1 / 24

le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste non sono cerchi e la corteccia non piana, n il fulmin

banagher
Download Presentation

le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste non sono cerchi e la corteccia non piana, n il fulmin

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


    1. “…le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste non sono cerchi e la corteccia non è piana, né il fulmine viaggia su una linea retta..." Benoit Mandelbrot

    2. Macrocosmo & Microsmo… due diversi livelli di realtà uguali

    3. Presentazione Il termine frattale deriva dal latino fractus (rotto, spezzato ), e sta ad indicare delle strutture che a qualsiasi scala di grandezza si vedano, sono sempre uguali, secondo il criterio dell'auto-similarità e della ricorsività. Attorno a noi, immersi nella natura, ci sono moltissimi esempi di queste particolari strutture: le foglie, le nuvole, i fulmini ne rappresentano solo alcuni. Il primo a parlare di frattali fu Benoit Mandelbrot che nel 1975 pubblicò il suo lavoro nel libro “Les objets fractals, forn, hasard et dimension” e più compiutamente nel libro “The fractal geometry of nature” nel 1982. Fu lo stesso Mandelbrot a creare il nome frattale nel 1975, quando, cercando per l'appunto un nome che potesse descrivere i suoi oggetti, sfogliando il vocabolario di latino del figlio, s'imbatté nell'aggettivo fractus, che, per la sua risonanza con parole come frattura e frazione, sembrò adattissimo allo scopo. Il successo fu travolgente. Oggi i frattali irrompono in ogni campo: suscitano l'interesse degli scienziati e la curiosità del grande pubblico, al punto che oggetti frattali si trovano comunemente in vendita. Mandelbrot sostiene che le proprietà frattali da lui scoperte sono presenti quasi universalmente in natura. Secondo il suo punto di vista, oggi condiviso da molti studiosi, i modelli storici della matematica e della fisica usati per descrivere la Natura sono incompleti: la Natura è frattale! Io ho deciso di partire proprio da i frattali più comuni per esporre la relazione che intercorre tra macrocosmo e microcosmo, che noi pensiamo così diversi, ma che in realtà sono uguali.

    5. fisica

    6. Data una regione di spazio in cui è presente un campo elettrico, si definisce potenziale elettrico in un punto il valore dell‘energia potenziale rilevato da una carica elettrica positiva di prova posta in quel punto per unità di carica. L'energia potenziale della carica è il livello di energia che la carica possiede a causa della sua posizione all'interno del campo elettrico; pertanto il potenziale elettrico della carica di prova è il rapporto tra l'energia potenziale e il valore della carica stessa, cioè: Il potenziale è dunque una quantità scalare e non dipende dal valore della carica di prova. L'unità di misura del potenziale elettrico è il “volt" (simbolo V) . Si dice che tra due punti A e B di una regione di spazio sede di un campo elettrico c'è una differenza di potenziale di 1 V se la forza elettrica compie il lavoro di 1 J per portare una carica di 1 C da A a B. Il potenziale elettrico, noto anche con il nome di potenziale scalare, viene indicato dalla lettera V, o a volte anche dalla lettera greca f. Esso si ricava a partire dal lavoro del campo elettrico su una carica q: Se vogliamo calcolare il lavoro lungo una linea l da un punto A ad un punto B dobbiamo calcolare l’integrale:

    7. LATINO A proposito del fulmine possiamo vedere come LUCREZIO (98-55 a.C.), nel sesto libro del "De rerum natura", sposando la teoria atomistica di Democrito , lo considerava come un effetto dovuto al movimento di particelle molto piccole e leggere che, proprio per la loro leggerezza, riuscivano a passare anche attraverso agli oggetti materiali. In questo modo Lucrezio rendeva conto degli incendi alle volte appiccati dai fulmini anche all'interno delle case. Il tuono e il fulmine, sempre secondo Lucrezio, avevano una causa comune ma erano indipendenti: l'urto tra le nubi causava sia il rimbombo (tuono) che la liberazione degli atomi leggeri che andavano a formare il fulmine. Dato il carattere terribile del fenomeno, e i pregiudizi religiosi ad esso connessi, il poeta sente il bisogno di trattare il fulmine in maniera molto ampia, dedicando a questa sezione più di duecento versi. V87 …est ratio caelisque tenenda, sunt tempestates et fulmina clara canenda, quid faciant et qua de causa cumque ferantur; ne trepides caeli divisis partibus amens, unde volans ignis pervenerit aut in utram se verterit hinc partim, quo pacto per loca saepta V93 insinuarit, et hinc dominatus ut extulerit se… La finalità diretta e chiara del discorso è quella di allontanare il lettore dall'idea dell'origine divino-religiosa di questi seppur maestosi eventi naturali. Riguardo al fulmine, che è l'esempio più argomentato, il tentativo di distogliere il lettore dalle credenze religiose per portarlo al ragionamento e al razionalismo scientifico diviene sempre più evidente, tanto che Lucrezio contesta le tesi antiche, piene di magia e fenomeni ingiustificati.  

