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TERRITORI IN CONTROLUCE : RICERCHE PSICOLOGICHE SUL FENOMENO MAFIOSO. A cura della dott.ssa Emanuela Coppola, dottoranda di Ricerca in Scienze Psicologiche, membro del gruppo di ricerca sulla Psicologia del Fenomeno Mafioso. Studi psicologico-clinici sul fenomeno mafioso.
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TERRITORI IN CONTROLUCE: RICERCHE PSICOLOGICHE SUL FENOMENO MAFIOSO A cura della dott.ssa Emanuela Coppola, dottoranda di Ricerca in Scienze Psicologiche, membro del gruppo di ricerca sulla Psicologia del Fenomeno Mafioso.
Studi psicologico-clinicisul fenomenomafioso • La psicologia clinica si propone la comprensione della persona nella sua naturale (culturale) complessità, nelle sue continue trasformazioni, nella sua inevitabile inclinazione relazionale. • Essa prescrive la presa in carico del disagio (nell’incontro con l’individuo, con i gruppi, con le istituzioni) all’interno di una situazione complessa che non è necessariamente confinata nei setting classici.
Da anni, la ricerca psicologico clinica condotta dall’ateneo palermitano si propone di studiare la mafia da diverse angolature: il mondo interno dell’uomo d’onore, gli assetti relazionali e psicopatologici delle sue matrici familiari, la mafia del mondo interno. Con quest’ultima s’intende quegli aspetti dello psichismo territoriale siciliano che, per ragioni storiche e antropologiche, sostengono inconsciamente la presenza e la prepotenza mafiosa.
La psiche mafiosa organizza in modo “patologico” le relazioni tra individuo-famiglia-società, all'interno di campi mentali che concepiscono una visione forte della famiglia e debole del sociale (Lo Verso G., Lo Coco G., 1999). La cultura mafiosa non facilita il riconoscimento dell’identità e dei bisogni dell’altro, ostacolando la valorizzazione della differenza come fonte di ricchezza.
Fino a qualche anno fa, la prospettiva impiegata per la lettura del fenomeno mafioso è stata di tipo macroscopico, studiando lo psichismo mafioso e la cultura mafiosa in modo indifferenziato per tutta la Sicilia. In psicologia clinica spesso, la comprensione sopraggiunge spinta da elementi contingenti (serendipità) emergenti sul campo. È così che, nel corso delle nostre ricerche-intervento, abbiamo messo a punto ed impiegato un taglio ossorvativo di tipo micro-contestuale. Ne è derivata l’attenzione agli specifici territoriali del modo in cui Cosa Nostra influenza e controlla le realtà locali.
In questo spazio un complesso di relazioni inter e intra-umane, cioè internazionali e psichiche, è in costante rapporto con particolari strutture ambientali attraversate da una circolarità evolutivamente interattiva tra la mente e il contesto (Napolitani, 2006). La mente, infatti, nel descrivere l’ambiente, non solo dà una definizione al mondo ma contemporaneamente si descrive e si definisce, perché il sistema-ambiente agisce e retroagisce su essa. Le manipolazioni cognitive, percettive, emotive eseguite dalla psiche sul mondo sono informate e modulate dagli elementi contingenti e sempre emergenti dal contesto. Il territorio è quello spazio etnico-abitativo solcato da percorsi abitudinari, codici impliciti, consuetudini sedimentate; qui un sottofondo di metriche dialettali e gestualità accennate scandisce silenziosamente la storia ambientale e affettiva di un luogo.
L’uomo e il suo territorio dunque si appartengono e si co-costruiscono. Per tale ragione, l’esplorazione conoscitiva di fatti umani non può prescindere dalla scrupolosa osservazione del contesto e quindi sorretta dalla consapevolezza epistemologica e metodologica che qualsiasi fenomeno è antropologicamente connotato, nonché geograficamente e storicamente regolato. Da queste premesse, è possibile avviare una riflessione sulla necessarietà di senso del contesto che spinge ad analizzare i fatti umani nello specifico contenitore ecologico, in quello spazio che ne detiene il senso più profondo perché ogni cosa è, in realtà, definita nel e dal proprio dominio di appartenenza (Ceruti, 1981).
