200 likes | 344 Views
Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 9 Narrare l’Identità Molteplice 2 Pavia Ottobre 2007. Le città continue. IV.
E N D
Introduzione alloHumanistic managementMarco Minghetti Lezione 9Narrare l’Identità Molteplice2PaviaOttobre 2007
Le città continue. IV. • Tu mi rimproveri perché ogni mio racconto ti trasporta nel bel mezzo d'una città senza dirti dello spazio che s'estende tra una città e l'altra: se lo coprano mari, campi di segale, foreste di larici, paludi. Ti risponderò con un racconto. Per le vie di Cecilia, città illustre, incontrai una volta un capraio che spingeva rasente i muri un armento scampanante. - Uomo benedetto dal cielo, - si fermò a chiedermi, - sai dirmi il nome della città in cui ci troviamo? - Che gli dei t'accompagnino! - esclamai. - Come puoi non riconoscere la molto illustre città di Cecilia? - Compatiscimi, - rispose quello, - sono un pastore in transumanza. Tocca alle volte a me e alle capre di traversare città; ma non sappiamo distinguerle. Chiedimi il nome dei pascoli: li conosco tutti, il Prato tra le Rocce, il Pendio Verde, l'Erba in Ombra.
Le città per me non hanno nome: sono luoghi senza foglie che separano un pascolo dall'altro, e dove le capre si spaventano ai crocevia e si sbandano. Io e il cane corriamo per tenere compatto l'armento. - Al contrario di te, - affermai, - io riconosco solo le città e non distinguo ciò che è fuori. Nei luoghi disabitati ogni pietra e ogni erba si confonde ai miei occhi con ogni pietra ed erba. Molti anni sono passati da allora; io ho conosciuto molte città ancora e ho percorso continenti.
Un giorno camminavo tra angoli di case tutte uguali: mi ero perso. Chiesi a un passante:- Che gli immortali ti proteggano, sai dirmi dove ci troviamo? - A Cecilia, cosí non fosse! - mi rispose. - Da tanto camminiamo per le sue vie, io e le capre, e non s'arriva a uscirne... Lo riconobbi, nonostante la lunga barba bianca: era il pastore di quella volta. Lo seguivano poche capre spelate, che neppure piú puzzavano, tanto erano ridotte pelle e ossa. Brucavano cartaccia nei bidoni dei rifiuti. - Non può essere! - gridai. - Anch'io, non so da quando, sono entrato in una città e da allora ho continuato ad addentrarmi per le sue vie. Ma come ho fatto ad arrivare dove tu dici, se mi trovavo in un'altra città, lontanissima da Cecilia, e non ne sono ancora uscito? - I luoghi si sono mescolati, - disse il capraio, - Cecilia è dappertutto; qui una volta doveva esserci il Prato della Salvia Bassa. Le mie capre riconoscono le erbe dello spartitraffico.
La aziende continue. IV. Retro. Gossip. • On Air: King Crimson, Elephant Talk • - Eppure, dissi alla Psicologa Sintetica, è possibile che le cose vadano diversamente. L’alluvione di gossip, pettegolezzi, calunnie, ciance, critiche, insinuazioni, invenzioni, maldicenze, dicerie, voci, cazzate, commenti, bugie, ciarle, fandonie, malignità, diffamazioni, mormorazioni crea uno spazio liquido che s'estende tra una azienda e l'altra, ma anche, all’interno di ogni organizzazione, fra una funzione e l’altra, fra un ufficio e l’altro, fra una persona e l’altra. Ed il mare magnum della chiacchiera universale non è che una goccia nell’oceano della cultura tramandata per secoli oralmente, che inizia con i primi poeti dell’umanità, passa per le istruzioni alla servitù di Swift e arriva ai sistemi di diffusione dell’informazione più attuali: Internet, i blog, i videotelefoni…la vita è in fondo un grande pettegolezzo che si disperde all’infinito. Le risponderò dunque con un racconto.
Per i corridoi di Saint Andrew, il celebre ospedale, incontrai una volta un direttore amministrativo che gestiva il personale come se fosse un armento scampanante. – Ehi tu, - si fermò a chiedermi, - sai dirmi il nome dell’azienda sanitaria in cui ci troviamo? – E che cavolo! - esclamai. - Come puoi non riconoscere il mitico ospedale di Saint Andrew? - Compatiscimi, - rispose quello, - sono un temporary manager. A me e ai miei colleghi tocca attraversare realtà che non conosciamo; ma non sappiamo distinguerle. Chiedimi il nome delle società di consulenza, dove mi fermo a pascolare fra un incarico e l’altro: li conosco tutti. Le aziende per me non hanno nome: sono luoghi senza foglie che separano un pascolo dall'altro, e dove le persone si spaventano e si sbandano. Io e il mio direttore del personale corriamo per tenere compatto l'armento. - Al contrario di te, - affermai, - io riconosco solo le aziende e non distinguo ciò che è fuori. • Lo lasciai e continuai a percorrere le molte aziende della Corporation sparse per il mondo. Un giorno camminavo tra angoli di uffici tutti uguali: mi ero perso. Chiesi a un passante:- Ehi tu, sai dirmi dove ci troviamo? - A Saint Andrew, purtroppo! - mi rispose. - Da tanto camminiamo per i suoi corridoi e non s'arriva a uscirne...
