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Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente:

Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente: Teoria computazionale - rappresentazionale della mente Cognizione: elaborazione di rappresentazioni

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Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente:

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Presentation Transcript


  1. Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente: Teoria computazionale-rappresentazionale della mente Cognizione: elaborazione di rappresentazioni Le rappresentazioni sono il materiale minimale dei processi cognitivi, intesi come information processing. Il processo di elaborazione delle rappresentazioni è guidata da regole.

  2. Esempio paradigmatico di una teoria computazionale di processi cognitivi: la teoria della VISIONE David Marr (1945-80): Figura centrale, sia per la sua specifica teoria computazionale della visione sia per la sua riflessione epistemologica. Infatti, nella teoria di Marr, non è sufficiente analizzare semplicemente l’aspetto neurofisiologico del fenomeno visivo per comprenderne la struttura. L’analisi di Marr individua invece 3 livelli di analisi necessari per comprendere il fenomeno della visione: il livello computazionale Il livello algoritmico Il livello implementativo

  3. Livello computazionale Organizzazione funzionale (in sottosistemi) della visione nell’ambito del sistema cognitivo nel suo complesso ------------------------------------------------------------------------------------------ Livello algoritmico Specificazione degli algoritmi eseguiti dai sottosistemi individuati al livello computazionale ------------------------------------------------------------------------------------------ Livello implementativo Specificazione della struttura neurale che esegue gli algoritmi ------------------------------------------------------------------------------------------ Obiettivo della teoria di Marr: spiegare come si si determina la forma tridimensionale di un oggetto, a partire da un’immagine bidimensionale come quella che si forma sulla retina.

  4. In sintesi, la teoria di Marr descrive un processo di riconoscimento visivo di un oggetto attraverso 3 fasi: Schizzo primario: valore di intensità di ogni punto e loro distribuzione e organizzazione Schizzo a 2-1/2-dimensioni: proprietà delle superfici visibili in un sistema di coordinate centrato sull’osservatore Rappresentazione 3-dimensioni: rappresentazione in un sistema di coordinate centrato sull’oggetto

  5. Importante: tutte e tre le fasi nella teoria di Marr sono descrivibili in termini computazionali. Queste fasi sono simulabili mediante computer e realizzabili in un processo di visione artificiale, che risulta così sostanzialmente analoga a quella naturale.

  6. Aspetticherendono la teoria di Marr un esempioparadigmatico di scienzacognitiva ‘classica’: Funzionalismo I livellihanno un certogrado di autonomial’unodall’altro RealizzabilitàMultipla • Moltialgoritmidiversipossono in linea di principio eseguirecomputazionalmente lo stessocompito • Cisonomoltimodidifferenti di implementare un datoalgoritmo • Relativaindipendenza dal livelloimplementativo (es. biologico)

  7. Alan Turing e l'IA Alan Turing, ideatore di uno dei principali modelli di calcolo (chiamati in suo onore Macchine di Turing), ha svolto anche un ruolo filosofico importante nello sviluppo dell’IA. Egli infatti ha scritto un articolo ‘qualitativo’ intitolato Macchine calcolatrici e intelligenza (1950), nel quale il problema del rapporto tra menti e macchine è analizzato mediante un esperimento ideale (il ‘gioco dell’imitazione’).

  8. A. Turing, Macchine calcolatrici e intelligenza (1950) Domanda M “Possono pensare le macchine?” Invece di tentare di rispondere dopo un’analisi del significato dei termini “macchina” e “pensiero”, Turing propone di sostituire questa domanda con un’altra, che presuppone un esperimento ideale (detto gioco dell’imitazione).

  9. Gioco dell’imitazione  Test di Turing A C (“interrogante”) B A e B sono un uomo e una donna. C non sa qual’è l’uomo e quale la donna: lo scopo del gioco consiste nell’indovinare mediante una serie di domande adeguate.

  10. Ora la domanda M “Possono pensare le macchine?” può essere sostituita dalla domanda M* “Cosa accade se una macchina prende il posto di A?” C “interrogante” B

  11. “Sarà dato per scontato che la migliore strategia per la macchina sia quella di provare a formulare le risposte che sarebbero date istintivamente da un uomo.” (p. 169)

  12. Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente  Teoria computazionalee rappresentazionale della mente (cognizione come elaborazione computazionale di rappresentazioni) Questo approccio risulta fecondo per aspetti importanti - filosoficamente neutrale (niente problema mente-corpo) - concettualmente economico - fondato sul potente apparato formale della teoria della computazione ma solleva anche vari problemi, sia 'tecnici' sia 'fondazionali'.