    8. Lucrezio, nel De Rerum Natura, si propone di divulgare presso i Romani la dottrina di Epicuro. L’epicureismo già all’inizio del I° secolo a.C. aveva iniziato a diffondersi tra i ceti più umili della popolazione romana, anche l’élite iniziava ad avere familiarità con gli insegnamenti di Epicuro, ma al fine di diffondere tale dottrina anche ai livelli più alti della società, decise di comporlo sotto forma di poema didascalico in esametri, per far si che la forma poetica risultasse gradita. Epicuro insegna che gli dei vivono beati, senza preoccuparsi delle vicende umane; sono pertanto insensate le preoccupazioni degli uomini che dagli dei attendono punizioni o riconoscimenti dopo la vita, e non c’è dunque ragione di temere la morte, anche perché essa è nulla. Il generale intento dell’opera è quello di mostrare che esiste una giustificazione razionale in grado di smascherare l’inconsistenza della paura; dove una giustificazione razionale non esiste, tuttavia , non si deve cercare conforto nelle spiegazioni del mito e della superstizione, perché il mito insegna falsità, crea illusioni e tensioni. Il saggio epicureo trova conforto nei precetti di una filosofia in grado di liberarlo dalla turbolenza del dolore e di ogni affezione negativa dell’animo. STRUTTURA E CONTENUTI: l’opera consta di 6 libri, ed è divisa in diadi di 2 libri ciascuna sicché si hanno 3 diadi. Si apre con un’invocazione a Venere, simbolo di quella voluptas, “piacere”, che coincide con l’energia vitale e generatrice della natura. La prima diade tratta dei principi fondamentali della filosofia epicurea: nel primo libro si enuncia che nulla viene creato dagli dei perché nulla nasce dal nulla, e nulla si distrugge. Tutto è formato da atomi che, muovendosi nel vuoto, si aggregano e si disgregano, nascita e morte quindi non sono altro che questi processi continui di aggregazione e disgregazione. Nel secondo libro si descrive la teoria del Clinamén (dell’inclinazione): inclinandosi in modo ogni volta diverso gli atomi possono aggregarsi in infiniti modi possibili. La seconda diade tratta dell’uomo e della sua conoscenza. Il terzo libro mostra che anche l’anima umana è composta da atomi, soltanto più sottili di quelli che formano il corpo;nel quarto libro si spiegano il processo di apprendimento , i sogni e l’amore tramite la teoria dei simulacra, sottilissime membrane anch’esse formate da atomi che si staccano dai corpi e arrivano ai nostri organi sensoriali permettendoci la conoscenza. All’amore è dedicata la parte conclusiva del libro, e si critica la passione amorosa patologica, che rappresenta una degenerazione del fisiologico desiderio sessuale. La terza diade tratta della cosmologia. Nel quinto si spiegano la nascita e la formazione del cosmo, il moto degli astri, la posizione della terra, le principali questioni relativa al sole e alla luna. Nel sesto libro si descrivono i fenomeni atmosferici, cataclismi e pestilenze e si chiude con la peste ad Atene del 430 a.C

    9. matematica: la curva di von koch

    10. Siccome risulta che si ricava che la lunghezza del lato tende a 0, quando si ripete la costruzione “all’infinito”. In merito ai perimetri, essi si calcolano tenendo presente che :   - la prima figura è composta di 3 lati di lunghezza 1 e, dunque, ha perimetro   - nella seconda figura, ad ogni lato della prima si sostituiscono 4 segmenti di lunghezza , perciò si ottiene un perimetro dato da   - per passare alla terza figura, a ciascuno dei 12 lati di lunghezza della seconda si sostituiscono 4 segmenti di lunghezza , ottenendo un perimetro dato da Procedendo nella costruzione, i perimetri costituiscono i termini della progressione geometrica Siccome , si conclude che il perimetro della figura diventa infinitamente lungo quando si ripete “all’infinito” la costruzione.

