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PER UNA ALTERNATIVA AL CAPITALISMO. Dicembre 2013. I caratteri della crisi che viviamo. E’ una crisi di sistema , che investe l’intero contesto economico, sociale ed ambientale. Per tanti aspetti si potrebbe parlare di una crisi di civiltà .
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PER UNA ALTERNATIVA AL CAPITALISMO Dicembre 2013
I caratteri della crisi che viviamo • E’ una crisi di sistema, che investe l’intero contesto economico, sociale ed ambientale. Per tanti aspetti si potrebbe parlare di una crisi di civiltà. • Vede la rassegnazione e l’assenza di lotta politica per il cambiamento e il prevalere dell’inquietudine, della dello smarrimento, oppure della rabbia disperata e senza prospettiva. • Si brancola nel buio accecati da una da una cultura dominante che nega la possibilità di una alternativa di società.
Inadeguatezza dei vecchi schemi • Né i vecchi dogmi liberisti né le teorie di ispirazione keynesiana sono oggi in grado di spiegare le ragioni profonde della crisi e individuare i percorsi per il suo superamento: • la totale libertà del capitale non è la via di uscita, porta all’esplosione delle contraddizioni interne al capitalismo e tra i capitalismi e non esclude la possibilità di una guerra; • Anche la distribuzione del reddito e della ricchezza oggi è insufficiente se non si pone la questione del modo di produzione e dei rapporti di proprietà.
L’impossibilità di un capitalismo sostenibile • Le tesi sbagliate di Ruffolo: • Poiché la globalizzazione capitalistica provoca enormi diseguaglianze e deprime la domanda occorre ridurre i divari nella distribuzione della ricchezza; • sia per ragioni di carattere morale ma soprattutto perché sono un freno allo sviluppo. • Questa impostazione non porta da nessuna parte perché non tiene conto del tipo di risposta che l’attuale sistema capitalistico globalizzato sta dando alla crisi. • La crisi è stata affrontata sostituendo al debito privato quello pubblico: gli Stati per salvare le banche hanno accresciuto i loro disavanzi e ora sono costretti a ridurre le spese sociali addossando i costi della crisi ai ceti più deboli e ampliando ulteriormente le disuguaglianze.
Il capitalismo per vivere deve produrre diseguaglianze enormi tra capitale e lavoro • Effetti distruttivi e socialmente insostenibili • in Italia i primo 10 patrimoni posseggono denaro quanto i tre milioni di italiani più poveri; • Nel mondo 63 mila ricchi concentrano un patrimonio di 39.900 miliardi di dollari (cifra superiore alla somma delle economie USA e Giappone).
Un modello sociale alternativo • Mettere fine allo sfruttamento sistematico della persona umana; • La società non può essere piegata all’ottenimento del massimo profitto e all’accumulazione della rendita. • L’economia deve essere messa al servizio degli esseri umani e non il contrario.
L’antitesi capitalismo – democrazia in questa fase storica • Si illude chi pensa di poter tornare a un nuovo compromesso tra capitalismo e democrazia: • si colloca nella insostenibile posizione di chi non può andare avanti perché guarda indietro. • Il capitalismo nella sua evoluzione storica tende a distruggere le condizioni stesse della sua riproduzione e con esse la democrazia rappresentativa.
Una domanda ormai inevitabile sulle vere cause della crisi • Se le diseguaglianze tra capitale e lavoro sono enormi e su di esse si riproduce la crisi quale è la causa di fondo che dà origine a questa situazioneinsostenibile? • La corruzione della casta dei politici? Le loro ruberie? L’avidità e immoralità di banchieri e manager? Il deficit di formazione e cultura? • Oppure c’è qualcosa d’altro, di più profondo e strutturale?
La risposta dei comunisti • Se le crisi si ripetono dopo aver generato due guerre mondiali ed infiniti conflitti significa che esse costituiscono una componente organica del capitalismo come formazione economico – sociale. • Le cause vanno quindi ricercate nella natura più profonda del capitale senza farsi distrarre da aspetti di natura etica o comportamentale. • Il capitalismo di oggi non è altro che la risultante storicamente determinata delle contraddizioni ineliminabili del capitalismo di ieri. Pensare ad una sua sostenibilità non porta da nessuna parte.
