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I raggi cosmici: una storia affascinante. Prof. Pietro Dalpiaz Università di Ferrara e INFN. Vedi: Alla ricerca dell’uno. Robert P. Crease e Charles C. Mann, Ed. Arnoldo Mondadori 1986, pg.191 -The Particle Explosion. F.Close, M.Marten and C.Sutton. Oxford University Press (New York)1987.
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I raggi cosmici: una storia affascinante. Prof. Pietro Dalpiaz Università di Ferrara e INFN Vedi: Alla ricerca dell’uno. Robert P. Crease e Charles C. Mann, Ed. Arnoldo Mondadori 1986, pg.191 -The Particle Explosion. F.Close, M.Marten and C.Sutton. Oxford University Press (New York)1987
-1896 H.Becquerel, conservatore come suo padre e suo nonno di un museo delle pietre luminescenti a Parigi si entusiasmò della scoper- ta dei raggi X (che allora venivano rivelati con lastre fotografiche) e volle provare se venivano emessi dalle sue pietre. Espose al sole un mine- rale chiamato uranile, solfato doppio di U e K, e trovò che oltre alla luce il minerale eccitato impri- meva un la lastra fotografica. In un periodo sen- za sole depose casualmente un pezzo di uranile sopra una chiave ed unalastra fotografica ben incartata in un cassetto. Espose poi il minerale al sole e finalmente svilup- pò la lastra e trovò la macchia del minerale con dentro la forma della chiave. Comprese che il minerale da solo emanava una ra- diazione nuova più penetrante dei raggi X e che nulla aveva a che fare con la luminescenza, era la Radioattività. Immediatamente molti scienziati si dedicarono a studiare la radioat- tività Marie Sklodowska Curie separò chimicamente gli elementi dell’uranile ed ha scoperto che l’uranio metallico era 5 volte meno attivo del uranile. Quindi cercò qualche altra sostanza che giustificas- se il fatto, così scopri un altra sostanza attiva con proprietà simili al Bismuto che chiamò Polonio, ed un’altra simile al Bario ~ 2.000.000 di volte più attiva dell’Uranio, il Radio. Molte altre sostanze radioat- tive sono state scoperte in seguito. Questi fatti suscitarono un grande entusiasmo per le ricerche sulla Radioattività che rapidamente provocarono grandi scoperte.
La radioattività veniva rivelata con lastre fotografiche. In seguito si scopri che rendeva leggermente conduttiva l’aria e ciò provocava la scarica degli elettro- scopi e questo divenne un nuovo metodo di rivelazione della radioattività. Elettroscopio di Wulf Nel 1909 il gesuita Theodor Wulf insegnante di fisica nel Liceo dei Gesuiti di Valkenburg (Olanda) inventa un nuovo tipo di elettroscopio, così sensibile, da essere adottato dagli scienziati di tutto il mondo i quali si resero conto che ovunque fosse posto perdeva la carica anche senza sorgenti radioattive evidenti. Fu una ricerca affannosa nei luoghi più disparati. Lo stesso Wulf lo portò con se in un viaggio in Germania e sulle Alpi Svizzere. La sfortunata spedizione del Capitano Scott in Antartide del 1911 comprendeva un meteorologo che effettuò misure con elettroscopio di Wulf in Oceano ed in Antartide. La scarica residua si manifestò dappertut- to, in misura diversa, e gli scienziati conclusero che dove- va essere causata dal debole fondo di radioattività presente nella crosta terrestre.
-1910 il 30 marzo, in una fredda giornata parigina, padre Wulf aprì la porta dell’ascensore sulla cima della Torre Eiffell e trascinò le apparecchiature sulla piattaforma e a 300m di altezza sopra la piazza di Champ de Mars trascorse l’intera giornata a misurare la conducibilità dell’aria. I risultati ottenuti lo lasciarono stupefatto. Wulf sapeva che le centinaia di metri di aria che lo separavano dal suolo avrebbero assorbito quasi per intero le emissioni radioattive della Terra e che la torre era quasi esente da radioattività. Ma per l’intero periodo di quattro giorni da lui trascorsi lassù, l’elettroscopio continuava a scaricarsi, quasi come a terra, solo un poco meno. Qualcosa stava causando quella perdita ma quel qualcosa non era nella torre, ne nel suolo ne nell’elettroscopio stesso. In agosto Wulf giunse alla conclusione che o doveva esserci un’altra sorgente di emissioni radioattive nelle parti superiori dell’atmosfera oppure che l’assorbimento della radioattività da parte dell’aria è sostanzialmente più debole di quanto supposto fino ad allora. Le osservazioni del gesuita suscitarono un grande interesse in Victor Hess, che da poco era entrato a far parte dell’istituto per la ricerca sul Radio fondato poco tempo prima a Vienna. Come molti altri fra i primi studiosi della radioattività, Hess non prese molte precauzioni nel manipolare il radio, perdendo infine il pollice in conseguenza delle ustioni da radiazione. Dopo avere effettuato dei i controlli per accertare se l’aria non potesse avere assorbito la radiazione proveniente dal suolo prima che raggingesse la cima della torre Eiffel, Hess cominciò a credere che negli esperimenti di Wulf ci fosse la presenza di una sorgente di ionizzazione non nota. Uomo tenace e ostinato, Hess decise che l’unico modo buono per verificare i risultati di Wulf fosse quello di fare misure ancora più lontane dal suolo. In quelli anni significava l’uso di palloni aerostatici, un procedimento assai pericoloso.