Lo riconobbi, nonostante la lunga barba bianca: era il direttore amministrativo di quella volta. Lo seguivano poche persone spelate, ridotte pelle e ossa. Brucavano cartaccia nei bidoni dei rifiuti. - Non può essere! - gridai. - Anch'io, non so da quando, sono entrato in una azienda e da allora ho continuato ad addentrarmi per i suoi uffici. Ma come ho fatto ad arrivare dove tu dici, se mi trovavo in un'altra azienda, lontanissima da Saint Andrew, e non ne sono ancora uscito? • - I luoghi si sono mescolati, - disse il dirigente, - Saint Andrew è dappertutto, e in nessun luogo.
Per salvaguardare l’unicità, il genio, di ogni luogo, pensai allora, occorre sviluppare un sistema di relazioni che coinvolga la singola azienda e i suoi dipendenti. Ci può aiutare a recuperare la dimensione dell’incontro l’arte, quell’arte che vuole uscire dai musei e vivere in stretto legame con le dinamiche collettive della società…. Ecco, bisogna innescare un processo artistico fra i frequentatori quotidiani di realtà tradizionalmente non deputate all’esposizione di opere.
Lei conosce la mia passione per la fotografia. Proposi al vecchio direttore una creazione artistica che parlasse delle persone che lavorano al Saint Andrew. Dopo un attimo di esitazione acconsentì e mi presentò altre persone dell’ufficio. Così partì il progetto. Aveva per tema le storie d’amore nate dentro l’ospedale. Il direttore cominciò a raccontare del dottor Bigwhites che aveva sposato la dottoressa Illary, del reparto cardiologia. Si erano sposati anni prima. Desideravo che Bigwhites si ricordasse il giorno in cui vide per la prima volta la sua futura moglie con quell’occhio amoroso, speciale… Tutti noi ci ricordiamo di quello sguardo. Si erano ‘guardati’ vicino alla macchinetta del caffè, al piano terra. Siamo andati a vederlo insieme, abbiamo individuato il punto preciso dell’incontro e quindi ho fatto delle foto di quel luogo che poi ho appeso nei corridoi dell’ospedale, con una piccola didascalia: “dedicato al dr Bigwhites e alla dottoressa Illary”. Il racconto di questo primo lavoro ha provocato negli altri una reazione a catena, è esploso una specie di pettegolezzo buono che mi ha consentito di trovare altre coppie, di trovare altri luoghi e quindi di poter creare una lunga serie di immagini che rappresentavano l’ospedale. Una infermiera mi ha raccontato di avere vissuto una storia d’amore con una persona di cui non voleva rivelare l’identità. “E’ qui, lo amo ancora molto. Ma è tutto un segreto. Vorrei comunque che lei facesse la foto dove l’ho visto la prima volta”.
Sono così entrato nell’ospedale vero, nell’ospedale invisibile. Ho cominciato a costruire un significato condiviso su un tessuto connettivo costituito da una fitta rete di informazioni e reso possibile dalla complicità di tante persone. L’incontro tra di loro ha messo in moto il processo e ne è allo stesso tempo parte integrante. L’ospedale oggi è pieno di fotografie, opere d’arte ma anche strumenti per mettere in moto il telaio recondito che tesse la tela di sentimenti, emozioni, parole, sguardi: l’intima essenza del luogo, la sua vita più autentica. Così oggi il lavoro fotografico si estende dappertutto proprio come il suono della voce, il bisbigliare della gente….
Gli dei del management L’imprenditore dinamico che crea imprese e lancia nuove iniziative Dea dell’operatività, fonda il suo potere esclusivo sull’esperienza Dio dell’ordine e della burocrazia, simbolo della strategia basata sulla precisa definizione dei compiti Dio preferito dagli artisti e dai professionisti, che preferiscono la creatività alla standardiz-zazione
La profezia di Handy - 1 Gli indirizzi aziendali che tendono a privilegiare la ricerca di una sempre maggiore dimensione e coerenza sono inevitabilmente destinati a scontrarsi con gli indirizzi individuali (tesi verso maggiori opportunità di espressione e scelte personali)...
