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Schopenhauer (approfondimento su corpo e pulsione). prof. Michele de Pasquale. se noi anziché vivere ed essere gli autori della nostra vita, fossimo in realtà vissuti, senza senso e senza scopo, da quella più universale volontà di vita che non vuole altro che la propria autoriproduzione?
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Schopenhauer(approfondimento su corpo e pulsione) prof. Michele de Pasquale
se noi anziché vivere ed essere gli autori della nostra vita, fossimo in realtà vissuti, senza senso e senza scopo, da quella più universale volontà di vita che non vuole altro che la propria autoriproduzione? se quella che i filosofi in ogni tempo hanno chiamato verità altro non fosse che una maschera con cui la ragione ha cercato, da Platone a Hegel, di nascondere l'essenza autentica della realtà, che altro non è che cieca pulsione? per smascherare questo inganno, che per primo denuncia, Schopenhauer risale alle origini del pensiero occidentale "[…] la cui filosofia ha potuto prodursi come discorso veritativo solo rimuovendo il corpo e la cieca pulsionionalità che lo abita. Ciò che ne è nato non è la verità del mondo ,come la filosofia ha sempre preteso di enunciare, ma la rappresentazione che l'anima s'è fatta del mondo, dopo essersi separata dal corpo e dalla sua pulsionalità. Come frutto d una rimozione, la verità dell'anima è dunque un inganno e […] Schopenhauer ne narra l'origine e la storia […]" (Galimberti, da "Storia del pensiero occidentale")
il corpo non è un oggetto tra gli altri, non è una cosa tra le cose, ma la condizione stessa per cui per me c'è un mondo di oggetti, ci sono delle cose, c'è un senso possibile dal punto di vista della fenomenologia corpo e anima non sono affatto due realtà separate ma due diverse modalità con cui, ad esempio, il medico può rapportarsi al paziente: o come persona (psiche) o come organismo (soma) così pure non ci sono realmente due sostanze (rex cogitans e rex extensa), ma un'ambivalenza originaria che può si essere ricondotta (ridotta) all’equivalenza, e quindi all’unità, ma solo a partire dall'intenzionalità di volta in volta emergente: o psichica o corporea
il corpo in quanto tale non è riconducibile all'organismo o allo psichico: entrambe non sono che semplici definizioni concettuali derivanti dall'organizzazione delle scienze, che nulla dicono dell'originaria apertura al mondo del corpo; per questo esse non abitano, e non possono abitare, alcun mondo il corpo invece è la condizione stessa per cui esiste per me un mondo: non è mai in sé, ma sempre aperto su qualcosa d'altro; solo grazie ad esso si dà per me una storia che coincide con l'esperienza corporea: non dico infatti di avere un corpo stanco o di avere il corpo malato, ma sono stanco, sono malato ecc.
la mortificazione del corpo inaugurata dal platonismo e cristianesimo ha trovato il suo proseguimento e la sua radicalizzazione nel sistema delle scienze moderne che Cartesio ha inaugurato e in cui ancora oggi l'Occidente si identifica • l'io dell'uomo sensibilmente intuitivo della vita quotidiana venne spezzato in anima e corpo; • il corpo, da soggetto che esplora con i suoi sensi il mondo, venne risolto in oggetto, relegato nella res extensa, e inteso, al pari di tutti gli altri corpi, in base alle leggi fisiche che presiedono l'estensione e il movimento; • l'anima, sottratta ad ogni influenza corporea, venne pensata come puro intelletto, come ego intersoggettivo nelle cui cogitazioní, rigorosamente eseguite con metodo matematico, c'è ogni possibile senso del mondo e di ogni io personale e soggettivo che abita il mondo da allora ogni produzione di senso non fu piú nell'originario rapporto dell'uomo col mondo, ma l'uomo e il mondo ricevettero il loro senso dalle cogitazioni dell'ego che complessivamente andavano componendo la nuova scienza
“ Nata dall'uomo nel mondo, la scienza s'è cosí trovata con Cartesio a dimenticare la propria origine, e, per effetto della sua impostazione metodologica, a porsi come unica soggettività in grado di fissare il senso esatto di quegli oggetti che erano per essa l'uomo e il mondo. Ora, può la scienza realizzare questo suo intento, o ne è impedita dalle stesse condizioni che la rendono possibile come scienza? Per rispondere a questa domanda partiamo dalla constatazione che l'oggettivazione del mondo, questo presupposto indiscutibile della scienza moderna, ha le sue origini proprio nell'oggettivazione del nostro corpo, nella sua esclusione dall'ambito della soggettività che, con Cartesio, viene sempre piú determinandosi come mens, sive animus, sive intellectus, produttrice di cogitationes indubitabili che fungono da norma delle percezioni sensibili che accompagnano la nostra quotidiana vita nel mondo. Tra l'io umano che abita il mondo e l'ego cogito che ne fissa esattamente le misure, attraverso un'operazione idealizzante che non ci mette a contatto con le cose, ma con le loro forme matematiche, c'è una sola differenza: l'io umano abita un corpo, l'ego cogito è pura mens.” (Galimberti, Psichiatria e Fenomenologia )
