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La lingua della politica in Italia. 4. Fascismo e antifascismo. La politica linguistica del Fascismo. L’atteggiamento puristico del fascismo nei confronti della lingua italiana si mosse lungo tre direttrici fondamentali: l’antidialettalismo la lotta contro le lingue delle minoranze
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La lingua della politica in Italia 4. Fascismo e antifascismo
La politica linguistica del Fascismo • L’atteggiamento puristico del fascismo nei confronti della lingua italiana si mosse lungo tre direttrici fondamentali: • l’antidialettalismo • la lotta contro le lingue delle minoranze • il rifiuto dei forestierismi
1. L’antidialettalismo • La battaglia per la sostituzione dell’italiano ai diversi dialetti d’Italia fu condotta soprattutto sui banchi di scuola con la Riforma Gentile e i programmi Ercole del 1934. • Come corollario a questa linea d’intervento si possono citare la crociata fascista contro il lei e a favore del voi (che di fatto andava incontro agli usi meridionali, anche dialettali) e la ricerca di un modello di pronuncia dell’italiano che si risolse in un compromesso tra l’uso fiorentino e quello romano.
2. La lotta contro le minoranze linguistiche • Le misure adottate contro le minoranze linguistiche (per esempio altoatesini e sloveni) furono molto più gravi di quelle messe in atto per contrastare l’uso del dialetto. • I ripetuti sabotaggi delle lingue delle minoranze a scuola si accompagnarono alla soppressione di diversi giornali alloglotti e alla richiesta della conoscenza dell’italiano negli uffici pubblici. • Gli effetti di questi provvedimenti furono pesanti anche in campo politico e sociale: si pensi al perdurare, ancora oggi, della diffidenza delle minoranze linguistiche nei confronti degli italiani.
3. Il rifiuto dei forestierismi • Avviata nel 1923, la lotta contro i forestierismi si accentuò a partire dalla seconda metà degli anni Trenta. • Nel 1940 l’Accademia d’Italia ricevette l’incarico di trovare delle parole italiane in grado di sostituire quelle straniere. Alcune hanno attecchito (assegno per check o chèque), altre convivono tuttora con il vocabolo straniero (rinfresco accanto a buffet), altre ancora non si sono affermate (tassellato per parquet). L’Accademia accettò anche alcuni prestiti integrali (sport, film, tennis, tram). • Tra i provvedimenti adottati contro i forestierismi vanno ricordati anche la soppressione delle scene in lingua straniera nei film, ovvero l’obbligo del doppiaggio (1930), e la legge contro l’uso di termini stranieri nell’intestazione delle ditte e nella pubblicità (1940).
Un bilancio della politica linguistica fascista • La politica linguistica portata avanti dal Fascismo dette buoni risultati finché durò il Regime ma non riuscì a imporsi in modo duraturo. Questo avvenne non solo per la mancanza di una pianificazione organica (si trattò perlopiù di provvedimenti isolati) ma anche per la contraddizione tra la lotta contro il dialetto (ma a favore del voi) e la ricerca del consenso delle classi popolari e soprattutto di quella contadina (che com’è noto era all’epoca in prevalenza dialettofona e analfabeta).
La lingua dei discorsi di Mussolini • L’identificazione della lingua della politica fascista con quella dei discorsi di Mussolini potrebbe sembrare riduttiva ma è innegabile che il Duce abbia influenzato, anche linguisticamente, i compagni di partito e i suoi sottoposti. Del resto, gli stessi giornalisti dell’epoca ricevevano veline scritte da Mussolini e a quelle si attenevano nella stesura dei loro articoli.
La lingua dei discorsi di Mussolini • Preliminarmente, si dovrà richiamare il retroterra del linguaggio fascista o mussoliniano, composto non solo da oratori di grande carisma e fama come Carducci e D’Annunzio (specie quello fiumano) ma anche dalla stampa sindacalista antidemocratica e nazionalista. • Grande importanza ha poi il legame fra linguaggio fascista e linguaggio socialista: il primo, per scelta consapevole di Mussolini, si costruisce come l’antitesi del secondo.
La lingua dei discorsi di Mussolini • Mussolini si dimostra capace di adattare il proprio linguaggio alle diverse situazioni comunicative, ai diversi contesti. • L’oratoria parlamentare mussoliniana presenta generalmente toni più pacati rispetto a quelli riservati dal Duce ai comizi e ai bagni di folla. Questa differenza non va però enfatizzata: si pensi al celebre discorso alla Camera del 16 novembre 1922 («Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento»).
