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Parità e non discriminazione. Il lavoro delle donne. Il lavoro della donna. Il rilievo costituzionale
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Parità e non discriminazione Il lavoro delle donne
Il lavoro della donna • Il rilievo costituzionale • Art. 37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesseretribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
La natura “ambivalente” dell’art. 37 Cost. • Il primo capoverso: l’affermazione del c.d. principio “paritario”; • Il secondo capoverso: il rilievo delle specifiche esigenze di protezione della lavoratrice, in relazione alla sua essenziale funzione materna e familiare
Due diversi principi: tutela e parità In possibile contraddizione (il caso del lavoro notturno delle donne) Secondo la Corte di giustizia prevale la parità sulla tutela Corte giust. 25 luglio 1991, causa C-345/89, Stoeckel c L' art. 5 della direttiva 76/207, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, è sufficientemente preciso per creare a carico degli Stati membri l' obbligo di non stabilire come principio legislativo il divieto del lavoro notturno delle donne, anche se quest' obbligo comporta deroghe, mentre non vige alcun divieto del lavoro notturno per gli uomini.
L’ordinamento comunitario Uno sguardo alla normativa europea in materia di lavoro delle donne
Art. 119 Trattato CEE e direttiva 75/117 CEE (parità retributiva) • Direttiva 76/207 CEE (parità nelle condizioni di lavoro) • n. 2002/73 di riforma della direttiva n. 76/207 • Direttiva 96/34 (i congedi parentali) • La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza)
Articolo 21 Carta dei diritti fondamentali dell’UE “E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età, o le tendenze sessuali”. (uguaglianza di trattamento in ogni area).
Articolo 23Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea“La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione” (parità di trattamento).
Segue… art. 23, 2 comma …Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato” (uguaglianza di opportunità e risultati – azioni positive e sistema delle quote).
La strada della tutela La legislazione interna
Il costo del lavoro femminile • Le c.d. Clausole di nubilato • I licenziamenti per causa di matrimonio
L’intervento del legislatore: la legge 7/1963 • Nullità delle clausole di nubilato • Nullità dei licenziamenti intimati per causa di matrimonio (presunzione relativa: dalla data di richiesta delle pubblicazioni a un anno dopo il matrimonio), nonché delle dimissioni (salva conferma entro un mese c/o l’UPLMO • Eccezioni: colpa grave; cessazione dell’azienda; scadenza del rapporto a termine; esito negativo della prova.
Legge 30 dicembre 1971 n. 1204 Tutela delle lavoratrici madri
Indica i criteri lavorativi da applicarsi durante il periodo di gravidanza della lavoratrice, compresi il congedo e la tutela della salute della donna incinta
Di recente abrogata e trasfusa nel d.lgs. 26 marzo 2001, n.151 • Testo unico in materia di tutela e sostegno delle maternità e della paternità
1) Divieto di licenziamento • Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. • Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, a prescindere dal fatto che il datore di lavoro ne sia a conoscenza. E’ sufficiente presentare idonea certificazione. • Il licenziamento eventualmente intimato alla lavoratrice (o al padre che fruisce del congedo di paternità in luogo della madre) è nullo
Eccezioni (le stesse del divieto di licenziamento per causa di matrimonio) • colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; • cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; • ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; • esito negativo della prova.
Ai sensi dell’art. 2103 cod. civ. “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto (…) ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione (…)” Il bene tutelato è la professionalità acquisita del lavoratore. La conseguenza della violazione: nullità di ogni patto contrario. 2) Spostamento ad altre mansioni
Quando il bene tutelato dalla norma entra in contatto con l’esigenza di protezione della salute della lavoratrice nel periodo della maternità… Alla lavoratrice nonpuò essere richiesto di svolgere le mansioni abituali ove pregiudizievoli per la sua salute, durante la gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio. Eccezione: il caso della lavoratrice madre
SEGUE: Nei casi in cui l'ispettorato del lavoro accerti condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della donna, le lavoratrici devono essere destinate ad altre mansioni pur conservando la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale nel caso di mansioni inferiori a quelle abituali.
3) Divieto di lavori pesanti • Durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi dopo il parto è inibita l’adibizione al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri (indicati in un elenco periodicamente aggiornato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali). • Ai lavori che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro indicate in un apposito elenco. • La lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.
Inoltre… • Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo può disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo • L'inosservanza di tali disposizioni è punita con l'arresto fino a sei mesi.
4) Divieto di lavoro notturno • È vietato adibire le donne al lavoro, dalle 24 alle 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino (art. 53, co.1 d.lgs. 151/2001)
Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno: • lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o alternativamente dal padre convivente con la stessa;• lavoratrice o dal lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;• lavoratrice o dal lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni (d.lgs. 151/2001).
I controlli prenatali • Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l'orario di lavoro. • Per la fruizione dei permessi le lavoratrici presentano al datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa documentazione giustificativa attestante la data e l'orario di effettuazione degli esami.
L’astensione “obbligatoria” • E’ vietato adibire al lavoro le donne: a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto; d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.