La contraddizione capitale lavoro nell’era della globalizzazione • Nell’era della globalizzazione la contraddizione non solo non scompare ma diviene ancora più drammatica. • Il capitale ancor prima che una quantità monetaria o di un insieme di mezzi di produzione e comunicazione, è un rapporto sociale. • Questo rapporto sociale fissa in modo ineliminabile la divisione della società contemporanea in classi contrapposte. • tra chi vende e chi compra forza lavoro; tra chi è proprietario dei mezzi di produzione di beni e servizi e chi è proprietario solo delle sue capacità intellettuali e fisiche, che aliena in cambio dei mezzi per vivere.
La proprietà è il centro del problema • Mai come oggi i non proprietari dei mezzi di produzione, comunicazione e scambio sono stati così numerosi nel mondo. • Mai come oggi la proprietà capitalista è stata così concentrata e pervasiva, tanto da penetrare in ogni angolo del pianeta e dentro la nostra stessa vita (biocapitalismo). • Questo è il risultato del processo di produzione capitalistico che mentre immette nel mercato merci che incorporano un plusvalore al tempo stesso riproduce il capitale. Vale a dire il rapporto capitalistico di sfruttamento.
Continua • Il capitale (come aveva scoperto Marx) non è una cosa ma un determinato rapporto di produzione sociale appartenente ad una determinata formazione storica, ed è costituito dai mezzi di produzione monopolizzati e posseduti da una sola parte della società. • Da ciò ne consegue che la distribuzione della ricchezza dipende in ultima analisi dalla distribuzione della proprietà. • Questo tipo di rapporto proprietario sta alla base delle ricorrenti crisi del sistema.
Continua • Il capitale vive sullo sfruttamento del lavoro per ottenere un profitto. • Ha quindi bisogno di contenere i salari per alzare i profitti. • Ma il contenimento dei salari riduce il loro potere di acquisto, che diminuendo riduce la quantità di merci vendute sul mercato e contemporaneamente impedisce la produzione di nuove merci e di nuovi profitti. • La storia del capitalismo moderno è la storia dei tentativi di superare questa continua contraddizione del capitale. • Contraddizione che però risulta insuperabile dentro il perimetro dei rapporti di proprietà capitalistici.
I perché della globalizzazione e il modello di società che si è affermato • La globalizzazione (come finanziarizzazioneuniversale del capitale e come gigantesca subordinazione del lavoro al capitale) è stata la risposta alla: • crisi del modello fordista fondato sulla produzione seriale di massa; • Perdita di efficienza del sistema (tra il 1973 e il 2003 la crescita del PIL mondiale si è dimezzata); • Caduta tendenziale del saggio di profitto. • Il modello che si è affermato e che ora è esploso vede: • il potere di acquisto generato dai salari sostituito dall’indebitamento di massa; • L’occupazione sostituita dalla precarietà; • Il profitto dalla rendita finanziaria
Continua • L’illusione su cui poggia questo modello consiste nell’idea che la ricchezza si possa generare saltando la mediazione della produzione e riproducendo vertiginosamente denaro che genera altro denaro (virtuale).
Gli effetti della globalizzazione • Ricoprire il mondo di titoli di debito. • Concentrare la ricchezza nelle mani di un pugno di proprietari universali. • Privatizzazionidi ogni attività umana. • Controllodella finanza, della produzione, dei bei materiali e immateriali, della cultura e della comunicazione e dell’istruzione. • Espulsione del mondo del lavoro e delle classi subalterne dalla politica. • Messa in ginocchio della democrazia e della sovranità popolare.
L’indifferenza della politica verso il lavoro • Il lavoro è diventato un fantasma, politicamente inesistente e ampiamente sconosciuto alla politica. • L’assunzione del debito come fattore portante dell’economia in opposizione alla valorizzazione del lavoro (piena occupazione, crescita dei salari reali, espansione dei diritti, ecc.) è il segnale del declino di un sistema e di una civiltà. • In questo contesto ogni compromesso capitalismo – democrazia è solo un controsenso. • Occorre invece individuare i caratteri e le forze da mettere in moto per costruire una alternativa.
