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La prima età comunale • I processi di produzione, elaborazione e organizzazione della documentazione comunale hanno preso avvio nel corso del XII secolo,in stretta connessione con l’affermazione dell’autonomia politica del comune consolare e le dinamiche di acquisizione di un controllo sul comitato. • Le prime scritture documentarie sono riconducibili innanzitutto alle rivendicazioni da parte dei comuni di diritti di natura pubblica e giurisdizionalinei confronti dell’impero. • L’ampiezza delle rivendicazioni di autonomia da parte dei comuni aveva portato allo scontro aperto con l’impero, iniziato alla metà del XII secolo. Lo scontro si era concluso felicemente per i comuni con la pace di Costanza del 1183, in cui l’imperatore aveva dovuto concedere loro l’esercizio delle regalie in cambio del riconoscimento formale dell’autorità imperiale. In particolare egli aveva riconosciuto legittimamente ai comuni specifici diritti giurisdizionali, dai quali si sarebbe poi sviluppato nei fatti quello iusstatuendi che aveva rappresentato il fulcro giuridico della conseguita autonomia politica delle città italiane. Ai comuni, inoltre, era stata concessa la potestà di nominare i propri consoli e proporli all’investitura imperiale, oltre ad ampie libertà nell’amministrazione della giustizia.
La prima età comunale • Oltre alle scritture attinenti lo scontro giurisdizionale con l’impero per l’ottenimento delle regalie, altre scritture prodotte in origine dai comuni sono riconducibili ai processi di affermazione degli stessi sui propri contadi. • Sin dalla prima metà del XII secolo, infatti, i comuni avevano promosso uno sforzo continuo di sottomissione dei territori rurali loro contigui. Antagoniste maggiori della proiezione territoriale dei comuni erano state le signorie locali (laiche e soprattutto ecclesiastiche), che esercitavano in maniera frammentata e dispersa sul territorio diverse prerogative pubblicistiche; le città si erano da allora sforzate di ricomporre tali poteri locali in un quadro giurisdizionale e politico unitario. • L’impegno militare e politico per rivendicare l’autonomia comunale e per soggiogare il territorio aveva così determinato un incremento delle esigenze finanziarie e uno stimolo ad organizzazioni amministrative più funzionali, con evidenti ricadute nei modi di produzione e di conservazione della documentazione comunale.
La prima età comunale • Comune – età consolare • Diplomatico Le serie più antiche degli archivi comunali, venutesi a formare tra la fine del secolo XI e l’inizio del XIII, interessano proprio i rapporti tra la comunità urbana e il territorio rurale. Tali scritture si presentano prevalentemente sotto forma di “diploma”, redatti da notai o da cancellieri, attraverso i quali erano stipulati negozi giuridici tra il comune cittadino e altre autorità (signori di castello, comunità rurali, ma anche comuni urbani minori, etc.), e il cui contenuto verteva sostanzialmente sulle modalità di subordinazione alla città. Tale documentazione sciolta su pergamena, assieme ad altre carte sciolte, con la medesima struttura formale, contenenti atti di natura diversa – patti tra città, accordi con il vescovo, convenzioni tra comuni, privilegi di imperatori, lettere papali, oltre alle tradizionali attestazioni di transazioni e stipulazioni di contenuto economico –, là dove conservata, è confluita nelle moderne serie dei “Diplomatici”, ossia raccolte, frutto di rimaneggiamenti e ordinamenti moderni, di diplomi e altre pergamene, stralciati dagli archivi di provenienza e fatti confluire in tale serie artificiosa per finalità di tutela e di ricerca.
La prima età comunale • Comune – età consolare • Brevi L’affermazione del comune aveva da subito comportato una maggiore produzione documentaria, non solo ad attestazione dei diritti e del patrimonio cittadino. Si erano così cominciati a redigere e a conservare i brevi, ossia gli impegni – di natura amministrativa, giudiziaria, militare – che i consoli erano tenuti a giurare nel momento della loro entrata in carica nell’ufficio. La redazione scritta di provvedimenti di legge – nella forma appunto di giuramenti (brevia) dei primi magistrati comunali (consoli, podestà), di deliberazioni dei primi consigli del comune e di consuetudini locali – era stata, infatti, precoce in diverse realtà comunali. Notizie di regole e di programmi politici che i consoli eletti si impegnavano a rispettare mediante un giuramento si hanno, per esempio, per i comuni di Genova già nel 1143 e 1157, di Pisa nel 1162 e 1164 e di Piacenza nel 1167, 1170 e 1181. Raccolte di giuramenti si hanno anche per Pistoia, dove si sono conservati uno statuto dei consoli e un constitutum del podestà databili intorno al 1180.
La prima età comunale • Comune – età consolare • Consuetudini e delibere dei consigli Inoltre si erano prodotte raccolte delle consuetudini urbane e talora delle delibere dei consigli cittadini, anche se conservate in questa prima fase in maniera del tutto asistematica e irregolare. Raccolte di giuramenti e di provvedimenti correnti approvati dai consigli ci provengono da Lucca (1178), Firenze (1182), Arezzo (1196) e Brescia (1198). A Pisa la decisione di mettere per iscritto le leggi vigenti risale al 1155, quando era stata avviata la redazione del Constitutum de legibus, una raccolta di leggi del RegnumItaliae e di frammenti di diritto romano, e del Constitutumusus, una raccolta di consuetudini locali perlopiù in materia di diritto commerciale. Infine, il diritto consuetudinario locale (consuetudines, mores, etc., che riguardavano perlopiù materie feneratizie, contrattuali e successorie e le procedure processuali) era stato oggetto di una messa per iscritto negli stessi anni anche ad Alessandria (1179), a Siena (1179-1180), a Venezia (1195), a Como (1215) e a Milano (1216).