  13. Due classi di problemi determinati dall'approccio computazionale, funzionalista e e simbolico allo studio della mente e della cognizione: - Problemi tecnici, legati alla limitata efficacia dell'approccio computazionale nei confronti di determinati problemi cognitivi (questi problemi sono stati accentuati dallo sviluppo delle conoscenze neuroscientifiche sulle proprietà e comportamento del cervello); - Problemi filosofici, legati a una serie di implicazioni discutibili dell'approccio funzionalista alla mente e alla cognizione.

  14. Problemi tecnici per una concezione funzionalista (computazionale) della mente e della cognizione La metafora della mente come computer è efficace rispetto a compiti cognitivi 'difficili' e astratti, ma è in estrema difficoltà rispetto a compiti cognitivi che per un essere umano sono semplici e quasi banali (riconoscimento di oggetti, capacità di coordinazione sensomotoria, …). Non di rado, questo sembra dipendere dalle differenze molto rilevanti tra la struttura di elaborazione di un calcolatore e la struttura di elaborazione rappresentata dal sistema nervoso (di cui il cervello è una parte).

  15. Elaborazione parallela Nei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in parallelo: anche se il singolo neurone è 'lento', il parallelismo su grandi masse di neuroni rende possibile risolvere compiti che per un calcolatore seriale sono difficili. Elaborazione distribuita Nei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in modo distribuito su molti elementi, che svolgono tutti la stessa operazione (questi elementi a volte sono lontani tra loro). Apprendimento I sistemi nervosi non vengono programmati ma apprendono dall'esperienza. Un apprendimento stabile corrisponde al rafforzamento delle connessioni con cui i neuroni comunicano.

  16. Da queste proprietà osservate del sistema nervoso nasce l'idea delle reti neurali artificiali, che sono dei sistemi di elaborazione del'informazione ispirati alla struttura neurale biologica.

  17. Ambiente esterno RETI NEURALI ARTIFICIALI Unità di output Unità nascoste Unità di input Ambiente esterno

  18. Computer / Reti neurali  Discreto / Continuo Simbolico / Non-Simbolico I calcolatori (basati sul modello delle MT) sono sistemi di elaborazione dell'informazione simbolici e discreti: essi funzionano cioè sulla base di un alfabeto discreto di simboli e della loro lettura e trasformazione. Le reti neurali sono invece sistemi di elaborazione dell'informazione non simbolici e continui: essi non possiedono alcun alfabeto ma elaborano un segnale dotato di una determinata intensità.

  19. Problemifilosofici per una concezione funzionalista (computazionale) della mente e della cognizione Qualunque prospettiva funzionalista sulla mente è principalmente sintattica e simbolica: ma in che modo le ‘rappresentazioni’ – che sarebbero il materiale di base dei processi cognitivi – assumono un significato?

  20. È il cosiddetto symbol grounding problem (l'espressione è dello scienziato cognitivo Stevan Harnad): come e dove nasce la semantica delle rappresentazioni? Si tratta di un problema molto difficile per le scienze cognitive, in particolare per quelle che si occupano di costruire sistemi cognitivi artificiali.

  21. In una prospettiva computazionale e funzionalista, il symbol grounding problem è una questione difficile da risolvere: l’elaborazione di rappresentazioni viene concepito come un processo in larga parte simbolico, e come tale indifferente al piano dei significati. In questo senso, il symbol grounding problem rappresenta un punto critico dell’approccio computazionale e funzionalista, accanto ad almeno altri due punti: -il problema della coscienza - l’argomento della stanza cinese

  22. Il problema della coscienza Problema della natura degli stati qualitativi e fenomenici della soggettività. Scrive il filosofo della mente David Chalmers nel saggio Come affrontare il problema della coscienza (1995): «La coscienza pone i problemi più sconcertanti nella scienza della mente. Non conosciamo nulla in modo più intimo dell'esperienza conscia, ma non c'è nulla che sia più difficile da spiegare.» [Agostino diceva analogamente – ma con riferimento al problema del tempo: "Quando non me lo chiedono, io so cos'è il tempo, ma quando me lo chiedono, non lo so più."]

