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SILSIS - Area 3 Laboratorio di Glottodidattica I dott. Stefano Rastelli Programma Trent'anni di approccio comunicativo II - III Stefano Rastelli, stefano.rastelli@unipv.it. 1 - Definizione di “situazione di comunicazione” John Lyons (Introduzione alla linguistica teorica, 1968)
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SILSIS - Area 3 Laboratorio di Glottodidattica I dott. Stefano Rastelli Programma Trent'anni di approccio comunicativo II - III Stefano Rastelli, stefano.rastelli@unipv.it
1 - Definizione di “situazione di comunicazione” John Lyons (Introduzione alla linguistica teorica, 1968) La situazione canonica della comunicazione: Interazione faccia a faccia caratterizzata dal canale vocale-uditivo, dalla compresenza dei partecipanti alla stessa situazione e dall’alternanza dei turni.
2 - Definizione di “teoria del linguaggio” John Searle (Speech Acts, 1969 – Atti Linguistici 1976) Parlare una lingua è impegnarsi in una forma di comportamento governata da regole. Parlare una lingua è compiere atti linguistici. L’unità della comunicazione linguistica non è la parola o la frase ma l’emissione della parola o della frase nell’atto linguistico. La teoria del linguaggio fa parte della teoria dell’azione.
3 - Definizione di “teoria del linguaggio” John Searle (Speech Acts, 1969 – Atti Linguistici 1976) Non si può dire qualcosa senza che questo qualcosa sia un’asserzione, una domanda, un comando, una preghiera eccetera. Per dire le cose si usano frasi, non parole.
4 - Definizione di “competenza allargata” Carla Bazzanella (Le facce del parlare, 1994) Per Chomsky la competenza grammaticale ha poco a che fare con la comunicazione. La competenza grammaticale è ciò che conta. La performance è irrilevante. Invece nella prospettiva non generativista, il contesto incide pesantemente sulla presenza e sulla qualità di alcuni fenomeni linguistici. A partire da questa prospettiva si osservano i fenomeni legati all’esecuzione per arrivare a un modello di competenza che tenga conto anche di variabili non linguistiche.
5 - Definizione di “competenza allargata” Carla Bazzanella (Le facce del parlare, 1994) Teoria della performance vs. teoria della competence. La competenza grammaticale, quando è impegnata nel compito comunicativo, non funziona da sola. (e questo fatto è vero indipendentemete dal fatto che la facoltà di linguaggio sia oppure no una facoltà autonoma rispetto alle altre facoltà cerebrali).
6 - Definizione di “competenza allargata” Franca Orletti (Fra conversazione e discorso, 1994) La forza e l’efficacia del modo imperativo in italiano non risiede in una sua qualità linguistica ma in fattori non linguistici legati alla situazione, ai parlanti, al contesto di enunciazione, alla sua appropriatezza. Quando un parlante nativo italiano usa il congiuntivo sa e fa anche altre cose (oltre a sapere le forme del congiuntivo). Invece quando pronuncia la frase: “oggi c’è il sole” probabilmente vuole solo dire quello che dice (veramente non tutti sono d’accordo neanche su questo esempio).
7 - Definizione di “interpretazione del linguaggio” Alessandro Duranti(Etnografia del parlare quotidiano, NIS, 1992) L’interpetazione del linguaggio in realtà è l’interpretazione del rapporto tra linguaggio e vita quotidiana. L’influenza della competenza linguistica si valuta solamente all’interno del raggio d’azione della frase (o del testo). Invece l’esistenza di un altro tipo di competenza si vede osservando la totalità dell’”evento linguistico”, il codice verbale ma anche i codici non verbali, l’organizzazione sociale e le aspettative dei partecipanti.
8 - Definizione di “interpretazione del linguaggio” Alessandro Duranti(Etnografia del parlare quotidiano, NIS, 1992) Modello informatico della comunicazione (Roman Jakobson, “Linguistica e Poetica”, Saggi di linguistica generale, 1963) Modello dinamico della comunicazione: la lingua è lo strumento mediante il quale due o più partecipanti a un atto comunicativo si coordinano. Come si può decidere se due persone stanno litigando oppure no?
