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Modello organizzativo ex D.Lgs. 231/01

Modello organizzativo ex D.Lgs. 231/01. La Responsabilità amministrativa delle Imprese. 1. a) Analisi del D.Lgs. 231/01. 2.

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Modello organizzativo ex D.Lgs. 231/01

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Presentation Transcript


  1. Modello organizzativo ex D.Lgs. 231/01 La Responsabilità amministrativa delle Imprese 1

  2. a) Analisi del D.Lgs. 231/01 2

  3. Decreto Legislativo 231 del 2001: introduzione di una nuova forma di responsabilità, definita amministrativa ma in realtà di natura penale, che colpisce direttamente Enti e Società nel caso di: - commissione di specifici reati; - da parte di amministratori e dirigenti, ovvero di dipendenti e collaboratori; - se il reato sia stato commesso nell’ interesse o a vantaggio dell’Ente o Società; si aggiunge alla responsabilità della persona fisica che ha materialmente commesso il fatto penalmente rilevante. Innovazione normativa dirompente: coinvolge nella punizione di determinati reati il patrimonio della Società, e quindi in definitiva gli interessi economici dei Soci. 3

  4. SOGGETTI DESTINATARI Tutti gli Enti dotati di personalità giuridica e non. (ad esempio: Spa, Srl, Sapa, Snc, Sas, associazioni, cooperative, fondazioni, enti economici sia pubblici che privati e più in generale tutte le attività organizzate in forma associativa). Sono esclusi solo: - Stato ed enti pubblici territoriali (es.. Comuni, Regioni) - Imprese individuali - Enti Pubblici non economici (es.: Aziende ospedaliere, Università etc.) - Enti che svolgono attività di rilievo costituzionale (es.: Partiti politici) 4

  5. REATI A CUI SI APPLICA Individuabili 4 grandi categorie: 1) Reati verso la Pubblica Amministrazione (es.: corruzione, concussione,….etc.) 2) Reati societari (così come introdotti dalla L. 366/01, art. 11) 3) Delitti di omicidio e lesioni colpose gravi o gravissime conseguenti ad infortuni sul lavoro avvenuti in violazione della L. 626 (così come introdotti dalla L. 123/07) 4) Altre tipologie di reati, quali reati legati all’eversione e al terrorismo, ed altre fattispecie che però, di fatto, si possono ricondurre ad ipotesi in concreto difficilmente realizzabili. Il D. Lgs. 231/01 può essere definito come un contenitore che viene via via arricchito da nuove ipotesi di reato: a breve, probabilmente, verranno inseriti i reati inerenti la materia ambientale; dal 16.11.u.s. sono stati inclusi i reati inerenti al riciclaggio. 5

  6. GLI AUTORI DEL REATO È necessario che il fatto criminoso sia stato commesso da soggetti che lavorano o comunque collaborano con la Società. Distinguiamo in: - soggetti in posizione apicale, ossia coloro che svolgono funzioni di amministrazione, rappresentanza o direzione della Società o di una sua unità dotata di autonomia organizzativa e finanziaria; sono da considerare soggetti apicali quelli che esercitano di fatto le sopraindicate funzioni, o un forte dominio sulla Società stessa (es: c.d. socio tiranno, socio unico). Ipotesi particolare: nel caso di Gruppo di Società, la Giurisprudenza ha ricavato un’ipotesi di applicazione del Decreto a carico della Capogruppo (c.d.Holding), combinando gli artt. 40 e 110 del c.p.p.. 6

  7. GLI AUTORI DEL REATO (segue) - soggetti sottoposti all’altrui direzione o vigilanza, ossia i dipendenti e tutti coloro che prestano la loro opera all’interno della Società in qualità di lavoratori parasubordinati, autonomi (es: agenti, consulenti, co.co.pro., fornitori, soggetti appaltatori). Quest’ultima figura assume particolare rilevanza alla luce delle disposizioni previste dalla Legge 123/07; in pratica, la Società è punita anche per fatto di terzi, che non rispettino le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro 7

