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Relazioni internazionali e strategie globali. Dalla caduta del muro di Berlino a Barack Obama Paolo Allegra. La fine della guerra e la nascita di un mondo bipolare. Gli anni della guerra fredda: 1945-1989.
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Relazioni internazionali e strategie globali Dalla caduta del muro di Berlino a Barack Obama Paolo Allegra
Gli anni della guerra fredda: 1945-1989 Il mondo bipolare e la “guerra fredda”: la deterrenza nucleare e l’equilibrio del terrore L’egemonia americana: gli accordi di Bretton Woods e il ruolo del dollaro La crescita degli squilibri nell’economia americana - Il declino delle due “superpotenze” negli anni Settanta e Ottanta
Paul Kennedy, “Ascesa e declino delle grandi potenze” • La storia dell’ascesa e successiva caduta dei paesi dominanti nel sistema delle grandi potenze, a partire dall’avanzata dell’Europa occidentale, nel sedicesimo secolo (cioè di nazioni come la Spagna, i Paesi Bassi, la Francia, l’impero britannico e, attualmente, gli Stati Uniti) dimostra la strettissima relazione che intercorre a lungo termine tra la capacità di produrre e di arricchire le casse dello Stato da una parte e la potenza militare dall’altra. (…) • L’America, come la Spagna imperiale intorno al 1600 o l’impero britannico intorno al 1900, ha ereditato una vasta gamma di impegni strategici contratti nei decenni precedenti, quando la capacità del paese di influenzare gli affari mondiali politicamente, economicamente e militarmente pareva molto più consolidata. Di conseguenza, gli Stati Uniti corrono ora il rischio (…) di quello che si potrebbe approssimativamente chiamare “eccessiva estensione imperiale”: vale a dire che i governanti di Washington devono affrontare lo spiacevole e assodato fatto che il numero degli interessi e impegni degli Stati Uniti va oggi ben oltre le effettive possibilità che il paese ha di proteggerli e mantenerli. (…) • La sola risposta alla sempre più frequente domanda dell’opinione pubblica, se gli Stati Uniti sono in grado di conservare la posizione attuale o meno, è “no”.
La caduta del Muro: 1985-1989 La crisi del blocco sovietico La “perestroika” di M.Gorbaciov La caduta del Muro di Berlino - Le speranze di un nuovo governo mondiale
Mikhail Gorbaciov(discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 7-12-1988) • Il futuro progresso mondiale è oggi possibile solo attraverso la ricerca del consenso universale, procedendo verso un nuovo ordine mondiale. Ci siamo avvicinati ad un limite oltre il quale la spontaneità non regolata conduce in un vicolo cieco. (…) Il discorso verte su una cooperazione che sarebbe più corretto definire “creazione comune” e “co-sviluppo”. (…) • E’ evidente che la forza e la minaccia dell’uso della forza non possono e non devono più essere uno strumento della politica estera. Ciò riguarda in primo luogo le armi nucleari, ma non solo esse. (…) Questo fatto presuppone rispetto nei confronti delle opinioni e delle posizioni altrui, tolleranza, disponibilità a recepire il diverso non necessariamente come cattivo o ostile, capacità di imparare a vivere fianco a fianco, pur restando diversi. (…) L’autoaffermazione di un mondo sfaccettato rende inconsistenti i tentativi di guardare dall’alto chi ci circonda e di voler insegnare agli altri la “propria” democrazia. (…) • Se noi riconosciamo l’interdipendenza del mondo contemporaneo, allora questo elemento deve essere sempre più presente nella politica, negli sforzi di armonizzazione dei rapporti internazionali. (…) Abbiamo la necessità di una riflessione degli Stati sul loro atteggiamento verso uno strumento unico come l’ONU, senza il quale è ormai impossibile immaginarsi la politica mondiale.
B.Boutros Ghali, “Agenda per la pace”, 1992 • 15. Finita la guerra fredda i veti sono terminati e le richieste rivolte all’Organizzazione si sono moltiplicate. Impotente, un tempo, di fronte a situazioni che non era stato creato né attrezzato per dominare, il Consiglio di sicurezza è diventato uno strumento centrale nella prevenzione e nel regolamento dei conflitti così come nella conservazione della pace. • I nostri scopi ormai devono essere i seguenti: • - tentare di scoprire al più presto possibile le situazioni foriere di conflitto e fronteggiare il pericolo, attraverso la via diplomatica, prima che si manifesti la violenza (preventive diplomacy); • - quando scoppia un conflitto, porre mano a ristabilire la pace, regolando le controversie che vi stanno alla base (peace making); • - mantenere la pace, per quanto precaria, quando cessa il combattimento e contribuire alla messa in opera degli accordi a cui siano giunti i mediatori (peace keeping); • - tenerci pronti a partecipare al ristabilimento della pace in varie forme: ricostruire le istituzioni e le infrastrutture delle nazioni dilaniate dalla guerra civile e dai conflitti interni; creare tra le nazioni prima in guerra dei legami fondati sul vantaggio reciproco (peace building); • - infine, in senso più ampio, cercare di estirpare le cause più profonde del conflitto: miseria economica, ingiustizia sociale e oppressione politica.
