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Vantaggi del canale indiretto

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Vantaggi del canale indiretto

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  1. 4. imprese nazionali (dello stesso mercato dell’impresa produttrice) specializzate nelle esportazioni = la vendita all’estero è affidata a un grossista/dettagliante (es. vendite oltre-confine in Friuli-Venezia Giulia affidate ad imprese import/export con sede a Trieste). A volte si creano consorzi ad hoc • 5. imprese di consulenza e di engineering = imprese di intermediazione nel settore delle grandi opere edilizie o costruzioni complesse (comprano macchinari nel paese di origine e li vendono al committente estero)

  2. Vantaggi del canale indiretto • 1 riduzione del rischio commerciale (che è affidato ad altri) • 2 Prezzi di vendita più bassi (ceteris paribus) grazie ai risparmi nei costi di gestione della rete distributiva • 3 probabilità di conquistare più ampie quote di mercato grazie all’utilizzo del network distributivo dell’intermediario • 4 l’impresa intermediaria in genere è dotata di buone capacità finanziarie e può contribuire a risolvere eventuali problemi di liquidità dell’impresa produttrice

  3. Svantaggi del canale indiretto • Mancanza di contatto diretto con il compratore finale e conseguente difficoltà di attribuire eventuali cali di domanda alla giusta causa (asimmetria informativa tra produttore e intermediario) • Assoggettamento al potere contrattuale dell’intermediario che può ottenere margini superiori rivolgendosi a più produttori in competizione; rischio per l’impresa produttrice di essere estromessa dal mercato estero

  4. Molti intermediari si focalizzano sull’ottenimento di margini nel breve periodo  spesso si rifiutano di distribuire l’intera gamma di prodotti di un’impresa straniera con potenziali danni per l’immagine di marca • Due alternative: 1) partecipazione del produttore ai costi necessari a sostenere la distribuzione dell’intera gamma di prodotti, o 2) entrata diretta nel mercato estero con propria rete per conquistare un buon livello di penetrazione commerciale e successivamente ritornare alla mediazione dell’intermediario

  5. Il canale diretto L’impresa vende a un operatore del mercato estero senza passare attraverso intermediari. L’impresa può adottare questa opzione quando voglia presentarsi sui mercati esteri con un proprio marchio e in generale quando voglia avviare una politica di presenza stabile sui mercati esteri o quando i prodotti richiedono assistenza post-vendita qualificata (i.e., che necessità per l’assistenza di informazioni in esclusivo possesso del produttore).

  6. Tipologie di canali diretti • 1. Forza di vendita del produttore = viene mandata all’estero su base periodica o permanente (ufficio di rappresentanza) • 2. Agente di vendita = imprenditore legato all’impresa produttrice da un contratto di natura continuativa con pagamento a quota fissa e quota di provvigioni sul volume d’affari realizzato • - agente non esclusivo = raccoglie ordini per contro dell’impresa produttrice, ma non gestisce scorte e non assume rischi finanziari. Più agenti possono operare nello stesso paese. I costi per il produttore sono proporzionati ai volumi realizzati

  7. - agente esclusivo = E’ l’unico a occuparsi della gamma dei prodotti dell’impresa (può costare molto e se non è efficiente si corrono rischi di perdere quota di mercato) • Broker = è pagato solo se fa concludere l’affare (configura una forma di canale diretto che si avvicina al canale indiretto) • 3. unità operativa all’estero = filiale/branch (senza personalità giuridica), consociata (con personalità giuridica)

  8. La consociata • A) ufficio di rappresentanza = mantiene i rapporti con il mercato e con i consumatori, la distribuzione è affidata a una rete di distribuzione locale • B) Importazione = importa dalla “casa madre” e distribuisce in proprio ai grossi compratori. Gestisce direttamente l’attività degli agenti che si occupano dei piccoli compratori

  9. C) import-distribuzione-assistenza post-vendita = gestisce direttamente la distribuzione e vende sia a dettaglianti sia a utilizzatori finali. Organizza assistenza post-vendita • D) produzione-distribuzione-assistenza post-vendita = la consociata può aprire propri stabilimenti di produzione con i quali alimenta la rete di distribuzione • E) acquisto di un’impresa di distribuzione locale Utilizzatore finale = l’impresa vende direttamente all’acquirente finale (molto utilizzata nel settore dei beni strumentali). L’assenza di intermediazione è conveniente per entrambe le parti