1911-1913 Hess in quelli anni compie 10 ascensioni. Nei primi 8 voli trova che l’aria è sempre ionizzata anche se un poco meno che a terra, ma mol- to di più di ciò che corrisponderebbe se fosse dovuta alla radioattività del- la crosta terrestre attenuata dallo strato di aria. All’alba del 7 agosto 1912 inizia il IX volo staccandosi dal suolo a Praga, con il suo pallone rosso e arancione atterrando 6 ore dopo vicino a Berlino, a 29 anni Hess aveva scoperto qualcosa di importante. Hess atterra in un pascolo vicino Berlino il 7 Agosto 1912 Victor Hess A 4500m di altitudine l’elettroscopio si scaricava a velocità doppia che a livello del suolo. Hess giunse alla sconvolgente conclusione che raggi con alto potere di penetrazione, entrano nella nostra atmosfera dall’’alto. Dapprima suppose che raggi pro- venissero dal Sole, ma nei voli notturni si osserva lo stesso feno- meno, per cui gli fu chiaro che provenivano dallo spazio esterno. Le idee di Hess furono accolte con derisione. L’idea che raggi interstellari capaci di attraversare centimetri di materiale bombardassero di continuo la Terra, sembravano inconcepibili.l
Qualcuno suggerì che la bassa pressione atmosferica delle grandi altitudini avesse confuso gli stru- menti di Hess; che effetti elettrici propri delle alte quote (ovviamente sconosciuti) avessero messo fuori uso l’elettroscopio; che cioè Hess fosse un incompetente. Mentre Wulf lavorava a migliorare i suoi elettroscopi, il tedesco Werner Kolhörster fece cinque voli, in pallone, culminati con una ascesa interminabile oltre i 9000m, leggermente più in alto della vetta dell’Everest, il 28 Giugno del 1914. Egli trovò che a quella quotail livello di ionizzazione era dodici volte maggiore che a livello del mare. Hess aveva ragione!!! Purtroppo lo stesso giorno in cui Kolhörster portò I suoi elettroscopi ad altezze record, a Serajevo fu assassinato l’erede al trono d’Austria e Ungheria, e questo delitto mise in moto una catena di eventi che portò alla guerra con vertiginosa velocità, in tutta Europa. Le ascensioni in pallone cessarono; i laboratori in montagna furono abbandonati; e tutte le ricerche sulla strana radiazione proveniente dall’alto cessarono, mentre la civiltà occi- dentale rivolse la sua attenzione all’autodistruzione. Ebbe inizio così la storia di quelli che in seguito sarebbero stati chiamati raggi cosmici, una potente radiazione che investe il nostro pianeta dallo spazio e che gli scienziati stanno cominciando a capire solo oggi. La storia dei raggi cosmici è una storia a se; iniziata in modo quasi casuale, e persino banale, per cercare di capire la ragione della scarica in laboratorio degli elettroscopi. La fisica dei raggi cosmici crebbe fino a diventa- re una disciplina a se e trasversale a molti interessi di fisica, popolata di personaggi av- venturosi che non avevano la voglia di chiudersi in laboratorio. I raggi cosmici fornirono materiale per la verifica della teoria della relatività ristretta, per la scoperta dell’antimate- ria, delle importanti particelle contenenti quark strani, per le oscillazioni dei neutrini e stimolarono la creazione di tecnologie quali il circuito AND e l’elettronica digitale sulla quale si basano i moderni calcolatori. Qualcuno scrisse:“Quest’argomento è unico nella fisica moderna per la piccola scala dei fenomeni, la delicatezza delle osservazioni, le avventurose escursioni degli osservatori, la sottigliezza dell’analisi e la grande portata delle inferenze.”
E si potrebbe anche aggiungere: per la profondità della confusione che qualche volta si è creata. Spesso si ebbero idee giuste per ragioni sbagliate, idee sbagliate per ragioni giuste: le conclusioni scientifiche furono spesso plasmate da casi fortuiti, ostilità preconcette e ideologiche più che dalla dedizione logica. Dopo la guerra, “fatta per mettere fine a tutte le guerre”, quando riprese lo studio dei raggi cosmici la maggior parte delle sfortune si accanirono su un nuovo venuto in questo campo, Robert A. Millikan il più famoso scienziato americano del tempo che aveva dimostrato la quantizzazione della carica elettrica, risultato per il quale vinse il premio Nobel per la fisica (nel 1923). Secondo americano a vincere il premio. Millikan figlio di un pastore congregazionalista, deriva gran parte della sua celebrità dall’impegno con cui tentò di esercitare una mediazione tra la religione e i risultati ottenuti dalla scienza, in un periodo in cui il conflitto tra religione e scienza sembrava insanabile. Millikan fu uno scienziato profondamente cristiano nel periodo in cui gli Stati Uniti furono travagliati dal Proibizionismo, dal Ku Kluz Klan e da processo Scopes (la proibizione i insegnare le teorie evoluzionistiche in particolare le idee di Darwin). Millikan credeva che la religione senza scienza avesse prodotto “dogmatismo, bigotteria e persecuzione”, ma sosteneva anche che la scienza era meno importante di “una fede nella realtà di valori morali e spirituali”. Queste affermazioni erano graditissime alle colonne dell’ordine sociale; il New York Times, per esempio, affermò che la posizione morale di Millikan era “persino più significativa” della sua fisica. Uomo rigido, alieno ad ogni compromesso, Millikan era privo di una qualità indispen- sabile per uno scienziato, quella del dubbio; egli trattava le idee come dogmi di una fede religiosa. Gli errori causati dal suo dogmatismo furono ingranditi da suo genio per la pubblicità, che lo faceva sempre circondare da un nugolo di giornalisti. Robert Millikan (lancia palloni)
Nel 1914 Millikan aveva letto gli articoli di Hess e Kolhöster e decise di dare un occhiata alla radiazione penetrante. Ritenendo che i voli con equipaggio umani non potessero raggiungere altitudini sufficienti , cominciò a sviluppare elettroscopi di Wulf estremamen-te leggeri, con un apparecchiatura di registrazione automatica, per palloni senza equipaggio. La ricerca fu bloccata dall’entrata in guerra degli USA; alla fine del conflitto, però, Millikan e un suo allievo costruiscono un complesso di minuscoli strumenti del peso di 200gr per la misura della temperatura e della pressione, uno spettroscopio di Wulf e una macchina fotografica per registrare i dati. Nella primavera del 1922, Millikan fece salire le sue apparecchiature dalla base dell’Aviazione di Kelly a San Antonio nel Texas, un pallone si alzò fino 15.000m. Millikan trovò che il ritmo di scarica era molto più basso di quello osservato dagli europei. Concluse che aveva una prova certa che una radiazione cosmica penetrante non esisteva. In un altro esperimento in cima del Pike’s Peak, nel gelo di 4300m, sul livello del mare, produsse risultati simili I dati di Millikan erano esatti, ma le sue conclusioni furono sbagliate. Come si scoprì in seguito i raggi cosmici non sono distribuiti in modo uniforme sulla superficie terrestre. Per puro caso, Millikan condusse i suoi esperimenti in regioni degli Stati Uniti occidentali con livelli di raggi cosmici anormalmente bassi, e ne concluse scorrettamente che gli europei avessero compiuto misurazioni erronee. Hess sostenne che i dati Kolhöstner erano più degni di fede di quelli Millikan, mentre Kolhöstner eseguì altri esperimenti su ghiacciai alpini per confermare i suoi risultati.