La prima età comunale • Ma è con la piena età podestarile che si registra ovunque un incremento effettivo della produzione di documenti pubblici, tanto che gli studiosi non hanno esitato a parlare di “rivoluzione documentaria”, sintomo del “risveglio di una vera e propria coscienza archivistica da parte dei comuni” (Maire Vigueur). • Nel corso del XIII secolo, infatti, i comuni avevano elaborato un apparato documentario complesso e articolato, giunto a costituire un vero e proprio sistema di governo, per l’importanza progressivamente assunta dalla scrittura come mezzo di controllo politico e sociale, oltre che come strumento di identificazione politica. • In particolare, la comparsa del podestà forestiero aveva, oltre a fornire maggiori garanzie quanto alla conservazione delle scritture comunali, incoraggiato l’elaborazione di nuovi modelli documentari. • La riconversione del modo di fare politica aveva prodotto effetti immediatamente visibili sulla documentazione: le scritture comunali, fino ad allora realizzate per lo più in scritture singole, vale a dire in prodotti redazionali autonomi sia dal punto di vista formale che contenutistico, tra la fine del XII secolo e gli inizi del successivo avevano cominciato ad essere raccolte in piccoli fascicoli, composti da fogli piegati e cuciti assieme, e in registri, formati da diversi fascicoli.
La prima età comunale • Di fatto, i mutamenti istituzionali si erano tradotti negli archivi in un progressivo affermarsi – per ragioni pratiche, di reperibilità e consultabilità del materiale documentario prodotto e conservato, ma anche di controllo delle attività politiche – degli scritti in forma di quaderno e di libro. • Proprio allora si era proceduto, in molte città, alla trascrizione in quaderni, poi legati in codici, della disordinata congerie di documenti in pergamena. Se, dunque, fino a tutto il XII secolo le scritture del comune erano state redatte su pergamene sciolte, in forma di pezzi singoli e autonomi, si era passati in età podestarile ad una sistemazione diversa, per libri e registri. • Era stato allora che le scritture in forma di registro avevano raggiunto il massimo della loro potenzialità, quale riscontro primario dell’attività continuata degli organi di governo. Nonostante la documentazione sciolta, «diplomatica», avesse non solo mantenuto ma anzi allargato la propria incidenza, la documentazione d’ufficio in registro era diventata da allora, nel suo stesso espandersi e nell’arricchirsi delle sue tipologie, l’espressione materiale della sempre maggiore articolazione burocratica del comune come ente amministrativo.
La prima età comunale • È pure a partire da quest’epoca che prende avvio una politica archivistica dei comuni: gli statuti abbondano di norme specifiche per il funzionamento dei vari uffici dei conservatori delle scritture comunali o altri uffici deputati alla concentrazione, conservazione e gestione archivistica di tali scritture. Dalla normativa si intravvedono archivi già consistenti nella seconda metà del Duecento e discretamente organizzati: compito primario degli addetti all’archivio era quello di concentrare in locali appositi, destinati alla conservazione, i registri, i documenti contabili, i titoli di proprietà e gli atti giudiziari fin là prodotti dal comune e dalle sue magistrature e disporli in modo ordinato, per serie separate anche fisicamente entro armadi all’uopo predisposti. L’obiettivo non era solo quello della conservazione della documentazione prodotta, ma anche quello della sua reperibilità e consultabilità. • Nella prima età comunale, il compito della produzione e della tenuta regolare della documentazione politica e amministrativa era dei notai, che costituivano il nerbo della burocrazia comunale. Nel loro campo specifico, quello della scrittura documentale, i notai, in quanto dotati di publica fides, avevano dato consapevolezza e fondamento alle strutture del potere e agli organi dell’autogoverno cittadino.
La prima età comunale • Comune – età podestarile • Libri iurium Tra le prime scritture complesse in forma di libro ad essere prodotte troviamo i libri iurium, così denominati perché contenenti la documentazione dei diritti rivendicati o esercitati dal comune nei confronti di terzi. Al principio tali registri erano formati attraverso la semplice giustapposizione dei documenti esistenti, venendo a costituire una sorta di archivio rilegato del comune; poi si era provveduto ad una risistemazione dell’intero materiale, ordinando i vari documenti talora in sequenza cronologica, più spesso secondo criteri topografici e tematici. Quasi sempre la redazione dei libri iurium era disposta dalle autorità pubbliche: il podestà, i consigli del comune, poi anche – dalla metà del Duecento – gli anziani del “popolo”, il capitano del “popolo”, etc. In molte città erano state nominate anche apposite commissioni di “savi” o giurisperiti, con il compito di rintracciare e scegliere la documentazione da inserire nella raccolta e di sovrintendere al lavoro.
La prima età comunale • Comune – età podestarile • Libri iurium Promossi dalle autorità pubbliche i libri iurium erano poi convalidati dai notai. Ciò spiega anche perché essi fossero pergamenacei, a maggiore garanzia del loro valore giuridico e della loro forza di prova. Libri iurium sono stati compilati un po’ in tutti i comuni maggiori, ricevendo talora nomi singolari (“Biscioni” a Vercelli, “Caleffi” a Siena e così via).