  10. I vantaggi del canale diretto • Possibilità di sviluppare un’ottica di lungo termine = spesso gli intermediari sono interessati a massimizzare le vendite nel breve periodo a scapito della costruzione di buoni rapporti con la clientela; questo può far sì che molti clienti non siano spinti a un secondo acquisto • Impiego di personale = il personale impiegato nella distribuzione dipende direttamente dall’impresa  maggiore conoscenza delle caratteristiche del prodotto e creazione di un canale informativo diretto tra impresa produttrice e mercato finale

  11. I vantaggi del canale diretto (continua…) • Maggiore libertà di agire su tutti gli elementi del marketing mix in risposta ai segnali provenienti dal mercato • Il canale diretto spesso è l’unica alternativa praticabile in alcuni mercati, a causa dell’assenza di intermediari locali affidabili • Maggiore stabilità alle politiche di penetrazione commerciale, quindi ai flussi di vendita e di produzione (assenza del rischio che l’intermediario passi alla concorrenza) • Immagine di maggiore affidabilità presso il cliente finale (la presenza in loco con proprie agenzie rassicura l’acquirente finale, specie nel caso di beni strumentali che necessitano assistenza e disponibilità di pezzi di ricambio)

  12. I vantaggi del canale diretto (continua…) • Possibilità di adottare una politica selettiva nei confronti dei dettaglianti per rafforzare l’immagine di marca • Possibilità di gestire al meglio la distribuzione di ampie gamme di prodotti ciascuno dei quali richiede tecniche di distribuzione differenti • Risparmio sui margini di guadagno degli intermediari che in alcuni casi sono molto elevati (e.g., trading companies)

  13. Principali svantaggi • Maggiore investimento iniziale e maggiori costi d’esercizio • Maggiore necessità di personale altamente qualificato da mandare sul posto • Maggiore rigidità nei piani di produzione (l’impresa deve collocare una quota di produzione nel mercato estero per recuperare i costi fissi iniziali) • Presenza di barriere all’uscita (possibilità di oneri connessi alla chiusura di filiali e al licenziamento di personale che opera in loco) • Maggiore rischio di ostilità da parte dell’opinione pubblica locale

  14. Il canale concertato L’impresa produttrice prende accordi per gestire insieme ad altre imprese o altre organizzazioni l’importazione sul mercato estero e la distribuzione Forme principali: 1. piggyback. Pratica con cui si utilizza il know-how, i capitali, il marchio o altri asset di un’impresa per entrare in un mercato estero. La forma di collaborazione del piggyback è usata per ridurre i rischi di entrata.

  15. Franchising • Consorzi tra imprese con l’obiettivo di: 1) assicurare alle imprese del consorzio la commercializzazione dei prodotti nel mercato estero, 2) assicurare una campagna coordinata di promozione, 3) assistenza post-vendita congiunta • Joint venture nella vendita

  16. Come si sceglie tra i vari canali • Obiettivi dell’impresa = penetrazione stabile nel lungo termine vs. esportazione sporadica. Nel primo caso è consigliabile il canale diretto • Natura del prodotto = prodotti che richiedono assistenza qualificata o di alto valore unitario o che richiedono tempestività nella consegna privilegiano il canale diretto • Compratori = numero, rilevanza e comportamento d’acquisto (preferenza verso l’acquisto presso la rete distributiva del produttore)

  17. Come si sceglie tra i vari canali (continua…) • Concorrenza = in alcuni mercati può essere necessario entrare con le stesse modalità della concorrenza • Efficienza ed affidabilità degli intermediari disponibili • Rapporto tra costi, utili investimenti e rischi

  18. Tipologie di costi da considerare • Tipologie di costi: 1) costi iniziali (analisi domanda e concorrenza, ricerca partner locali, selezione del personale, ricerca e valutazione di agenti e intermediari) 2) costi di gestione del canale (diretto = organizzazione, gestione del personale, promozione; indiretto = spartizione dei margini con intermediari) 3) costi di logistica = trasporti, gestione dei magazzini, gestione di procedure doganali

  19. Come si sceglie tra i vari canali (continua…) • Stadio di sviluppo del mercato = i mercati di paesi in via di sviluppo si caratterizzano per avere numerosi punti vendita di piccole dimensioni. In questi casi può essere inevitabile il ricorso a un grossista/intermediario • Copertura geografica = è importante valutare il rapporto tra margine richiesto dall’intermediario e grado di copertura del territorio

