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Le istituzioni e la parità di genere. In Europa, in Italia. Prof. Alisa Del Re Università di Padova. Introduzione.
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Le istituzioni e la parità di genere. In Europa, in Italia Prof. Alisa Del Re Università di Padova
Introduzione In questi anni, la Commissione europea ha stimolato gli Stati membri a tutti i livelli istituzionali, affinché dessero concreta attuazione ai principi contenuti nei Trattati e nella Carta dei principi fondamentali dell’Unione ed è giunta a promuovere l’adozione di una decisione del Parlamento e del Consiglio che istituisce nel 2007 l’anno europeo delle pari opportunità per tutti, prendendo le mosse proprio dall’esperienza maturata nell’ambito delle pari opportunità di genere. Ancora una volta, in quella decisione le istituzioni comunitarie hanno ribadito con forza la necessità di rispettare il gender mainstreaming (diap. 10) (diap.11). All’articolo 4 infatti si precisa che “l'anno europeo tiene conto dei diversi modi in cui donne e uomini subiscono discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o l’orientamento sessuale”. Le donne sono infatti, spesso, oggetto di doppia discriminazione: razza o origine etnica e genere, religione o convinzioni personali e genere, handicap e genere, età e genere …. La discriminazione di genere ha quindi una sua specificità che attraversa e può combinarsi con tutte le altre forme di discriminazione.
Introduzione La parità tra i sessi infatti non è ancora raggiunta, molte sono le cause di discriminazione anche multiple che colpiscono le donne, ed è proprio per questo che è importante guardare al tema delle pari opportunità per tutti, con una lente che consenta di vedere e tenere conto della dimensione di genere all’interno di tutte le forme di discriminazione. Possiamo anche richiamare le norme internazionali facendo esplicito riferimento alla Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) ratificata dall’Italia il 10 giugno 1985. La CEDAW è stata adottata nel 1979 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e definisce gli elementi che costituiscono discriminazione nei confronti delle donne e stabilisce un’agenda per combattere la discriminazione a livello nazionale. Tra le norme comunitarie si ricordano: il Trattato che istituisce la Comunità europea (modificato dai trattati di Amsterdam e di Nizza) che all’articolo 13 impegna le istituzioni comunitarie per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o l’orientamento sessuale; l’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che sancisce il principio della parità tra uomini e donne in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione e ribadisce la legittimità di azioni positive a favore del sesso sottorappresentato
Introduzione Alle direttive e alle raccomandazioni comunitarie gli stati hanno risposto in maniera diversa. In particolare l’Italia ha costruito una struttura istituzionale di parità particolarmente complessa e articolata. Ricordando che non sempre la quantità di istituzioni di parità corrisponde a una maggiore realizzazione della parità effettiva, dobbiamo rilevare che il cammino verso la parità di genere in Italia si presenta ancora particolarmente arduo e che le politiche intraprese in tal senso derivano nella maggior parte dei casi da pulsioni della Comunità europea. In ogni caso le istituzioni italiane non hanno attivato meccanismi di verifica dell’efficacia delle politiche che implementano la parità di genere e questo ha generato un divario tra la presenza delle istituzioni di parità, le politiche e l’effettività delle realizzazioni di parità per le cittadine e i cittadini italiani. Non dimentichiamo che la parità fra uomini e donne è uno dei principi fondamentali del diritto comunitario.
La base giuridica delle istituzioni di parità in Europa A partire dal Trattato di Roma (diap. 50), con le successive evoluzioni del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE), il principio della parità fra uomini e donne ha assunto un rilievo crescente nel testo del trattato CE. La promozione della parità fra uomini e donne è considerata (articolo 2 del trattato CE) uno dei compiti essenziali della Comunità, la cui azione deve tendere a eliminare le disuguaglianze e promuovere la parità fra uomini e donne (articolo 3, paragrafo 2 del trattato CE). L'integrazione delle pari opportunità fra uomini e donne nelle politiche ed azioni comunitarie è spesso designata con l'espressione inglese gender mainstreaming. In virtù dell'articolo 13 del trattato CE, il Consiglio può adottare i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso. Il principio della parità fra uomini e donne è affermato anche nelle disposizioni sociali del trattato CE, per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro, il trattamento sul lavoro e le retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore (articoli 137 e 141 del trattato CE) (nel 141 comma 4: azioni positive) (diap.71) (diap. 59). La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata nel 2000, riafferma il divieto di qualsiasi forma di discriminazione, in particolare quella fondata sul sesso, e il dovere di garantire la parità fra uomini e donne in tutti i campi (diap. 60) (diap. 61) (diap. 62). Finora l'azione della Comunità ha riguardato la parità di trattamento nel campo dell'occupazione, del lavoro, della formazione professionale e in settori attinenti. La normativa comunitaria in materia, insieme alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, forma un quadro giuridico vasto, coerente e ben consolidato. In quanto parte dell'acquis comunitario, esso deve essere rispettato dai vecchi e nuovi Stati membri.