La prima età comunale • Comune – età podestarile • Libri iurium Soprattutto, essi testimoniano dell’estensione territoriale della giurisdizione dei comuni cittadini: gli atti trascrittivi, infatti, riguardavano in special modo i rapporti di soggezione dei territori alle città e gli interventi patrimoniali delle città nei contadi. Va precisato peraltro che non tutti i documenti originari venivano trascritti nei libri iurium, anche perché scaduti o superati da altri documenti, e che, talora, i notai del comune scrivevano direttamente sui libri documenti di particolare interesse, senza effettuarne una scrittura parallela su pergamena sciolta. Nei libri iuriumsi trovano inoltre privilegi e lettere papali, diplomi imperiali, trattati e documenti che riguardano i rapporti del comune con altri comuni e città e con i territori da esso dipendenti, atti quindi relativi per così dire alla politica estera, oltre a documenti riguardanti il funzionamento e l’organizzazione interna del comune stesso.
La prima età comunale • Comune – età podestarile • Libri iurium Nei proemi si fa spesso riferimento alle ragioni che ne hanno consigliato la scrittura: ragioni sia pratiche, ossia la necessità di ritrovare facilmente documenti che in precedenza giacevano in disordine, ma anche ideali, vale a dire il bisogno di raccogliere in un unico testo tutto ciò che avesse a che fare con l’utilità comune della città. Infine, i libri iurium, nel momento di riprendere e organizzare la documentazione precedente, rappresentavano un momento di riordino dell’intera memoria politica della città. Raramente, tuttavia, la trascrizione in libro aveva comportato la distruzione dei documenti originali in pergamena; piuttosto si erano costituite due serie archivistiche parallele, con un fondo di pergamene sciolte confluito poi, come detto, nel Diplomatico e un fondo a sé stante di libri iurium e altri testi in forma di quaderno e di codice.
La prima età comunale • Comune – età podestarile • Statuti La redazione dei libri iuriumera andata di pari passo con la raccolta su libro della normativa cittadina o comunitaria. L’affermazione dell’autonomia politica delle città comunali aveva, infatti, avuto, tra le sue manifestazioni documentarie più evidenti un’intensa proliferazione di norme scritte. A partire dai primi decenni del XIII secolo pressoché ogni comune si era così dotato di una raccolta di statuta, vale a dire di un vero e proprio corpus della pluralità di scritture normative emanate dai comuni, di varia natura e provenienza. Per limitarsi ad alcuni esempi più precoci si hanno statuti a Treviso nel 1207, a Volterra nel 1219, a Lodi nel 1224, a Verona nel 1228, a Savona nel 1230, a Siena nel 1231, a Viterbo nel 1237, a Vercelli nel 1241, a Venezia nel 1242, a Bergamo nel 1248.
La prima età comunale • Comune – età podestarile • Statuti Il nuovo sistema politico podestarile aveva di fatto favorito ovunque la redazione di tali testi normativi organici. I testi legislativi erano di norma articolati in rubriche attraverso le quali la comunità stabiliva il proprio assetto istituzionale, fissava le norme di carattere amministrativo e le regole cui gli abitanti dovevano attenersi nella vita pubblica e privata, e definiva le pene per i trasgressori.
La prima età comunale • Comune – età podestarile • Statuti Dalla metà del Duecento tali raccolte normative, la cui redazione era affidata a collegi di esperti detti reformatores o statutari, avevano cominciato ad assumere una più stabile formalizzazione testuale (in parti, capitula, rubriche, etc.) e a essere ordinate in libri distinti per funzioni e materie. In genere, dopo un proemio spesso solenne con le invocazioni divine e la data di redazione, il primo libro era dedicato agli uffici principali del comune, i successivi alle materie giudiziarie civili e criminali, e poi a quelle “straordinarie”, cioè di polizia amministrativa, alle opere pubbliche e ai “danni dati”. Nel momento della sua redazione lo statuto recepiva capitoli e rubriche risalenti a tempi precedenti, affiancati da un nucleo prodotto in occasione della promulgazione. Successivamente nello stesso codice erano registrati, in forma di aggiunte sui margini, in carte bianche finali o in quaderni addizionali, le aggiunte disposte dai consigli cittadini negli anni: addizioni, deroghe, abolizioni, nuove disposizioni.
L’età comunale matura • Era stato durante l’età comunale matura, dalla seconda metà del Duecento in poi, che le trasformazioni in campo documentario si erano fatte più rapide e radicali, tanto che ogni azione dell’amministrazione comunale era diventata oggetto di scrittura in libri redatti nei diversi uffici del comune. • Si era assistito ovunque, anche nei comuni più piccoli e nelle istituzioni comunitarie, ad un incremento qualitativo e quantitativo dei registri prodotti: la scrittura in registro si era estesa a tutti i settori della vita pubblica; erano comparse nuove tipologie di scritture amministrative; si erano infittite le disposizioni statutarie e consiliari in materia di redazione delle scritture pubbliche e di conservazione e gestione degli archivi. • I cambiamenti istituzionali si erano di fatto accompagnati ad un’esplosione della quantità di scritture prodotte e conservate; in particolare, l’esplosione documentaria aveva dilatato il panorama delle scritture di tenuta corrente e aperte, affidate a quaderni e registri sovente cartacei e comunque di forma più dimessa, di contro a quelle chiuse e compiute, quali diplomi, libri iurium o statuti.