Nello studio delle manifestazione più propriamente antropologiche del comportamento umano, quale è la fenomenologia mafiosa, è indispensabile rivolgersi ad una “geografia umana”, il cui nodo centrale è l’incontro fecondo tra l’individuo e il suo territorio. Osservare da vicino questo connubio può rappresentare un espediente strategico al fine di definire lo stato dell’arte sull’umano e sulle produzioni umane, in particolare su quelle che favoriscono patologia sociale come Cosa Nostra. Il paradigma epistemologico, cui qui si fa riferimento, è quello che prende le mosse dalla teoria della complessità (Morin, 1984), in cui il classico rapporto di neutralità disgiuntiva tra osservatore, campo di osservazione e oggetto osservato è scalzato dalla esplicitazione dei processi di reciproco influenzamento che intercorrono tra queste tre unità del conoscere.
Il principio scientifico della complessità coincide con l’esplicitazione del campo di legami necessari che definiscono il senso unico del rapporto tra il fenomeno indagato e il proprio irriducibile dominio di appartenenza. Ciò significa che è indispensabile chiarire il senso unico che un fenomeno acquisisce proprio in virtù del fatto che è collocato e strettamente interconnesso a quel contesto. Al fine di offrire una definizione più precisa e puntuale a tali speculazioni epistemologiche, si è scelto un termine che sintetizza la molteplicità di fattori che ricadono in un territorio, connotandolo: il topos, una sorta di unità di misura simbolica.
I topoi sono al contempo i territori reali, assunti nelle specifiche denotazioni morfologiche, e luoghi mentali, convergenze di dinamismi psichici, storici e antropologici che assemblano arcipelaghi di significati e unici accadimenti transpersonali. Nei topoi si incontrano e si saldano estensioni fantasmatiche e connotazioni fattuali del territorio che configurano un insieme di intersezioni, basilare per cogliere la complessità del fenomeno mafioso. Le dimensioni emozionali e immaginifiche del territorio rappresentano un dato imprescindibile, nella misura in cui la fantasia interpreta la realtà come, di converso, la realtà interpreta la fantasia.
La mafia sta tutta dentro il territorio, nella sua materica opacità, dentro i suoi miraggi e misteri alla cui costruzione e alla cui legittimazione partecipa costantemente Più in generale possiamo ritenere il topos, come unità di misura del contesto, non un costrutto che origina da una prospettiva di pensiero positivista, esso si pone, in realtà, al di là dalle derive evoluzioniste e deterministiche che seguono il principio del progressivo miglioramento adattivo. Il topos è un fenomeno emergente che fotografa un movimento di creazione occasionale, quello scaturito dall’incontro tra i vincoli e le possibilità di un contesto. La rappresentazione mentale e topologica di un territorio è frutto di congiunzioni storiche, di intersezioni mai predeterminate tra sistemi evolutivi che instaurano reciproche compatibilità (Ceruti M., Lo Verso G., 1998).
I Tutto questo è vero specialmente se intendiamo studiare oggetti propriamente radicati nel territorio e che esattamente da questo derivano la loro struttura e il loro contenuto, come è per la mafia e il pensiero mafioso. • L’ambizioso progetto,promosso da queste ricerche, è quello di studiare, attraverso una preliminare analisi clinica degli psichismi territoriali, le specificità antropo-psichiche di un contesto e articolare un pensiero critico-trasformativo che presti parola al desiderio di cambiamento presente nelle aree territoriali pregne di antroposichismo mafioso.