  23. Secondo Chalmers, "non c'è un unico problema della coscienza. Il termine coscienza è ambiguo, perché si riferisce a molti fenomeni differenti e ciascuno di essi richiede una spiegazione, sebbene alcuni siano più facili da spiegare che altri." Esistono in realtà, sempre secondo Chalmers, due categorie di problemi della coscienza: i problemi "facili" e i problemi "difficili".

  24. "I problemi facili della coscienza sembrano direttamente soggetti ai metodi correnti della scienza cognitiva, attraverso i quali un fenomeno viene spiegato mediante meccanismi computazionali o neurali." Esempi: - capacità di discriminare stimoli ambientali e di reagire - capacità di accedere ai propri stati interni - controllo del comportamento - differenza tra veglia e sonno - capacità di riferire i propri stati interni ……..

  25. Definire "facili" i problemi in questa categoria significa che possiamo avere un'idea chiara di cosa vorrebbe dire poterli spiegare. Abbiamo cioè un'idea ragionevole di una possibile spiegazione di questi problemi, anche se magari per molti di essi non abbiamo già di fatto una simile spiegazione.

  26. "Il problema davvero difficile della coscienza è quello dell’esperienza. Quando pensiamo e percepiamo c’è un frullio di elaborazioni dell’informazione, ma c’è anche un aspetto soggettivo. Come ha detto Nagel, c’è il com’è [what it is like] essere un organismo conscio. Questo aspetto soggettivo è l’esperienza." [D. Chalmers, Come affrontare il problema della coscienza, in Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi della neuroscienza, Bollati Boringhieri pp. 237-239]

  27. Per (tentare di) affrontare il problema difficile, esistono svariate strategie possibili che si collocano all'interno di due estremi: Dualismo – L'idea che non soltanto la coscienza (fenomenica) esiste ma è di natura non materiale ( dualismo di origine cartesiana) Riduzionismo – L'idea che la coscienza (fenomenica) non esiste e che quando abbiamo spiegato il problema che Chalmers definisce "facile" abbiamo spiegato tutto quello che c'è da spiegare.

  28. Tra questi estremi esiste una grande varietà di concezioni, tra cui vale la pena di ricordarne almeno due. 1) La concezione misterica della coscienza, secondo cui la coscienza è un fenomeno perfettamente naturale, ma di una complessità che eccede le nostre capacità cognitive. Queste capacità possono cioè formulare il problema della coscienza ma non possono risolverlo: secondo l'espressione di Colin McGinn – il filosofo che ha difeso questa concezione – la nostra mente è cognitivamente chiusa rispetto al problema della coscienza.

  29. 2) La concezione – difesa dallo stesso Chalmers – secondo cui la coscienza è un fenomeno perfettamente naturale, nel senso che il suo aspetto fenomenico è un aspetto fondamentale della realtà stessa. Se questo è vero, allora deve essere possibile indagare l'aspetto fenomenico della realtà in modi non troppo diversi da quelli usati per indagare altri aspetti della realtà che riteniamo fondamentali (e Chalmers cita come esempi lo spazio, il tempo, la massa,….).

  30. L’argomento della stanza cinese (John R. Searle, Menti, cervelli e programmi, 1980)  Distinzione IA debole/IA forte IA debole “Secondo l’IA debole, il pregio principale del calcolatore nello studio della mente sta nel fatto che esso ci fornisce uno strumento potentissimo: ci permette ad esempio di formulare e verificare le ipotesi in un modo più preciso e rigoroso.”

  31. IA forte “Secondo l’IA forte, invece, il calcolatore non è semplicemente uno strumento per lo studio della mente ma piuttosto, quando sia programmato opportunamente, è una vera mente: è cioè possibile affermare che i calcolatori, una volta corredati dei programmi giusti, capiscono letteralmente e posseggono altri stati cognitivi.” Test di Turing?

  32. LA STANZA CINESE F1 = scrittura F1 = ideogrammi R1 = regole per legare F1 e F2 F2 = storia F2 = ideogrammi F3 = domande F3 = ideogrammi R2 = regole per scrivere ideogrammi in risposta a ideogrammi in F3 [R1 e R2 sono ‘programmi’]

  33. “Dal punto di vista esterno, cioè dal punto di vista di qualcuno che legga le mie ‘risposte’, le risposte alle domande in cinese e a quelle in inglese sono altrettanto buone. Ma nel caso del cinese, a differenza dell’inglese, io do le risposte manipolando simboli formali non interpretati. Per quanto riguarda il cinese, mi comporto né più né meno che come un calcolatore: eseguo operazioni di calcolo su elementi specificati per via formale.”