L’età comunale matura • Le trasformazioni in campo documentario erano andate di pari passo con l’evoluzione istituzionale del comune, essendone anzi da questa determinate e condizionate. Si erano innanzitutto moltiplicati gli uffici comunali, come effetto di processi di riorganizzazione e ottimizzazione dell’amministrazione pubblica, e se ne erano regolamentati in maniera sempre più precisa compiti e ambiti di giurisdizione; ciò aveva reso necessario la predisposizione di libri, registri, liste e resoconti scritti, in grado di semplificare e razionalizzare l’operato dei singoli uffici. • Era stato dunque a partire da tale data che le scritture comunali erano state organizzate in libri e registri distinti, secondo il settore di governo a cui si riferivano, in modo da renderne più agevole la raccolta, l’archiviazione e la consultazione. • Si era trattato di un fenomeno generale di moltiplicazione dei registri – sia principali, che ausiliari, che secondari – in cui era registrata l’attività di ogni singolo ufficio, anche per esigenze di controllo e verifica dell’operato dei pubblici ufficiali. Tale esplosione documentaria è ben attestata anche negli statuti, che fanno riferimento a sempre nuove serie documentarie presenti negli archivi comunali.
L’età comunale matura • Rimane del tutto evidente la stretta connessione tra strutture pubbliche, mutamenti politici, culturali ed economici e sistemi documentari: non a caso le nuove forme di scrittura rispondevano allo stesso modo ad esigenze pragmatiche, di funzionalità degli uffici, e a necessità politiche. D’altronde era proprio in quegli anni che i comuni avevano elaborato un sistema documentario articolato e interconnesso, divenuto strumento di governo imprescindibile, assumendo un significato politico, ideologico e di controllo su ogni aspetto della vita comunale. La volontà di controllo totale si era così tradotta, come è stato detto, in volontà di scrittura totale. • Insomma, a partire dal pieno Duecento, in concomitanza con l’evoluzione istituzionale del governo comunale, le città avevano conosciuto ovunque una maggiore articolazione delle loro strutture amministrative e, parimenti, un progressivo aumento della mole della documentazione, da tale data cresciuta «con un ritmo sicuramente vicino alla progressione geometrica».
L’età comunale matura • Comune • Statuti L’universo delle scritture normative si era arricchito di statuti e capitolari relativi ai singoli uffici in cui si era andato strutturando l’organismo comunale; in diverse città gli statuti del comune erano stati affiancati da quelli delle diverse magistrature di governo – fiscali, giudiziarie, di polizia, annonarie, relative ai lavori pubblici o alla gestione del demanio pubblico – e da ordinamenti tematici, ossia da gruppi di norme omogenee per materia trattata, quali per esempio statuti suntuari, finanziari o le legislazioni antimagnatizie, miranti all’esclusione dal governo dei magnati e delle famiglie eminenti, come i famosi Ordinamenti di giustizia fiorentini del 1293. • Liste Grande importanza avevano assunto, nello stesso periodo, i documenti in forma di lista, frutto del continuo bisogno di censire e controllare degli organismo di governo: censimenti dei beni, dei diritti comunali, della cittadinanza; liste di leva; liste dei contribuenti iscritti all’estimo; liste delle persone coinvolte a vario titolo nelle attività pubbliche; matricole dei notai, dei giudici, dei medici; matricole delle corporazioni di mestiere e delle scuole di devozione.
L’età comunale matura • Comune • Registri delle delibere consigliari Soprattutto, il sistema normativo del comune aveva visto il proliferare di serie continue e sempre più corpose di registri di deliberazioni dei consigli comunali: consilia, reformantiae, reformationes, provisiones, e via dicendo. Alle scritture chiuse e compiute dei libri statutari si erano così affiancate le registrazioni correnti delle sessioni dei consigli del comune, che quotidianamente ne verbalizzavano le discussioni e i provvedimenti. I consigli comunali, infatti, tenevano regolari sessioni con ritmo quotidiano e ricorrevano a forme ordinate di verbalizzazione delle discussioni e dei provvedimenti. In alcuni comuni gli atti consiliari mantengono in maniera integra i tre momenti fondamentali della procedura: la proposta di delibera; la discussione; infine l’esito della delibera proposta.
L’età comunale matura • Comune • Registri delle delibere consigliari In altri, come per esempio nei registri di deliberazioni dei consigli veneziani – Maggior consiglio, Senato, Consiglio dei dieci – non rimane traccia della discussione, anche se vengono verbalizzate pure le deliberazioni respinte. In tali registri le parti riportano in testa l’indicazione dei proponenti e in fine i voti riportati. Se prese, le deliberazioni sono precedute da formula di approvazione – capta – e da croce di approvazione. Il testo della deliberazione si compone generalmente di tre sezioni: un proemio o arringa, nel quale vengono esposti le ragioni e i presupposti della deliberazione; il dispositivo, introdotto dalla formula vadit pars o capta fuit pars (più tardi anderà parte); la sanzione, che stabilisce la pena ai trasgressori e i magistrati incaricati di darne esecuzione. Tale struttura viene meno nei provvedimenti esecutivi che, di contro, esordiscono immediatamente con il testo dispositivo.