Il modello gruppoanalitico soggettuale • la gruppoanalisi soggettuale descrive un’articolata elaborazione dell’architettura del Sé che concepisce l’uomo divaricato, nel suo farsi storia, tra universi individuali e collettivi. L’individuo è teoricamente descritto come il nodo di una rete transpersonale di connessioni simboliche tra mondo interno e mondo esterno, tra passato e presente • l’assoluta pertinenza di questo modello per lo studio del pensiero mafioso è legittimata dall’integrazione tra dimensione antropologica e intrapsichica che permette di penetrare la matrice di pensiero inconscia che sostiene psichicamente una realtà criminale come Cosa Nostra, storicizzata, radicata nel territorio e compenetratasi, in modo invasivo e parassitario, con l’humus culturale della Sicilia.
La psiche mafiosa: bussole e lenti di ingrandimento per orientarsi nel mondo di Cosa Nostra Identità Famiglia Cultura
Identità • Nell’immaginario collettivo i mafiosi vengono rappresentati come uomini forti, sprezzanti del pericolo, crudeli, immuni da ogni forma di sentimentalismo. • In realtà, il mafioso sembrerebbe costituito, a livello psichico profondo, da un’identità debole bisognosa di protezione e tutela da parte di un’organizzazione potente, Cosa Nostra appunto, che, offrendo risposte psicologiche alle esigenze di identificazione, risulta vincente proprio in virtù della sua configurazione sovraindividuale che illusoriamente irrobustisce le identità dei suoi adepti. • Si tratta di un’illusione perché la forza di questa identità organizzativa si fonda sulla negazione della soggettività dei componenti che assumo dogmaticamente i modelli comportamentali, gli obiettivi, i riferimenti valoriali di Cosa Nostra: qui non c’è spazio alcuno per la diversità su cui, invece, dovrebbe fondarsi e costruirsi l’identità personale.
Essere blindato in un fondamentalismo psichico è l’elemento centrale del pensiero mafioso e la condanna psichicamente più severa che pesa sull’uomo d’onore. La mente fondamentalista, in questa accezione, è quel particolare sistema psico-antropologico che non può essere messo in discussione, “ri-pensato”, non sottoponibile a dis-organizzazione alcuna, pena la perdita dei suoi aspetti definitori e la conseguente disfatta. Essere dentro una psiche fondamentalista equivale a non essere una persona con la sua soggettività, ma una sorta di replicante del mondo che lo ha “con-cepito”. L’uomo d’onore rinnega la capacità di critica e quasi automaticamente pensa solo ciò che Cosa Nostra autorizza a pensare; prova persino emozione ed affetti come gli è stato “in-segnato” dalla famiglia d’origine prima e dalla cultura e dall’organizzazione mafiosa poi. (Lo Verso G., 2002). In questo modo l’organizzazione si conserva nel tempo.
Ovviamente i mutamenti imposti dalla globalizzazione del mercato, dalla tensione omologante dei nuovi stili culturali hanno avuto un impatto sul mondo mafioso, certamente è cambiato il contesto operativo in cui la mafia esercita il suo potere criminoso che per buona parte fa leva sulla costruzione di network imprenditoriali sia in ambito locale che internazionale. • Da un punto di vista psico-relazionale ciò che oggi sembra marcare il mondo occidentale è la smagliatura dei nessi psichici connessa alla dissolvenza dei legami sociali (Ferraro, Lo Verso, 2007). Non solo si è sempre più spesso soli, ma la solitudine diventa interna, diventa vuoto psichico perché a perdere forza e vigore sono i nuclei identificatori. • C’è da chiedersi come tutto questo sia stato fronteggiato dalla organizzazione mafiosa. • La cellula fondamentale e fondante di Cosa Nostra torna ad essere la famiglia in una dimensione significante ancora più accentuata che in passato. Quando non è più possibile fidarsi di nessuno, nemmeno degli affiliati, la famiglia in senso stretto è l’unico posto sicuro.
