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L’ICONA DELLA PENTECOSTE. Benedetto sei Tu, o Cristo Dio nostro, che hai reso sapienti i pescatori avendo inviato su di loro lo Spirito Santo e, per mezzo di essi, hai preso nelle reti il mondo, o amico degli uomini, gloria a Te. L’ ICONOGRAFIA.
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L’ICONA DELLA PENTECOSTE
Benedetto sei Tu, o Cristo Dio nostro, che hai reso sapienti i pescatori avendo inviato su di loro lo Spirito Santo e, per mezzo di essi, hai preso nelle reti il mondo, o amico degli uomini, gloria a Te.
L’iconografia della Pentecoste ha un canone invariato: la differenza di gran lunga più importante è la presenza o meno della Madre di Dio al centro del consesso degli Apostoli. Presente nei primi secoli, scompare fino alla fine del XVI sec.
Nelle icone in cui Maria è presente si vuole indicare una trasposizione aderente alla narrazione degli Atti;
Le ragioni della sua assenza hanno diverse motivazioni. Secondo i teologi Maria non compare perché l’iconografia, da raffigurazione dell’evento storico, diventa una raffigurazione simbolica, per cui nella icona della Pentecoste i Discepoli investiti dello Spirito Santo diventano essi stessi la Chiesa e la figura di Maria non farebbe che “duplicare” la figura della Chiesa. E’ una visione al di là del racconto immediato degli Atti. Esprime la PAROLA INTERIORE degli avvenimenti, tant’è vero che vediamo raffigurato anche Paolo, cosa che storicamente non poteva essere possibile.
Inoltre, tenendo insieme le icone dell’Ascensione e della Pentecoste, come un unico Mistero, l’iconografia vuole rendere la pienezza della vita nuova della Chiesa dopo la Resurrezione. Una pienezza di vita in cui Maria è la presenza orante nel cuore della Chiesa, come riporta l’icona dell’Ascensione, ma anche la costituzione dell’autorità della Chiesa incarnata nel sinodo degli Apostoli, che nella Pentecoste sono investiti dallo Spirito Santo e diventano testimoni davanti al mondo della Parola salvifica del Signore Risorto.
LA TRIBUNA E LE LINGUE DI FUOCO Nella parte superiore dell’icona sono raffigurate lateralmente due case, simili a torri. In tal modo si vuole significare che la scena si svolge nella “camera alta” di Sion.
Furono battezzati totalmente secondo la promessa: furono rivestiti nell’anima e nel corpo del salutare indumento. Ricevettero un fuoco che non brucia, ma salva, che distrugge le spine dei peccati, che rende splendida l’anima. In figura di lingue di fuoco si posò su di loro, affinchè avessero il capo coronato di nuovi diademi spirituali per mezzo delle lingue di fuoco. Prima una spada di fuoco impediva l’ingresso del paradiso; adesso una salutare lingua di fuoco ha restituito la grazia”. Cirillo di Gerusalemme
Il tema della luce, che accompagna le teofanie bibliche, permea pure tutta la liturgia di questa festa, che trova una mirabile sintesi nel solenne inno che così dice: “Luce il Padre, luce il Verbo, luce lo Spirito Santo che fu mandato agli apostoli in lingue di fuoco e per mezzo del quale l’universo intero è illuminato e venera la santa Trinità”.
I dodici discepoli siedono su una panca semicircolare che secondo alcuni raffigura in synthronon (trono comune) che si trovava nell’abside delle basiliche antiche dove prendevano posto i celebranti.
Analogamente le icone che raffigurano i Concili Ecumenici riproducono il medesimo schema iconografico.
Al centro del semicerchio, immerso nell’oscurità spesso compare un uomo anziano, in abiti regali che sostiene tra le mani un drappo bianco. In alcune rappresentazioni su di esso vi sono 12 rotoli che simbolizzano la predicazione apostolica. Quando viene indicato il nome, lo si chiama Ho Kosmos (il Mondo).