“Preparato dall'anima platonica, il cui unico desiderio era quello di liberarsi dal corpo e dal mondo, l'ego cogito di Cartesio è ciò che resta di un'astrazione preliminare che prescinde da tutto ciò che è corporeo e mondano; è un io decorporeizzato e demondanizzato nelle cui funzioni razionali è il senso del mondo e dei corpi che lo abitano. Non è piú il mondo a dire di sé, ma sono le funzioni anticipanti dell'ego a dire che cos'è il mondo; queste funzioni, che sono a loro volta il prodotto del metodo matematico- quantitativo adottato, producono oggetti ideali che valgono come norma per l'interpretazione delle cose reali, per cui conoscere la natura non significa piú osservarla, ma ricondurre le differenze qualitative che essa offre a quell'in-differente quantitativo che è l'indice matematico anticipato dalle funzioni dell'ego. Quest'indice non è qualcosa di reale, ma è un polo ideale, determinabile a priori, che funge da norma per il reale. Privilegiata l'evidenza matematico-ideale prodotta dall'ego attraverso un processo di astrazione dall'esperienza sensibile, si risolve, nell'in-differenza, ogni differenza di quest'ultima a cui si applica, come criterio di verità, l'antico criterio platonico della partecipazione, nel senso che l'esperienza reale è vera se partecipa al modello matematico dell'esperienza ideale; un modello assolutamente identico con se stesso, indifferente a tutte le differenze.” (Galimberti, Psichiatria e Fenomenologia )
diviso dall'anima, il corpo incominciò la sua storia come somma di parti senza interiorità e l'anima come interiorità senza distanze “Due idee chiare e distinte come voleva Cartesio per il quale il termine esistere abbandonò tutta la ricchezza che solitamente gli conferiscono i poeti, per assumere solo due significati: si esiste come cosa o come coscienza, come res extensa o come res cogitans. Ma siccome delle due a pensare era solo la res cogitans, si ottenne un corpo qual è concepito dall'intelletto e non quale è vissuto dalla vita, un corpo in idea non in carne ed ossa, un corpo che ha un male non che sente un dolore, un corpo anatomico, non un soggetto di vita. Costretto a vivere la vita concepita dall'intelletto, il corpo divenne un fascio di processi in terza persona: la vista, l'udito, il tatto, la motilità; per ciascun processo il suo organo, le sue cause, la sua scienza specifica. Non importa se lo stesso Cartesio s'accorse della differenza tra il corpo quale è concepito dall'uso della vita e il corpo quale è concepito dall'uso dell'intelletto. La storia fu tutta per il secondo, e del primo rimase solo un vago ricordo indegno comunque di competere con l'idea di corpo che il pensiero s'era fatto per "chiarezza e distinzione“ (Galimberti, Psichiatria e Fenomenologia )
una volta ammesso il dualismo, il mondo si raccoglie inevitabilmente nel mondo della mente che, per sua natura intrinseca, non richiede alcuna incarnazione corporea, anche perché il corpo è ridotto a una semplice rappresentazione oggettiva, identica alla rappresentazione che la mente si fa di tutti i corpi dal corpo non piú vissuto, ma visto; dal corpo non piú soggetto, ma oggetto, nasce l'oggettivazione del mondo, un mondo che non è piú per noi, perché è in sé
il corpo è incompatibile con lo statuto dell'oggetto perché è costantemente percepito, mentre dall'oggetto posso anche distogliere l'attenzione; perché è sempre con me e mai, come l'oggetto, di fronte a me: la vita del corpo è la sua presa sul mondo “ quando la mente concepisce il corpo tra gli oggetti, il corpo, a differenza degli oggetti, non l'abbandona; quando tenta di disporlo, come tutti gli oggetti, sotto il suo sguardo, il corpo le sfugge perché non è, come tutti gli oggetti, di fronte a lei, ma con lei; quando tenta di toccare gli oggetti s'accorge di non poterlo fare se non col corpo, e se con una parte del corpo tenta di toccarne un'altra ne nasce un abbozzo di riflessione dove chi tocca e chi è toccato riflessivamente si sentono; quando infine muove gli oggetti sente di non poter muovere il corpo, ma di potersi muovere solo col corpo .. L'oggetto nasce quando, con gli organi del mio corpo, lo vedo, lo tocco, l'ispeziono, per cui il corpo non è oggetto, ma ciò grazie a cui vi sono degli oggetti. Quando tocco un oggetto lo sento attraverso l'esplorazione del mio corpo, quando tocco il mio corpo mi sento, esplorante ed esplorato. La sensazione non è semplice come tra corpo e oggetto, ma doppia. Col corpo trasporto un oggetto che trovo in un luogo per portarlo in un altro, il corpo non lo trovo in nessun luogo, il corpo è con me. Si muove in vista di una meta che percorre, e che prima d'essere un'oggettiva determinazione spaziale, è un rapporto esplorativo nel mondo ”(Galimberti, Psichiatria e Fenomenologia )
“ Se il corpo è questa originaria apertura al mondo e il mondo è l'ambito che consente al corpo di sentirsi nelle sue possibilità, se gli oggetti nascono da un certo equilibrio che si stabilisce tra la posizione del mio corpo e il mondo che agisce da sfondo per la focalizzazione dell'oggetto, se l'oggettività dell'oggetto nasce dal fatto che, tra tutti i modi con cui le cose si presentano, noi privilegiamo quella "buona" per il nostro corpo, allora si comprende come la realtà oggettiva non sia altro che un'apparenza privilegiata che può essere convenzionalmente utilizzata per misurare tutte le cose, ad eccezione del rapporto corpo-mondo che produce quella misura. La scienza, invece, assolutizzando l'oggettività e dimenticandone la genesi, recide il legame originario del corpo al mondo, in cui si raccoglie tutta la nostra vita, per sostituirvi l'idea chiara e distinta dell'oggetto in sé e del soggetto come pura coscienza in cui nessuno può ritrovarsi se non astraendosi dal mondo della vita.” (Galimberti, Psichiatria e Fenomenologia )