Famiglia La famiglia in questa prospettiva non è intesa semplicemente come un insieme di relazioni tra persone e tra regole e ruoli, ma soprattutto come ambiente psicologico, come una matrice di pensiero: l’identità personale viene a definirsi affettivamente attraverso un processo complesso ed inconscio di mentalizzazione ed introiezione degli strumenti di pensiero dell’organizzazione antropologica di cui si fa parte. La ricerca ha individuato, nella costruzione dello psichismo mafioso siciliano, proprio la presenza di una sottostante matrice familiare qualitativamente satura che impedisce lo sviluppo soggettivo attraverso l’inibizione del processo di simbolopoiesi e la replicazione dogmatica del “già pensato familiare” (Menarini R., Pontati C., 1986).
La presenza di una matrice familiare satura non permette all’individuo di pensarsi diverso dalla medesima causando una predominanza fantasmatica del passato che rende molto instabili i confini fra mondo interno e pensiero familiare (Nucara G., Pontalti C., Menarini R., 1995). L’uomo d’onore, ponendo la famiglia al centro dei suoi obiettivi materiali e dei suoi interessi esistenziali, la rassicura dell’attaccamento ad essa e così s’assicura la protezione di cui ha bisogno per vivere. In questo modo egli si garantisce l’esistenza attraverso l’esistenza della famiglia È nel comportamento quotidiano, nel vivere comunitario, che l’individuo massimizza sempre i possibili vantaggi della propria famiglia perché risponde inconsciamente all’intenzionamento familiare.
Cultura • La comprensione di un possibile intreccio tra cultura mafiosa e cultura siciliana, seguendo un vertice di indagine psicodinamico (Jervis, 1993), attraverso numerose ricerche e studi di taglio teorico ed empirico, ha trovato inquadramento nella definizione del fenomeno mafioso non solo come sistema criminale, ma soprattutto come organizzazione “psico-antropo-culturale”. • Cosa Nostra ponendosi in contiguità con la sicilianità ha operato una sistematica strumentalizzazione dei valori cardine di questa cultura per conseguire i suoi fini di potere e di denaro. • ottenendo così un duplice risultato: mimetizzarsi per confondersi con l’humus culturale che le fa da sfondo e riscuotere consenso sociale. • Temi culturali: protezione, dono-obbligo, rispetto, diffidenza, sacralità della famiglia
Cosa Nostra si serve strumentalmente delle varie indigenze economiche e infrastrutturali in cui la Sicilia versa, nonché delle debolezze psicologiche di una antropologia paranoica e pessimistica per imporsi come realistica alternativa economica e sociale. • Cosa Nostra è un’organizzazione criminale che, in maggior misura rispetto ad altri organismi devianti, ha fondato la sua specificità su una relazione forte con il contesto siciliano; un legame saldato su un oscuro sodalizio tra esercizio criminoso del potere e vulnerabilità territoriali. • Cosa Nostra ha attecchito in un terreno scavato dall’antica cultura siciliana di stampo parassitario, nel tempo essa ha contribuito ad esasperarla, diffondendola in molti comparti del sistema sociale e nella psicologia delle comunità in cui opera.
Il ruolo sopravvivenziale ricoperto dalla famiglia in Sicilia sembra aver lentamente impregnato la politica di una tipologia di cultura familiare che per eccellenza svolge funzioni d’accudimento primario: una modalità primitiva di organizzare le relazioni che ricalca precisamente la sollecitudine materna. • Uno degli effetti maggiori di questa ibridazione culturale tra la famiglia e il sociale è quello di avere lentamente espropriato la dimensione politica della vita comunitaria per sacrificarla sull’altare affettivo e pseudo-relazionale del familiare: non esistono altri modi di essere nella polis, ideologie, reti sociali, associazioni, identità politiche, in Sicilia, specie nella zona occidentale, tutto sembra pervaso dal simbolismo materno. • La stessa amministrazione delle attività pubbliche è scandita da un intreccio clientelare di crediti e di debiti che simula la processualità delle trasmissioni trasgenerazionali delle reti familiari e che per tale ragione ha un potere vincolante e necessitante per l’esistenza del singolo in un sistema (Schutzenberger, 1993).