In alcune icone, nel vano della porta appaiono personaggi vestiti con varie fogge: sono i rappresentati dei popoli evangelizzati , non solo delle varie popolazioni che, secondo Atti 2 erano radunate a Gerusalemme, ma di “tutti i confini della terra” cui è giunta la Parola del Vangelo. L’ introduzione nell’iconografia bizantina della Pentecoste, dei rappresentanti dei popoli risale al IX secolo ed è collegata al grande movimento missionario nell’impero bizantino che portò in particolare all’evangelizzazione della Russia.
La figura del re che in seguito prende posto nel vano della porta ha anch’esso un’origine storica. Poiché infatti l’imperatore di Bisanzio era colui che patrocinava il movimento missionario, era comprensibile che venisse raffigurato nell’icona della Pentecoste quale sostenitore e benefattore della missione evangelizzatrice della Chiesa. In seguito, quando non si ricorderà più lo spunto storico della presenza di quel re, se ne rileggerà la figura come quella della personificazione del Cosmo che è stato evangelizzato, per questo, nelle icone russe in particolare, egli regge in mano un panno sul quale sono appoggiati i dodici rotoli.
I dodici solitamente sono disposti sulle due ali del semicerchio e tra i due gruppi vi è un posto vuoto che vuole simboleggiare il trono preparato per la Seconda Venuta del Signore. In questo caso la rappresentazione assume il significato del Giudizio Finale in cui i Dodici sederanno “su 12 troni per giudicare le 12 tribù di Israele”.
Nelle raffigurazioni della Pentecoste nelle absidi delle chiese antiche , i raggi dello Spirito Santo fuoriescono sempre da un cerchio centrale all’interno del quale è raffigurato proprio il trono dell’Hetoimasia, dal chiaro significato trinitario: il trono per il Padre, il libro per il Figlio, la colomba per lo Spirito. L’immagine del trono vuoto al centro della tribuna è tanto importante da avere un suo nome specifico: Hetoimasia, che ha diretto riferimento alla Seconda Venuta del Signore.
Analizzando le figure degli Apostoli, si nota che 5 di essi hanno nelle mani un libro, mentre gli altri 7 un rotolo. Il rotolo simboleggia la predicazione, il libro indica invece il contenuto, la dottrina e il fondamento della predicazione.
In base a tale distinzione è possibile affermare che quelli raffigurati nelle icone non sono “solo” i Dodici Apostoli. Infatti: Nel semicerchio sinistro, subito dopo il “posto vuoto” , è riconoscibile Pietro e accanto a lui Matteo e Marco, i 2 evangelisti, rappresentati con il libro.
Nel semicerchio destro si riconosce Paolo, accanto a lui, senza barba, Giovanni, poi Luca: tutti e tre hanno tra le mani il libro. Paolo, costituito “principe degli Apostoli” insieme a Pietro, ha il libro perché le sue lettere, assieme ai Vangeli, costituiscono il cardine del Nuovo Testamento.
Vieni, luce vera. Vieni vita eterna. Vieni, mistero nascosto. Vieni tesoro senza nome. Vieni realtà ineffabile. Vieni persona inconcepibile. Vieni, felicità senza fine. Vieni, luce senza tramonto. Vieni, risveglio di chi dorme. Vieni, risurrezione dei morti. Vieni mio soffio e mia vita. Vieni, consolazione della mia povera anima. Vieni, mia gioia, mia gloria, mia delizia senza fine.
Ti ringrazio d’essere sceso a diventare un solo spirito con me, senza confusione, senza mutazione, senza trasformazione, tu il Dio al di sopra di tutto, e d’esserti fatto a tutti cibo ineffabile e gratuito che senza fine straripi inesauribilmente e zampilli alla fonte del mio cuore. Grazie per esserti fatto per me luce senza tramonto, sole senza declino, perché non hai dove nasconderti, tu che riempi l’universo della tua gloria. Siamo noi invece a volerci nascondere da te. Vieni Signore, pianta oggi in me la tua tenda ; costruisci la tua casa e rimani eternamente inseparabilmente in me, tuo servo, perchè alla fine anch’io mi ritrovi in te e con te regni, Dio al di sopra di tutto.
tu sei il vero bene, la vera gloria, la vera gioia ; a te appartiene la gloria, o santa, consustanziale e vivificante Trinità, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen San Simone nuovo teologo (X-XI sec.)