Millikan, che non era tipo da tollerare nemmeno il sospetto di un errore, compì una terza ricerca nel 1925. I raggi cosmici se esistevano, dovevano essere raggi gamma provenien- ti dalle stelle. Millikan sapeva che un raggio gamma capace di attraversare, per esempio, un metro d’acqua prima di essere assorbito, sarebbe stato capace di attraversare 1116m di aria, poiché l’acqua è appunto 1116 volte più densa dell’aria. Nell’agosto di quell’anno egli portò le sue apparecchiature in due laghi montani profondi della catena del San Bernardino in California: il Muir a 3600m, sotto la vetta del monte Whitney e il lago Arrowhaed 500km più sud ma a 1600m di altitudine,e trovò come si aspettava di trovare la stessa intensità di radiazione in riva al lago Arrowhead che a 1.8m di profondità del lago Muir. Millikan fece allora un voltafaccia affermando di non essersi mai pronunciato realmente contro l’esistenza dei raggi cosmici. Giudicando con il senno di poi, egli era nel giusto per la ragione sbagliata, poiché i raggi cosmici nonsono raggi gamma, non si comportano come questi e non vengono assorbiti in mo- do uguale da masse di aria e di acqua. Se le apparecchiature di Millikan fossero state più sensibili, egli avrebbe scoperto i diversi livelli di assorbimento ma ancora una volta avrebbe tratto la conclusione sbagliata. Millikan ed il suo gruppo sul monte Whitney
I risultati di Millikan suscitarono grande eccitazione nel pubblico, convinsero la comunità scientifica americana e piacquero ai colleghi europei, almeno in un primo tempo, ma ben presto ebbero motivo di irritarsi, quando gli americani cominciarono a designare Millikan come scopritore dei raggi cosmici Benché fosse stato lo stesso Millikan a coniare l’espressione “raggi cosmici”, il New York Time propse di chiamarli “raggi Millikan” in onore di ”un uomo dalla personalità tanto lodevole e modesta”; talune riviste americane parlarono de “raggi M”. Ne seguì una comica polemica tra Millikan e gli studiosi europei dei raggi cosmici, su chi avesse prodotto le prime prove certe della loro esistenza. Benché la maggior parte degli scienziati americani si siamo infine resi conto che Millikan era venuto dopo, una storia dei raggi cosmici pubblicata negli USA nel 1936 descrisse Hess e soci come ”un gruppo di scienziati animati di spirito nazionalistico ma male indirizzati”. Quell’anno, quasi un quarto di secolo dopo i suoi fondamentali voli in pallone, il Premio Nobel per la fisica fu assegnato a Victor Hess, “per la scoperta della radiazione cosmica” Il contatore di Geiger consiste fondamentalmente in un tubo metallico riempito di un gas inerte (Ar) con un sottile filo metallico isolato (rosso), teso al centro lungo l’asse. Il filo è messo ad alta tensione positiva rispetto alle pareti del cilindro metallico. Quando una particella elettricamente carica passa velocemente attraverso il gas, stappa alcuni elettroni agli atomi del gas. Gli elettro- ni, di carica negativa sono accelerati verso il filo positivo e così veloci da strappare molti elettroni dal gas che a loro volta ne producono altri in una specie di cascata, che si propaga rapidamente un tutto il contatore producendo molti altri elettroni, che raccolti dal filo positivo producono uno sbalzo (impulso) notevole nella corrente, che in alcuni modelli si trasforma in un clic reso famoso da molti film (il Geiger vede male la radiazione neutra, tipo i gamma). Hans Geiger Fino al 1929 si suppose che i raggi cosmici fossero una forma più potente dei raggi gamma; Millikan, in particolare, fu tra i fautori di questa concezione. Il primo esperimento che contestò questo assunto fu compiuto da Kolhörster e da un altro fisico tedesco, Walter Bothe, che è stato iniziato alla fisica da Hans Geiger, che gli aveva fatto conoscere il nuovo strumento da lui inventato per lo studio delle radiazioni, il famoso contatore Geiger, che rappresentava un grande progresso rispetto ai vecchi rivelatori di radiazione (particelle): l’elettroscopio di Wulf e lo schermo a scintillazione di Rutherford.
+ Nella primavera del 1929 Bothe e Kolhörster usarono, per accer- tare la natura dei raggi cosmici 2 contatori Geiger uno sopra l’al- tro e contarono il numero di volte in cui i contatori registravano il segnale nello stesso istante (coincidenze). Trovarono un buon numero di coincidenze, che assicurava che i due Geiger erano stati colpiti dallo stesso raggio un numero di coincidenze tale da escludere che due raggi colpissero nello stesso intervallo di tempo i due contatori. Pensarono che le coincidenze fossero dovute ad elettroni colpiti da raggi gamma (neutri) con energia sufficiente da passare per entrambi i contatori. Per confermare le ipotesi interposero tra i due contatori ben 5 cm di Piombo, che avrebbero dovuto assorbire tutti gli elettroni e quindi eliminare le coincidenze. Contro ogni previsione ciò non avvenne a parte pochi casi dovuti a coincidenze casuali. Per Bothe e Kolhörster (BK), questo fatto suggeriva che i contatori non stesero raccogliendo elettroni rimbalzati, bensì gli stessi raggi cosmici elettricamente carichi ad alta energia, cioè capaci di attraversare indenni 5cm di piombo. Anche in Italia sono stati fatti esperimenti simili, e furono installati laboratori in alta montagna sul Monte Rosa e sulla Marmolada.
Per stringere i tempi delle coincidenze Bruno Rossi professore all’Università di Padova, ha inventato un congegno elettronico fatto di triodi in conduzione. Le griglie erano connesse attraverso un condensatore al filo positivo dei Geiger. Quando i Geiger con- ducono mandano un segnale negativo che blocca il triodo corris- pondente. Quando tutti i triodi sono bloccati c’è un chiaro impulso che è il segnale di coincidenza di tutti i Geiger, meglio diun mille- simo di secondo, è il circuito di AND. Con questo circuito ha avu- to inizio l’elettronica digitale che non solo ha dato un grande con- tributo alla ricerca di fisica, ma è alla base della tecnologia dei computers ed ovviamente alla base dell’automazione e della robotica. Attualmente si costruiscono circuiti di AND con risoluzioni temporali di ben un centesimo di miliardesimo di secondo (10psec=10-11sec). Bruno Rossi nel suo laboratorio all’Università di Padova. Trasferito negli USA fu lo scopritore dei raggi X e gamma galattici ed extragalattici. Non vinse mai il premio Nobel.