  20. Capitolo 15 La scelta dei canali di distribuzione nei mercati esteri

  21. Il canale di distribuzione Per canale di distribuzione si intende la successione di passaggi che avviene tra l’impresa produttrice e il consumatore o utilizzatore finale. I tipi di imprese intermediarie sono due: 1) grossista 2) dettagliante

  22. Canale lungo (due intermediari) Impresa di produzione dettagliante acquirente finale grossista L’impresa produttrice non ha alcun contatto con il compratore finale. Non sostiene In proprio i costi di distribuzione ma al contempo non ha alcuna possibilità di sviluppare un contatto con il compratore finale Chi lo utilizza: piccole imprese che vendono all’estero o grandi imprese su mercati meno importanti dal punto di vista strategico

  23. Canale medio (un intermediario) Impresa di produzione dettagliante acquirente finale Rispetto al canale lungo, l’impresa si avvicina maggiormente all’acquirente finale, potendo quindi ottenere più informazioni. Inoltre la fornitura al cliente finale è più rapida. L’impresa però sostiene costi legati al mantenimento di scorte e al mantenimento del rapporto con i dettaglianti

  24. Canale corto Impresa di produzione acquirente finale L’impresa prende contatto con il compratore finale attraverso una propria rete di distribuzione. È una forma di distribuzione molto costosa, adottabile da imprese che vendono prodotti di largo consumo in forti volumi o beni che richiedono assistenza post-vendita. Per ridurre l’incidenza dei costi fissi della rete di distribuzione le imprese Possono decidere di distribuire anche prodotti complementari ai propri.

  25. Evoluzione dei canali di distribuzione I tre attori principali del canale di distribuzione tendono ad esercitare pressioni per ampliare i proprio margini di guadagno a scapito degli altri attori della catena: • Impresa di produzione=nel caso in cui sia di grande dimensione può richiedere margini più elevati minacciando l’integrazione verticale a valle • Impresa grossista=può integrarsi sia a valle sia a monte • Impresa al dettaglio=con lo sviluppo del mercato tende a crescere di dimensione (processo di concentrazione progressiva) • Acquirente finale = tendono a costituirsi in cooperative per negoziare condizioni di maggior vantaggio nei confronti di dettaglianti o grossisti

  26. Tipologie di punti vendita al dettaglio • Grande dettaglio (grandi magazzini, ipermercati) • Catene di piccoli dettaglianti che si riuniscono in associazioni per gestire alcuni servizi in comune (alimentari, elettrodomestici, abbigliamento) L’obiettivo è quello di escludere il grossista e trattare direttamente con il produttore estero

  27. Tipologie di beni e canali di distribuzione • Beni di consumo = il ruolo strategico chiave è svolto dal dettagliante, che ha il potere di influenzare l’acquisto del consumatore finale. Per i beni durevoli è importante l’assistenza post-vendita e la visibilità della marca • Beni industriali che vengono incorporati nel prodotto finale= l’importatore vende direttamente all’utilizzatore finale oppure a un grossista • Beni strumentali (macchinari) = 1) maggiore avvicinamento tra produttore e utilizzatore finale (soprattutto in caso di investimenti specializzati del produttore), oppure 2) ruolo strategico dell’importatore se l’impresa produttrice estera è di piccole dimensioni

  28. I fattori che influenzano la scelta del canale di distribuzione • 1) strategia di lungo termine dell’impresa = quanto più l’obiettivo di lungo termine è la conquista di una quota di mercato stabile nel mercato target, tanto più converrà avvicinarsi al compratore finale (canale medio/corto) • 2) modelli di comportamento d’acquisto = i modelli di comportamento d’acquisto variano a seconda del paese (es. abbigliamento di lusso in Italia e USA) • 3) segmentazione del mercato = la scelta del canale cambia a seconda del segmento di potenziali compratori che viene prescelto come target

  29. Strategie fondamentali di rapporti con i rivenditori • Intensiva • Massima copertura • Selettiva • Definizione di standard particolari, limitazione dei numero di punti vendita