L’età comunale matura • Comune • Registri delle delibere consigliari Come è stato osservato, queste scritture hanno subito mutilazioni archivistiche particolarmente gravi: delle serie continue inaugurate alla metà del Duecento in quasi tutti i comuni rimangono in genere pochi libri o quaderni fino al tardo Trecento o al Quattrocento. Il caso di Firenze, oltre a quello veneziano, costituisce una delle poche eccezioni fortunate, con registri risalenti con buona continuità agli anni ottanta del secolo XIII e, soprattutto, con una varietà di serie distinte che registravano le fasi principali della procedura consiliare: le bozze dei testi proposti ai consigli; il processo verbale delle sedute, con la proposta di delibera e la discussione nei consigli; l’esito delle votazioni, comprese le bocciature dei provvedimenti; e i testi in mundum delle provvisioni. Quanto ai contenuti, va sottolineata l’estrema varietà delle materie trattate. Prevalevano, in forma spesso disordinata, le questioni più disparate: dalle maggiori decisioni politiche relative alle occorrenze ordinarie dell’amministrazione, alle deroghe generali; dalle questioni più importanti di politica economica o estera, ai provvedimenti ad personam che in genere accoglievano petizioni presentate ai consigli.
L’età comunale matura • Comune • Uffici e magistrature giudiziarie Riscontrati ovunque una progressiva articolazione delle magistrature giudicanti e di polizia, che avevano affiancato e in alcuni casi sostituito il podestà e il capitano del popolo nell’esercizio del potere giudiziario e un graduale passaggio da procedimenti fondati sull’accusa a quelli fondati sulla pubblica inquisitio. • Scritture giudiziarie
L’età comunale matura • Comune • Uffici e magistrature giudiziarie • Scritture giudiziarie In tale ambito, il panorama scritturale appare molto variegato: se i due fondamentali procedimenti, l’accusatorio e l’inquisitorio, davano luogo a forme diverse di registrazione, ogni città aveva poi, come detto, i suoi uffici, sue consuetudini procedurali, sue forme di registrazione e archiviazione dei documenti. Il risultato è l’ampia gamma di scritture giudiziarie prodotte dal comune e dai suoi apparati di giustizia: registri dei podestà e dei capitani del popolo, per lungo tempo le massime autorità giudicanti, specie in materia di giustizia criminale; registri delle magistrature di giustizia, con competenze specifiche sia in materia civile che penale; e, per ogni singolo collegio giudicante, registri diversi per ciascuna delle fasi procedurali in cui era scandito il processo. La tendenza, infatti, era stata quella di registrare gli atti di giurisdizione e di sistemare archivisticamente le scritture così prodotte per tipologie documentarie distinte per fasi successive del procedimento giudiziario: e dunque serie di accuse e denunce, libri delle liti, registri delle testimonianze, serie delle sentenze e dei bandi.
L’età comunale matura • Comune • Uffici finanziari Anche in materia di finanze, il comune maturo aveva conosciuto una importante innovazione, con ricadute sensibili in termini di scritture e loro conservazione: vale a dire l’attribuzione a speciali uffici di alcuni settori della spesa pubblica, segnatamente l’approvvigionamento alimentare, la mercanzia, le opere pubbliche, l’amministrazione dei beni patrimoniali e demaniali. • Scritture finanziarie e contabili
L’età comunale matura • Comune • Uffici finanziari • Scritture finanziarie e contabili Maggiore articolazione delle fonti attestanti i movimenti di cassa: non solo dunque registri di entrata e uscita, ma anche registri di cassa giornalieri, scritture diverse di bilancio, quaderni ausiliari per singoli capitoli di entrata o spesa, minutari di varia natura. Queste fonti si presentano per lo più nella forma di quaderni e registri correnti: libri di entrata e uscita, ruoli di imposta, catasti, registri di gabelle, appalti delle imposte indirette etc. La parte preponderante è costituita dai libri di entrata e uscita, tenuti dai tesoriere del comune, i camerarii, o camerlenghi: dovunque questi registri si presentano con una sezione dedicata alle entrate comunali, molto sintetica, organizzata su pochi cespiti globali (imposte dirette; appalti delle imposte indirette; prestiti; multe e condanne); e una sezione intestata alle spese, coprente invece uno spazio molto più esteso, trattandosi di registrazioni quotidiane e dall’andamento analitico e minuto, che non prevedevano accorpamenti per i diversi capitoli di spesa.
L’età comunale matura • Comune • Uffici dei deputati all’estimo Estimo = sistema di accertamento e di valutazione dei patrimoni dei cives, introdotto sin dal pieno Duecento, che permetteva al comune di conoscere la forza contributiva di ciascuno e di imporre tassazioni dirette commisurate al capitale imponibile di ogni singolo contribuente. L’estimo aveva come punto di partenza la definizione del fabbisogno finanziario straordinario del comune; per questo finanziamento straordinario, ove non si potesse ricorrere a prestiti volontari, si disponeva una imposta diretta a fondo perduto oppure un prestito obbligatorio. • Scritture d’estimo
L’età comunale matura • Comune • Uffici dei deputati all’estimo • Scritture d’estimo Contengono ampie serie di catasti, definiti come registri d’estimo o della lira, e altre scritture ausiliari; e accanto a queste, l’insieme, spesso debordante, delle dichiarazione dei contribuenti, redatte su fogli cartacei sciolti e raccolte e conservate per tornata d’estimo e toponimo di residenza dei contribuenti. Pur presentando tutte discontinuità cronologica, derivante dal carattere straordinario, non annuale, dell’imposta diretta (mentre le imposte indirette avevano andamento annuale), le varie tipologie documentarie legate agli estimi sono tra le più copiose prodotte dai comuni, distinte in serie diverse che vanno appunto dalle dichiarazioni dei contribuenti, ai registri d’imputazione delle quote d’estimo, agli inventari delle quote riscosse e così via.
