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Registro e cartelle sanitariedei lavoratori esposti ad agenti cancerogenila G.U. n. 217 del 18 settembre 2007 ha pubblicato il D.Lgs. 155/07, che "Istituisce il Regolamento attuativo dell'articolo 70, comma 9, del D.Lgs. 626/94. Registri e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro ad agenti cancerogeni".Il D.Lgs. 155/07:- entrerà in vigore il 03 ottobre 2007- tuttavia i registri e le cartelle sanitarie e di rischio (v. artt. 2 e 3), devono essere istituiti entro il 3 aprile 2008, cioè entro 6 mesi (v. comma 3, art. 11).
SINTESI DEL D.LGS. 155/07 Art. 1.Ambito, finalita' e campo di applicazione1. Il regolamento si applica ai settori di attivita' pubblici o privati rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modificazioni.2. I dati relativi agli accertamenti sanitari e la conseguente registrazione degli stessi nelle cartelle sanitarie o nel registro di cui ai successivi articoli possono essere trattati esclusivamente per le finalita' di igiene e sicurezza del lavoro. Art. 2. Registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni1. Il registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e' istituito dal datore di lavoro, conformemente al modello di cui all'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente regolamento e compilato sulla base della valutazione di cui all'articolo 63 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994.
2. Il registro di cui al comma 1 e' costituito da fogli legati e numerati progressivamente. 3. Il datore di lavoro invia in busta chiusa, siglata dal medico competente, la copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) e all'organo di vigilanza competente per territorio entro trenta giorni dalla sua istituzione.
Art. 3. Cartella sanitaria e di rischio 1. Le cartelle sanitarie e di rischio, di cui agli articoli 17 e 70 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 sono compilate in conformita' al modello di cui all'allegato 2 che costituisce parte integrante del presente regolamento. 2. I documenti di cui al comma 1 sono costituiti da fogli legati e numerati progressivamente. 3. E' consentita l'adozione di cartelle sanitarie e di rischio diverse dal modello di cui all'allegato 2, sempre che vi siano comunque inclusi i dati e le notizie indicati nell'allegato stesso. 4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 162 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, le cartelle sanitarie di cui al comma 1 possono essere utilizzate anche per la sorveglianza sanitaria prevista dall'articolo 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. 5. Nel caso di lavoratori esposti contemporaneamente a radiazioni ionizzanti e ad agenti cancerogeni per i quali e' istituito il documento sanitario personale ai sensi dell'articolo 90 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, il predetto documento va integrato con le informazioni previste nel modello di cui all'allegato 2.
Art. da 4 a 10: omissis Art. 11. - Norme finali e transitorie commi 1. e 2. (omissis) 3. I registri e le cartelle sanitarie e di rischio di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto, devono essere istituiti entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.. Nota La nuova disposizione trae origine dall'articolo 59 e segg. del D.Lgs. 626/94. I lavoratori per i quali la valutazione del rischio abbia evidenziato tale rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. L'Art. 70 prevede che i lavoratori esposti siano iscritti in un registro nel quale è riportata per ciascuno di essi: - l'attività svolta - l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato - ed, eventualmente, il valore di tale esposizione. Tale registro è istituito è aggiornato dal datore di lavoro, tramite il medico competente.
E’ fatto obbligo, in capo al medico, per ciascuno di tali lavoratori, di provvedere a istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, custodita presso l’azienda o l’ unità produttiva sotto la responsabilità del datore di lavoro. Lo stesso art. 70, al c. 9, stabilisce che i modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio siano determinati con decreto del Ministro della salute. Il registro costituito da fogli legati e numerati progressivamente, è istituito direttamente dal datore di lavoro e non è soggetto, pertanto, ad alcuna registrazione o vidimazione preventiva. Copia del registro, siglato dal medico competente, dovrà essere inviato in busta chiusa all'ISPESL e all'organo di vigilanza competente per territorio, entro 30 giorni dalla sua istituzione
Con le stesse modalità saranno inviate eventuali variazioni inerenti i dati individuali dei lavoratori. Le cartelle sanitarie e di rischio sono compilate in conformità al modello di cui all’allegato 2 del decreto ministeriale e sono istituite dal medico competente. Le cartelle sanitarie andranno istituite per ogni lavoratore da sottoporre a sorveglianza e compilate con le informazioni indicate nell'allegato.