9 – La competenza comunicativa Dell Hymes (The etnography of speaking, 1962 – Fondamenti di sociolinguistica. Un approccio etnografico. Bologna, Zanichelli, 1981). Si interessa dell’uso della lingua nel condurre la vita sociale. Si interessa del rapporto tra il codice linguistico e i codici socioculturali. Questo rapporto è riflessivo, cioè i codici si sostengono a vicenda. Senza l’apporto del secondo, il primo non avrebbe valore e/o efficacia comunicativa.
10 – La competenza comunicativa Dell Hymes (The etnography of speaking, 1962 – Fondamenti di sociolinguistica. Un approccio etnografico. Bologna, Zanichelli, 1981). Propone Il modello SPEAKING
11 – La competenza comunicativa (tutte le esemplificazioni che seguono sono prese da Alessandro Duranti: “Etnografia del parlare quotidiano”, Roma, Carocci e “Antropologia del linguaggio”, Roma, Meltemi editore) Situation (setting/scene) Participants (speaker/sender; addressor/addresee) Ends (purposes/outcomes/goals) Acts (message form/message content) Key (illocutory force) Instrumentalities (channel/form of speech) Norms (of interaction, of communication) Gender (inter-textuality)
12 – La competenza comunicativa Situation (setting/scene) Cosa vuol dire “ci vediamo all’ora di cena?” Bisogna partire dagli eventi linguistici e non fermarsi alle frasi, se si vuole capire il significato. Il medesimo setting “ora di cena” può rappresentare una diversa “scena” per un italiano o per un americano (vedersi o no “già mangiati?”) La scena è una visione culturale di un evento relativa a una particolare visione del mondo.
13 – La competenza comunicativa Situation (setting/scene) I confini sono relativi anche all’inizio e alla fine di una conversazione: segnalare a qualcuno che non abbiamo più voglia di parlare. Oppure i confini spaziali nell’organizzazione di una classe. Oppure l’organizzazione di una tavola apparecchiata.
14 – La competenza comunicativa Participiants Hymes sdoppia speaker/hearer in: Parlante/emittente vs ricevente/destinatario L’adulto al neonato: “che bel vestitino che hai! L’adulto che parla per il neonato Quando parliamo stando attenti a qualcuno che non è il ricevente
15 – La competenza comunicativa Ends A: “Posso parlare con il signor D’Amico” Si dice che il significato della frase è stato compreso se l’interlocutore B di A capisce che A vuole che lui vada a chiamare il dott. D’Amico e non se B capisce che A vuole sapere se B è in grado di farlo. Una risposta affermativa “sì” non seguita da un’azione appropriata sarebbe inefficace.
16 – La competenza comunicativa Ends Quello che il parlante fa in una conversazione non è solo quello che pensa di fare consciamente. Le routine comunicative Si agisce appropriatamente indipendentemente dagli scopi individuali.
17 – La competenza comunicativa Ends Le routine comunicative (Franca Orletti, Comunicare nella vita quotidiana, Roma, Carocci, 1993) Forniscono la parola che va detta, la parola giusta da dire. Ci rendiamo conto dell’importanza delle formule quando andiamo all’estero. Lakoff dice che le formule di cortesia sono un universale linguistico nel quale un parlante si comporta come se fosse inferiore al suo interlocutore
18 – La competenza comunicativa Ends Le routine comunicative Goffmann dice che le routine passano inosservate quando sono pronunciate, ma producono specifiche reazioni negative quando sono omesse. La bipartizione o tripartizione del saluto in italiano. L’intonazione nella risposta al saluto.
19 – La competenza comunicativa Ends Routine comunicative e competenza interculturale “Buon lavoro” non ha un corrispettivo in inglese.
20 – La competenza comunicativa Acts Sia la forma sia l’interpretazione della comunicazione sono sensibili all’aspetto sequenziale. La presa di turno, il suo mantenimento, la sua cessione. Le regole di assegnazione di turno. Interrompere.