Azioni specifiche per la parità fra uomini e donne Le istituzioni europee hanno adottato una serie di provvedimenti specifici per attuare il principio della parità di trattamento nel campo dell'occupazione, il primo dei quali è la direttiva 75/117/CEE relativa al principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. La direttiva 76/207/CEE, un atto centrale dell'azione comunitaria in materia di parità fra uomini e donne, riguarda l'attuazione del principio della parità di trattamento per quanto concerne l'accesso all'occupazione, alla formazione e alla promozione professionale, e le condizioni di lavoro.(diap. 66) La direttiva 76/207/CEE, modificata dalla direttiva 2002/73/CE, contiene anche una definizione di molestie sessuali, considerate una forma di discriminazione fondata sul sesso, ed offre un maggiore sostegno ai lavoratori che ritengono di essere stati trattati ingiustamente dal datore di lavoro a causa del loro sesso. L'Unione ha inoltre adottato una direttiva relativa all'onere della prova in caso di discriminazioni fondate sul sesso (direttiva 97/80/CE ).(diap. 69)
Azioni specifiche per la parità fra uomini e donne La direttiva parallela 86/613/CEE applica il principio della parità di trattamento tra uomini e donne ai lavoratori che esercitano un'attività indipendente. Il campo della sicurezza sociale è di competenza degli Stati membri. Poiché non dispone di poteri di decisione per i regimi nazionali di sicurezza sociale, l'Unione europea ha chiesto agli Stati membri di garantire il rispetto della parità di trattamento fra uomini e donne nell'ambito dell'organizzazione di questi regimi (direttiva 79/7/CEE e direttiva 86/378/CEE). (diap. 67) L'Unione ha inoltre agito nel campo della protezione sociale per quanto concerne il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (direttiva 92/85/CEE) e i congedi parentali (direttiva 96/34/CE).(diap. 68)
Azioni specifiche per la parità fra uomini e donne Inoltre, nell’applicazione del “gender mainstreaming” l'Unione europea ha adottato una strategia quadro in materia di parità fra uomini e donne (2001-2005) per lottare contro le disuguaglianze tra i sessi nella vita economica, politica, civile e sociale, modificare i ruoli ed eliminare gli stereotipi in questo campo. Un programma d'azione comunitario per le pari opportunità (2001-2005) accompagna questa strategia globale con il sostegno di campagne di sensibilizzazione, il miglioramento della raccolta di dati e la realizzazione di progetti transnazionali (diap.54). L'Unione ha poi realizzato un'iniziativa comunitaria finanziata dal Fondo sociale europeo (FSE): l' iniziativa EQUAL , che intende promuovere nuovi mezzi di lotta contro le discriminazioni e le disuguaglianze di ogni tipo sul mercato del lavoro e favorire l'inserimento sociale e professionale dei richiedenti d'asilo. Ogni anno la Commissione presenta una relazione per il Consiglio europeo di primavera sui progressi compiuti nella promozione della parità fra uomini e donne in vari settori strategici, in cui propone orientamenti per inserire la dimensione uomini-donne nelle diverse politiche e permettere il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona . L'Unione europea è impegnata anche nella lotta contro le violenze nei confronti delle donne e dei bambini mediante il programma Dafne , che finanzia azioni dirette a sostenere le vittime di violenze.
La dimensione internazionale della parità L'Unione europea ha partecipato all'elaborazione della piattaforma d'azione di Pechino nel corso della quarta conferenza delle Nazioni Unite sulle donne (1995) e alle successive iniziative. Gli obiettivi fissati riguardano in particolare la lotta contro la povertà e l'accesso delle donne all'istruzione e all'assistenza sanitaria, il ruolo delle donne nell'economia e nei processi di formazione delle decisioni nonché i diritti della donna in quanto parte dei diritti umani.
