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Economia e Governo delle Piccole Imprese. Le strategie di internazionalizzazione. Premessa. La strategia di internazionalizzazione può qualificarsi come: Strategia di sviluppo ( o di espansione) quando il mercato estero è un prolungamento naturale di quello nazionale
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Economia e Governo delle Piccole Imprese Le strategie di internazionalizzazione
Premessa La strategia di internazionalizzazione può qualificarsi come: • Strategia di sviluppo ( o di espansione) quando il mercato estero è un prolungamento naturale di quello nazionale • Strategia di diversificazione qualora il grado di diversità del nuovo contesto competitivo è elevato
La strategia di internazionalizzazione ha delle opzioni alternative specifiche tra cui scegliere: • Scelta del mercato estero (la pi parte dai mercati più vicini geograficamente) 2. Scelta della forma di entrata (l’esportazione indiretta è la forma di entrata più facile da gestire) • Scelta della politica di prodotto (la pi predilige l’opzione etnocentrica)
Le teorie dell’internazionalizzazione Approccio macro: oggetto di osservazione il sistema Paese Teorie del commercio internazionale: • Teoria dei costi comparati • Teoria dei fattori specifici e dell’intensità dei fattori della produzione la matrice degli scambi è identificata nelle differenze di produttività e nelle differenti dotazioni di fattori produttivi Sono un valido strumento interpretativo per capire il sistema dei flussi del commerc.intern. del Paese in cui la pi è inserita.
Approccio micro: oggetto di osservazione è la singola impresa Teorie dell’impresa multinazionale • Teoria del potere di mercato • Teorie tecnologiche • Teoria dell’interdipendenza oligopolistica • Teoria eclettica di Dunning • Teoria degli stadi di internazionalizzazione Sono poco applicabili alle piccole imprese
La teoria dei costi transazionali Spostamento dell’ottica dall’impresa alla transazione internazionale i cui costi possono essere minimizzati con la scelta delle varie forme con cui attuarla: • la gerarchia • le forme intermedie • il mercato Una transazione internazionale comporta: • costi di impianto una tantum • costi fissi specifici dei fattori produttivi • costi variabili
Comparando i costi di tre forme di internazion. – Ide, licensing, esportazioni – Buckley e Casson dimostrano che • gli Ide non sono la forma più efficiente di internazionalizzazione Cominelli: • la minore dimensione spinge ad evitare gli alti costi fissi specifici o gli alti costi di impianto richiesti dagli Ide • la pi predilige le esportazioni
Teorie della globalizzazione e della competizione globale La globalizzazione dei mercati influenza le strategie internazionali delle grandi imprese: • Evoluzione dell’organizzazione multinazionale (rete interna globale: casa madre e consociate operano in modo interdipendente) • Rapporti di collaborazione tra imprese di tipo orizzontale e verticale • Si identifica “il vantaggio competitivo delle nazioni” che collega i vantaggi comparati a livello di Paese ai vantaggi competitivi a livello di impresa
La globalizzazione è un’opportunità per le pi? È certamente un’opportunità grazie ai rapporti di collaborazione, al tessuto di relazioni poste in essere dalle gi e alla condivisione delle conoscenze Anche l’internazionalizzazione delle gi è trainata dalle conoscenze, dalla capacità di apprendere piuttosto che dal potere oligopolistico e di mercato Le imprese minori, che non godono dei vantaggi del potere di mercato, dovrebbero essere in grado di partecipare alla divisione mondiale del lavoro
Modelli e verifiche empiriche sui processi di internazionalizzazione delle pi Variabili critiche per le pi: • Variabili chiave - caratteristiche personali dell’imprenditore - caratteristiche del prodotto - il Paese di origine - gli stimoli alle esportazioni
Variabili accessorie - le barriere all’esportazione - la dimensione ed età della pi - le caratteristiche manageriali - le variabili di marketing Le variabili chiave ed accessorie influenzano la decisione ad esportare e giocano un ruolo nel determinare le performance delle attività internazionali
Il modello deduttivo di Saporta • Dalla specializzazione all’internazionalizzazione • Settore concentrato, presenza di Gi • Le pi scelgono una strategia di specializzazione spinta che comporta limiti alla crescita, elevato rischio, vulnerabilità • Strategia di sviluppo internazionale Comportamento reattivo
Differenziazione e sviluppo internazionale • Settore frammentato di beni di uso familiare • Concorrenza crescente per le basse barriere all’entrata • Strategia di differenziazione del prodotto • Limiti tecnici alla differenziazione, imitazione, concorrenza sui prezzi • Strategia di sviluppo internazionale, comportamento reattivo