L’obiettivo generale della ricerca è quello di favorire la comprensione degli aspetti psicodinamici legati al fenomeno mafioso ed, in particolare, approfondire l’analisi del funzionamento mentale dei soggetti che vivono in un territorio attraversato da specifiche sedimentazioni psico-antropologiche connesse alla presenza dell’organizzazione criminale. In questo senso, si intendono studiare le caratteristiche del pensiero mafioso, considerato come frutto dell’interiorizzazione di modelli comportamentali e psichici in una tipicità contestuale. In generale, ci si propone da un lato di accrescere la conoscenza del fenomeno mafioso attraverso un vertice psicologico-clinico e dall’altro di definire strumenti adeguati per la comprensione dello stesso. Obiettivo operativo è quello di implementare modelli per il cambiamento e interventi di sviluppo territoriale.
Gruppi di elaborazione clinico-sociale Si tratta di un gruppo a conduzione psicodinamica che consente l’emersione di memorie, vissuti, emozioni, associazioni su un tema particolare; quest’ultimo non è semplicemente un argomento di discussione consapevole come avviene nei focus group ma è un arcipelago di significati infinitamente estensibile perché i nessi e il senso sono ricercati più su un registro emozionale che su quello informazionale. La costruzione dei gruppi ha seguito una modalità non strutturata, centrata sulla volontaria adesione dei cittadini, che hanno preso parte a quattro gruppi, realizzati nell’anno 2006, ciascuno condotto da un esperto gruppoanalista e da due osservatori che hanno audio-registrato le narrazioni emerse dai gruppi, successivamente sbobinate.
Analisi dei dati Si è proceduto alla trascrizione delle audio registrazioni, attraverso il codice di Mergenthaler E. (1992). Per l’analisi e l’elaborazione di questi testi è stato adottato il metodo induttivo, con riferimento alla Grounded Theory. L’analisi informale del processo gruppale è stata finalizzata alla definizione delle unità più adatte ad inquadrarlo ed interpretarlo, ovvero delle categorie tematiche. Vista la complessità delle narrazioni e dei temi estrapolati dalla siglatura dei trascritti si è fatto ricorso alla visualizzazione dalle aree tematiche affrontate in gruppo attraverso delle mappe tematico-concettuali.
Mappa 1: Marsala Cosa Nostra strumentalizza il mistero, la reticenza, la modestia e il non protagonismo siculo quindi l’invisibilità sociale per i suoi fini. Tra questi, obiettivo tenacemente perseguito dall’organizzazione è stato quello di diffondere la paura attraverso un lavorio di sottile intimidazione. Dalle sessioni di gruppo si rintraccia, infatti, un ricorsivo distanziamento emotivo e un depotenziamento affettivo del fenomeno che viene razionalizzato e incapsulato nella dimensione spaziale per mezzo di collocazioni storiche e geografiche di Cosa Nostra
MOLTIPLICAZIONE DEGLI SPETTRI MAFIOSI CONSENSO PRESENZA INAFFERRABILE E DILAGANTE REALISTICA ALTERNATIVA ALLO STATO SOCIALE LAVORO RICADUTE FATTUALI PROTEZIONE PAURA RISVOLTI PSICHICI MISTERO RISPETTO RISPETTO
Mappa 2: Marsala La traslazione inflessibile e inflazionata del Noi famiglia in tutte le altre dimensioni esistenziali è il sintomo di una patologia culturale connessa al sentire mafioso. Nella dimensione mafiosa i doni diventano obbligazioni nei confronti di chi ha erogato il favore. Colui che ha ricevuto il dono sa che prima o poi qualcuno pretenderà un riconoscimento e tornerà a riscuotere la sua quota: nell’ortodossia mafiosa il favore si ricambia sempre. La richiesta, rivolta all’organizzazione mafiosa, di trovare soddisfazione ad un bisogno è mossa dal riconoscimento di autorità e potere delle fonti donative, che per certi versi è ciò che avviene nella grammatica dello scambio tra le generazioni.