Gender Mainstreaming Uno dei principi promossi dalla Conferenza mondiale di Pechino (1995) è stato il “Gender Mainstreaming” Il principio di gender mainstreaming consiste nell'adeguata considerazione delle differenze esistenti tra le situazioni di vita, le esigenze e gli interessi rispettivamente degli uomini e delle donne, in tutti i programmi e gli interventi economici e sociali. Tutti i programmi e le misure da adottare devono pertanto conformarsi all'obiettivo della parità tra uomini e donne ed essere valutati in base agli effetti che producono sul rapporto di genere.L'obiettivo primario é quello di promuovere l'equità tra i generi. (ritorna)
Gender Mainstreaming Cosa vuol dire “Gender Mainstreaming”? Gender = "genere sociale" Mentre la nostra lingua conosce un unico termine per designare il "sesso", la lingua inglese opera una distinzione tra il termine "sex", il genere biologico ed il termine "gender", il genere sociale. Il termine "gender" definisce essenzialmente il complesso di ruoli, aspettative e convenzioni costruiti intorno all'identità maschile e femminile.Da tale definizione si evince che i ruoli di genere non sono modelli naturali, ma piuttosto dei semplici costrutti sociali (= precostituiti ed imposti dalla società). Essi si differenziano all'interno delle singole culture e possono variare nel corso del tempo. I ruoli di genere quindi non sono immutabili, ma si prestano ad essere ridiscussi e ridefiniti. Mainstreaming = "mettere al centro della corrente" "Mainstreaming" significa integrare un determinato pensiero o una determinata azione al centro della "corrente principale" ("mainstream"), al centro cioè dei programmi e delle strategie della politica, dell'amministrazione e dell'economia, rendendoli al contempo una prassi ovvia e naturale. La questione dell'equità tra i generi non può infatti essere accantonata come questione riguardante pochi individui, per lo più donne, ma deve essere affrontata seriamente da tutti i soggetti decisori ed attuatori operanti in un settore ed essere integrata in tutte le fasi di pianificazione, di decisione e di implementazione. (ritorna)
Istituzioni di parità della UEUn po’ di storia • In ottobre del 1979 il neoeletto Parlamento europeo istituisce una Commissione per i diritti delle donne, la cui funzione principale è la raccolta di informazioni sulla condizione femminile e la formulazione di progetti comunitari. • Nel Maggio 1980, a Manchester, questa Commissione riunisce anche le rappresentanze dei Comitati nazionali per la parità e per il lavoro allo scopo di esaminare lo stato delle azioni intraprese e da intraprendere. Il bilancio di tale Conferenza porta nel febbraio 1981 ad una risoluzione che diventa un vero e proprio programma politico a favore delle donne (primo programma d’azione comunitario in favore delle pari opportunità) (diap.51) cui seguono altri quattro programmi d’azione (diap 52) (diap. 53). • Nel luglio 1984 il Parlamento istituisce una Commissione permanente per i diritti delle donne con il compito di vigilare affinché i problemi siano presi in considerazione in tutti gli atti comunitari • A tutt’oggi esiste e funziona la Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (diap.14)
Istituzioni di parità della UECommissione europea • 1996 (Commissione Santer) : gruppo di commissari per le Pari Opportunità • 2005 (Commissione Barroso): gruppo di commissari per i diritti fondamentali, la non discriminazione e le pari opportunità • I compiti del Gruppo consistono nell’assicurare la coerenza dell’attività dell’intera Commissione nelle aree dei diritti fondamentali, dell’antidiscriminazione, delle pari opportunità e dell’integrazione sociale dei gruppi minoritari, oltre che di assicurare l’applicazione della strategia di gender mainstreaming
Istituzioni di parità della UE • 1996: Gruppo interservizio per la parità di genere. Si compone dei rappresentanti di tutti i servizi dei commissari. Il suo compito è di sviluppare un approccio gender mainstreaming in tutte le attività comunitarie e di coordinare tra loro i commissari nel corso della loro azione
Istituzioni di parità della UE • Dal 1981: Comitato consultivo per le Pari Opportunità (Advisory committee on equal opportunities for women and men), che coadiuva la Commissione. E’ formato da rappresentanti degli stati membri che si occupano di parità
Istituzioni di parità della UE • 2001: Gruppo di alto livello per il gender mainstreaming, gruppo informale composto da rappresentanti nazionali con incarichi dirigenziali di alto livello responsabili dell’adozione della strategia del gender mainstreaming a livello nazionale
Istituzioni di parità della UE • Vi sono inoltre gruppi di lavoro con funzioni consultive, come: • Comitato delle donne per le aree rurali (dal 1998) • Gruppo di esperti sulla parità di genere nella cooperazione allo sviluppo (dal 1999) • Gruppo di Helsinki su donne e scienza (dal 1999) • Rete europea per promuovere l’imprenditoria femminile (dal 2000) • Gruppo di esperti in materia di traffico di esseri umani (dal 2003)
La Commissione ha le seguenti competenze 1. la definizione, la promozione e la tutela dei diritti della donna nell'Unione e le misure adottate dalla Comunità al riguardo; 2. la promozione dei diritti della donna nei paesi terzi; 3. la politica in materia di pari opportunità, compresa la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità nel mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro; 4. l'eliminazione di ogni forma di discriminazione fondata sul sesso; 5. la realizzazione e l'ulteriore sviluppo dell'integrazione della dimensione di genere ("gender mainstreaming") in tutti i settori; 6. il seguito dato agli accordi e alle convenzioni internazionali aventi attinenza con i diritti della donna; 7. la politica d'informazione riguardo alle donne.
La Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (2007) (ritorna) Anna ZÁBORSKÁ, presidente della Commissione Slovacchia Edite Estrela, vice presidente, Portogallo Zita GURMAI, vice presidente, Ungheria Raül ROMEVA i RUEDA vice presidente Spagna Eva-Britt SVENSSON, vice presidente Svezia
Le direttive di parità sul lavoro Il trattato di Roma ha sancito, all'articolo 141 (119), la parità retributiva fra gli uomini e le donne per lo stesso lavoro. Visto lo scarso entusiasmo con cui gli Stati membri hanno posto in atto questa disposizione, a decorrere dal 1975 sono state adottate una serie di direttive relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative degli Stati membri sull’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile; all’attuazione del principio della parità di trattamento tra lavoratori e lavoratrici per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e promozione professionali e le condizioni di lavoro; alla progressiva attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale; all’applicazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne impegnati in un'attività indipendente anche in agricoltura e sulla protezione delle lavoratrici gestanti o puerpere che esercitano un'attività autonoma; all’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. Inoltre nel 1996 è stato firmato l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES e nel 1997 la direttiva sull’inversione dell’onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso. (diap.69) Lo sviluppo di queste direttive è avvenuto nel quadro dei programmi di azione comunitaria per le pari opportunità.
Dopo Amsterdam La situazione dopo il trattato di Amsterdam Modificando in questo senso le disposizioni relative ai compiti e agli obiettivi della Comunità (2, 3 e 13) e integrando le disposizioni del protocollo sociale (titolo XI), il trattato di Amsterdam ha introdotto nel trattato CE i principi della parità tra uomo e donna e della non discriminazione sulla base del sesso o dell'orientamento sessuale. Il quarto programma d'azione comunitaria a medio termine per uomini e donne (1996-2000) (decisione del Consiglio 95/593 del 22 dicembre 1995) ha introdotto la dimensione della parità di opportunità nel complesso delle politiche e delle azioni attuate a livello comunitario, nazionale, regionale e locale.
Istituzioni di parità in Italia Le istituzioni di parità in Italia formano un sistema complesso, articolato, spesso pletorico e non sempre funzionante e produttivo di effettive condizioni di parità per le donne. Abbiamo un Ministero delle pari opportunità (Ministra senza portafoglio), un Comitato nazionale Parità, presso il Ministero del lavoro, con il compito di rendere operativi i principi di parità di trattamento e di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, una Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il compito di fornire al Ministro per le Pari opportunità consulenza e supporto tecnico-scientifico nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche di pari opportunità fra uomo e donna. Una rete di Consigliere e di Consiglieri di parità nazionali, regionali e provinciali: sono figure istituzionali con funzione di promozione e di controllo dell’attuazione dei principi di pari opportunità e non discriminazione fra uomini e donne nel lavoro. Alla base della piramide, a livello territoriale decentrato, abbiamo i Comitati di pari opportunità, che operano dal 1986 presso le Amministrazioni pubbliche; Università ed enti di ricerca con il compito di promuovere azioni volte a creare condizioni di parità sostanziale delle lavoratrici e dei lavoratori, nell’ambito dei singoli luoghi di lavoro e le Commissioni di pari opportunità regionali, provinciali e comunali.
Comitato nazionale per le Pari Opportunità Nel 1983 viene istituito il Comitato nazionale per le pari opportunità, presso il Ministero del lavoro, con il compito di rendere operativi i principi di parità di trattamento e di opportunità tra lavoratori e lavoratrici (diap.21) Obiettivi: togliere le discriminazioni e gli ostacoli che di fatto limitano l’uguaglianza effettiva dei cittadini nell’accesso al lavoro e nel lavoro stesso. Struttura: la strutturadel Comitato viene meglio definita con la legge 125/91, che istituisce anche la « Consigliera di parità », sia provinciale che regionale per dirimere i conflitti e le discriminazioni in tema di lavoro legati al genere. La composizione del Comitato (40 persone) è particolarmente pletorica, cosa che fa dubitare che esso possa intervenire in maniera rapida e efficace (diap.19) (diap. 20).