La fine dell’URSS e l’egemonia americana: 1991-2001 La caduta di M.Gorbaciov e la fine dell’URSS - Dopo la fine dell’equilibrio bipolare: l’egemonia americana
Samuel P. Huntington, The clash of Civilization, 1993 • La mia ipotesi è che la fonte principale di conflitto in questo nuovo mondo non sarà in prima istanza di natura ideologica o economica. Le divisioni più profonde per l’umanità e le fonti più importanti di conflitto saranno di tipo culturale. Gli stati nazionali continueranno ad essere gli attori principali nelle questioni mondiali, ma i conflitti più intensi della politica mondiale si profileranno tra nazioni e gruppi appartenenti a civiltà diverse. Lo scontro delle civiltà sarà la prima linea di domani. (…) • Con la fine della Guerra fredda la politica internazionale esce dalla propria fase occidentale e il suo nucleo essenziale diventa l’interazione tra le civiltà occidentali e quelle non occidentali da un lato, e fra le diverse civiltà non occidentali dall’altro. Nello scenario politico delle civiltà, le popolazioni e i governi delle civiltà non occidentali cessano di rimanere oggetto di storia in quanto obiettivi del colonialismo occidentale, per unirsi all’Occidente come motori e attori di storia.
La politica americana tra sfida terroristica e unilateralismo: 2001-2008 - La politica di G.W.Bush: unilateralismo “guerra preventiva” La guerra in Afganistan e in Iraq e il fallimento della strategia americana
George W.Bush, National Security Strategy, settembre 2002 • La natura della minaccia rappresentata dalla guerra fredda ha obbligato gli Stati Uniti ad attribuire molta importanza alla deterrenza dell’uso della forza nemica, dando luogo ad una strategia consistente in reciproche garanzie di distruzione. Con il crollo dell’Unione Sovietica e la fine della guerra fredda, lo scenario della nostra sicurezza è profondamente mutato. (…) Sono sorte nuove terribili sfide rappresentate dagli “Stati canaglia” e dai terroristi.(…) Nella guerra fredda, specialmente dopo la crisi missilistica a Cuba, (…) la deterrenza rappresentava una difesa efficace. Ma una deterrenza basata esclusivamente sulla minaccia di rappresaglia ha assai meno possibilità di successo contro i leader di “Stati canaglia” assai più disponibili ad accollarsi dei rischi, a mettere in gioco le vite dei propri cittadini. (…) I concetti tradizionali di deterrenza non funzioneranno contro un nemico terrorista. (…) • I giuristi e gli esperti di diritto internazionale hanno spesso subordinato la legittimità dell’attacco preventivo all’esistenza di una minaccia imminente, quasi sempre una mobilitazione visibile di eserciti, flotte e forze aeree in preparazione di un attacco. Oggi dobbiamo però adattare il concetto di minaccia imminente alle capacità e agli obiettivi degli avversari odierni. (…) Gli Stati Uniti sostengono ormai da lungo tempo l’opzione dell’attacco preventivo per contrastare una minaccia anche di moderata entità alla nostra sicurezza nazionale.
L’estensione del processo di globalizzazione • I mutamenti dell’economia mondiale e la globalizzazione • Il ruolo della Cina e dei nuovi paesi emergenti
Le previsioni dello sviluppo cinese • Dal 3,2% al 13,9% del PIL mondiale, dal 1980 al 2007 • Da 419 a 6800 dollari di PIL per abitante, dal 1980 al 2007 • previsione crescita 2010: 9% • entro il 2010: previsto il sorpasso sul Giappone, come seconda potenza industriale • tra il 2020 e il 2040 (secondo le diverse stime): previsto il sorpasso sugli Stati Uniti, come prima potenza industriale • primo Paese esportatore mondiale • Shanghai prossima a diventare la prima Borsa mondiale (sopravanzando Wall Street) • 2399 miliardi di dollari di riserve valutarie straniere
Il mondo attuale e i nuovi scenari mondiali I nuovi equilibri mondiali e il delinearsi di uno scenario multipolare Il declino dell’egemonia americana La crisi finanziaria e l’economia mondiale - L’elezione di B.Obama e il nuovo corso della politica americana
Il multilateralismo di B.Obama • L’intervento nella crisi finanziaria • L’obiettivo del disarmo • La politica ambientale e sociale • Oltre il “conflitto di civiltà” • Difficoltà e problemi aperti
Barack Obama • Allorchè il mondo è diventato meno spaccato, è diventato più interdipendente. Abbiamo assistito a eventi che si verificavano più velocemente della nostra capacità a controllarli: un’economia globale in crisi, un cambiamento del clima, i pericoli persistenti di vecchi conflitti, nuove minacce e il proliferare di armi terribili e catastrofiche. (aprile 2009) • Nel corso della storia umana filosofi, religiosi e uomini di Stato hanno cercato di regolare il potere distruttivo della guerra. E’ emerso il concetto di “guerra giusta”, che suggeriva che una guerra è giustificata solo quando rispetta alcune condizioni. (…) Per la maggior parte della storia il concetto di guerra giusta è stato raramente osservato. La capacità degli esseri umani nell’escogitare nuovi modi di uccidersi si è dimostrata inesauribile. Le guerre tra eserciti cedettero il passo alle guerre tra nazioni, guerre totali in cui la distinzione tra combattenti e civili divenne confusa. Nello spazio di trent’anni, questa carneficina sommerse due volte questo continente. (…) • Dobbiamo riconoscere la dura verità: non potremo sradicare durante la nostra vita i conflitti violenti. (…) Faccio questa affermazione con in mente quello che Martin Luther King disse in questa stessa cerimonia anni fa:” La violenza non porta mai a una pace permanente. Non risolve i problemi sociali, ne crea solamente di nuovi e più complicati.” (…) Possiamo riconoscere che l’oppressione sarà sempre con noi, e ugualmente lottare per la giustizia. Possiamo capire che siamo in guerra, e ugualmente lottare per la pace. Possiamo farlo perché è la storia del progresso umano, perché è la speranza di tutto il mondo. E in questo momento di sfide deve essere il nostro lavoro qui sulla Terra. (dicembre 2009)
Considerazioni conclusive • La fine dell’egemonia delle due grandi potenze • L’inizio di una nuova epoca storica • Il ruolo dell’America in un mondo “policentrico”