L’età moderna • In età moderna, come noto, si assiste, dal punto di vista politico-istituzionale, ad una evoluzione verso gli stati territoriali, imperniati su poche città preminenti: Venezia, Milano, Firenze, Roma, Napoli e dunque ad una semplificazione della carta politica d’Italia. • L’esito di tale semplificazione, dal punto di vista delle tradizioni documentarie e archivistiche, era stato variegato e complesso. Un dato, tuttavia, era rimasto più di altri invariato, vale a dire l’espansione e sempre maggiore differenziazione della documentazione comunale. Non a caso, gli archivi storici dei comuni di età moderna, sia di quelli subordinati sia delle città capitali, conservano una massa talora ingovernabile di registri, di fronte alla quale il lavoro degli archivisti (e degli storici delle istituzioni) diviene sempre più importante ed essenziale.
L’età moderna • L’età moderna vede la piena affermazione delle scritture pubbliche, di governo, e un prorompere perentorio di scritture amministrative. • Sempre più variegate e tipologicamente articolate si fanno le scritture aperte, a tenuta corrente, ossia le carte in cui si tiene regolarmente conto della quotidiana attività di governo, in parte già passate in rassegna: scritture deliberative; giudiziarie (bandi, testimonianze, sentenze, fascicoli processuali); finanziarie e fiscali; libri di nomina degli ufficiali centrali e periferici; scritture diplomatiche (carteggi, dispacci, relazioni etc.). • L’articolazione documentaria di queste scritture disegna un quadro geograficamente e tipologicamente mosso, rendendo difficile tracciarne una sintesi; anche perché la già vasta gamma di serie documentarie evolve in modelli sempre più articolati e complessi. • Inoltre si assiste in questo periodo a due fenomeni che incidono anch’essi nei modi di produzione e conservazione delle carte: da un parte, un processo di graduale definizione delle competenze e del ruolo delle cancellerie, capace di meglio organizzare e uniformare le scritture amministrative; dall’altra una sempre maggiore definizione del ruolo e dei compiti dell’archivio comunale e degli ufficiali addetti alla conservazione e gestione del suo ampio patrimonio documentario.
L’età moderna • Sul piano delle scelte scritturali, infatti, i comuni erano andati progressivamente distaccandosi dal modello documentario imperniato sul ruolo dei notai provvisti di publica fides, che aveva dominato nelle città per tutta l’età medievale, passando via via a modalità che si possono senz’altro definire “cancelleresche” di scrittura. In età moderna, la produzione di scrittura comunale era stata così demandata ad un apposito ufficio, che produceva direttamente documenti aventi di per sé efficacia e riconoscibili per un formulario specifico e per specifiche modalità di convalidazione (mediante sigillo). • Assieme a quelli della cancelleria, erano stati ulteriormente definiti profilo e competenze dell’archivio comunale; in particolare gli statuti ci offrono indicazioni particolareggiate sulla natura documentaria delle serie archivistiche comunali e sulle loro modalità di gestione e di trattamento archivistico. L’archivio doveva svolgere la funzione di conservazione e concentrazione delle molteplici scritture prodotte dall’amministrazione comunale. Le diverse serie andavano tenute distinte e ognuna doveva essere sistemata in ordine cronologico e collocata in armadi chiusi a chiave. Da allora, in particolare alcune serie, di più immediato interesse amministrativo per il comune (per es. quelle fiscali), erano state oggetto di periodici revisioni e ordinamenti, con redazioni di appositi catastici-inventari.
L’età moderna • Venendo alle strutture di un archivio di un comune preunitario, appare immediatamente evidente come si tratti di un albero complesso, che non si riduce pressoché mai al binomio comune – serie/sottoserie documentarie, ma presenta piuttosto tra l’ente produttore e le sue tipologie scritturali una serie di livelli intermedi, in particolare sottoperiodizzazioni corrispondenti a determinati ordinamenti politico-istituzionali (signorie, età repubblicana etc.), e raggruppamenti per ufficio-ente di produzione di tali serie-sottoserie. • Peculiare risulta in particolare l’ordinamento interno per magistrature di produzione delle carte. Tali magistrature comunali possono avere subito nel tempo evoluzioni istituzionali anche importanti, che hanno comportato soppressioni, accorpamenti, cambi di denominazione; tuttavia, quand’anche una magistratura avesse cambiato denominazione e assunto o perso delle funzioni, non aveva più di tanto alterato la struttura del proprio archivio. Dal punto di vista delle carte e della loro conservazione, tali passaggi istituzionali non erano mai risultati del tutto netti o definitivi; così, per esempio, quando una magistratura veniva soppressa, l’archivio di quella subentrante si innestava più spesso sul precedente senza apparente soluzione di continuità. • Nemmeno l’assoggettamento di un comune in comuni più potenti o in uno stato signorile o regionale, con conseguente trasformazione dell’ente in un organo locale dello stato territoriale, aveva comportato grosse fratture nelle dinamiche sin qui illustrate di produzione e conservazione delle carte.