  8. QUALI SANZIONI SI APPLICANO Sono essenzialmente di 2 tipi: - SANZIONI PECUNIARIE: da quantificarsi attraverso il sistema delle quote (previsto dagli artt. 10 e 11 del Decreto). In particolare, il numero delle quote deve essere individuato in considerazione della gravità del fatto e del grado di responsabilità della Società (da commisurarsi anche in base alla condotta tenuta in seguito alla commissione dell’illecito). 8

  9. - SANZIONI INTERDITTIVE: ossia il divieto di svolgere una determinata attività. Devono avere durata non inferiore a tre mesi e non superiore a tre anni e consistono in: * interdizione all’esercizio dell’attività o, in determinati casi, nomina di un commissario giudiziale * sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni * divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione * esclusione da agevolazioni, finanziamenti, sussidi, contributi e revoca di quelli già concessi * divieto di pubblicizzare beni o servizi 9

  10. ALTRI TIPI DI SANZIONI CONFISCA del prezzo o del profitto del reato, salvo quanto può essere restituito ai soggetti danneggiati; quando non sia possibile eseguire quanto sopra, possono essere confiscati anche somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA, da eseguirsi sia in ambito nazionale che in ambito locale, attraverso quotidiani, riviste etc. 10

  11. In generale: sono sanzioni molto severe ed efficaci, perché in grado di colpire pesantemente la Società. La sanzione pecuniaria e la confiscavengono sempre applicate in caso di condanna, quelle interdittive e la pubblicazione della sentenza sono disposte dal giudice solo nei casi previsti dal decreto. In determinati casi, anche e soprattutto al fine di salvaguardare l’occupazione, al posto della sanzioni interdittive il giudice può nominare un commissario giudiziale. 11

  12. MISURE CAUTELARI Aspetto molto innovativo, e maggiormente pericoloso per la Società, introdotto dal Decreto: le misure cautelari sono quei provvedimenti che possono essere richiesti dal Pubblico Ministero durante la fase di indagine, quindi prima del processo vero e proprio, sono disposti dal G.I.P e possono avere durata massima di un anno, arrivando -di fatto- a paralizzare l’attività aziendale. Sono pertanto estremamente pericolose perché per la loro applicazione non è richiesta una sentenza definitiva, ma solo un fumus, ossia degli indizi di colpevolezza a carico della Società. 12

  13. MISURE CAUTELARI (segue) Possono essere applicati, quali misure cautelari, le sanzioni interdittive sopra indicate, oltre al sequestro conservativo e al sequestro preventivo. Centralità delle misure cautelari nel sistema sanzionatorio ex D.Lgs. 231/01 13

  14. RIASSUMENDO La responsabilità della Società si realizza solo se concorrono tre elementi contemporaneamente: 1) commissione dei reati previsti in decreto 2) fatto commesso da soggetti che lavorano o collaborano con la Società 3) fatto commesso nell’interesse o a vantaggio della Società La Società può incorrere in due tipi di sanzioni: A - Sanzioni pecuniarie B - Sanzioni interdittive (le sanzioni interdittive possono essere applicate nel corso delle indagini quali misure cautelari) 14

  15. b) Modello di organizzazione gestione e controllo 15

  16. MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO È il documento che, dopo aver individuato specifiche attività aziendali nelle quali può verificarsi l’evento-reato, dette “attività sensibili”, stabilisce dei principi generali di comportamento, in genere contenuti in un documento separato detto Codice etico e delle procedure, atte ad evitare la commissione dei reati verso cui la Società intende tutelarsi. Tali procedure sono dette protocolli: tutti coloro che lavorano o collaborano con la Società debbono attenervisi. 16

  17. MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO (segue) Il documento deve altresì prevedere modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati. L’eventuale mancato rispetto o violazione dei principi di comportamento o dei protocolli comporta l’irrogazione di quelle sanzioni che il modello stesso prevede. Le sanzioni sono comminate da un organismo autonomo, detto organismo di vigilanza, a cui compete la vigilanza sul funzionamento e sulla corretta attuazione del Modello.