Fermo restando che su ciascuna cartella il medico competente dovrà apporre la propria sottoscrizione sulla prima pagina, la cartella potrà essere diversa dal modello standard, sempre che vi siano riportati i dati indicati nell'allegato. Gli accertamenti integrativi indicati nella cartella sanitaria e di rischio, vistati e numerati dal medico, devono essere allegati alla cartella stessa. La conservazione dei dati sanitari raccolti deve essere assicurata per 40 anni dalla cessazione del lavoro comportante esposizione ad agenti cancerogeni.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro o di passaggio ad altra azienda, i dati del singolo lavoratore riportati nel registro e la cartella sanitaria e di rischio sono inviati all’organo di vigilanza competente e all'ISPESL. In caso di cessazione dell'attività dell'azienda , di trasferimento o conferimento di attività, i registri e le cartelle sanitarie e di rischio sono trasmessi all’ ISPESL.
La valutazione del rischio da cancerogeni si può riassumere schematicamente in: individuazione delle sostanze cancerogene individuazione degli esposti e delle vie di esposizione misura dell’esposizione confronto con il valore limite (qualora esistente) confronto con i valori di riferimento giudizio di accettabilità
Individuazione delle sostanze cancerogene
Il D.L.vo 66/2000 ha modificato radicalmente il titolo VII del D.L.vo 626/94 mutandone anche il titolo che da "Protezione da agenti cancerogeni" diviene "Protezione da agenti cancerogeni e mutageni". In particolare il decreto ha introdotto le parole "e mutageni" ogni qualvolta nel titolo VII si parlava di "cancerogeni" e poi ha variato molti articoli inserendo concetti nuovi rispetto al passato.
Art. 61 (Definizioni) 1. Agli effetti del presente decreto si intende per: a) agente cancerogeno: 1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni 2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285 (normalmente lo 0.1%)
Art. 61 (Definizioni) 1. Agli effetti del presente decreto si intende per: a) agente cancerogeno: 3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII
Categorie di sostanze cancerogene e relative frasi di rischio Secondo la classificazione della CE (direttiva 93/72/CEE) le sostanze cancerogene sono suddivise in tre categorie: • Categoria 1:sostanze note per gli effetti cancerogeni sull’uomo. Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione e lo sviluppo della neoplasia. Simbolo:molto tossico (T+) Frasi di rischio:R45 (può provocare il cancro) R49 (può provocare il cancro per inalazione) • Categoria 2: sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l’uomo. Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione possa determinare l’insorgere della neoplasia in generale sulla base di:-adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali-altre informazioni specifiche. Simbolo:tossico (T) Frasi di rischio:R45 (può provocare il cancro) R49 (può provocare il cancro per inalazione)
Categoria 3:sostanze da considerarsi con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sull’uomo. Le informazioni disponibili non sono sufficienti per stabilire la correlazione diretta tra esposizione e comparsa della neoplasia. Simbolo:nocivo Xn Frasi di rischio:R68 (possibilità di effetti cancerogeni-prove insufficienti) Una sostanza viene inserita nelle categoria 1 di cancerogenicità in base ai dati epidemiologici. La collocazione nella categoria 2 si basa fondamentalmente su esperimenti sugli animali e su dati sulla genotossicità, studi metabolici o biochimici, induzione di tumori benigni, analogia strutturale con altre sostanze cancerogene note e studi epidemiologici.
Categorie di sostanze mutagene e relative frasi di rischio Secondo la classificazione della CE (direttiva 93/72/CEE) le sostanze mutageneche hanno rilevanza ai fini della legislazione attuale sono divise in due categorie: Categoria 1:sostanze note per gli effetti mutageni sull’uomo. Esistono prove sufficienti per stabilire un nesso causale tra l’esposizione e lo sviluppo di alterazioni genetiche ereditarie Simbolo:molto tossico (T+)Frasi di rischio:R46 (può provocare alterazioni genetiche ereditarie) Categoria 2: sostanze chedovrebbero considerarsi mutageneper l’uomo.Esistono elementi sufficienti per ritenere verosimile che l’esposizione possa provocare lo sviluppo di alterazioni genetiche ereditarie, in generale sulla base di:-adeguati studi a lungo termine effettuati sugli animali-altre informazioni specifiche.Simbolo:tossico (T)Frasi di rischio:R46 (puòprovocare alterazioni genetiche ereditarie)
Un preparato, come previsto dal D. Lgs. 285/98, è considerato cancerogenoe/o mutageno quando contiene almeno una sostanza cancerogena e/o mutagena in percentuale maggiore o uguale allo 0,1%, salvo limiti diversi e specifici di cancerogenicità riportati nella scheda delle singole sostanze nell’Allegato I alla Direttiva 67/548 CEE e succ. mod.Le frasi di rischio associate sono: • R45(può provocare il cancro) • R49(può provocare il cancro per inalazione) • R46(può provocare alterazioni genetiche ereditarie)
Categorie di sostanze cancerogenee mutagenee relative frasi di rischio • Responsabili delle informazioni contenute nell’etichetta e nella scheda di sicurezza dei prodotti chimici sono i responsabili dell’immissione sul mercato (fabbricante, importatore, distributore o fornitore) che devono essere in grado di stabilire se una sostanza o un preparato èclassificato cancerogeno e/o mutageno; gli stessi hanno l’obbligo di diffondere nella maniera piùchiara possibile tale informazione.