  34. “Ora, l’IA forte sostiene che il calcolatore programmato capisce le storie e che il programma in un certo qual senso spiega la capacità di comprendere dell’uomo. [....] Ciò che l’esempio lascia intendere è che, finché il programma è definito in termini di operazioni di calcolo su elementi definiti per via puramente formale, questi elementi non hanno di per sé alcun legame interessante con la comprensione. [....]

  35. “Il fatto è che quali che siano i princìpi puramente formali introdotti nel calcolatore, essi non saranno sufficienti per il comprendere, poiché un essere umano sarà capace di seguire quei princìpi formali senza per questo capire nulla.” Searle, Menti, cervelli e programmi

  36. Intermezzo: Linguistica VS. Filosofia tra la prima metà del XIX secolo e la seconda metà del XX secolo Linguistica Filosofia Studio comparato delle Costruzione e giustificazione lingue storiche e attuali di una teoria della mente

  37. Gottlob Frege e la nascita della LOGICA FORMALE Leggi del pensiero in senso normativo: Rimangono escluse le modalità empiriche di rappresentazione del pensiero, compreso il linguaggio Generale atteggiamento anti-mentalistico (tendenza a separare mente e linguaggio)

  38. “La parola «vero» indica alla logica la direzione, così come «bello» la indica all’estetica e «buono» all’etica. Certo, tutte le scienze hanno come obiettivo la verità; ma la logica se ne occupa in una maniera del tutto diversa. Il suo rapporto con la verità è grosso modo quello che la fisica ha con il peso o con il calore. Scoprire verità è il compito di tutte le scienze: alla logica spetta di individuare le leggi dell’«esser vero»” G. Frege

  39. «È compito della filosofia spezzare il dominio della parola sullo spirito umano svelando gli inganni che, nell’ambito delle relazioni concettuali, traggono origine, spesso quasi inevitabilmente, dall’uso della lingua e liberare così il pensiero da quanto di difettoso gli proviene soltanto dalla natura dei mezzi linguistici di espressione.» G. Frege

  40. Intorno alla metà del XX secolo inizia a cambiare l’atteggiamento dei logici e dei filosofi nei confronti del linguaggio naturale, non più considerato esclusivamente un sistema imperfetto e fonte di equivoci e inesattezze (come avevano fatto filosofi e logici come Frege, Russell e il ‘primo’ Wittgenstein). Un passo importante in questa direzione fu la distinzione, analizzata nell’opera Introduction to Semantics (1942) del logico e filosofo della scienza Rudolf Carnap (1891-1970), tra Sintassi Relazioni puramente simboliche Semantica Relazioni tra simboli e significati Pragmatica Relazioni forma-uso del linguaggio

  41. Grammatica generativa Teoria linguistica elaborata da Noam Chomsky a partire dagli anni ‘50 del XX secolo: esempio particolarmente significativo di teoria cognitiva basata sul binomio regole/rappresentazioni. In questo contesto, la linguistica è lo studio della struttura del linguaggio interpretato come sistema cognitivo.

  42. Tesi generale: il linguaggio è una capacità fondata sulla struttura biologica della specie umana. Implicazione fondamentale: le principali proprietà del linguaggio si collocano in senso primario nella sfera cognitiva e solo in senso secondario nella sfera comunicativa “Uno dei domini empirici nei quali si sono registrati progressi sensibili è lo studio del linguaggio. Per come lo interpreto, il lavoro svolto in linguistica si basa (spesso implicitamente) su una qualche versione della tesi sulla mente/cervello e si inquadra ragionevolmente nella psicologia e, più in generale, nella biologia umana; alcuni studiosi vi hanno fatto riferimento adottando, con motivazioni ragionevoli, il termine biolinguistica”

  43. “L’oggetto di queste ricerche è costituito da alcuni stati specifici in cui si trovano le persone, in particolare il loro cervello; chiamiamo questi stati ‘stati linguistici’. Tali ricerche si propongono di mettere a nudo la natura e le proprietà di questi stati, il loro sviluppo e le diverse forme che possono assumere nonché le loro basi nel corredo biologico innato. Quest’ultimo sembra dar luogo a una ‘facoltà del linguaggio’ che costituisce una delle componenti specifiche delle facoltà mentali più elevate, [...] una ‘proprietà della specie’ che è condivisa, in linea di principio, da tutti gli esseri umani.”