Molti specialisti dei raggi cosmici pensarono che l’esperimento B K doveva essere sbagliato: special- mente Millikan (M), il quale insisteva nell’identificare i raggi cosmici con i fotoni (gamma). Quando il codazzo dei giornalisti che lo seguiva passo a passo chiese a M se dopo tutto, i raggi cosmici non potessero essere particelle cariche, egli scattò: “Potreste paragonare altrettanto ragionevolmente un elefante a un ravanello. Ciò che avevano osservato BK, sostenne M, non erano particelle primarie dei raggi raggi cosmici, bensì particelle secondarie, particelle che erano state colpite dai raggi cos- mici. BK non riuscirono a confutare questa affermazione. Essi sapevano però che se i raggi cosmici fossero stati formati da particelle cariche, la loro traiettoria sarebbe stata modificata da un campo magnetico. Il problema era quello di trovare un magnete in grado di protendersi nello spazio in misura sufficiente a permettere ai fisici di studiare l’effetto sui raggi cosmici in arrivo. Sulla Terra non c’è ovviamente nulla di simile tranne la stessa Terra con il suo campo magnetico. Negli anni venti il norvegese Frederik Stǿrmer si era accorto che le particelle cariche emesse nei brillamenti solari sono deviate dal campo magnetico terrestre verso i poli, dove la loro tremante danza aerea crea le aurore boreali. Se i raggi cosmici erano effettivamente particelle cariche, dove- vano anche essi incanalarsi lungo le linee magnetiche e scendere in numero massimo ai poli. Nel 1927 un fisico olandese, Jacob Clay, portò con se degli elettroscopi nei suoi viaggi per mare fra l’Olanda e Giava, trovò che nell’Europa settentrionale c’era il 50% di radiazione in più che all’equato- re. M non aveva trovato alcun effetto della latitudine nel suo viaggio per mare tra gli USA e il Cile: era questa una delle ragioni per cui era convinto che i raggi cosmici fossero fotoni. Bothe tentò di ri- solvere personalmente questo disaccordo con un soggiorno nell’isola norvegese di Spitzbergen a poche centinaia di km dal Polo Nord. Egli non trovò alcun effetto. La controversia spinse alcuni scienziati europei a misurare le intensità dei raggi cosmici nelle più svariate località e alle massime altitudini. Hess e alcuni colleghi installarono elettroscopi in osserva- tori di montagna nelle Alpi. Kolhöster portò le sue apparecchiature nelle miniere di salgemma di Stassfurt. Lo sviluppo di cabine pressurizzate per palloni aerostatici consentì di salire a quote senza precedenti. Nel 1931 Auguste Piccard salì nella stratosfera portando un elettroscopio.
Quando il sole caldissimo delle alte quote surriscaldò la cabina, l’equipaggio sopravisse leccando gocce d’acqua dalle pareti. Il poeta Gabriele d’Annunzio, esaltato dal pensiero di sfidare la morte nel nome della conoscenza, pregò Piccard di portarlo con se in volo. D’Annunzio, che non perdeva occa- sione per gesti stravaganti, dichiarò che era pronto, se necessario, a farsi gettare fuori bordo come zavorra. Era molto meglio patire la nobile morte di essere gettato da un pallone, disse il Poeta, piut- tosto che morire ignominiosamente fra due lenzuola. Questi voli contribuirono ben poco tranne che al romanzo della storia. La pratica della misura casuale dell’intensità dei raggi cosmici in ambienti pittoreschi era un modo estremamente inefficiente di risol- vere la confusione sull’effetto della latitudine. Infine questi studi nell’atmosfera superiore divennero l’assurdo pretesto per una prima versione della sfida spaziale, nella quale aeronauti americani, euro- pei e sovietici si batterono con grande ardore per salire in pallone sempre più in alto nella stratosfera. Era inevitabile che si verificassero delle tragedie. Tre russi salirono all’altezza record di 21km prima che il loro pallone esplodesse ed essi precipitarono al suolo. Secondo alcune relazioni, le loro ultime parole furono:”Abbiamo studiato i raggi cosmici”. Chissà? Essi furono sepolti nelle mura del Cremlino. Nel frattempo le ricerche sui raggi cosmici si erano spostate definitivamente dall’Europa agli USA, dove M si impegnò in un’altra lotta ampliamente pubblicizzata, questa volta contro un ex allievo, Arthur Compton, che fu il III Nobel americano per avere descritto ciò che accadequando un fotone e un elettrone si urtano, fenomeno noto attualmente come effetto Compton. L’esperimento d BK aveva indotto Compton a pensare che i raggi cosmici fossero particelle cariche e come Bothe pensava che le misure dell’effetto connesso alla latitudine avrebbe risolto il problema. Nel 1930 Compton chiese al Carnegie Institute a Washington DC i fondi per condurre uno studio dei raggi cosmici su scala mondiale. Una volta ottenuto il finanziamento suddivise il mondo in 9 regioni ed inviò in ogni una di esse una diversa spedizione. A questa ricerca presero parte in tutto più di 60 fisici. Allen Carpè dell’ATT fu inviato in Alaska, dove assieme a un compagno di spedizione, scalò le pendici del monte McKinley, cadde in un crepaccio sul ghiacciaio Muldrow e morì. Le apparecchiatu- re e i dati furono recuperati e usati nella pubblicazione. Lo stesso Compton colmò tutti i vuoti imbarcandosi nel marzo 1932 in un viaggio intorno al mondo con la moglie e il figlio adolescente.
Verso la fine del 1931, anche M si rivolse al Carnegie Inst. chidendo un finanziamento per eseguire la propria serie di esperimenti. Lavorando con un giovane postdoc del Caltech, Henry V. Neher, che si imbarcò nel settembre del 1932 su una nave che partiva per il Perù. Nel ’26 M, nel suo viaggio verso le Ande, si era lasciato sfuggire l’effetto della latitudine perché subito a sud di Los Angeles c’è una zona vasta nella quale l’intensità dei r.c. cala e si stabilizza bruscamente e fu un caso che M mettesse in funzione l’elettroscopio subito dopo avere superato la zona. Per mera sfortuna, neppure Neher si rese conto della “zona” durante il suo viaggio. Egli aveva con se due elettroscopi di cui uno solo funzionava all’inizio ma anche questo cominciò a mal funzionare 48 ore dopo la partenza e lo divenne completamente poco dopo, e si rese conto che il mare era troppo agitato per potere ripararli cosa che avvenne nel porto di Mazatln, ma la “zona” critica era superata. Arrivato a Panama, Neher telegrafa che non c’era nessun effetto latitudine, notizia che M propalò su tutti i giornali. Il 14 settembre 1932 Compton annunciò che l’intensità dei raggi cosmici variava considere- volmente dall’equatore al Polo Nord. Parlando davanti a un folla di giornalisti Compton disse: “Ovviamente, se il polo nord magnetico ha un effetto sui raggi, questi devono avere una natura elettrica e non ondulatoria, come sostiene il dottor Millikan, la differenza rilevata dai miei esperimenti sarà un duro colpo per il dottor Millikan” M si rifiutò di commentare la notizia, riservando i suoi strali per il congresso annuale dell’American Association for the Advancement of Science. Tre giorni prima del suo intervento ricevette un tele- gramma da Neher: “VARIAZIONE SETTE PER CENTO VIAGGIO DI RITORNO STOP RIMASTA OCCULTA PER SISTEMA GUASTO ET NAVI DIVERSE STOP NEHER” Nel viaggio di ritorno era passato per la “zona” ma con gli elettroscopi funzionanti. Posto di fronte all’evidenze dei fatti, M con- tinuò a criticare aspramente Compton nel suo discorso. Poche ore dopo tornò alla ragione ed inviò un violento telegramma di smentita al ”New York Time” (che aveva correttamente riferito che M pro- pugnava la teoria dei fotoni) nel quale sosteneva che era in perfetto accordo con Compton. Il discor- so alla AAAS fu completamente riscritto per la pubblicazione compromettendo ancora di più la sua reputazione.