Art. 72 (Adeguamenti normativi) 1. La Commissione ConsultivaTossicologica Nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi
Art. 72 (Adeguamenti normativi) • 2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale: • a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni; • b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1
Allegato VIII - ELENCO DI SOSTANZE, PREPARATI E PROCESSI 1. Produzione di auramina col metodo Michler. 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro (1). (1) Un elenco di tipi di legno duro figura nel volume 62 delle monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana "Wood Dust and Formaldehyde" pubblicato dal Centro internazionale di ricerca sul cancro, Lione 1995
Sono escluse dal D. Lgs. 626, o meglio sono normate separatamente, alcune sostanze cancerogene che erano, già prima del decreto, sottoposte a particolari normative e precisamente: ¤ Benzene (Legge n. 245/63) ¤ CVM - Cloruro di vinile monomero (D.P.R. 962/82) ¤ Amianto (D.Lgs. 25/7/2006, n. 257) ¤ 2-Naftilammina e suoi sali, 4-Amminobifenile e suoi sali, Benzidina e suoi sali, 4-Nitrobifenile (D. Lgs. 77/92 e per le ammine aromatiche in generale le circolari del Ministero del Lavoro 46/79 e 61/81) ¤ Le radiazioni ionizzanti
Mentre il D.L.vo 626/94 definiva con chiarezza come cancerogene le sostanze che avevano frase di rischio R45 e R49 secondo l'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE o quelle di cui all'allegato VIII del decreto, il D.L.vo 66/2000 individua i cancerogeni in base alla rispondenza "ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie cancerogene l o 2" (Art. 61), anche se all'art. 72 comma 2b si dice che la Commissione consultiva tossicologica nazionale (CCTN) pubblicherà un "elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1". E' però ovvio che l'elenco della CCTN non esaurisce quanto previsto dall'Art. 61, anche perché allo stato attuale non esiste.
In conclusione per l'individuazione delle sostanze cancerogene non esiste un metodo univoco, ci sembra però ragionevole affermare che nei casi incerti si possa anche ricorrere alla classificazione data dai produttori (che sono obbligati a classificare la sostanza con la frase di rischio opportuna, indipendentemente dal fatto che l'Unione Europea la abbia o meno inserita nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE). Di conseguenza una sostanza è da considerarsi cancerogena se:
a) compare nella lista di cui all'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE con la frase di rischio R45, R49 oppure R46; • b) è una delle sostanze o delle lavorazioni di cui all'allegato VIII del D.L.vo 626/94 come modificato dal D.L.vo 66/2000; • c) viene etichettata dal produttore con frase di rischio R45, R49 oppure R46; • d) è classificata nelle categorie 1 o 2 della lista IARC, della ACGIH, del NTP o è classificata cancerogena dall'EPA (solo per i cancerogeni) • e) viene etichettata da produttori di sostanze pure per laboratorio (che sono molto conservativi) con frase di rischio R45, R49 oppure R46
Infine, un metodo non ortodosso ma efficace per individuare le sostanze cancerogene è quello di consultare la classificazione che danno i produttori di standard per laboratorio che sono estremamente attenti alla classificazione secondo quanto emerge nel tempo nella letteratura scientifica internazionale. E' quindi probabile che i loro cataloghi riportino le frasi di rischio R45 o R49 ben prima che siano accolte da altri enti.
Individuazione delle sostanze cancerogene
Articolo 234: Definizioni Agli effetti del presente decreto si intende per:a) agente cancerogeno:1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato XLII, nonchè una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato XLII;
Allegato XLII • 1. Produzione di auramina col metodo Michler. • 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. • 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. • 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. • 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro (1). • (1) Un elenco di tipi di legno duro figura nel volume 62 delle monografie sulla valutazione dei rischi cancerogeni per la salute umana "Wood Dust and Formaldehyde" pubblicato dal Centro internazionale di ricerca sul cancro, Lione 1995
b) agente mutageno:1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285; c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.
Individuazione degli esposti e delle vie di esposizione
E' indiscutibile che quando nel ciclo produttivo si utilizzano o si producono sostanze con frasi di rischio R45, R49 o che corrispondono ad uno dei requisiti prima dettagliati esiste una possibile esposizione a cancerogeni. Ciò però non basta, occorre analizzare molto bene il ciclo produttivo poiché una sostanza cancerogena si può formare durante la lavorazione anche se non era presente all'inizio.
