; • Alcuni supporti sono particolarmente adatti alla trasmissione dell’informazione, ma non alla sua memorizzazione (aria); • Per poter parlare di informazione è decisiva la stabilità del supporto materiale in cui l’informazione è contenuta;
INFORMAZIONE e SUPPORTO Si può parlare di informazione contenuta in una struttura quando l’azione di questa su altre strutture è determinata in maniera essenziale non dalla mera quantità dei suoi elementi, ma dalla loro disposizione 42
INFORMAZIONE E SUPPORTO La stessa informazione può essere scritta su supporti differenti ….. 5 Lo stesso supporto può portare informazioni differenti ITALIANO: TO DO, TO MAKE, TO BUILD “fare” INGLESE: TARIFFA, PREZZO DI UNA CORSA
Altro problema è costituito dal caso di cui parla Damasio ne L’errore di Cartesio. Operato al cervello per rimuovere un tumore che aveva costretto a intervenire anche sul tessuto dei lobi frontali che era stato danneggiato dal male dopo l’intervento mantenne integre la solidità dell’intelletto, la capacità percettiva, la memoria del passato, la memoria a breve termine, l’apprendimento di nuovi contenuti, il linguaggio e la capacità aritmetica. In breve dal punto di vista della conoscenza e delle capacità a essa legate era tutto a posto. Non altrettanto si poteva dire a proposito della sua personalità, che risultò totalmente alterata: “avvertiva come argomenti che prima avevano suscitato in lui una forte emozione ora non provocavano più alcuna reazione, né positiva, né negativa”.
Provate a immaginare quel che era accaduto: provate a immaginare di non sentire piacere quando contemplate una pittura che vi piace, o quando ascoltate uno dei vostri brani musicali preferiti. Provate a immaginarvi completamente privati di tale possibilità, e tuttavia ancora consapevoli dei contenuto intellettuale dello stimolo visivo o sonoro, e consapevoli anche del fatto che una volta vi dava piacere: Sapere ma non sentire, così potremmo riassumere la sua infelice condizione” (p. 85). Inoltre egli “era incapace di scegliere in modo efficace, o poteva non scegliere affatto, o scegliere malamente”. “Cominciai a pensare”, conclude Damasio, “che la sua freddezza del ragionamento gli impedisse di assegnare valori differenti a opzioni differenti, rendendo il paesaggio del suo pensiero decisionale irrimediabilmente piatto” (pp. 92-93). Dunque sapere e sviluppare la conoscenza è condizione necessaria, ma non sufficiente, per gestire le emozioni e assumere decisioni.
C’è poi il fatto, attestato ormai, come si è visto, da tutte le ricerche nel campo delle neuroscienze, di quanto astratta e distorta sia la descrizione abituale dei nostri comportamenti che tende a separare i puri movimenti fisici dagli atti che tramite questi verrebbero eseguiti. In realtà il cervello che comprende e il cervello che agisce sono tutt’uno, per cui il rigido confine tra processi percettivi, cognitivi e motori finisce per rivelarsi in gran parte artificioso: la percezione risulta immersa nella dinamica dell’azione e ciò comporta l’esigenza di prestare la debita attenzione a una componente pragmatica, sulla quale poggiano molte delle nostre tanto celebrate capacità cognitive.
È questo il nucleo non esoterico del concetto di competenza, che mette in crisi l’idea che la conoscenza si acquisisca mediante la pura e semplice trasmissione di strutture già definite e di significati già codificati nello spazio esterno e ci obbliga, per contro, a prestare la debita attenzione alle modalità di organizzazione del campo ricettivo interno. Il riferimento a questo quadro generale consente, oltretutto, di avviare finalmente una seria riflessione sulle tecnologie, sul loro rapporto con il pensiero scientifico, sulle profonde trasformazioni che esse stanno portando, oltre che al nostro modo di comunicare, anche a quello di organizzare la conoscenza e di concepire i processi di apprendimento e gli ambienti in cui essi andrebbero collocati.
È a questo concetto di competenza che si riferiscono correttamente i Piani di Studio della Provincia di Trento: “Una competenza si manifesta quando un soggetto riesce ad attivare e coordinare conoscenze, abilità e disposizioni interne (come atteggiamenti, valori, motivazioni, ecc.) per affrontare, valorizzando se necessario anche opportune risorse esterne, una tipologia di compiti o problemi” da inquadrare e risolvere.