  30. Strategia competitiva e scelta del canale di distribuzione • Difesa di una posizione di “nicchia” (bassa quota di mercato): selezione di un insieme ristretto di distributori sulla base di parametri relativi al posizionamento del prodotto (es. caso Smart) • Conquista di una elevata quota di mercato: l’impresa seleziona i grossisti più rilevanti e stringe con loro accordi strategici per convincere i dettaglianti a distribuire e promuovere il prodotto. Oppure accordi diretti con i dettaglianti più importanti • Difesa di una elevata quota di mercato: avvicinamento ulteriore al consumatore finale attraverso contratti in franchising o forme di distribuzione innovative (direct marketing); creazione di barriere all’entrata tramite accordi di tipo esclusivo con i dettaglianti

  31. L’evoluzione dei canali di distribuzione • La componente fissa dei costi di distribuzione tende a crescere nel tempo (maggiore pressione alla vendita e alla razionalizzazione delle superfici espositive) • Concorrenza di nuove forme di distribuzione che consentono di “saltare” l’intermediazione tradizionale (es. Amazon,com, DELL computers, E-bay, settore servizi, televendite, Fresh Direct, il mercato della musica digitale e ITunes); Possibili evoluzioni: i musicisti possono “saltare” i distributori rendendo disponibili agli utenti finali il loro prodotto tramite internet. La distribuzione via Internet si sta spostando da prodotti standardizzati (libri e CD) a prodotti non standardizzati

  32. Nuovi formati distributivicon enfasi sul prezzo • Ipermercati e supercenter • Category Dominant • Ampio assortimento su determinati prodotti • Club di acquisto • Intermedi tra dettagl. e grossisti • Value format • Assortimenti limitati, prezzi contenuti Wal-mart, Tesco, Carrefour Toys’r’us, Circuit City, Ikea Price Costco, Sams 99c Only Stores, Lidl

  33. L’evoluzione dei canali di distribuzione (continua…) • Il potere d’acquisto tende a concentrarsi in poche aree densamente popolate (es. Manhattan, Los Angeles) • Polarizzazione crescente tra tecniche di distribuzione multipurpose (basso valore aggiunto) e vendite nei negozi specializzati (alto valore aggiunto) • Crescente uniformità nelle modalità di distribuzione nei paesi avanzati (esistenza di aree dedicate all’abbigliamento esclusivo in tutte le maggiori città europee, USA e asiatiche (es. , Fifth Ave., Via Condotti, Ginza)

  34. Capitolo 16 Cross-border retailing

  35. Cross-border retailing La grandi imprese della distribuzione al dettaglio si espandono sempre più nei mercati internazionali Fattori push  cause di difficoltà nei mercati di origine Fattori pull  particolare attrattività dei mercati esteri

  36. Fattori push • 1) saturazione dei mercati interni= molte imprese si trovano ad operare in condizioni di eccesso di offerta sulla domanda e con elevati costi fissi  convenienza ad entrare in mercati esteri dove la pressione concorrenziale è minore; • 2) forte competizione sul prezzo nelle fasi finali del ciclo di vita del prodotto nei mercati interni (prevalenza di innovazione di processo tesa all’efficienza sull’innovazione di prodotto)

  37. Fattori push (continua..) • 3) incremento della base di azionisti (evoluzione da imprese a proprietà ristretta a public companies) maggiore pressione verso una maggiore reditività del capitale investito che spinge a ricercare opportunità di profitto in mercati esteri • 4) fattori macroeconomici (es. recessione a calo dei consumi) e demografici (es. invecchiamento della popolazione)

  38. Fattori pull • 1) lo sviluppo delle tecnologie ICT maggiore controllo a distanza sulla logistica e sul sistema di approvvigionamento • 2) possibilità di sfruttare economie di scala nella distribuzione grazie alla crescente globalizzazione dei gusti in alcuni settori (scarsa necessità di adattamento della distribuzione ai contesti locali) • 3) prossimità geografica e “culturale” (es. Germania dell’Ovest verso Germania Est e verso paesi dell’Est Europa)

  39. Capitolo 17 Le forme di promozione nei mercati esteri

  40. Promozione Promozione = tutto quanto può informare il potenziale compratore riguardo al prodotto e tutto quanto può indurlo ad acquistarlo Perché investire in promozione? • Perché la promozione serve ad informare il consumatore dell’esistenza di nuovi prodotti • Perché il consumatore deve essere “persuaso” (non sceglie secondo criteri razionali) • Perché l’investimento di risorse in attività di promozione è un segnale di credibilità e solidità • Perché il crescente potere della distribuzione (concentrata) costringe i produttori a pubblicizzare i prodotti per assicurare ai distributori vendite adeguate • Perché in mercati “saturi” o in contrazione, l’aumento o il mantenimento di quota di mercato si può ottenere solo a spese dei concorrenti  la pressione promozionale si intensifica