La profezia di Handy -2 E’ un conflitto che Apollo non può vincere. Se le aziende vogliono sopravvivere, devono adattare la loro filosofia manageriale ad un orientamento più consono ai bisogni, alle aspirazioni e agli atteggiamenti degli individui. Nel nuovo mix di dei che ne risulterà, Apollo sarà meno dominante e meno disumano.
Handy sulla leadership • Nelle organizzazioni apollinee, il potere segue un’unica direzione. • Nelle nuove organizzazioni i titoli e i ruoli hanno poca importanza finchè i leader non danno prova della loro competenza. Occorre guadagnarsi l’autorità prima di poterla esercitare. • Chi crede di poterla assumere solo in base all’autorità e non in base all’autorevolezza è destinato a cadere.
Ha scritto Salman Rushdie: “Ne Le città invisibili, Calvino descrive la favolosa città di Ottavia (città sottili v), sospesa tra due montagne dentro qualcosa che assomiglia a una tela di ragno. Se l'influenza del passato, lo scorrere del vecchio nel nuovo, è la tela di ragno alla quale sospendiamo il nostro lavoro, allora il lavoro è come la stessa città di Ottavia: un gioiello scintillante, una città di sogno sospesa tra i filamenti della tela, fintanto che sono in grado di sostenerne il peso.”
Le città sottili. V. • Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città - ragnatela. C'è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone. • Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, otri d'acqua, becchi del gas,girarrosti, cesti appesi a spaghi, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi,teleferiche, lampadari, vasi con piante dal fogliame pendulo. • Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.
Le aziende sottili. V. • Se volete credermi, bene, disse Fordagtes il Giovane. Ora dirò come è fatta Impermanence, l’azienda startup. C’e’ un burrone da affrontare, un passaggio tra il mercato iniziale, visionario ed anticipatore, ed il largo mercato, che richiede un cambio di mentalità, prodotti pronti e funzionanti in cambio di ricchezze e gloria. • L’azienda è sul vuoto, legata strettamente ai due mercati da accordi, contatti, relazioni, amicizie, sguardi, e soprattutto sogni. Si avanza verso l’obiettivo stabilito nel business plan, stando attenti ai passi falsi, ai contratti che spingono fuori dalla mission aziendale, per dedicarsi anima e corpo alla realizzazione del prodotto atteso chissà quanto. Sotto non c’e’ niente per centinaia e centinaia di metri: qualche altra società scorre, e s’intravedono in fondo al burrone i resti di gloriose scommesse, ottime tecnologie, servizi innovativi o strampalati che non sono riusciti ad arrivare o ad ammaliare il grande pubblico. • Questa è la base dell’azienda: una rete di contatti, sottili fili che legano sudati sforzi alla ricerca di una ragione di vita. • Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto, e fornisce la forza di continuare nel fragile passaggio: piccoli successi, gite in montagna, articoli sui giornali, lo sguardo preoccupato della madre che non capisce il sogno del giovane imprenditore, uffici allegri e colorati negli scantinati delle Università, barbecue con i colleghi, speranze che si avverano e a piccoli passi si fanno strada verso l’obiettivo, domande inquisitrici dei Venture Capitalist anche loro al seguito pronti a farsi trascinare verso quotazioni in borsa e compensi inimmaginabili. Sospesa sul burrone, la vita degli imprenditori high-tech di Impermanence è meno incerta che in altre aziende. • Sanno che un’azienda startup è un’avventura che può reggere una vita, 5 anni od un solo giorno.
In maniera simile il tema della memoria, che al tempo stesso viene tramandata e re-inventata attraverso la narrazione, è trattato in Nulla due volte, poiché la città (l’azienda) continua a esistere solo nella misura in cui accetta di riconoscere come proprio il volto in perenne evoluzione del sempre nuovo presente; da questo presente la realtà di oggi abbraccia quella di ieri e quella di domani nel suo orizzonte, orizzonte che solo in quanto cambia ogni giorno può assumere per ogni giorno lo stesso senso. E’ l’impermanenza il segreto di Eutropia, città irrequieta, che continua a cambiare non solo la sua posizione geografica ma anche il suo assetto interno, stando attenta però a contenere questi mutamenti entro i limiti ben precisi dettati da alcuni elementi invarianti (il territorio in cui Eutropia si muove è sempre lo stesso, e anche i ruoli dei suoi abitanti permangono, pur essendo diversi gli attori che di volta in volta li interpretano). In questo modo Eutropia (scambi iii) riesce a conservare ciò che Maurilia e Zora hanno irrimediabilmente perduto: l’identità con se stessa.