Componenti del Comitato (art. 5 L. 10/4/1991 n. 125) a) il Ministro del lavoro e della previdenza sociale o, per sua delega, un Sottosegretario di Stato, con funzioni di presidente; b) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale; c) cinque componenti designati dalle confederazioni sindacali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, maggiormente rappresentative sul piano nazionale; d) un componente designato unitariamente dalle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo più rappresentative sul piano nazionale; e) undici componenti designati dalle associazioni e dai movimenti femminili più rappresentativi sul piano nazionale operanti nel campo della parità e delle pari opportunità nel lavoro; f) il consigliere di parità componente la commissione centrale per l'impiego. (ritorna)
Componenti del Comitato (art. 5 L. 10/4/1991 n. 125) Partecipano, inoltre, alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto: a) sei esperti in materie giuridiche, economiche e sociologiche, con competenze in materia di lavoro; b) cinque rappresentanti, rispettivamente, dei Ministeri della pubblica istruzione, di grazia e giustizia, degli affari esteri, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Dipartimento della funzione pubblica; c) cinque funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale con qualifica non inferiore a quella di primo dirigente, in rappresentanza delle Direzioni generali per l'impiego, dei rapporti di lavoro, per l'osservatorio del mercato del lavoro, della previdenza ed assistenza sociale nonchè dell'ufficio centrale per l'orientamento e la formazione professionale dei lavoratori. I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Per ogni componente effettivo è nominato un supplente. Il vicepresidente del Comitato è designato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale nell'ambito dei suoi componenti. (ritorna)
Compiti • proporre, informare, promuovere le azioni positive (diap. 22) (diap. 23) (diap. 24) (diap. 25) • dare pareri sui progetti da finanziare, elaborare codici di comportamento • verificare l'applicazione delle leggi in materia di parità • promuovere una adeguata rappresentanza di donne negli organismi pubblici competenti in materia di lavoro e formazione professionale • proporre soluzioni alle controversie collettive di lavoro • richiedere agli ispettorati informazioni presso i luoghi di lavoro (ritorna)
Legge 10 aprile1991 n. 125Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro Azioni positive e finanziamenti.Le azioni positive sono iniziative finalizzate a1) realizzare l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro 2) favorire l'occupazione femminile 3) rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità (ritorna)
Come? • eliminando le disparità per le donne nell'accesso al lavoro, nello sviluppo della carriera e nelle situazioni di mobilità • incentivando la diversificazione nelle scelte di lavoro attraverso l'orientamento scolastico e la formazione professionale • superando i fattori che nell'organizzazione del lavoro hanno un diverso impatto sui sessi e creano discriminazioni • promuovendo l'inserimento delle donne nei settori professionali in cui sono sottorappresentate • favorendo anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali • Con quali finanziamenti? I fondi previsti dalla legge 10 aprile 1991, n. 125 (ritorna)
A chi? • Ai datori di lavoro pubblici e privati, comprese le cooperative e i loro consorzi • Alle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali • Ai centri di formazione professionale accreditati • Alle associazioni (ritorna)
Cosa viene finanziato • Progetti rivolti alla rimozione degli ostacoli esistenti di fatto nella realtà economica e sociale che impediscono alle donne di avere pari possibilità nel mercato del lavoro • Le modalità per accedere al contributo sono previste dal Decreto interministeriale 15 marzo 2001 – Disciplina delle modalità di presentazione, valutazione e finanziamento dei progetti di azione positiva per la parità uomo-donna nel lavoro di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125. Termine di presentazione 1 ottobre-30 novembre di ogni anno (ritorna)
Consigliere e consiglieri di Parità Le Consigliere e i Consiglieri di parità nazionali, regionali e provinciali sono figure istituzionali con funzione di promozione e di controllo dell’attuazione dei principi di pari opportunità e non discriminazione fra uomini e donne nel lavoro (diap.27). Sono componenti con voto deliberativo rispettivamente della Commissione Centrale per l'Impiego (ovvero del diverso organismo che ne venga a svolgere in tutto o in parte le funzioni ) e delle Commissioni regionali e provinciali tripartite previste dagli articoli 4 e 6 del decreto legislativo n. 469 del 1997. La Consigliera nazionale (diap.28) fa parte del Comitato Nazionale di parità per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed eguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici (art. 5 legge n. 125/91) e del Collegio Istruttorio (art. 7 legge n. 125/91) Le Consigliere regionali e provinciali partecipano ai tavoli di partenariato locale ed a i comitati di sorveglianza di cui al regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999. Sono inoltre componenti delle commissioni di parità del corrispondente livello territoriale, ovvero di organismi diversamente denominati che svolgono funzioni analoghe. Nell'esercizio delle proprie funzioni le Consigliere e i Consiglieri di parità sono pubblici ufficiali ed hanno l'obbligo di segnalazione all'autorità giudiziaria per i reati di cui vengono a conoscenza.