    11. GEOGRAFIA ASTRONOMICA i cristalli: il ripetersi del reticolo cristallino Un minerale è una sostanza naturale di tipo inorganico avente una struttura cristallina, cioè un’impalcatura di atomi regolare e ordinata. Da questa struttura interna, si origina la forma esterna del minerale, che invece è visibile e altrettanto regolare e che viene chiamata abito cristallino o cristallo. Un cristallo, quindi, è un solido geometrico con facce, spigoli e vertici che si originano per la crescita progressiva, atomo dopo atomo, per miliardi di volte, di una struttura tridimensionale elementare di dimensioni infinitesime. La sua struttura interna è caratterizzata da una disposizione degli atomi nello spazio tale che una stessa configurazione di atomi si ripete a intervalli regolari lungo più direzioni. La struttura tridimensionale che così si realizza viene generalmente chiamata reticolo cristallino e si presenta come allineamenti regolari di atomi.

    12. LE GALASSIE Osservando a occhio nudo il cielo stellato se ne possono ricevere impressioni contrastanti. A un primo sguardo le stelle sembrano infatti ricoprire in maniera uniforme la volta celeste. Poi, se solo si riesce a individuare la Via Lattea, si intuisce la presenza di "grumi" di materia luminosa, le galassie.  Sappiamo inoltre, da tempo, che le galassie sono a loro volta raccolte a decine a formare gli ammassi di galassie. E negli anni Ottanta si e' scoperto che questi ammassi sono anch'essi strutturati nei cosiddetti superammassi, tuttora oggetto di osservazione. E' lecito chiedersi, allora, se questo gioco a incastri continui a ripetersi su scale sempre più grandi. In tal caso la materia luminosa non sarebbe distribuita in maniera uniforme, bensì in un alternarsi di pieni e di vuoti: semplificando, si potrebbe parlare di universo frattale. I frattali sono quei sistemi, che appaiono simili a qualunque scala li si osservi: una parte, se ingrandita, rivela la stessa complessità della struttura nel suo insieme. Si può dire la stessa cosa per la distribuzione della materia luminosa nel cosmo? Si, se il ripetersi delle strutture a tutte le scale e' una caratteristica intrinseca dell'universo. Ma esiste anche la possibilità che la distribuzione delle galassie tenda a una omogeneità statistica, cioè che la deviazione dall'omogeneità diventi sempre meno significativa aumentando il volume dell'universo osservato. Le incertezze derivano dal fatto che, per quanto disponiamo di mezzi sempre più potenti, la porzione di universo che riusciamo a sondare e' comunque limitata.

    13. STORIA DELL’ARTE

    14. Seurat e il puntinismo: dall’unità al tutto Georges Seurat (1859-1891), è il pittore che porta alle estreme conseguenze la tecnica pittorica degli impressionisti. Il problema di dar maggior luce e brillantezza ai colori posti sulla tela era già stato impostato da Manet e dagli impressionisti. La loro risposta a questo problema era stato il ricorso a colori puri, non mescolati, così da evitare al massimo le sintesi sottrattive che smorzavano i colori rendendoli privi di luminosità. Georges Seurat intese dare una nuova risposta a questo problema. Egli voleva giungere ai risultati di massima brillantezza utilizzando il «melange optique», ossia la mescolanza ottica. Negli stessi anni, le ricerche sul colore avevano trovato un notevole impulso scientifico da parte del chimico francese Chevreul. Egli aveva messo a punto il principio di «contrasto simultaneo», secondo il quale se si accostano due colori complementari le qualità di luminosità di ognuno vengono esaltate. Il principio non era sconosciuto agli impressionisti che anzi lo utilizzavano spesso nella loro tecnica pittorica. Ma la grande novità fu il principio di «melange optique», che per primo formulò proprio Seurat. In sostanza l’occhio ha una capacità di risoluzione che lo porta a distinguere due puntini tra loro accostati se questi non sono troppo piccoli. Se i puntini diventano eccessivamente piccoli, o se aumenta la distanza dell’osservatore dai due puntini, l’occhio dell’osservatore non ha più la capacità di separare i due puntini ma vede un’unica macchia di colore. Se questi due punti sono di colore diverso, l’occhio vede un terzo colore dato dalla somma dei due. In tal modo, secondo il principio di Seurat, un occhio, guardando dei puntini blu e gialli, vede un verde più brillante di qualsiasi verde che possa ottenere il pittore con la mescolanza dei pigmenti. La grande novità tecnica della pittura di Seurat furono i puntini. Egli realizzava i suoi quadri accostando piccoli puntini di colori primari. Ne derivava una specie di mosaico che trasmetteva un’indubbia suggestione. Dalla sua tecnica derivò il nome dato a questo stile, definito «puntinismo». Tramite questa tecnica, l’artista, partendo dalla singola macchia, immerge l’osservatore in una porzione di macrocosmo.