SOVRANITA’ FAMILIARE E ASSERVIMENTO SOCIALE INTRECCIO CREDITI - DEBITI POLITICA ANCILLARE PSEUDO-AFFETTIVITA’ DEGENERATIVA RICONOSCIMENTO DI POTERE LEALTA’ RAGGIUNGIBILITA’ SODDISFAZ. DI BISOGNI MODALITA’ NEGOZIALI E STRUMENTALI ASSENZA DI TENSIONE GENERATIVA PER IL SOCIALE GARANZIE RICATTO CULTURALE
Mappa 3: Marsala Si riscontra una sorta di vassallaggio del sociale che viene immolato per il benessere e per il trionfo assoluto del familiare. Sembra che nel pensiero marsalese tutto vada declinato sul piano affettivo relazionale, non esistono altri modi di essere nella polis, ideologie, reti sociali, associazioni, appartenenze politiche tutto è pervaso dal simbolismo familiare Nessun accenno a ideologie politiche o a eventuali futuri programmi partitici, la focalizzazione è sulla pseudorelazione, sul contatto, sulla prossimità, sulla familiarità e complicità, un legame che ha quasi il sapore di rapporto filiale, familiare, pseudoaffetivo. Si tratta di una utilizzazione reciproca, un mercanteggiare potere in cambio di accudimento e riconoscimento personale, tutto mascherato da una finta convergenza politica.
MAFIA IN FILIGRANA INACCESSIBILITA’ COUNUNICATIVA FUGA EMOTIVA COMPARSA DEL MITO RICERCA DELLA VERITA’ NARRAZIONI SPURIE SILENZIO CONVERSAZIONI CHIUSE IMMAGINARI OSCURI SCENARI IMMAGINIFIC PAURA STRANIER Mobilitazioni emotive
APPARTENENZE CULTURALI INCONTRO CON LA REALTA’ MAFIOSA RADICI CULTURALI DEL DONO CONFLITTUALITA’ SCAMBIO INGABBIANTE VOTO POLITICO E VOTO RELIGIOSO MINACCIA VERGOGNA STORICIZZAZIONE E SCONTRO GENERAZIONALE PAURA IDENTIFICAZIONE CON L’AGGRESSORE
Mappa 4: Campobello di Mazara Si respira un clima di inquitudine e allarme che sembra tradire la preoccupazione dei componenti del gruppo. Fughe emotive: silenzio, chiusura, uso del dialetto Questo potrebbe significare che esiste un tentativo di “proteggere” il proprio territorio, i segreti riposti in quei luoghi, la storia di quella comunità dallo sguardo curioso e indagatore dello straniero. Emersione incontrollata di narrazioni, storie personali e familiare, racconti quotidiani che provocano uno sbilanciamento comunicativo rispetto alla prima fase di silenzio. Tali episodi comunicazionali vengono definiti nella mappa come narrazioni spurie, illegittime, in qualche modo non giustificate da un punto di vista psicologico perché contenutisticamente eccedenti ma a cui non corrisponde un’uguale significatività nel corollario emotivo che le accompagna. In altre parole è comunque una fuga emotiva (vedi mappa).