  44. Noam Chomsky (n. 1928) e gli inizi della grammatica generativa Tappe importanti per formazione intellettuale di Chomsky: • Tesi di Carnap sul ruolo dei concetti astratti nella scienza • Tesi di Carnap sull’obiettivo di una ‘scienza unificata’ (scienze naturali & scienze umane) • Influenza del neuropsicologo Eric Lenneberg (1922-1975) - autore di un libro poi intitolato Fondamenti biologici del linguaggio (1967) - sulle basi biologiche del linguaggio • Periodo di insegnamento al MIT (corsi di linguistica, logica e filosofia del linguaggio a studenti di scienze) • Maturazione alla fine degli anni ‘50 di un atteggiamento ‘mentalistico’ e anti-comportamentista

  45. «Una grammatica può essere vista come un dispositivo per produrre enunciati del linguaggio analizzato. Più in generale, i linguisti devono occuparsi del problema di determinare le proprietà fondamentali che sono alla base delle grammatiche efficienti. Il risultato definitivo di queste indagini dovrebbe essere una teoria della struttura linguistica in cui i dispositivi descrittivi utilizzati in particolari grammatiche sono presentati e studiati in modo astratto, senza alcun riferimento specifico a linguaggi particolari.» Chomsky, Syntactic Structure 1957

  46. «[Il libro Syntactic Structures (1957) di Chomsky] è uno dei primi seri tentativi da parte di un linguista di costruire una teoria globale del linguaggio che possa essere intesa nello stesso senso in cui una teoria biologica o chimica è usualmente intesa dagli esperti di quei campi. Non è soltanto una mera riorganizzazione dei dati in un nuovo tipo di catalogo, né un’altra filosofia speculativa sulla natura dell’Uomo e del Linguaggio, ma piuttosto una rigorosa esplicazione delle nostre intuizioni sul linguaggio in termini di un esplicito sistema assiomatico e dei teoremi da esso derivabili, tutti risultati espliciti che possono essere confrontati con nuovi dati e nuove intuizioni, basate chiaramente anch’esse su una teoria esplicita della struttura interna dei linguaggi.» R. Lees (Recensione a Syntactic Structures , 1957)

  47. GRAMMATICA E GRAMMATICA GENERATIVA «L’obiettivo fondamentale nell’analisi linguistica di un linguaggio L consiste nel separare le sequenze grammaticali che sono enunciati di L dalle sequenze agrammaticali che non sono enunciati di L. La grammatica sarà dunque un dispositivo che genera tutte le sequenze grammaticali di L senza generare alcuna sequenza agrammaticale.» Chomsky, Syntactic Structure 1957

  48. L’argomento della «povertà dello stimolo»: La facoltà di linguaggio non può essere appresa semplicemente ‘dall’esterno’, perché nessun input soltanto esterno è sufficiente. «Il linguaggio non è un artefatto culturale che impariamo, così come impariamo a leggere l’ora o come funziona il governo federale. […] Il linguaggio è un’abilità complessa e specializzata che si sviluppa spontaneamente nel bambino senza sforzo conscio o istruzione formale, che viene usato senza la coscienza della sua struttura logica. […] Il termine ‘istinto’, anche se un po’ antiquato, suggerisce che l’uomo sa parlare più o meno nello stesso senso in cui il ragno sa tessere la propria tela.» Steven Pinker, 1997

  49. “Benché si fosse compreso che i processi linguistici sono in un certo senso “creativi”, gli strumenti tecnici per esprimere un sistema di processi ricorsivi semplicemente non erano disponibili fino a tempi molto recenti. Infatti una comprensione piena di come una lingua può [...] ‘fare un uso infinito di mezzi finiti’ si è sviluppata soltanto negli ultimi trent’anni, nel corso di studi sui fondamenti della matematica. Ora che queste conoscenze sono disponibili, si può tornare ai problemi che erano stati sollevati, ma non risolti, nella teoria linguistica tradizionale, e tentare una formulazione esplicita degli aspetti ‘creativi’ del linguaggio” Chomsky, Aspetti della teoria della sintassi, pp. 48-49 Teoria della Computabilità

  50. Consideriamo i seguenti esempi: (1) A me questo film non mi piace (2) A me questo film non piace (3) Marco vuole di mangiare (4) Marco vuole mangiare In questi esempi, la (2) e la (4) sono ‘corrette’ mentre la (1) e la (3) sono ‘scorrette’. Tuttavia la scorrettezza’ della (1) è molto diversa da quella della (3)!

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