Compiti Svolgono funzioni di controllo dell'attuazione dei principi di pari opportunità per uomini e donne nel lavoro (art. 1 dlgs n. 196/2000) mediante: • la promozione di progetti di azioni positive; • il sostegno delle politiche attive del lavoro, comprese quelle formative; • la promozione di politiche di pari opportunità da parte di soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro; • il collegamento e la collaborazione con gli assessorati al lavoro degli enti locali e gli organismi di parità degli enti locali; • la vigilanza sul rispetto del principio di non discriminazione tra uomini e donne e la rilevazione di violazioni della normativa in materia di parità; • la individuazione di procedure efficaci per la rimozione delle discriminazioni di genere sui luoghi di lavoro; • la eventuale promozione ed il sostegno di azioni in giudizio, individuali e collettive, nei casi di rilevata discriminazione basata sul sesso; • la partecipazione all'attività della Rete Nazionale (art. 4 dlgs 196/2000) (ritorna)
Ufficio della Consigliera nazionale di parità Si occupa della trattazione dei casi di discriminazione di rilevanza nazionale, dell’attività di promozione di pari opportunità nella Commissione Centrale per l’impiego e di collaborazione con gli organismi che a livello centrale si occupano di promozione di politiche attive del lavoro La Consigliera nazionale partecipa all’attività del Comitato nazionale di parità relativa al lavoro di analisi, istruttoria e valutazione dei progetti di azioni positive e collabora alla stesura dei pareri adottati dal Collegio istruttorio Coordina la Rete nazionale, costituisce un punto di riferimento e di raccordo delle Consigliere nominate a livello territoriale, fornisce informazioni, documentazione per l’aggiornamento di novità legislative e giurisprudenziali in tema di pari opportunità. (ritorna)
Commissione nazionale per le pari opportunità La Commissione nazionale per le pari opportunità è stata istituita con D.pcm nel 1984 per rispondere alle raccomandazioni contenute nel programma di azione adottato a Copenaghen dalla Seconda Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne. In seguito, la Commissione è stata definita nei ruoli, competenze, composizione, durata, disponibilità finanziaria dalla legge n. 164 del 22 giugno 1990 (modificata dal D.lgs n. 542 del 23 ottobre 1996). Essa è stata incardinata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il compito di fornire al Ministro per le Pari opportunità consulenza e supporto tecnico-scientifico nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche di pari opportunità fra uomo e donna (diap.31). La Commissione, nella sua forma iniziale, era costituita da 30 donne nominate dal Presidente del Consiglio con proprio decreto su designazione del Ministro per le pari opportunità: 7 delle associazioni e movimenti delle donne; 11 dei partiti, 4 dei sindacati e delle organizzazioni imprenditoriali, 4 donne che "si siano distinte in attività scientifiche, letterarie e sociali". E’ un organismo a carattere permanente i cui membri venivano rinnovati ogni tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
La commissione oggi Il decreto legislativo 31 luglio 2003 n. 226 ha trasformato la Commissione nazionale per la Parità e le pari Opportunità tra uomo e donna dipendente dalla presidenza del Consiglio dei Ministri in Commissione per le Pari opportunità tra uomo e donna, dipendente dal Ministero delle pari Opportunità. Il 9/3/2004 vi è stato l’insediamento della nuova Commissione presso il Ministero delle Pari Opportunità. La struttura della Commissione è la seguente: Presidente, la Ministra. Una vice presidente e una segretaria; 11 donne in rappresentanza delle associazioni e dei movimenti delle donne; 4 delle organizzazioni sindacali dei lavoratori; 4 dell’imprenditoria femminile; 3 donne distintesi in attività scientifiche, letterarie e sociali; 2 rappresentanti regionali. La Commissione resta in carica 2 anni.
Compiti Questa Commissione ha come compito quello di raccogliere e diffondere le informazioni e i dati sulla situazione delle donne nella società, di studiare e di elaborare le modifiche da apportare alla legislazione per assicurare la parità tra i sessi e promuovere un’adeguata rappresentanza delle donne negli organismi pubblici. E’ evidente che c’è una sovrapposizione delle funzioni tra Comitato e Commissione, cosa che ha spesso generato dei conflitti di competenze. (ritorna)
Commissioni e comitati nel territorio Per quanto riguarda gli organismi di parità degli Enti locali, la Commissione Nazionale per le pari opportunità li ha censiti nel 2003. Il quadro che n'emerge è alquanto variegato e difficilmente riconducibile a modelli confrontabili. Sono diversi non solo per i nomi (Commissioni, Comitati, Consulte femminili o delle elette, Centri per le pari opportunità, Assessore regionali Pari Opportunità), ma anche per le collocazioni (Giunte, Consigli, Assessorati vari), e le fonte istitutive (leggi regionali, regolamenti, ecc.). Non esiste un riferimento legislativo nazionale. Inoltre, a tutti i tre livelli istituzionali (Regioni, Province, Comuni), sono numerosi gli assessorati o gli uffici per le pari opportunità. Un discorso a parte va fatto per i CPO (Comitati per le pari opportunità), previsti dai contratti di lavoro dei comparti del pubblico impiego, a partire dal 1987. Ne fanno parte, in misura paritetica, rappresentanti delle amministrazioni e dei sindacati firmatari dei relativi contratti. Nel tempo, in alcuni casi, si sono trasformati, e diversi sono stati e sono i tentativi per censirli, coordinarli.
Commissioni e comitati nel territorio Si tratta però di segnalare che vi è una differenza non solo nominale tra Commissioni di pari opportunità e Comitati. In linea di massima i Comitati rappresentano la struttura “sindacale” delle pari opportunità. Le Commissioni (generalmente di nomina politica) la struttura politica.