Flessibilità del congedo di maternità Le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Trattamento economico e normativo • Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 % della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità. Alcuni contratti collettivi la prevedono al 100%. • L'indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro • I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
Il padre lavoratore ha diritto ad astenersidal lavoro nei 3 mesi successivi alla nascita del figlio, in caso di: • morte o grave infermità della madre • abbandono del figlio da parte della madre • affidamento esclusivo al padre
Astensione facoltativa (ora congedo parentale) • La legislazione previgente riconosceva alla lavoratrice, dopo il periodo di astensione obbligatoria, il diritto ad un ulteriore periodo semestrale di assenza dal lavoro, fruibile nel primo anno di vita del bambino; detto diritto, in alternativa alla madre, poteva anche essere esercitato dal padre.
La legge n. 53/2000 • L’astensione facoltativa, ribattezzata congedo parentale, diventa diritto di entrambi i genitori, esercitabile più a lungo ed in un arco più ampio di tempo
Durante i primi otto anni di vita del bambino Ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un massimo complessivo di dieci mesi. • La madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione obbligatoria, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi • Il padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi • qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.
Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di sei mesi è elevato a sette e il limite complessivo delle astensioni dal lavoro di dieci mesi è conseguentemente elevato a undici mesi.
Indennità dovuta alle lavoratrici ed ai lavoratori durante il congedo parentale • a) fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi; • b) fino al compimento dell'ottavo anno di vita del bambino un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, nell'ipotesi in cui il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria.
Alcune considerazioni sulla legislazione in materia di paternità • Le ricerche empiriche su vari paesi europei dimostrano una correlazione diretta grado di copertura dei servizi, minore disponibilità dei padri al lavoro di cura (congedi parentali) e tassi di occupazione femminile. • In questi paesi la risposta è in termini di “mascolinizzazione delle biografie femminili”
Dalle discipline caratterizzate da una ratio di protezione alla legislazione “paritaria”
La legislazione di parità • La Costituzione (artt. 3 e 37); • L. 903/1977 (parità di trattamento) modificata dal d. lgs. 145/2005; • L. 125/1991 (azioni positive) modificata dai d. lgs. 196/2000 e 145/2005; • D. lgs. n. 198/2006, Codice delle pari opportunità fra uomo e donna (normativa di “consolidamento” delle discipline anteriori).
Le tre tipologie di discriminazione • Discriminazione nell’accesso al lavoro (1) • Discriminazione per quanto riguarda le iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale (2) • Discriminazione per quanto riguarda la retribuzione, la classificazione professionale, l’attribuzione di qualifiche e mansioni e la progressione in carriera (3)
Art. 25, comma 1, d. lgs. n. 198 del 2006: nozione di discriminazione diretta • Discriminazione diretta: “qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e comunque il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga”
Esempio • la mancata indicazione di candidati dell’uno e dell’altro sesso nei bandi di concorso
Art. 25, comma 2, d. lgs. n. 198 del 2006: nozione di discriminazione indiretta Quale che sia la fonte del trattamento pregiudizievole, la discriminazione indiretta si distingue da quella diretta per la rilevanza discriminatoria di criteri di per sé neutri, ma che in realtà “possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa” Clausole tipo disponibilità a spostarsi per lunghi periodi, al lavoro straordinario
Il dato statisticoSussiste discriminazione indiretta quando tali criteri si dimostrino atti a produrre conseguenze svantaggiose in misura proporzionalmente assai più elevata sulle lavoratrici, risultando per questo stesso all’origine di trattamenti assimilabili a quelli direttamente discriminatori.
Esempio • La questione dei criteri “fisici”: l’altezza, il peso, la forza fisica
Un caso particolare di discriminazione: le molestie… Ai sensi dell’art. 26, d. lgs. n. 198 del 2006 si definiscono molestie: “quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”
….e le molestie sessuali • Molestie sessuali: “comportamenti indesiderati aconnotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”.
La connessione con l’istituto del mobbing Fattispecie di difficile qualificazione agganciata, per offrire una qualche protezione ancorché insufficiente, all’art. 2087 c.c. che si occupa della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Una digressione Il MOBBING
Primi risultati della ricerca medica e psicologica • Sul piano della scienze ancillari al diritto del lavoro, la medicina del lavoro, la psicologia del lavoro, si incomincia a metter a fuoco questa tipologia di violenza morale nei confronti di singoli lavoratori e a identificarne la fattispecie: la durata e la persistenza delle molestie spesso attuate con strumenti o azioni formalmente legittimi; le caratteristiche, le diverse fasi di evoluzione della situazione di mobbing, la condizione di isolamento, gli effetti sulla vittima, le malattie che può causare.
Prime definizioni • Il mobbing ha come uno dei dati salienti e caratterizzanti che la molestia, la violenza, l’azione produttiva di conseguenze dannose, a volte formalmente legittima, spesso proviene non dal datore di lavoro o da un preposto (il c.d. bossing ), ma dagli stessi colleghi di lavoro (il c.d. mobbing orizzontale) • Molestia e violenza sono originate anche da ragioni che, per sintesi si possono definire “irrazionali” (cioè non giustificate in nome della razionalità produttiva, o scaturenti da situazioni di conflitto fisiologici nel luogo di lavoro, ma originate da cause spesso oscure scaturenti da quella mai sufficientemente esplorata caverna che è la coscienza e la psiche dell’essere umano con tutti gli annessi turbamenti esistenziali).