L’età moderna • Se la struttura per magistrature rimane la più diffusa – secondo i criteri di ordinamento più propri del metodo storico –, non mancano tuttavia archivi comunali ordinati secondo criteri differenti: per materia, per tipi di atti, o secondo criteri misti. Un caso davvero esemplare di ordinamento per materia è per esempio il fondo “Atti di governo” conservato in Archivio di Stato di Milano, nel quale sono stati fusi e riordinati per materia documenti degli archivi del periodo comunale, ducale, napoleonico e della restaurazione. Si possono, infine, trovare dei criteri misti di ordinamento, specie per complessi archivistici nei quali si è sedimentata nel tempo una struttura variamente articolata, non più rispondente alle singole istituzioni che hanno prodotto le carte in essi confluite. • In sostanza, appare evidente come la complessità e la varietà delle istituzioni pubbliche preunitarie si sia riflettuta negli archivi conservati, che presentano, infatti, una tipologia ricca e fortemente differenziata in relazione alle forme di governo sviluppatesi nelle diverse aree storico-politiche. Emergono poi, in diversi casi, gravi lacune prodotte da guerre e calamità, ma anche da scarti inopportuni e dall’incuria; con situazioni spesso tutt’altro che confortanti anche per quel che attiene agli ordinamenti e alla compilazione degli inventari. • Da ultimo, preme ricordare come gli archivi comunali solo in piccola parte siano depositati negli Archivi di Stato, essendo per lo più istituzionalmente conservati presso i comuni stessi.
Archivi comunali: ordinamento e inventariazione • L’ordinamento di un archivio comunale pone molti problemi. L’ordinamento richiede in primo luogo l’identificazione delle serie archivistiche prodotte dalle magistrature e dagli organi comunali; comporta inoltre uno studio approfondito dell’ente e della sua articolazione interna. • In caso di archivi disordinati, l’ordine da restituire è quello dato originariamente dall’ente produttore. Nel tempo quest’ordine può aver subito modifiche in conseguenza di motivi diversi; l’archivista deve ricostruire, e se possibile ripristinare, l’ordine originario, ristabilire le connessioni interne, recuperare la struttura originaria dell’archivio e la sua articolazione, dando conto di eventuali fusioni, smembramenti, accorpamenti, anche arbitrari, e individuando le scritture di provenienza diversa. Tale metodo, conosciuto come metodo storico, si fonda sul principio di provenienza del documento, e mira a ricostruire un sistema quale si è dato storicamente, tendendo a cogliere e ad evidenziare tutti i nessi significativi tra le serie di uno stesso archivio. • La compilazione di censimenti e inventari risponde all’esigenza di predisporre degli strumenti adatti per consentire la ricerca nei fondi archivistici. Tra questi, le guide e i censimenti consentono un primo approccio con la documentazione, individuandone le strutture e dando conto delle consistenze; gli inventari, invece, forniscono un prospetto generale dell’archivio con una descrizione, analitica o sommaria, delle unità che lo compongono.
Archivi comunali: ordinamento e inventariazione • Caso dell’archivio storico del comune di Treviso: caso esemplare di un archivio disordinato e privo di strumenti di corredo adeguati. Tale archivio, disperso in più sedi e già fortemente compromesso nella sua integrità dagli eventi bellici, è stato depositato in Archivio di Stato nel 1974. Solo alla fine degli anni ’90 del secolo scorso si è potuti procedere, nell’ambito di un progetto nazionale denominato “Anagrafe degli Archivi di Stato Italiani”, ad un censimento sistematico della documentazione depositata, secondo i criteri appena illustrati di individuazione delle provenienze originarie di documenti, carte e registri e dei vincoli e connessioni interne alle strutture d’archivio. • L’estremo disordine in cui versava il fondo, l’incuria a cui per anni era stato condannato, la mancanza di strumenti di corredo hanno reso particolarmente difficile un’accurata e precisa individuazione dei fondi e delle serie. È stato tuttavia possibile riconoscere all’interno del disordinato complesso documentario alcuni fondi riferibili ad uffici operanti all’epoca, e contestualmente alcune serie archivistiche ad essi riconducibili. Per ciascun fondo si sono dati, oltre alla consistenza e agli estremi cronologici, un prospetto delle diverse tipologie documentarie a ciascuno afferenti.
Archivi comunali: ordinamento e inventariazione • Ne è risultato in larga misura l’archivio comunale di età veneziana: un comune retto da un podestà nominato direttamente dalla dominante in qualità di suo rappresentante; e ad esso subordinati, i diversi consigli e magistrature cittadini. Tra questi i Consigli maggiore e minore e la Provvederia, depositari dei poteri legislativi (ovviamente nella misura consentita dalla dominante), esecutivi e in parte giudiziari. Poi gli uffici propriamente giudiziari, costituiti dalle Curie maggiore e minore, per la materia civile, e dal Maleficio per quella criminale. Alle opere pubbliche, alle strade, ai corsi d’acqua sovrintendevano l’Ufficio del piovego e quello alle acque; alle questioni inerenti la salute pubblica vegliavano i Provveditori alla sanità. Della conservazione e registrazione dei documenti prodotti dai diversi uffici erano competenti la Cancelleria nova, la Cancelleria di comun e l’Ordinario di cancelleria pretoria. Degli estimi erano incaricati i Deputati all’estimo, del controllo e censimento dei raccolti gli Ufficiali alle biade, di specifiche funzioni amministrative e giudiziarie l’Ufficio del sigillo e l’Ufficio summari. • Va tuttavia segnalato come parte della documentazione di epoca più antica si trovi, a causa di vicissitudini diverse, conservata altrove: nella Biblioteca civica sono raccolti la maggioranza degli statuti trevigiani; presso l’Archivio del Capitolo si trova gran parte del materiale di pertinenza del comune medievale, fra cui le serie «Ducali ai podestà di Treviso» (1261-1697), gli «Actorum potestatis» (1339-1452) e le «Reformationes» (1314 - 1337).