    15. JACKSON POLLOCK E IL SUO “STILE FRATTALE” Jackson Pollock è stato l'inventore ed il massimo rappresentante di una corrente dell'Espressionismo astratto americano detta action painting o pittura gestuale, nella quale il gesto creativo dell'artista , come un demiurgo dai poteri divini, crea dal nulla. Per ottenere il massimo della libertà creativa ed il minimo del condizionamento sia mentale che fisico, Pollock inventa anche una tecnica, il dripping (ispirandosi alle pitture rituali realizzate sulla sabbia degli indiani Navajo), che gli permette di depositare il colore sulla tela secondo flussi materici liberamente discendenti per forza di gravità, In realtà, lo sgocciolamento della vernice fluida attraverso i fori praticati nel contenitore o dal pennello imbevuto è un processo naturale che obbedisce a leggi precise, all'interno di un "sistema caotico". Ma poco dopo Benoit B. Mandelbrot, matematico francese di origine polacca, elabora una sua teoria, una nuova modalità di rappresentazione della teoria del caos, si presta ad analizzare e classificare i fenomeni naturali, non racchiudibili nei consueti schemi geometrici, dando vita alla teoria dei frattali, in cui convergono geometria, fisica e informatica. il frattale è una figura molto adatta ad esprimere graficamente le forme della natura secondo un rigoroso modello matematico, legato ad un nuovo concetto di dimensione. negli anni '90 Richard Taylor, un matematico-artista, intravide nella pittura di Pollock, apparentemente così istintiva e priva di regole, un legame con i frattali. Analizzando le tele, è risultato evidente che il pigmento colato definisce uno schema distributivo delle zone riempite di colore e delle zone bianche sempre uguale, per quanto si riduca la scala di osservazione, secondo una precisa struttura frattale simile a quella in cui evolvono le forme naturali: Inconsapevolmente Pollock, alla ricerca di una totale casualità compositiva, in realtà mima precisi schemi naturali. L'abbandono della verticalità della tela, l'uso del colore per gravità, l'esecuzione del dipinto con un procedimento multi direzionale, frutto del gesto che l'artista compie sgocciolando con ritmo pendolare sulla tela, hanno come risultato il suo caratteristico "Stile frattale"

    16. INGLESE We can also observe a strong relationship between the macrocosm and the microcosm in Thomas Hardy. In his novels he describes the county of Wessex , a fantastic name to indicate the county of Dorset, in the south-west of England, where the writer was born. Wessex is described in a moment of tension and mutation: the diffusion of the industrial revolution is changing the rural reality and stability of this region. Hardy analyzed Wessex from all points of view, using a new technique, the cinematic technique, that allowed him to focus on the description of different levels of the reality of this county, and all these levels represent a universal reality. With the use of cinematic technique, he starts with an aerial view and then,by zooming in, he concentrates his attention on a detail, for example a place or a character, as if it were a universal model. We can see the use of this technique in Tess of D’Urbervilles, one of the most famous of Hardy’s novels, in which Tess is seen as a victim of Fate, and she represents all human victims of society and, in general, of destiny. Hardy, in fact, believed in determinism, in which individuals inevitably succumb to natural laws and economic processes despite their hopes and ambitions. Hardy didn’t exclude the existence of a God, but for him God is indifferent, and so Man is left to his own destiny. He also believed in folklore and so in all his novels there is the return to origins. For example, in the last scene of Tess of The D’Urbervilles, Stonehenge not only represents the origins of civilization, but is also a symbol, an expression of a hostile natural world, where men do not enjoy a privileged position but must, like the rest of creation, struggle for their own survival.