Ci sono infine sostanze cancerogene che sono ubiquitariamente presenti negli ambienti di vita e di lavoro, quali ad esempio gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) che si formano durante i processi di combustione incompleta (ad es. sono sempre presenti nei gas di scarico delle auto o dei muletti) e quindi risulta spesso difficile stabilire se la presenza della sostanza è dovuta al lavoro In questi casi, le linee guida del D.L.vo 66/2000 prevedono che la normativa debba scattare quando si dimostra che il lavoro comporta un rischio aggiuntivo di cancro rispetto a quello conseguente alla normale vita non lavorativa. In quest'ottica la valutazione del "rischio aggiuntivo" addebitabile al lavoro viene valutato per confronto con le concentrazioni di tossico presenti negli ambienti di vita (Valore di Riferimento Ambientale) e quelle di tossico e/o metabolita presenti nei reperti biologici della popolazione non esposta professionalmente (Valore di Riferimento Biologico).
Se non si conosce né il valore di riferimento ambientale né quello biologico, si ricorre a stime effettuate misurando la concentrazione di cancerogeno/mutageno aerodisperso in diversi ambienti di vita e/o, meglio ancora, misurando la concentrazione del tossico o suo metabolita nei liquidi biologici di un campione di popolazione generale non professionalmente esposta. Se le concentrazioni di cancerogeni/mutageni e/o di metaboliti riscontrate nell'ambiente di lavoro e nei liquidi biologici degli addetti differiscono significativamente dai valori di riferimento ambientali e biologici si può dire che esiste un'esposizione lavorativa e quindi la necessità di applicare quanto previsto dal D.L.vo 626/94
Individuati gli agenti cancerogeni occorre individuare gli esposti tenendo però conto del fatto che il D.L.vo 66/2000 parla di “addetti potenzialmente esposti” e quindi per escludere alcuni addetti perché non potenzialmente esposti occorre verificare la sussistenza di determinate condizioni di cui le principali in ordine di importanza sono sono: 1) confinamento rigoroso degli ambienti dove sono presenti i cancerogeni 2) presenza di impianti a ciclo chiuso 3) in assenza di ciclo chiuso, la presenza di efficaci impianti di aspirazione o comunque di abbattimento 4) modalità operative che prevedono il divieto di ingresso degli esposti in abiti da lavoro nei locali dove lavorano gli addetti non potenzialmente esposti
VIE DI ESPOSIZIONE Contemporaneamente all’individuazione degli esposti occorre individuare anche le vie di esposizione ovvero verificare se il tossico possa penetrare nell’organismo oltre per la via inalatoria è possibile anche per quella cutanea (si esclude l’ingestione diretta poiché almeno in teoria sui luoghi di lavoro non dovrebbe esistere anche se a volte gli operatori consumano cibi o fumano sul lavoro). A questo proposito si ricorda che il D.L.vo 66/2000 nonché il D.L.vo 25/2002 prevedono esplicitamente la valutazione dell’esposizione attraverso la via cutanea E’ quindi necessario consultare, oltre alle schede di sicurezza, la bibliografia scientifica e tutte le possibili fonti di informazione per verificare la capacità o meno di attraversamento della cute.
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni e/o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni e/o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni e/o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi sia emissione di agenti cancerogeni e/o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni e/o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;
Art. 64. Misure tecniche, organizzative, procedurali 1. Il datore di lavoro: d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni e/o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (oggi sostituito dalle norme UNI allegate al D.L.vo 25/02)
Questo è l’unico caso in cui la legge italiana prevede l’obbligo di misurare la concentrazione di un agente chimico sul luogo di lavoro
Per quanto detto le misure, oltre che di stipo statico, devono caratterizzare l’esposizione e quindi essere di tipo personale seguendo quanto previsto dalle norme allegate al D.L.vo 25/2002 e principalmente da: UNI EN 689/97 Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Guida alla valutazione dell’esposizione per inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limiti e strategie di misurazione UNI EN 481/94 Atmosfera nell'ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per la misurazione delle particelle aerodisperse. e anche se non prevista dal decreto UNI CEN/TS 15279/06 Esposizione negli ambienti di lavoro. Misura dell’esposizione cutanea. Principi e metodi
Infine una corretta valutazione dell’esposizione, specialmente in presenta di passaggio percutaneo, non può prescindere (qualora possibile) dall’effettuazione del monitoraggio biologico che permette una stima dell’assorbimento oltre che dell’esposizione.
Allegato VIII-bis - VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE Peccato che la norma UNI EN 482/98 come pure l'ACGIH non correggono il volume di campionamento nel caso del particolato aerodisperso