Archivi comunali: ordinamento e inventariazione • Negli stessi anni si è proceduto, nell’ambito di un progetto specifico co-finanziato dall’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, all’ordinamento e inventariazione di uno dei fondi più consultati, ma anche tra i più disordinati, dell’archivio comunale, vale a dire il fondo “Estimi”. L’intero fondo, infatti, anch’esso rimaneggiato dalla guerra, era stato depositato in Archivio di Stato sempre nel 1974 raccolto alla rinfusa in sacchi e grossi pacchi, per un totale di centinaia di pezzi e migliaia di polizze, o dichiarazioni d’estimo, sciolte. • Si è così proceduti innanzitutto al riordino fisico delle carte e all’individuazione delle serie archivistiche, tenuto conto dei processi originari di produzione e conservazione dei documenti e previo studio degli uffici che avevano redatto quelle scritture nello svolgimento della loro attività. Tali operazioni sono state precedute e accompagnate da una ricostruzione storica delle vicende fiscali che avevano interessato il comune trevigiano e delle istituzioni cui era stata demandata la realizzazione degli estimi, a partire dallo studio della normativa elaborata dai governi centrali e periferici in materia di imposte dirette e delle disposizioni impartite agli uffici fiscali del comune, al fine di ricostruire l’iter delle pratiche e le tipologie di scritture approntate per tali finalità.
Archivi comunali: ordinamento e inventariazione • Per ricomporre la complessità strutturale del fondo, infatti, bisognava per forza partire, come si è fatto, dallo studio dell’istituzione: anche perché un archivio va sempre analizzato sia in relazione ai modi in cui si è formato, sedimentato e trasformato nei secoli, seguendo cioè la sua vicenda diacronica, sia nel suo rapporto sincronico con la o le istituzioni che l’hanno prodotto. • Malgrado le difficoltà di un fondo profondamente scompaginato, in cui erano andati in larga misura persi gli stessi vincoli fra le serie documentarie, alla fine è stato tuttavia possibile recuperarne l’ordine originario, ricomponendolo nelle sue strutture primitive. Particolarmente complesse sono state le operazioni di riconfigurazione delle migliaia di polizze conservate sparse all’interno del fondo: in tal caso, per risalire alle strutture primitive, ci si è avvalsi, oltre che di una preliminare e rigorosa ricostruzione storica delle vicende estimali trevigiane, della normativa prodotta dagli uffici competenti e degli inventari antichi – rari, ma non del tutto assenti –, di una attenta analisi delle segnature archivistiche, delle note tergali e di cancelleria, delle date estreme e delle date topiche presenti in ciascuna polizza, recuperando alla fine l’ordinamento originario per successive tornate d’estimo e, in subordine, per toponimo di residenza dei contribuenti.
Bibliografia essenziale • Atlante della documentazione comunale (secoli XII-XIV), http://scrineum.unipv.it/atlante/ • P. Carocci, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma 1983. • A. Bartoli Langeli, La documentazionedeglistatiitalianineisecoli XIII-XV: forme, organizzazione e personale, in Culture et idéologie dans la genèse de l’état moderne, Actes de la table ronde organisée par le Centre National de la Recherche Scientifique et l’École française de Rome (Rome, 15-17 octobre 1984), Rome 1985, pp. 35-55. • A. BartoliLangeli, Le fonti per la storia di un comune, in Società e istituzioni dell’Italia comunale: l’esempio di Perugia (secoli XII-XIV), Congresso storico internazionale (Perugia 6-9 novembre 1985), Perugia 1988, I, pp. 5-21. • A. Rovere, I “libri iurium” dell’Italia comunale, in Civiltà comunale. Libro, Scrittura, Documento, Atti del Convegno, Genova, 8-11 novembre 1988, «Atti della Società Ligure di Storia Patria», n.s., XXIX/2, (1989), pp. 157-199. • P. Cammarosano, Italia medievale. Struttura e geografia delle fonti scritte, Roma 1991, pp. 113-203. • Le scritture del comune. Amministrazione e memoria nella città dei secoli XII e XIII, a cura di G. Albini, Torino 1998. • L. Baietto, Scrittura e politica. Il sistema documentario dei comuni piemontesi nella prima metà del secolo XIII, Parte I-II, «Bollettino storico-bibliografico subalpino», XCVIII/1-2 (2000), pp. 105-165, 473- 528. • G. Bonfiglio-Dosio, La politica archivistica del Comune di Padova dal XIII al XIX secolo, Roma 2002. • M. Sbarbaro, Le delibere dei Consigli dei Comuni cittadini italiani (secoli XIII-XIV), Roma 2005. • G. Milani, I comuni italiani, Bari-Roma 2005. • Gli estimi della podesteria di Treviso, a cura di F. CavazzanaRomanelli - E. Orlando, Roma 2006.