    17. SUMMARY OF TESS OF D’URBERVILLES: The novel is set in the county of Dorset, in the south-west of England, that Hardy calls Wessex. At the beginning of the novel Tess’s father finds out that he is a descendant of a rich and aristocratic family, the D’Urbervilles. His family has already fallen on hard times and the situation gets worse when their horse dies. Tess is convinced that she should start working as a poultry maid on the D’Urbervilles estate. She is seduced by her master, Alec, and finds herself pregnant. She come back to her village and gives birth to a baby boy who dies soon after. She leaves her father’s house and goes to a distant valley to work as a milk maid on a farm. There she meets Angel, a clergyman’s son who is interested in new farming methods. They fall in love and they get married. But when Tess tells Angel about her past he leaves her and goes to Brazil. Tess undergoes suffering and hardships and agrees to became Alec’s mistress. Angel comes back and finds her.Then Tess kills Alec and flees with Angel. She is captured at Stonehenge while she is sleeping and she is executed.

    18.  

    19. Da “Così parlò Zarathustra”…. L’eterno ritorno dell’uguale "Guarda questa porta carraia! Nano! continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della porta e avanti è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l'un contro l'altro: e qui, a questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome della porta: "attimo". Ma, chi ne percorresse uno dei due sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?". "Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo".

    22. Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione. Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immensi noi siam nello spirito silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. Ascolta, Ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti ( e il verde vigor rude ci allaccia i melleoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.

    23. STORIA Se si considera il tempo ciclico, come l'eterno ritorno di Nietzsche, si possono analizzare eventi del passato per individuare delle somiglianze con futuri eventi. Questa teoria, detta Teoria dei Frattali, si può applicare all'odierna crisi economica, nella quale alcuni tendono a riconoscere i caratteri della crisi del 1929. Se si confrontano infatti l'andamento dell'indice del Dow Jones del 1929 con quello attuale, si individua subito una certa somiglianza grafica.

    24. "L'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa” : questa è una delle più famose frasi che il mondo ricorda, pronunciata dal 32° presidente americano Franklin Roosevelt in occasione della profonda crisi economica cui si trovò a dover far fronte per infondere speranza all’America e al mondo: Barack Obama se l'è studiata bene e da quando la crisi economica ha cominciato ad essere paragonata alla Grande Depressione, Roosevelt è diventato il suo portafortuna, l'esempio da cui attingere a piene mani, il modello su cui ricalcare i primi Cento Giorni alla Casa Bianca. Già all'inizio di ottobre, durante la campagna elettorale, quando la paura per il crollo della finanza cominciava a dilagare, era salito su un palco in Ohio e citando Roosevelt aveva detto: "Non è il tempo del panico, ma il tempo per risolvere i problemi e ricostruire la fiducia". "Bisogna agire e agire subito", ripete Obama in ogni discorso da prima di Natale, ma la frase è una delle tante che ha preso da Roosevelt, così come lo slogan: "Il nostro obiettivo è rimettere la gente a lavorare". E poi ci aggiunge un motto delle zone rurali d'America: "Shovel ready", ovvero "con la pala in mano", per dire che è pronto a scattare al lavoro. Fece costruire ponti, tunnel, strade, dighe e centrali elettriche che arrivarono a dare lavoro a due milioni e mezzo di persone. Spedì fotografi in ogni angolo del Paese per testimoniare la disperazione e lasciare un documento storico della Grande Depressione e della risposta del New Deal. Anche Obama si è convinto che in un momento così particolare solo lo Stato può dare la spinta necessaria per uscire da una recessione così profonda, per questo ha chiesto al Congresso di approvare un piano di almeno 800 miliardi di dollari per rilanciare l'economia. Per questo vuole ricostruire anche lui ponti, strade e scuole, puntare sulle nuove fonti energetiche, ridare regole a Wall Street e restituire speranza.

More Related