Mappa 5: Campobello di Mazara Affiorano racconti di contatto diretto con la mafia, durante i quali anche il clima emotivo si riscalda segnato da vissuti di rabbia, vergogna e dalla sensazione di essere costantemente sotto lo scacco di una minaccia incombente. La ricerca di una specificità culturale si estende nel rintracciare criteri discriminativi finanche tra Palermo e Campobello di Mazara come se il tema del dono (Cole, 1996; Mantovani,1997) fosse diventato il compasso che segna il perimetro, anche microscopico, di ogni provincialismo territoriale. Compare l’associazione con “il voto” inteso nelle due accezioni, quella politica e quella religiosa. È interessante notare quanto tutto questo sia strettamente intrecciato all’antropologia siciliana: tanto al santo cui viene offerto il voto quanto al politico viene attribuito il potere di direzionare le vicissitudini esistenziali.
RIAPPROPRIARSI PSICHICAMENTE DEL TERRITORIO CONNESSIONI TRANSGENERAZIONALI ATTIVAZIONE EMOTIVA CONFRONTO CON IL MONDO ESTRENO ABITABILITA’ DELLO SPAZIO TERRITORIALE OSTILITA’ AGGRESSIVA PARANOIA VITA-MORTE ANGOSCIA PASSATO-FUTURO
Mappa 6: Campobello di Mazara le difficoltà comunicative in cui si sono imbattuti i partecipanti riguardano una specifica simbolizzazione emotiva, antropologicamente connotata, circa la libera espressione di contenuti connessi alla mafia. In questo senso, ascoltando i racconti degli intervenuti, è come se si attivasse una sorta di equazione simbolica tra la parola “mafia”, o affini, e un qualche oggetto persecutorio interno, impersonato da un possibile uditore in agguato. Di qui la necessità di chiudere le finestre, di abbassare la voce o di spostarsi in un angolo: tutte evidenze comportamentali raccontate dai membri del gruppo. la necessità di riconnette le generazioni, fornendo quel raccordo tra passato e presente che permette lo slancio nel futuro e la fondazione di una nuova progettualità di mondo all’interno di un dato contesto territoriale.
I gruppi hanno riportato esperienze di minacce vissute, soprattutto indirettamente, con conseguenti sentimenti abbandonici da parte dello Stato e della Giustizia. Emerge in modo prepotente questo sentirsi “abbandonati a se stessi” dallo Stato mentre si intravede una realistica alternativa istituzionale in Cosa Nostra, vissuta come ricettacolo di rispetto, garanzia e protezione (mappa 2). • Tanto a Marsala quanto a Campobello, l’impossibilità di parlare, di dire, di raccontare, come coartazione della parola e dunque del pensiero è stata superata quasi per mezzo di un graduale procedimento metonimico: il concreto per l’astratto (mappa 1, mappa 4).
Nei gruppi svolti a Campobello di Mazara sembra particolarmente emblematica l’immagine della trincea, dei tanti muri di cinta che contrappuntano gli aspri orli costieri (mappa 4). Lo straniero, l’Altro-da-me è una minaccia da cui è necessario difendersi o che bisogna espungere non riconoscendolo, rimandandogli psichiacamente tutta la sua estraneità che si trasforma in alienazione (si pensi ad esempio all’uso del dialetto); la sua pericolosità deriva dal fatto che lo straniero rappresenta simbolicamente i più potente propulsore di cambiamento, che riapre le porte della patria e guarda cose note in modo totalmente nuovo (mappa 4). • La specificità culturale e atropo-psichica del pensiero marsalese è la commistione a volte confusa tra antico e moderno, tribale e futuristico, tradizionale e globalistico. Questa camaleonticità è prossimale alla competenza trasmutativa di Cosa Nostra che muta nel tempo adattandosi ai nuovi equilibri ma conservando un nucleo arcaico e primordiale. Dopotutto se il topos della cultura marsalese è il porto, quanto detto sulla contraddittorietà del pensiero e degli stili di vita è coerente con il simbolo del porto; quell’insenatura costiera in cui vecchio e nuovo, conosciuto ed estraneo si mischiano, confliggono e si combinamo, come spesso accade nel Mediterraneo.