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Lo sport degli europei Modelli e sistemi di governance : una comparazione internazionale , Roma , 3 giugno 2014. Dipartimento di Scienze umane, sociali e della salute Uniclam Laboratorio di ricerca sociale. Prof. Nicola PORRO, Uniclam. Una ricerca sui sistemi sportivi europei.
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Lo sport degli europei Modelli e sistemi di governance: una comparazione internazionale, Roma, 3 giugno 2014 Dipartimento di Scienze umane, sociali e della salute Uniclam Laboratorio di ricerca sociale Prof. Nicola PORRO, Uniclam
Una ricerca sui sistemi sportivi europei • Fra la fine del 2010 e i primi mesi del 2013 un gruppo di ricerca italiano, sostenuto da un finanziamento Prin e composto da quattro unità universitarie (coordinatore nazionale prof. Nicola Porro), ha sviluppato una ricerca comparativa sui sistemi sportivi dei Paesi UE. • L’indagine ha coinvolto studiosi appartenenti a 18 università europee e ha prodotto tre pubblicazioni monografiche e numerosi articoli comparsi su riviste nazionali e internazionali. • La sezione della ricerca condotta dall’unità 1 (Uniclam), centrata sul rapporto fra sport e politiche sociali, si è valsa della collaborazione e del costante confronto con il programma OSO dell’Università di Lione, diretto dal prof. Jean Camy.
Parte I. Il modello di analisi. Quattro elementi strategici per spiegare i differenziati tassi di pratica fisico-motoria e sportiva nel contesto UE
ATTORI E DINAMICHE DEL PROCESSO DIREGOLAZIONE DEI SISTEMI SPORTIVI NAZIONALI (CAMY 2013) “CULTURA SPORTIVA” ASSOCIATIVA ISTITUTI DI REGOLAZIONE PUBBLICA “LIBERO MERCATO” CONCORRENZA ISTITUZIONI SPORTIVE UFFICIALI DIALOGO SOCIALE
I modelli di Welfare nel contesto UE (elaborazione da Ferrera 1998, 2004)
L’analisi statistico-descrittiva • La comparazione si è valsa • 1.dei dati ufficiali delle indagini Eurobarometro(sequenza temporale considerata 2007-2010-2013) • 2.delle rilevazioni nazionali (per l’Italia dati Coni, Censis, Istat), talvolta dissonanti con (1) • 3.delle statistiche di fonte Onu proposte dall’Human Development Index (edizione 2013)
La sedentarietà nei Paesi Ue (Eurobarormetro 2013). Indicatori stimati percentualmente.
Rapporto fra pratica relativamente continuativa e generica attività fisica (Eurobarormetro 2013). Indicatori stimati percentualmente. Evidenziati in rosso i Paesi dove il valore indice cresce rispetto al 2010, in verde dove diminuisce
Percentuali relative all’attività secondaria abituale (almeno 5 volte a settimana) in Eurobarormetro 2013. Evidenziati in rosso i Paesi dove il valore indice cresce rispetto al 2010, in verde dove diminuisce
Prime considerazioni • I dati forniti dalle rilevazioni Eurobarometro sono oggetto di non poche contestazioni relative all’ampiezza dei campioni, ai criteri di rilevazione e alla stessa uniformazione linguistica delle domande. • Si possono comunque individuare alcune linee di tendenza: dal 2010 al 2013, malgrado le iniziative promosse in sede UE, il tasso di attività diminuisce (in maniera disomogenea) mentre cresce – anch’esso non uniformemente - quello che misura la pratica (almeno una volta a settimana). • La stima delle attività secondarie (come raggiungere abitualmente in bicicletta il luogo di lavoro) sembra molto condizionata da fattori ambientali e tradizioni culturali e poco riferibile alla configurazione dei ssn. • E’ molto importante però disaggregare per le 5 aree che identificano i diversi regimi di Welfare e i loro ambiti territoriali. • In estrema sintesi si può affermare che (i) la propensione alla pratica non è significativamente correlata ai modelli di regolazione pubblica dello sport; (ii) è debolmente connessa agli indicatori di sviluppo socio-economico; (iii) è invece in nitida relazione con i regimi di Welfare.