La crisi del capitale come rapporto sociale • Se la natura della crisi è di questa portata non basterà eliminare Berlusconi per uscirne. • Occorre costruire una ampia coalizione politica del lavoro, individuando i passaggi intermedi e le alleanze, in grado di lottare, sul terreno democratico e di massa, per una svolta reale. • Una lotta finalizzata a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano la libertà e l’uguaglianza economica e sociale del Paese.
Per un socialismo democratico e pluralistico • Il crollo del socialismo reale non ha eliminato l’esigenza di una società più giusta e solidale, liberata dalla dittatura del capitale. Anzi l’ha resa più stringente e necessaria. • Il sistema capitalistico sta portando a fondo il Paese, disgrega la società, colpisce la democrazia e offende la dignità e la libertà dei lavoratori e di ogni persona. • Non abbiamo un modello da affermare né progettiamo l’assalto al Palazzo d’Inverno. • Proponiamo un progetto riformatore aperto che delinei una trasformazione del sistema fino al possibile superamento dei rapporti di produzione capitalistici.
continua • Lottiamo dunque per una società: • dove si realizza un giusto equilibrio tra uguaglianza e libertà di tutti e di ciascuno. • dove la libera iniziativa privata non deve recare danno alla sicurezza e alla dignità umana, e dove il mercato e la proprietà siano indirizzate e coordinate a fini sociali. • dove sia possibile trasferire a comunità di lavoratori e/o di utenti imprese che si riferiscono a servizi pubblici o a situazioni di monopolio. • dove il mercato sia regolato per soddisfare le esigenze umane e ambientali anche attraverso l’intervento pubblico e la presenza di soggetti sociali organizzati. • che promuova la libertà come padronanza del proprio destino e non come assenza di regole, e l’uguaglianza come giustizia socialee non come cancellazione dell’individualità e delle differenze.
Continua • Lottiamo per una società: • in cui il pluralismo nelle forme della proprietà sia contrapposto al totalitarismo della proprietà privata capitalistica. • In cui si affermi una relazione inedita e straordinariamente modernatra solidarismo e individualismo, tra impresa e unità sociale, tra individuo e classe, tra persona e collettività. • Lavoriamo quindi per una operazione di grande portata storica, oltre la contingenza del momento. Una vera e propria terza via per lo sviluppo delle società post novecentesche, che eviti gli opposti totalitarismi della statalizzazione integrale e della privatizzazione universale dei mezzi di produzione, di comunicazione e di scambio. • Un nuovo progetto di società, diverso da ogni modello fino ad ora conosciuto.
Salvare l’umanità, non il capitalismo • L’idea che, nella crisi che stiamo vivendo, la questione più importante sia quella di salvare il capitalismo, è un ideologismo preconcetto. • Il capitalismo oggi non salva miliardi di esseri umani dalla disoccupazione, dalla precarietà, dalla fame, dalla guerra, dalle catastrofi ambientali incombenti. • L’immortalità del capitalismo è un dogma che va rovesciato. La vera questione è come si salva l’umanità dalla barbarie e dalla regressione cui ci condanna il capitale. • Se per salvare l’umanità è necessario liberarsi del capitalismo non bisogna avere paura di farlo, imboccando strade sconosciute e disegnando mappe nuove.
Se la crisi è connaturata al capitalismo per uscirne occorre uscire dal capitalismo • Una sinistra che non si ponga questo tema e quello della rappresentanza del lavoro non esiste, è solo una variante del capitale. • La crisi del capitale come rapporto sociale trascina con sé l’intero universo delle relazioni tra gli esseri umani e di questi con la natura. Per questo occorre esplorare le vie del suo superamento. • Se è una ovvietà dire che per uscire dalla crisi occorre rimuoverne le cause, questa ovvietà porta con se una “rivoluzione”: il superamento del capitalismo.