1911- C.T.R.Wilson ha inventato un rivelatore di radioattività chiamato camera a nebbia. Consiste in una camera satura di vapor d’acqua priva di polvere, abbassando rapidamente la pressione si forma una gocciolina di acqua su ogni ione prodotto, anche da quelli originati da una particella carica, che così lascia una traccia fotografabile, Misurando la densità di bollicine, che è equivalente alla misura della ionizzazione specifica rilasciata si riesce a misurare approssimativamente la massa della particella che è passata ed ha prodotto la ionizzazione ← elettroni particelle alfa (4He) →
Carl D. Anderson (un altro allievo di Millikan) a Caltech con la camera a neb- bia e l’elettromagnete.Un elettromagnete di quelle dimensioni a quei tempi era un oggetto costoso anche per grande consu- mo di corrente. Questa era una altra buo- na ragione per la quale questo di ricerche si svilupparono in paesi industrializzati. -1932 Carl D. Anderson,al Caltech con una camera a nebbia in un campo magnetico, studiando i raggi cosmici trova una traccia uguale a quella lasciata dagli elettroni ma con una curvatura opposta a quella che corrisponderebbe agli elettroni negativi. Aveva scoperto il primo esempio di antimateriaprevista da Paul A.Dirac nel 1927. Sono stati chiamati positroni,
La scoperta è stata confermato dopo due settimane da P.Blackett e G. Occhialini). Per questa misura Giuseppe Occhialini aveva introdotto una importante innovazione: il comando (trigger) elettronico. La camera nebbia era circondata da contatori Geiger e per mezzo di coincidenze inventate da Bruno Rossi e solo quando si presentava nei Geiger una configurazione ritenuta interessante scattava il comando per la fotografia. P. Blackett Questa innovazione rese la camera a nebbia uno strumento molto più potente e fu deter- minate per il premio Nobel a C.T.R.Wilson. Il laboratorio del Pic du Midi. P. Blackett G. Occhialini La coppia Elettrone- Positrone. Ovviamente il gamma che gli produce non si vede Nel 1933 sono stati trovati da P.Joliot e I.Curie, positroni nel decadimento di nuclei radioattivi artificiali. Attualmente i positroni sono utilizzati nella PET (Positron Electron Tomography) una diagnostica medica, in uso in alcuni ospedali,che è capace di mostrare il funzionamento degli organi e non solo l’anatomia come le altre diagnostiche.
Nella sezione sui raggi cosmici della Conferenza Internazio- nale di Fisica del 1934 a Londra ci furono due principali ar- gomenti di discussione, entrambi con profonde implicazioni per il futuro della fisica: 1-Cinque anni prima una collaborazione franco-sovietica aveva scoperto con una camera nebbia che in un urto dei Questo è uno sciame visto successivamente raggi avvenivano esplosioni che producevano sciami anche di 20 particelle. Questi eventi poneva- no una inquietante domanda: da dove proveniva tutta quell’energia? La domanda riguarda l’origine dei raggi cosmici. La risposta è arrivata dopo 40 anni.
2-Fu messo in evidenza che nei raggi cosmici erano presenti due componenti: -Una, chiamata molle, che veniva assorbita da piccoli spessori, facilmente identificabile con gli elettroni e positroni prodotti da interazioni secondarie dei raggi cosmici. -L’altra, chiamata dura, poteva attraversare molti centimetri di piombo senza alterarsi, era opinione generale che si trattasse di elettroni ad alta energia che non si comportavano come previsto. Dopo la conferenza di Londra C.D.Anderson e lo studente univer- sitario Seth Neddermeyer, si accinsero a smascherare la natura degli elettroni duri servendosi della stessa camera a nebbia usata per la scoperta del positrone alla quale introdussero una sottile lastra metallica con contatori Geiger sopra e sotto e facevano Anderson e Neddermayer scattare la foto solo quando una particella carica passava attraverso la lastra e per fare questo hanno usato il trigger inventato da G.Occhialini. Con la curvatura delle trac- ce provocata dal campo magnetico poteva- no determinare la carica elettrica e con la densità delle bollicine potevano determinare la massa. Passarono due anni a fotografare tracce e ad analizzarle. Anderson conclu- se che le particelle avevano le proprietà dell’elettrone ma non seguivano le normali leggi perché avevano un valore della massa strano compreso tra quella dell’elettrone e quella del protone. Nel agosto del 1936 pubblicò solo le foto ma non le conclusioni perché fu scoraggiato dal famoso fisico teori- co americano Robert Oppenheimer il quale continuava ad essere convinto che osservavano solo elettroni velocissimi con un comportamento anomalo.