21 – La competenza comunicativa Keys Il parlante può fornire la chiave intepretativa di quello che ha detto. La chiave non verbale può persino annullare il significato letterale di quanto dice. “I parlanti hanno bisogno di una forma di comunicazione che possa essere smentita. E’ un vantaggio potere esprimere ostilità, mettere in dubbio la competenza altrui o esprimere amicizia e affetto in un modo che possa essere negato qualora qualcuno ci chiedesse di prendercene esplicitamente la responsabilità” W. Labov (Therapeutic Discourse, 1977)
22 – La competenza comunicativa Instrumentalities Il canale (parlato o scritto) La scelta tra una variante linguistica e un’altra
23 – La competenza comunicativa Instrumentalities: Insegnare a dare del “tu” oppure a dare del lei. Uno dei sistemi più fragili e meno trasparenti (diagrammaticalità zero) Asimmetria: io-tu/Lei; noi-voi/... Regola dell'accordo di genere (in base al sesso del referente e alla funzione grammaticale) Lei è stato invitato L'ho chiamata per ringraziarla
24 – La competenza comunicativa Instrumentalities: Insegnare a dare del “tu” oppure a dare del lei. test finale del corso di italiano a cinesi 12 studenti cinesi su 36 si rivolgono al cameriere usando il formale 10 studenti cinesi su 36 si rivolgono all'impiegata salutando formalmente o usando attenuatori (vorrei...volevo, mi scusi) Solo in 3 elaborati di studenti cinesi su 36 si trovano espressioni di cortesia o attenuatori rivolti dall'impiegata agli studenti
25 – La competenza comunicativa Instrumentalities: Insegnare a dare del “tu” oppure a dare del lei. La semplificazione del sistema presente nell'input di nativi a non-nativi immigrati potrebbe instaurare una forma basilare di discriminazione L'adozione di tale semplificazione da parte dei non nativi potrebbe corrisponde a una implicita legittimazione di tale discriminazione. Uno studente iracheno sente che alcuni sconosciuti adulti lo apostrofano chiamandolo "capo" e proseguono dandogli del tu. Una volta in classe, mi chiede se può usare quella parola con estranei adulti.
26 – La competenza comunicativa Instrumentalities: Insegnare a dare del “tu” oppure a dare del lei. Nel sillabo deve essere previsto l'addestramento all'uso (non tanto “l‘insegnamento”) dei pronomi allocutivi e dell'imperativo formale fin dalle primissime lezioni, con ripresa periodica e con test pragmatici. (In primo piano deve esserci la percezione da parte degli studenti della simmetria/asimmetria tra i partecipanti a un dialogo).
27 – La competenza comunicativa Norms: Sono i fondamenti razionali della comunicazione. Esistono degli universali della comunicazione? Esistono delle norme cui ci conformiamo tutti quando comunichiamo?
28 – La competenza comunicativa Norms: Il principio di cooperazione di Paul Grice (Logica e conversazione. Bologna, Il Mulino, 1993) “Contribuisci alla comunicazione nel modo richiesto, nel momento particolare in cui avviene, secondo lo scopo accettato o la direzione dello scambio verbale in cui sei coinvolto” Non è un principio normativo, ma una regola inerente, cioè una massima comportamentale che permette tipi di inferenze chiamati “implicature”.
29 – La competenza comunicativa Norms: Il principio di cooperazione di Paul Grice (Logica e conversazione. Bologna, Il Mulino, 1993) 1. Che ore sono? Saranno le sette 2. Che ore sono? E’ tardi 3. Ti posso chiamare? Meglio di no.
30 – La competenza comunicativa Genres: Un genere è un’unità di discorso riconoscibile per particolari caratteristiche formali e contenutistiche (una pubblicità, una telefonata, le istruzioni di montaggio). E’ molto vicino ai concetti di “testo” e di “intertestualità” che oggi sono molto di moda nei sillabi.
31 – La competenza comunicativa Genres: Un testo si comprende spesso a partire dalla conoscenza di testi pregressi e già accettati in precedenza. “Noi al Circo Massimo. Voi al massimo al circo”. Testi argomentativi, scientifici, narrativi, poetici.