  41. La principali forme di promozione nei mercati esteri • 1) pubblicità • 2) personale di vendita • 3) incentivi all’acquisto • 4) comunicazioni dirette • 5) fiere nazionali e internazionali

  42. La pubblicità Comunicazione inviata al potenziale compratore attraverso mezzi diversi dalla persona fisica L’impresa ha convenienza a investire in pubblicità se: • Ha una strategia di lungo termine 2) il mercato target è sufficientemente ampio da consentire il recupero dei costi fissi/affondati, 3) il messaggio pubblicitario va a buon fine

  43. PIL e investimenti in pubblicità Esiste una documentata correlazione positiva tra spese pubblicitarie e andamento del PIL. Ragioni: 1) le imprese sono più selettive nell’impostare i programmi di promozione in fase recessiva (perché i consumatori sono più selettivi nell’acquisto); 2) c’è maggiore competizione sul prezzo che spinge le imprese a tagliare i costi (ma i tagli alla pubblicità accentuano la contrazione della domanda), 3) il tasso di innovazione di prodotto è minore in fase recessiva

  44. Principali passi della creazione di una campagna pubblicitaria • 1. capire il mercato, l’uso probabile del prodotto e le aspettative dei consumatori (importante l’appoggio di agenzie locali) • 2. fissare gli obiettivi (creazione di un’immagine di marca e raggiungimento di una certa quota di mercato) e stabilire il livello di spesa per ciascun mercato • 3. definire il target del messaggio pubblicitario: consumatore finale, rivenditore o entrambi? Nel caso del consumatore finale, definire il segmento • 4. scegliere i canali di comunicazione: TV, radio, quotidiani, riviste “generaliste” e riviste specializzate, cartelloni pubblicitari, cinema

  45. Problemi principali La scelta dei canali di comunicazione: bisogna individuare il canale più adatto al segmento di mercato target, ma la disponibilità e l’efficienza dei canali di comunicazione dipendono dallo stadio di sviluppo socio-economico-politico di un paese. Inoltre i costi di utilizzo di uno stesso canale possono variare molto da paese a paese La percezione e comprensione del messaggio dipende molto dalla cultura, dal linguaggio, dalle tradizioni locali

  46. La scelta tra standardizzazione e adattamento del messaggio pubblicitario La scelta di standardizzare il messaggio pubblicitario è rischiosa per una serie di ragioni: • I consumatori “globali” sono in aumento ma sono ancora una percentuale molto esigua della popolazione mondiale • Le abitudini alimentari sono molto diverse da un paese all’altro e sono molto consolidate • Esistono pochi e selezionati canali di comunicazione “sovranazionali” (alcuni grandi quotidiani e la TV via cavo), ma lo sviluppo di Internet sta cambiando le cose • Le norme a tutela del consumatore variano molto da paese a paese (va si va verso una standardizzazione delle norme): la pubblicità comparativa non è permessa in alcuni paesi • I principi etico/religiosi variano a paese a paese e impongono restrizioni

  47. La scelta del nome del prodotto come strumento di comunicazione • Nomi geografici = possono funzionare quando l‘evocazione dell’origine geografica fa parte della strategia di posizionamento del prodotto sui mercati internazionali (Made in Italy per abbigliamento e design, la Francia per formaggi e vini) • Nomi di famiglia = evoca il potere e il glamour della tradizione • Nomi provocatori = Apple, Ipod, Itunes, I…

  48. La scelta tra accentramento e decentramento della campagna pubblicitaria L’impresa può accentrare tutte le decisioni relative all’impostazione della campagna nella casa madre oppure decentrarle a consociate o agenti/intermediari che operano in mercati esteri

  49. Accentramento Quando l’impresa è di grandi dimensioni e può affidare la campagna a una grossa agenzia pubblicitaria con filiali nei paesi targetoppure quando è piccola ma opera in pochi mercati (esigenza di sfruttare economie di scala) Quando il prodotto è molto standardizzato Quando le motivazioni all’acquisto sono simili nei vari paesi Decentramento Quando prevale l’esigenza di adattare il messaggio alle caratteristiche del mercato locale Quando esistono buone agenzie pubblicitarie locali che conoscono le caratteristiche del mercato nonché la cultura e le abitudini dei potenziali compratori

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