Solo al di là del Pacifico, in Giappone l’articolo Anderson provocò un poco di agitazione. Infatti al famoso istituto di chimica e fisica Riken di Tokio lavorava un giovane fisico teorico Hideki Yukawa che pochi anni prima aveva proposto l’esistenza di una particella di massa intermedia di circa 300 masse dell’elettrone, che chiamo il “quanto U” che doveva essere elettricamente carico, per poter trasformare i protoni in neutroni e vice versa. Tale particella sarebbe stata necessaria per compren- dere la forza che opponendosi alla repulsione dei protoni positivi teneva insieme i nuclei atomici. A questa teoria non veniva dato alcun credito perché secondo l’opinione comune non si risolveva un problema creandone un altro, vale a dire una nuova fantomatica particella. Yukawa viste le foto di Anderson identificò le tracce con il quanto U e la discussione all’interno del Riken convinse il direttore del laboratorio Nishina a organizzare un gruppo sperimentale che tra mille difficoltà riuscì a ripetere l’esperimento di Anderson e nel 1937 avevano trovato una singola traccia per la quale stimano la massa tra 180 e 360 masse dell’elettrone. Qualche mese prima Anderson e Neddermeyer si recarono all’MTI, dove erano venuti a sapere che due sperimentatori di Harvard, J.Street ed E.C.Stevenson, avevano ripetuto il loro esperimento e trovato lo stesso risultato si apprestavano a pubblicare la scoperta della nuova particella. Costretto a muoversi, Anderson inviò prontamente un articolo al “Physical Review”, sostenendo che esistono particelle di carica unitaria ma con massa (che potrebbe avere un valore unico) maggiore di quella dell’elettrone e molto minore di quella del protone. L’articolo dei giapponesi fu ritardato dal Physical Review e ciò permise a Street e Stevenson di precedere i giapponesi sulla rivista. L’articolo di Yukawa ebbe scarsa eco in occidente ma dopo questi eventi Oppenheimer lo tirò giù dallo scaffale dove due anni prima lo aveva riposto, ed assieme a Serber, stilò una nota per il Physical Review, che rovesciando la sua posizione, sostenne anche se con qualche esitazione, che la nuova particella non solo esisteva ma era il quanto U di Yukawa che trasmetteva la forza nuclea- re. Il numero seguente della rivista conteneva un articolo di Stukelberg il quale faceva la stessa identificazione senza reticenze. Stukelberg aveva fatto anni prima la stessa proposta di Yukawa, ma non la pubblicò perché scoraggiato da W. Pauli.
Il nome di quanto U non attecchi mai e cominciarono a circolare una serie nomi: penetrone, dinatrone, elettrone pesante, partcella X, baritrone, particella di Yukawa e persino yukone. Approfittando del loro ruolo di scopritori Andersone e N. proposero “mesotone” ma intervenne con il solito piglio Milikan, che era stato il maestro di Anderson, lo convinse a chiamarlo “mesotrone” perché era giusto chiamarlo meso che in greco vuol dire medio ma doveva ricordare non solo il neutrone ma anche il protone. Il punto sulla teoria dei mesotroni fu fatto da W.Heisenberg e da H.Euler nel 1938. Essi as- serirono che i mesotroni vengono creati ad alte quote fra la radiazione cosmica incidente, ancora mis- teriosa, e le molecole dell’atmosfera. Una frazione dei mesotroni raggiungono il livello del mare for- mando la componente dura la quale interagisce con l’atmosfera producendo gli elettroni della compo- nente molle. Per alcuni anni tutti erano convinti di avere compreso cosa erano i raggi cosmici. Ma un’altra volta si sbagliava: il mesotrone non aveva nulla a che fare con le forze nucleari. Anni dopo a commento di quel periodo Oppenheimer disse che il padre eterno aveva tirato un “tiro mancino”. Il tiro mancino fu smascherate in circostanze drammatiche. Nel luglio del 1938, in Italia il governo di Mussolini emanò leggi razziali che proibivano tra le altre cose agli ebrei di detenere cariche pubbli- che come per esempio posizioni universitarie. Privato del suo lavoro di professore all’Università di Padova, Bruno Rossi, dopo non poche difficoltà ricevette da parte del suo amico Compton l’offerta di un posto all’’Università di Chicago. Bohr ruppe il tradizionale segreto che circondava il premio Nobel e comunicò a Fermi, la cui moglie era ebrea, che sarebbe stato il prossimo vincitore, per per- mettergli di lasciare l’Italia. Dopo avere ricevuto il premio a Stoccolma, Fermi si reca direttamente a New York alla Columbia University. La comunità di Fisica Italiana subì un colpo molto duro in conse- guenza della partenza di Fermi, di Rossi e di molti altri. All’approssimarsi della guerra E. Amaldi uno dei pochi professori rimasto all’Istituto di Fisica Guglielmo Marconi dell’Università di Roma ha raccol- to intorno a se i ricercatori restanti in un unico gruppo. Di tale gruppo fecero parte Marcello Conversi e Oreste Piccioni, due giovani che, con arroganza propria della gioventù, si consideravano parte integrante della “nuova generazione” di fisici abili con i geiger, le valvole elettronica e i trigger e consideravano poco, la vecchia generazione che venerava la soffiatura del vetro..
Essi conoscevano la teoria del mesotrone, e sapevano che doveva essere verificata attraverso preci- se misurazioni delle proprietà della nuova particella. Ritenendo che i precedenti tentativi di accertare la vita media del mesotrone fossero deficitarie dall’uso di apparecchiature elettroniche insufficienti. Conversi e Piccioni si dedicarono con zelo al compito di sviluppare un circuito elettronico in grado di misurare differenze di tempi dell’ordine di un decimilionesimo di sec (10-7sec). Conversi evitò l’arruo- lamento nell’esercito grazie all’ambliopia all’occhio destro, Piccioni fu arruolato ma riuscì a restare a Roma. Amaldi teneva lezione alle sei e mezza del mattino così che gli studenti sotto le armi potesse- ro assistervi prima di cominciare il servizio. Conversi e Piccioni comprarono le valvole elettroniche al mercato nero, utilizzando materiali di provenienza dubbia e lavoravano di notte ai loro circuiti, costrui- vano i più i più veloci circuiti elettronici esistenti al mondo. All’inizio lavoravano all’Università ma questa era localizzata vicino ad una stazione merci, e tutta la zona, dopo l’invasione alleata della Sicilia nel luglio del 1943, fu pesantemente bombardata e dopo che decine di bombe devastarono la sede universitaria, Conversi e Piccioni traslocarono in una cantina di un Liceo che trovandosi vicino alla Città del Vaticano aveva minori probabilità di essere bombardato. Lavorarono tra un allarme ae- reo e l’altro in una città affamata, condividendo i locali con militanti della resistenza al fascismo e alla successiva occupazione nazista di Roma, i quali gli aiutarono a recuperare materiali per gli esperi- menti. All’inizio di settembre quando gli alleati erano arrivati in Calabria, dopo la firma di resa inizia l’occupazione nazista e l’incubo di essere catturati dai tedeschi (Piccioni fu catturato una volta, ma fu riscattato dal padre di un suo amico per una certa quantità di calze di seta). Conversi e Piccioni assemblarono contatori Geiger e strati di metallo in una varietà di dis- posizioni per determinare quanta materia occorresse per arrestare un mesotrone. Subito prima della liberazione di Roma da parte degli alleati nel giugno del 1944, essi riuscirono a dimostrare che i mesotroni avevano una vita medi di circa 2.2 milionesimi di secondo. Dopo la guerra vennero a sapere che Bruno Rossi aveva fatto la stessa misura nel 1942. Con quella vita media alla velocità della luce i mesotroni possono percorrere solo 600m, essendo formati decine di km in alto, vuol dire che la deduzione della relatività ristretta della contrazione delle distanze e la dilatazione dei tempi era provata.