Innovazione di prodotto e sviluppo internazionale • Pi high tech che si addensano in settori emergenti • Strategia di innovazione radicale di prodotto • Potenziale di domanda elevato, ristretto spazio di mercato, obsolescenza della tecnologia • Se il mercato domestico non è ampio, o il prodotto è altamente specializzato, si realizza una strategia di sviluppo internazionale, quale comportamento proattivo
Modelli di analisi multilivello e multidimensionali Boter e Holmquist (1996) Occorre studiare il processo di internaz. di una pi mediante l’analisi a più livelli di fattori: • la nazione, l’industria, l’impresa, le persone e i fattori culturali Si studiano pi di Finlandia, Svezia e Norvegia Dall’analisi delle variabili, emergono due tipologie di imprese: imprese tradizionali e imprese innovative
Imprese tradizionali: - orientamento alla produzione - graduale miglioramento dei prodotti esistenti - pi a base familiare - livello culturale del fattore umano non elevato esportano solo dal 5 al 30 per cento del fatturato, verso i vicini Paesi Nordici, focus internazionale localistico
Imprese innovative: - focalizzazione su circoscritti segmenti di prodotto - sviluppo di nuovi prodotti • gestione affidata a team di soggetti al elevata professionalità esportano il 90% del fatturato, con focus internazionale globale
Julien e alii (1997) Campione polisettoriale di pi del Québec Si indagano tre dimensioni: orientamento strategico, strategie di marketing, estensione delle manovre strategiche Si identificano tre tipi di pi esportatrici: • Pi professionali, strat.di marketing complesse e impiego di molte risorse • Pi opportuniste, orientate al mercato domestico, attuano strat.di marketing semplici, con poche risorse • Pi in transizione, vorrebbero aumentare le esportazioni
I modelli strategici • Secondo il modello strategico, l’internazionalizzazione è frutto di decisioni, anche pianificate, dirette ad attuare nuove combinazioni di risorse disponibili in vista di nuovi obiettivi e nuove variabili ambientali • Il proc.di internaz. è il risultato delle interazioni di molte variabili, in particolare le performance sono il risultato delle strategie di entrata nei mercati, della base strategica ed operativa preesistente, e delle strategie adottate per permanere
Gruppo Stratos, progetto di ricerca longitudinale (1991-1995) su un campione di 3243 pmi di otto Paesi europei dei settori tessile-abbigliamento, elettronica, alimentare, mobili, progettazione meccanica. Il grado di internazionalizzazione e le performance sono in funzione di variabili esogene ed endogene
Risultati dell’indagine Interstratos: I fattori del successo internazionale sono: • Valori e atteggiamenti degli imprenditori • La strategia prodotti/clienti (le imprese più internazionalizzate erano quelle più specializzate) • La qualità del prodotto • La puntualità delle consegne Tutte le forme di entrata erano state praticate dalle imprese del campione.
Modello del processo di internazionalizzazione delle pi (Thorelli) Fattori che interagendo determinano il successo o il fallimento del proc.di internazion. delle Pi • Variabili dell’imprenditore (obiettivi, valori e base culturale) • Variabili dell’impresa (vantaggi differenziali, cultura, quota di mercato, grado di utilizzo della capacità produttiva) • Variab.economiche, di mercato, socio-politiche del mercato interno ed estero
Le interazioni tra le predette variabili confluiscono nelle strategie a tre livelli: • quelle di entrata nel dato Paese • quelle di permanenza nel mercato • quelle con cui ampliare il coinvolgimento internazionale tutto ciò determina performance di successo o di fallimento del proc.di internazionalizzazione
Il modello degli stadi dell’internazionalizzazione Mod.di Luostarinen (concetto allargato di internaz.) I. Stadio dei flussi in entrata (importazioni) • trasferimento di tecnologia e importazione di materie II. Stadio dei flussi in uscita • esportazioni • filiali di vendita • subfornitura, prod.su commessa, licenze filiali di produzione
III. Stadio della collaborazione • accordi di collaborazione nella produzione • accordi negli acquisti • accordi in R&S E’ importante considerare il tipo di prodotto oggetto dei flussi in uscita: beni, servizi, sistemi di prodotti, know-how
Combinando modalità e prodotti, il proc.di internaz., attraverso i flussi in uscita contempla i seguenti stadi: • stadio iniziale: beni attraverso esportazioni • stadio di evoluzione: servizi e/o filiali di vendita • stadio di crescita: sistemi e/o subfornitura • stadio di maturità: know-how e/o filiali di produzione La verifica statistica pone in evidenza: • prevalenza delle esportazioni di beni • sequenzialità degli stadi nel 60% del campione • solo il 40% di pi ha stipulato accordi di collaboraz.