La lingua dei discorsi di Mussolini • Sul piano della sintassi, la prosa mussoliniana fa uso di frasi brevi, con preferenza per la giustapposizione (rispetto a coordinazione e subordinazione). • Questo permette a Mussolini di creare slogan lapidari che hanno un grande potere di fascinazione sull’uditorio («Credere obbedire combattere», «Molti nemici molto onore»). • Abbondano inoltre le frasi esclamative e le interrogative retoriche che sollecitano la reazione del pubblico. • L’uso insistito dei deittici e del pronome di prima persona rientra nelle strategie testuali messe in campo per creare un rapporto fiduciario con il destinatario.
Lessico mussoliniano • Mussolini fa un uso assai limitato di tecnicismi ai quali vengono preferiti termini aulici come i frequenti latinismi che alludono a un mito tipico dell’ideologia fascista: quello della Roma imperiale. • Da segnalare sono poi l’uso spregiudicato degli affissi (riformaiolo, ultrascemo, borghesoide) e il ricorrere di parole chiave agitatorie (vibrare, forgiare). Questo lessico ridotto e di altissima frequenza concorre all’azione di “martellamento” su uditori e lettori.
Lessico mussoliniano • I campi semantici ricorrenti nei discorsi di Mussolini sono molti. Ecco i principali: • magnetismo (magnetico, ipnotizzare) • vitalismo e virilità (maschio aggettivo, possente) • robustezza e forza travolgitrice (poderoso, veemente, vulcanico, valanga, marea) • grandezza e difesa (gigante, diga, baluardo) • guerra (falange, legione, manipolo) • coraggio (intrepido, impavido vs. imbelle) • misticismo e religione (apostolo, messia, sacrificio) • mitologia e mito di Roma in particolare (gladio, littorio, imperiale, latinità, Lupa) • rinascita e rinnovamento (rifiorire, rinnovare, rifoggiare) • moralismo e culto della famiglia (onore, operosità, ordine e disciplina) • iperboli spregiative per indicare i nemici (rettili, sanguisughe)
Retorica mussoliniana • Gli artifici retorici adottati da Mussolini nei suoi discorsi vanno quasi tutti nella direzione dell’enfasi e dell’accumulo. • Per la lingua di Mussolini possiamo chiamare in causa non solo le funzioni conativa ed emotiva, ma anche quella poetica. Basti pensare all’importanza (del tutto inedita) assegnata dal Duce agli effetti fonico-ritmici.
Retorica mussoliniana • Le principali figure retoriche riconoscibili nei discorsi di Mussolini sono: • metafore e similitudini medico-fisiche (il partito come organismo), religiose (missione, martire, asceta) e belliche (serrate falangi, le redini del proprio destino). • Iperboli e sintassi dilemmatica (o Roma o morte) • Accumulo e abbondanza di aggettivi • Antonomasia • Prosopopea (o personificazione) • Ritmo ternario • Metonimia (l’ala italiana per ‘l’aviazione italiana’)
La lingua dell’antifascismo • Gli antifascisti come Togliatti e le personalità comunque lontane dal Fascismo come De Gasperi, pur nella diversità degli accenti e delle posizioni politiche, esprimono un’idea di lingua e di stile opposta a quella proposta da Mussolini nei suoi discorsi. • Si tratta di una lingua che rifiuta la retorica e l’enfasi e che si àncora invece a una struttura del discorso saldamente argomentativa e razionale. • Possiamo dire che se il Fascismo usa (e abusa) delle tecniche tipiche del discorso politico polemico, l’antifascismo predilige quelle del discorso politico didattico (senza dismettere del tutto le prime).
Alcide De Gasperi • Esponente storico della Democrazia Cristiana, De Gasperi mantiene nei suoi discorsi un tono distaccato che si addice all’esposizione di verità oggettive, spesso presentate in forma di sentenze lapidarie ed ermetiche. • L’avvicinamento attanziale è ottenuto mediante l’uso degli avverbi deittici e dei pronomi di prima persona. • L’uso frequente di citazioni e metafore di provenienza letteraria e scritturale (Bibbia e Vangeli) contribuisce a conferire ai discorsi un tono solenne e quasi sacrale. • Lo stile è sempre sobrio e misurato e fa appello a concetti chiave come servizio e lealtà.
Palmiro Togliatti • Il capo del Partito comunista viene ricordato anche per lo stile lucido e tagliente dei suoi discorsi che hanno un andamento geometrico e didascalico, anche grazie all’uso di lessico scientifico. • Le tecniche argomentative sono di matrice forense (Togliatti era soprannominato “giurista del Comintern”). • Il periodare è asciutto ed è raro imbattersi in una subordinazione complessa. • I temi prediletti sono quelli del dovere e della responsabilità.