La vita media trovata era breve, ma almeno cento volte più lunga, di quella prevista dalla teo- ria di Yukawa per il mesotrone. Nella loro cantina, in mezzo alla città sinistrata, Conversi e Piccioni si resero conto che al quadro mancava qualcosa. Alla fine delle ostilità, a Conversi e Piccioni si unì un altro giovane, Ettore Pacini, la cui incipiente carriera in fisica era stata in- terrotta dalla necessità di uscire dall’esercito per unirsi ai gruppi partigiani del nord, I tre pro- gettarono un nuovo esperimento per studiare l’enigmatico mesotrone: Se il mesotrone era veramente la particella delle interazioni nucleari proposta da Yukawa, i mesotroni positivi e negativi avrebbero dovuto avere un compotamento diverso quando interagivano con la materia. I mesotroni positivi avrebbero dovuto essere respinti dai nu- clei positivi per via delle forze elettromagnetiche ed attratti dalle forze nucleari, poichè pe- rò l’elettromagnetismo ha un grande raggio di azione avrebbe dovuto avere la prevalenza sulle forze nucleari che hanno un raggio d’azione molto limitato, avrebbero dovuto essere respinti lontano dai nuclei e decadere con la loro vita media. D’altra parte i mesotroni ne- gativi dovevano essere attratti dai nuclei positivi interagire rapidamente e quindi non po- trebbero decadere normalmente. Usando un complesso di “lenti” magnetiche, i tre speri- mentatori, deflessero le particelle dei raggi cosmici verso un bastoncino di carbonio (car- bone) dove si arrestavano. Nel carbonio i mesotroni positivi decadevano con la solita rapi- dità come previsto, cioè normalmente, ma nello stesso modo si comportavano anche mol- ti di quelli negativi. In altri termini, i mesotroni negativi non furono assorbiti dai nuclei, ma catturati dagli atomi e posti in orbita intorno ai nuclei finchè non decadevano. I tre ricerca- tori ed anche gli altri fisici su resero conto che il mesotrone non era la particella di Yukawa. Oggi lo conosciamo con il nome di muone, non ha nulla a che fare con le forze nucleari è un parente pesante degli elettroni e dei neutrini, con i quali ha in comune il tipo di interazione cioè quella debole.
“Sul carretto, trainato a mano da Oreste Piccioni e scortato in bicicletta da Edoardo Amaldi che, il 1 luglio del 1943, attraversa il centro di Roma, diretto al liceo Virgilio in via Giulia, c'è quasi tutto quel che resta di tangibile della fisica italiana dopo tre anni di guerra. Si tratta di un apparecchiatura elet- tronica, molto sofisticata, messa a punto da Oreste Piccioni e Marcello Conversi, capace di misurare tempi dell'ordine del milionesimo di secondo, ed è l'unica che permetta di determinare la vita media dei mesotroni, particelle di natura ignota provenienti dallo spazio cosmico che attraversano per intero l'atmosfera terrestre e giungono fino alle basse quote. Così, quando la cittadella universitaria di Roma viene bombardata dagli aerei alleati, Edoardo Amaldi, l'unico tra i ragazzi di via Panisperna rimasto in Italia, decide di spostare l'apparato di Piccioni e Conversi dall'Istituto di Fisica nelle più sicure grandi aule del piano terra del liceo Virgilio. Decisione saggia, perché la scuola in effetti si dimostrò"protetta" dai bombardamenti data la sua vicinanza al Vaticano. Nei due anni di permanenza al Virgilio quell'apparato elettronico, consentirà un esperi- mento che porterà alla scoperta del muone, e all'inizio della fisica delle particelle o, meglio, delle alte energie”. Lo strumento di Conversi, Piccioni e Pancini.
L’eperimento dei tre italiani ha suscitato molte discussioni e tentativi spiegazioni compresa quella for- mulata da Robert Marshak un teorico della Cornell University che supponeva che esistessero due tipi di mesotroni con masse diverse. Uno viene prodotto nell’alta atmosfera da collisioni nucleari dei raggi cosmici con i nuclei, questa serebbe la particella di Yukawa che decade rapidamente nel mesotrone più leggero che si trova poi a livello del mare e che non ha interazioni nucleari. Nel 1945 il governo laburista inglese appena eletto istituisce al Ministero delle Risorse una commis- sione scientifica, presieduta da Patrik Blackett. Una delle decisioni è stata quella di sostenere la Ricerca Nucleare non finalizzata alla difesa nazionale. A tale proposito ha istituito due comitati, uno per lo sviluppo degli acceleratori di particelle e l’altro che includeva Cecil Powell per lo sviluppo di lastre di emulsioni fotografiche spesse, per lo studio di reazioni nucleari. Con il sostegno del Ministe- ro un gruppo di ricerca della Ilford Ltd, in collaborazione con Giuseppe Occhialini chiamato dal Brasi- le da Blackett (Occhialini nato a Genova nel 1907, appena laureato per ragioni politiche si era rifugia- to in Inghilrterra dove lavorò con Blackett, durante la guerra per non correre rischi è emigrato in Brasile) ha prodotto nel maggio del 1946 delle emulsioni spesse che contenevano 8 volte più del normale Bromuro di Argento (AgBr). C. Powell G.Occhialini
Occhialini portò alcune lastre al laboratorio francese del Pic du Midì, ed i risultati non tardarono. Si trovarono subito eventi di forti interazioni nucleari: Il 24 maggio del 1947 sulla rivista Nature compare un articolo firmato da due inglesi C.F. Powell e H.Muirhead, un brasiliano di origine italiana C.M.G.Lattes e dall’italiano Giuseppe Occhialini, che lavoravano all’Università di Bristol. L’articolo riportava una fotografia fatta con una lastra fotografica spessa esposta per un certo tempo al Laboratorio del Pic du Midì. Nella foto c’era la traccia di una particella di massa intermedia che si fermava e che decadeva in un’altra di massa simile. Era la dimostrazione che in altitudine si formavano le particelle di Yukawa che, o interagivano con i nuclei oppure, in particolare quelle positive, decadevano molto rapidamente nei mesotroni che si trovano al livello del mare.