La proiezione internazionale della catena del valore • Grandinetti (1992) utilizza il concetto di catena del valore per verificare il grado di internazionalizzazione di un campione di pi di settori tradizionali La ricerca ha inteso accertare due aspetti: • se le esperienze internaz. avessero influenzato attraverso l’apprendimento l’evoluzione di produzione e marketing e della formula impreditoriale • se esisteva un rapporto tra internazionalizz. dell’impresa e internazionalizz. della catena esterna ed interna del valore
la proiezione internaz. della catena esterna si realizza con rapporti interaziendali di natura verticale • si realizza mediante l’esportazione indiretta che esternalizza la funzione di vendita, delegandola ad intermediari • quando i rapporti con gli intermediari sono stabili, avremo vere e proprie relazioni cooperative • si realizza anche mediante subfornitura, franchising, licensing, tutte forme in cui altri soggetti mediano il rapporto dell’impresa con il mercato estero
se l’impresa privilegia forme di investimento diretto, si ha la proiezione internazionale della catena interna del valore La ricerca ha accertato: • la crescente diversificazione dei mercati esteri cui le imprese si rapportano nel tempo • l’evoluzione dei canali di entrata/distribuzione • l’adattamento delle politiche di marketing alle specificità dei mercati esteri
Inoltre la ricerca accertava: • la proiezione internaz. della catena del valore risultava circoscritta alle attività di vendita, alla logistica in uscita, alle attività della filiera produttiva • il processo di apprendimento internazionale era circoscritto alle attività esportative, all’efficienza produttiva • è scarso l’impatto dell’internazion. nel modificare la formula imprenditoriale
Mc Dougall e Oviatt (1994) la ricerca identifica una tipologia di piccole imprese high-tech già internazionalizzate alla creazione Sono definite International New Ventures (Inv) E’ l’intuito imprenditoriale che identifica opportunità di crescita e di profitti nell’internazionalizzazione
Dall’analisi si identificano quattro tipi di imprese a start-up internazionale: • start-up con attività di export-import (pochi Paesi) • start-up con commercio multinazionale (molti Paesi) - sono poche le attività della catena del valore dislocate - sforzo di coordinamento limitato
start-up con focalizzazione geografica - si localizzano molte attività all’estero per attingere risorse • start-up globale - sono le Inv per eccellenza, adottano una strategia globale intesa ad ottenere vantaggi competitivi da un esteso coordinamento di attività dislocate in molti Paesi - sono proattive
I comportamenti esportativi delle Pi Dai dati statistici emerge che la forma di entrata e di permanenza nei mercati esteri più diffusa tra le imprese minori è rappresentata dalle esportazioni. Il modello di Cavusgil (1980) considera gli stadi con cui le imprese raggiungono una strategia di export strutturata. Nonostante le limitazioni di questi modelli, le verifiche empiriche attribuiscono loro validità. Il tempo medio di permanenza in ogni stadio è di circa due anni.
Come fanno imprese molto piccole ad avere tanto successo nelle attività di esportazione? I dati statistici dimostrano che, quanto maggiore è la classe dimensionale, tanto maggiore è la percentuale delle imprese esportatrici. Una ricerca di Bonaccorsi dimostra che, se esiste una dimensione minima per esportare, essa non è molto elevata. Inoltre devono essere riconsiderate le condizioni che favoriscono l’internazionalizzazione delle Gi alla luce delle buone performance esportative delle pi.
Argomentazioni di Bonaccorsi: • Risorse limitate: l’entità delle risorse necessarie per buone performance esportative dipende dal tipo di strategia di export e di strategia competitiva. • Economie di scala: è difficile provare che le economie di scala produttive, quelle nel marketing, o nella gestione delle attività internaz. stimolino le esportazioni. • Percezione del rischio: le pi attuano un processo collettivo di esportazione, condividono esperienze, scambiano informazioni.