Le Commissioni pari opportunità a livello regionale (2005) Nel 2006 il Ministero delle Pari opportunità ha prodotto una Mappa delle commissioni pari opportunità a livello regionale e provinciale Le CPO regionali attive sono 18 (diap. 37). Le regioni che non dispongono di CPO sono la Sicilia e l’Emilia Romagna. Esse sono diverse per posizionamento presso gli organi di competenza, per disponibilità finanziaria, per composizione (diap.35), per le aree tematiche trattate e per le attività (diap. 36)
Le Commissioni pari opportunità a livello regionale (2005) Posizionamento presso gli organi della regione di appartenenza 10 CPO sono incardinate presso il Consiglio regionale; 6 sono insediate presso le Giunte; la CPO della Liguria è posizionata presso l’Ente Regione (Dipartimento sviluppo economico e politiche per l’occupazione); la CPO della Lombardia presso la Presidenza della regione; la CPO della Provincia autonoma di Trento presso il Dipartimento per l’Istruzione Autonomia finanziaria Il 70% dispone di un budget approvato dagli organi competenti, di entità variabile, dipendente dalla presentazione di un piano di lavoro, articolato in priorità ed obiettivi. In Liguria e in Puglia si dispone di un budget fisso annuale (€ 10.000 per la Liguria; € 20.000 per la Puglia). Campania e Lazio non hanno autonomia finanziaria Composizione delle CPO Il numero dei membri va da un minimo di 9 in Liguria a un massimo di 103 nel Lazio. Il range maggiormente rappresentato è quello che va dai 15 ai 20 componenti. Generalmente, le commissioni di nomina solo politica sono più ristrette, mentre quelle aperte alla rappresentanza del mondo dell’associazionismo, delle parti sindacali e datoriali e delle esperte di settore sono quelle più numerose. (ritorna)
Le Commissioni pari opportunità a livello regionale (2005) Aspetti qualitativi Le aree tematiche prioritarie nelle attività delle CPO sono: la rappresentanza politica, l’equa rappresentanza di genere nel mercato del lavoro, la conciliazione vita lavoro, la discriminazione sessista Per quanto riguarda le attività Principalmente si occupano di informazione e diffusione sulle tematiche di apri opportunità (seminari e convegni); vi è inoltre un’attività editoriale; la partecipazione a progetti europei e la costruzione di reti nel territorio (ritorna)
Composizione della Commissione Regionale per le Pari Opportunità del Veneto Presidente: Simonetta Tregnago, Componente eletta dal Consiglio Regionale Componenti elette dal Consiglio Regionale Vice Presidente: Michela Mainardi, Roberta Donolato, Anna Palma Gasparrini, Elena Maria Plebani Consigliera di Parità: Lucia Basso Componenti in rappresentanza delle associazioni femminili operanti a livello regionale Cristina Greggio, Mariantonietta Gusman Rizzi, Patrizia Martello, Sabrina Ravagnani,Francesca RutaComponenti in rappresentanza delle associazioni sindacali dei lavoratori dipendenti Vice Presidente:Lorenza Leonardi, Grazia Chisin, Maria Cristina Marzola Componenti in rappresentanza delle associazioni degli imprenditori Gabriella Maria Avesani, Marina Marchetto Aliprandi, Margherita Maculan Carretta, Componente in rappresentanza dei movimenti di cooperazione e di volontariato Genni Forlani La Commissione per le Pari Opportunità è stata nominata con decreto n. 289 del Presidente della Giunta regionale in data 12 dicembre 2006. (ritorna)
Le commissioni pari opportunità a livello provinciale (2005) Le Commissioni Pari Opportunità Provinciali insediate sono 58 (su 104); 13 sono in fase di costituzione/rinnovo; 33 province non hanno CPO costituite. Anche le CPO provinciali, come quelle regionali, sono diverse per posizionamento presso gli organi di competenza, per disponibilità finanziaria (diap. 39), per composizione per le aree tematiche trattate e per le attività (diap. 40)
Le commissioni pari opportunità a livello provinciale (2005) Posizionamento presso gli organi della provincia di appartenenza 45 CPO sono collocate all’interno dell’Amministrazione provinciale; 7 fanno riferimento direttamente al Consiglio; 2 fanno riferimento alla giunta; le altre hanno collocazioni diverse Autonomia finanziaria Il 64% dispone di autonomia finanziaria, dipendente dalla presentazione di un piano di lavoro, articolato in priorità ed obiettivi o da un budget fisso annuale (tra i 10.000 e i 16.000 euro) Composizione delle CPO Il numero delle/i componenti è stabilito per regolamento solo in sei province. Le altre dispongono di CPO eterogeneamente composte da un numero di membri che va da un minimo di 3 (Pesaro-Urbino) a un massimo di 121 (Arezzo). Il range maggiormente rappresentato è quello che va dai 15 ai 20 componenti. In più del 50% dei casi sono componenti di diritto delle CPO il rappresentante politico dell’organo presso cui la CPO è incardinata e il/la Consigliere/a provinciale di parità (ritorna)