Il pione si ferma e decade in un muone Il pione si ferma e decade in un muone che si ferma e decade in un elettrone Nel ottobre del 1948 con lo sviluppo di lastre fotografiche sensibili alla bassa ionizzazione degli elettroni si videro anche questi:
Si poteva dire che il famoso “tiro mancino” ipotizzato da Oppenheimer era stato finalmente svelato. I raggi cosmici primari interagivano con i nuclei degli atomi dell’atmosfera, producevano la particella responsabile delle interazioni nucleari, proposta da Yukawa, pesante 273 masse elettroniche, che attualmente si chiama pione (π) il quale decade in ventisei miliardesimi di secondo, come previsto, nel mesotrone scoperto da Anderson e Nieddermayer che ha una massa di 205 masse elettroniche e non ha interazioni nucleari, attualmente si chiama muone (μ), decade in elettrone e neutrino in due milionesimi di secondo. Questo muone è un grosso elettrone instabile e non si comprende ancora perchè la natura lo ha creato. In tempi diversi, Wilson, Anderson, Blackett e Powell furono insigniti con il premio Nobel, premio che inspiegabilmente non fu mai assegnato a Giuseppe Occhialini.
Il 15 ottobre 1946, George Rochester e Cliffort Bulter con una camera nebbia all’Università di Manchester ossevarono delle tracce a V nel mezzo del rivelatore. Le tracce delle V non erano elettroni ma particelle più pesanti. Si è scoperto anni dopo, con gli acceleratori, che queste V erano formate da protoni e pioni origina- te dal decadimento di particelle instabili neutre, ikaoni (K ) e le lamda (Λ), che contengono quark pesanti strani (s). C.Bulter Il K+ si ferma G.Rochester Il decadimento di una neutra K o Λ in una V e uno lento che interagisce e decade in 3 pioni due veloci Powell e Occhialini nel 1948 pubblicano una foto con il decadimento di un kaone in tre pioni.
Pietro Bassi che è stato professore a Padova e Bologna mi ha raccontato: che nei primi anni ‘50 facendo esperimenti con contatori Geiger nel laboratorio della Marmolada, aveva osservato che i muoni in movimento decadevano preferenzialmente nella direzione del moto. Questo fenomeno violava chiaramente la parità è perciò sembrava inconcepibile. Infatti fu scoraggiato a pubblicare dai fisici teorici di Padova. Nel 1956 Yang e Lee (fisici Cino-Americani allievi di Fermi) formularono l’ipotesi della violazione della parità nelle interazioni deboli e l’anomalia nel decadimento dei muoni rivista con gli acceletatori ne fu una delle basi sperimantali. La violazione della parità, premio Nobel compreso, furono una questione solo americana. Nell’atmosfera, nelle cascate di raggi cosmici, si formano molti neutrini di tipo mu, dal decadimento dei pioni in muoni. Questi neutrini possono attraversare l’intero pianeta ed interagendo debolmente con i protoni formano muoni che possono essere visti nei laboratori in profondità sotto la roccia. Si può calcolare con precisione quanti muoni ci si aspetta sia quelli provenienti dall’alto formati da neutrini che percorrono decine di km mentre quelli provenienti dal suolo percorro- no più di 12.000km. Nel 2000 il laboratorio di Kamiokande (Giappone) ha annun- ciato un deficit di muoni provenienti dal basso. Questo esperimento è stato consi- derato la conferma delle oscillazioni fra le specie di neutrini proposta 60 anni fa da Bruno Pontecorvo e poi legata al grande deficit di neutrini di tipo elettronico provenienti dal sole, visti prima da Davis e confermati con grande evidenza dal esperimento GALEX dei Laboratori del Gran Sasso del INFN. L’effetto annun- ciato dai giapponesi era stato visto con minore evidenza dall’esperimento MACRO sempre dei Laboratori del Gran Sasso del INFN.
Dagli anni ’60 sono stati introdotti molti tipi divesi di rivelatori di radiazione molto più sensibili, efficienti, e con risposte rapide. Fra questi ci sono i contatori a scintillazione. Sono costituiti materiali plastici organici fatti di molecole con cicli benzenici. Queste molecole eccitate dal- la radiazione carica emettono luce ultra- violetta. Con l’aggiunta di particolari sos- tanze, la luce viene spostata nel visibile e rivelata da fotomoltiplicatori (fotocellu- le) che nel tempo di un miliardesimo di secondo lo trasformano in segnale elet- tronico da immettere in circuiti elettronici digitali per elaborare le informazioni. In laboratorio riveleremo i raggi cosmici con questo tipo rivelatori a scintillazione
I RAGGI COSMICI: Dallo spazio arrivano nuclei dall’idrogeno fino al ferro anche con energie enormi. Intera- giscono nucler- mente con i nuclei di Azoto e Ossigeno… e produ- cono cascate di pioni, muoni, elettroni, gamma, neutrini, ecc,…..
Oltre a darci delle importanti informazioni di Fisica i raggi cosmici possono darci dei messaggi sulle loro origine cosmiche? Non è così evidente perché essendo carichi sono deviati dai campi magnetici galattici e quindi si perde la loro direzione originale. Sono in atto grandi esperimenti per rilevare raggi cosmici di enorme energia che sono deviati in modo trascurabile dai campi magnetici galattici.
Si cercano raggi cosmici singoli con ernergiedell’or- dine di 1020eV (100 miliar- di di masse del protone). Di tali raggi ce ne dovreb- bero essere meno di 1/km2/secolo. Gli esperi- menti coprono superfici enormi, anche di 3000km2 come AUGER in Argentina. I raggi cosmici di così alta energia si rive- lano integrando l’energia di tutto lo sciame. C’è anche la proposta d esperimenti da satellite (EUSO) per rile- vare la luce di scintillazione degli atomi di Azoto dell’at- mosfera eccita dagli sciami. La storia dei raggi cosmici non è certo finita!
AGASA (Giappone) • 100 km2 scintillatori + rivelatori di muoni
Esperimento per la rivelazioni di sciami di raggi cosmici ARGO dell’INFN a Yangbjing in Tibet a 4500m di altitudine.
Laboratorio sotterraneo dell’INFN sotto al Gran Sasso autostrada sotto al Gran Sasso
Pierre Auger Project 3000 km2 coperti Malargue Mendoza Argentina
Pierre Auger Project Pierre Auger Project 3000 km2 - 1600 water tank array