Due applicazioni della resource based theory Wolff e Pett (2000) Ricerca svolta su un campione di imprese esportatrici statunitensi, da cui emergono tre modelli competitivi basati: • sui servizi offerti ai clienti, • sulle azioni di marketing, • sulle risorse produttive e umane. Tesi: la strategia può creare coerenza tra scarse risorse e buone performance esportative
I risultati della ricerca dimostrano che • gli stessi obiettivi possono essere realizzati con formule competitive diverse • non sono tanto la quantità e l’ampiezza delle risorse quanto il loro tipo a determinare il comportamento competitivo di un’impresa La prima applicazione della Rbt spiega come delle pi nuove possano sviluppare delle attività internazionali rapidamente con buone performance.
Dhamaraj e Beamish (2003) Il modello identifica le risorse chiave delle prestazioni di export: • dimensione dell’impresa (addetti e fatturato) • risorse imprenditoriali (leadership, innovazione, determinazione/impegno) • intensità tecnologica Le tre risorse, in modo diretto o indiretto, determinano il grado di internazionalizzazione, che è misurato dall’intensità esportativa e dalla diversificazione dei mercati serviti. Tanto maggiore è il grado di internazionalizz., tanto migliori le performance.
La variabile soggettiva L’imprenditore come variabile critica del processo di internazionalizzazione. Gli studi sull’imprenditorialità hanno cercato di individuare le caratteristiche culturali e psicologiche che possano favorire l’internaz. di pi Si è rilevato che l’imprenditore orientato all’export • è più aggressivo, dinamico, creativo e innovativo • ha più fiducia in se stesso • coltiva la conoscenza di lingue straniere • ama viaggiare • percepisce minori rischi e costi
Gli imprenditori non esportatori percepiscono le molteplici barriere all’export: - scarsa idoneità del prodotto per il mercato • mancanza di informazioni • difficoltà di adattarsi a leggi diverse • difficoltà di trovare risorse finanziarie Molte ricerche confermano la diffusione di comportamenti reattivi: • l’export promosso da ordini spontanei di clienti esteri
Altre ricerche (es. Nardin 1994) invece individuano comportamenti di natura proattiva: • le pi ricercano opportunità di sviluppo e di diversificazione dei mercati L’imprenditore che assume questo comportamento • è più orientato al controllo diretto dei mercati • è predisposto all’apprendimento • è disponibile a sperimentare le molteplici forme di internazionalizzazione Il suo approccio all’internaz. è di tipo strategico.
Westhead e alii (2001) Nella loro ricerca si è voluto accertare l’influenza di quattro tipi di risorse umane e finanziarie facenti capo all’imprenditore sul processo di internaz. Le osservazioni confermano le ipotesi della Resource Based Theory: la propensione all’export è determinata dalle risorse disponibili, in particolare - esperienza • network informativi e relazionali • competenze manageriali e specifiche di settore
La variabile prodotto Il prodotto è un fattore di competitività importante per le pi sia nei mercati domestici che in quelli esteri. La rilevanza della variabile prodotto è dovuta • al prevalente orientamento dei piccoli imprenditori alla produzione • alla difficoltà di utilizzare le altre variabili del marketing mix (prezzo, promozione, distribuzione nello spazio)
Anche la pi deve spesso intervenire sul prodotto per adattarlo al mercato estero in considerazione di • fattori legislativi • fattori climatici • fattori di tradizione nei consumi In taluni settori, invece, la necessità di adattamento del prodotto non sussiste, in particolare laddove le caratteristiche originarie del prodotto sono un fattore di competitività (made in Italy nel settore moda, alimentare)
Esportazioni e strategie competitive Le performance delle attività internaz. sono influenzate dalle modalità di entrate nei mercati esteri, dai fattori competitivi dell’impresa e dalle strategie competitive. La ricerca Interstratos evidenzia che: • per pmi europee campionate i mercati esteri sono un prolungamento dei quelli domestici • perseguono strategie di penetrazione del mercato, con lo stesso prodotto e gli stessi clienti • optano per una strategia mista (differenziazione e leadership di costo)
La ricerca di Namiki (1988) intende verificare se le strategie adottate dalle pi nei mercati d’esportazione si allineano a quelle di Porter. Il campione considera solo imprese del settore elettronico. Le analisi confermano la tesi di Porter: all’interno dello stesso settore, esistono dei gruppi strategici che adottano strategie specifiche diverse nelle loro attività di esportazione