Le commissioni pari opportunità a livello provinciale (2005) Aspetti qualitativi Le aree tematiche prioritarie nelle attività delle CPO sono: la rappresentanza politica; l’equa rappresentanza di genere nel mercato del lavoro; la conciliazione vita lavoro, i maltrattamenti e la violenza; per le discriminazioni sul lavoro, molestie e mobbing si confida nella consigliera provinciale di parità Per quanto riguarda le attività Principalmente si tratta di informazione e diffusione delle tematiche di parità (seminari e convegni); vi è inoltre un’attività editoriale; si fanno campagne di sensibilizzazione nel territorio e si costruiscono reti nel territorio. A differenza delle Commissioni regionali si realizzano opere di mediazione e accoglienza di donne svantaggiate. (ritorna)
Altri organismi di parità Un altro organismo di parità era stato istituito dalla legge 215/92: il Comitato per l’imprenditorialità femminile presso il Ministero dell’industria. Attualmente la concessione di agevolazioni, le azioni positive per l’imprenditoria femminile, previste dalla legge 215, sono gestite dalla "Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese" del Ministero dell’Industria. Su questi temi, presso il Dipartimento per le pari opportunità, erano stati attivati: l’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile (DM del 19 febbraio 1997); la Commissione per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile (DM del 24 febbraio 1997).
Ministero delle Pari Opportunità A partire dal 1996 c’è in Italia un Ministro delle pari Opportunità. Questa è una novità istituzionale assoluta: ma il dicastero è senza portafoglio e ha forze e mezzi economici derisori. Le Ministre in carica finora sono state: • Anna Finocchiaro (DS) nel Governo Prodi (1996/1998) • prima ministra per le pari opportunità Il 22 ottobre 1998 ha prestato giuramento nel Governo D’Alema la seconda Ministra delle Pari Opportunità, la sociologa Laura Balbo (Verdi) (1998/2000). Con il Governo di Giuliano Amato, la Ministra delle Pari Opportunità è stata Katia Bellillo (Comunisti italiani) (2000/2001).
Ministero delle Pari Opportunità • Con il II e III Governo Berlusconi la Ministra • è stata Stefania Prestigiacomo (Forza Italia)(2001-2006). Con il Governo Prodi la Ministra delle Pari Opportunità è stata Barbara Pollastrini (DS) (2006-2008) Con l’attuale Governo Berlusconi la Ministra delle Pari Opportunità è Mara Carfagna (PDL) (2008-)
Compiti assegnati dalla delega alla Ministra Il 10 novembre 1998 D.pcm una nuova delega assegna alla ministra delle pari opportunità funzioni d'indirizzo, proposta e coordinamento dell’iniziativa normativa in tutte le materie attinenti alla progettazione e all'attuazione delle politiche in materia di pari opportunità, cultura delle differenze, equità e qualità sociale per donne e uomini. Sono funzioni maggiori rispetto alla prima delega (quella del 1996). Nel D.lgs 303/99, tra le funzioni per cui il Presidente si avvale della Presidenza, è previsto l’esercizio, in forma organica e integrata, della "promozione ed il coordinamento delle politiche di pari opportunità e delle azioni di Governo volte a prevenire e rimuovere le discriminazioni" (art.2, comma 2, lett. I). Nell’articolo 5 sulle "Politiche di pari opportunità" si legge: "Il Presidente promuove e coordina le azioni del Governo volte ad assicurare pari opportunità, a prevenire e rimuovere le discriminazioni, nonché a consentire l’indirizzo, il coordinamento ed il monitoraggio dell’utilizzazione dei relativi fondi europei" (art.5). Il Dipartimento per le pari opportunità è stato istituito, presso la Presidenza del Consiglio, quale supporto organizzativo per l’esercizio delle funzioni del Ministro (D.pcm del 12 luglio 1997).
Codice delle Pari Opportunità Tutta la legislazione sulle pari opportunità è stato oggetto di un riordino e di una unificazione in un Codice unico 198/2006. E’ entrato infatti in vigore il 15 giugno 2006 il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 dal titolo "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246" Il provvedimento, che opera un riordino delle disposizioni volte a combattere le discriminazioni e ad attuare pienamente ed effettivamente il principio di uguaglianza, è stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2006 Suppl. Ordinario n. 133. Il Codice, composto di 58 articoli, si divide in quattro libri. Il primo contiene disposizioni generali per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna. Nei libri successivi trovano spazio le disposizioni volte alla promozione delle pari opportunità nei rapporti etico-sociali, nei rapporti economici e nei rapporti civili e politici.