  18. ESCLUSIONE DALLA RESPONSABILITA’ Il modello sarà valido ed escluderà la responsabilità della società solo se: 1) abbia predisposto, prima del verificarsi del reato, un modello di organizzazione, gestione e controllo 2) il modello sia attuatoe sia efficace ed idoneo a prevenire i reati della stessa fattispecie di quello verificatosi 3) i controlli di vigilanza siano affidati ad un organismo autonomo interno alla Società, detto Organismo di Vigilanza, che abbia i poteri per un effettivo controllo del puntuale adempimento di quanto previsto dal modello di organizzazione 4) il reato sia commesso eludendo intenzionalmente e fraudolentemente il modello 18

  19. Da una lettura combinata di quanto previsto dall’art. 2392 c.c. e l’art. 6 del Decreto, la prevalente dottrina e giurisprudenza ritiene che gli amministratori potranno evitare la responsabilità civile per i danni causati dalla Società solo adottando ed efficacemente attuando il modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal Decreto. 19

  20. c) Principi per la realizzazione del modello di organizzazione gestione e controllo 20

  21. REALIZZAZIONE DI UN MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO Tale realizzazione passa attraverso due distinti momenti: 1) lo studio dell’azienda, l’attività in concreto svolta, l’individuazione delle aree che possono comportare dei rischi in riferimento al Decreto 2) la progettazione del sistema di organizzazione, vigilanza controllo, tenendo presente che un modello organizzativo è in pratica un abito realizzato su misura per la Società: non è possibile adottare modelli generali che vadano bene per tutti, perché ogni impresa opera in campi differenti, con diverse modalità e soprattutto ha diverse esigenze che devono essere contemplate nel modello. 21

  22. DECALOGO In concreto, per attuare un “Modello 231” idoneo ed efficace ai sensi di legge, sono stati individuati 10 principi a cui attenersi per la sua stesura: 1 - Osservazione concreta e realistica dell’Azienda 2 - Mappatura dei rischi 3 - Analisi dei rischi 4 - Protocolli di prevenzione 5 - Monitoraggio continuo 6 - Aggiornamento delle misure 7 - Conoscibilità all’esterno 8 - Formazione del personale 9 - Audit (soprattutto per i casi di quasi incidenti) 10 - Sistema sanzionatorio realmente applicato 22

  23. ORGANISMO DI VIGILANZA Deve soddisfare tre requisiti: - professionalità - indipendenza - continuità di azione L’OdV è tenuto a controllare l’effettività del modello, la sua adeguatezza, apportando eventualmente le modifiche necessarie. Per essere efficace, il modello organizzativo deve prevedere sanzioni interne per i trasgressori. Circa la composizione dell’Odv si ritiene necessaria la presenza di personeda individuarsi all’interno della Società, coadiuvati da professionalità esterne. La partecipazione di consulenti esterni sarà quindi limitata alla verifica dei protocolli ed alla eventuale integrazione o modificazione degli stessi. 23

  24. PICCOLE E MEDIE IMPRESE Per le piccole e medie imprese il Decreto prevede la possibilità di adottare un modello organizzativo ed un Organismo di vigilanza in versione semplificata; in pratica, è possibile far coincidere l’OdV con l’Organo amministrativo. 24

  25. d) Benefici derivanti dalla realizzazione del modello di organizzazione gestione e controllo 25

  26. BENEFICI I benefici derivanti dall’applicazione del modello di cui al Decreto possono essere così riassunti: - benefici economici per l’impresa, derivanti dalla non applicazione delle misure cautelari e delle sanzioni definitive; - benefici aziendali, ottenuti tramite il miglioramento dei controlli, il perfezionamento delle procedure aziendali e dell’organizzazione interna; - benefici di immagine, dati dalla mancata iscrizione di procedure o sanzioni nei certificati pubblici e da un maggior appeal di mercato - benefici per Amministratori e Direttori, poiché eviteranno l’ipotesi di azioni intentabili dal socio o dal creditore sociale - benefici per i Soci (limitatamente al proprio patrimonio personale), perché eviteranno sanzioni che, colpendo la Società, di fatto si riflettono sul proprio patrimonio 26

  27. Grazie per l’attenzione. 27

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