Esiste uno sport degli europei? • La comparazione fra ssn europei conferma l’insostenibilità di un presunto ‘modello europeo’, contrapposto al paradigma Usa. Si tratta di un’opposizione che risale al Novecento e non corrisponde più al disegno a mosaico dello sport europeo. • Si può però ripercorrere l’itinerario recente della tematizzazione della pratica nel percorso della costruzione Ue dal Rapporto di Helsinki (1999) alla formulazione dell’articolo 165 del Trattato di Lisbona (2009) che per la prima volta definisce lo sport ‘materia di interesse comunitario’. • Il programma de Coubertin 2010 e le 53 azioni che ne discendono non sembrano però aver dato i risultati sperati e le stesse politiche di sussidiarietà e di uniformazione legale e amministrativa trovano difficoltà a essere sviluppate in presenza di sistemi istituzionali tanto variegati e di competenze distribuite secondo criteri quanto mai difformi. Esemplare il caso della formazione degli operatori sportivi (v. slide 18). • Lo sport si conferma perciò un fenomeno di difficile e controversa regolazione ma allo stesso tempo uno straordinario sensore di processi più profondi, anche di natura culturale (opposizione particolarismovs universalismo; sport di prestazione identitario vs sport per tutti solidaristico; tradizione amatoriale vs avanzata commercializzazione).
Una rappresentazione istituzionale: la Piramide dello sport europeo (UE Commissione 1999)
Il modello della ‘chiesa’ (Scheerder 2007) Elite Alto livello Sport competitivo Sport ricreativo
I sistemi di reperimento delle risorse finanziarie per lo sport nella UE (Oso 2013)
Composizione del finanziamento allo sport negli otto Paesi della UE considerati dalla comparazione (in Oso, Camy2013):in righe gialle max finanziamento privato, in blu max finanziamento pubblico
Addetti al settore sport sul totale della popolazione attiva (Oso, Camy 2013)
L’anomalia italiana nel contesto Ue • Le ‘anomalie’ del caso italiano rispetto agli altri Paesi sono di grande evidenza. Siamo infatti l’unica potenza agonistica internazionale a presentare: • livelli di pratica diffusa deprimenti (attivi, praticanti, attività secondarie) ed elevata sedentarietà (allarma soprattutto l’espansione crescente dell’obesità infantile) • una persistente sottovalutazione dell’educazione motoria e sportiva nei percorsi formativi scolastici • un riconoscimento parziale dello sport dei cittadini in presenza di una delega quasi monopolistica delle competenze in materia sportiva (compreso lo sport per tutti) a istituzioni preposte altrove, quasi ovunque, alla sola performance, come Coni e federazioni.
Il triangolo del Welfare di Evers e Wintersberger (1990), rielaborato in Ibsen e Ottesen (2000) e applicato al sistema sportivo italiano da Porro (2005, 2013) Stato non profit formale pubblico informale profit privato Mercato Società
La ferrea legge dei 4/5… • Disaggregando le aree del triangolo equilatero(slide 20) per l’Italia si hanno 4 sottosistemi: • Quello che possiamo chiamare ‘sport di Stato’ (es. gruppi militari, paramilitari, universitari) genera i 4/5 delle medaglie olimpiche italiane 1992-2012 • Lo sport commerciale (club professionistici) genera i 4/5 del fatturato • Le attività libere informali rappresentano i 4/5 dei praticanti (cfr. Multiscopo Istat) • Il sistema delle società amatoriali in regime non profit organizza i 4/5 delle società sportive
Una difficile governance e un passato che non vuole passare • Nel nostro ssn la stessa configurazione istituzionale è incerta e volubile:i ministeri dello sport conoscono da decenni un’esistenza carsica, soggetta alle ragioni del ciclo politico; • le politiche pubbliche di settore non sono mancate ma si sono concentrate in massima parte sulla regolazione dello sport professionistico; • soprattuttoè mancato il ruolo d’indirizzo dello Stato, che ha delegato le proprie funzioni al Coni sovraccaricandolo di responsabilità e imponendogli oneri organizzativi e gestionali altrove affidati a strutture ad hoc, quasi sempre operanti nell’ambito delle policies di Welfare; • al di là di qualche sortita declamatoria, lo sport di cittadinanza, ispirato all’inclusione sociale anziché alla selezione dei talenti, orientato alla prevenzione sanitaria, all’educazione civica ecc., non pare ancora trovare posto nell’agenda del Welfare. I contributi indiretti e ‘a pioggia’ alla promozione sportiva, veicolati dalle risorse trasferite dallo Stato al Coni, rappresentano un surrogato discutibile di politiche pubbliche inadeguate; • Le competenze attribuite alle Regioni in materia di sport di base (modello tedesco) con la riforma del titolo V della Costituzione hanno prodotto più conflitti di competenza (vedi la questione della ‘legislazione residuale e concorrente’) che decentramento di risorse e competenze. Gli effetti del ciclo economico sugli enti locali ha aggravato la situazione a partire dal 2010.
Il sottosistema delle organizzazioni sportive • Il Coni continua a esercitare una delega funzionale sul sistema dello sport grassroots che rappresenta l’eredità di una stagione trascorsa, talvolta facendo dimenticare i meriti che l’ente olimpico italiano ha avuto nel garantire al movimento sportivo nazionale livelli di eccellenza nella competizione agonistica internazionale. • Il sistema federale, disponendo di una base di reclutamento ristretta (basso tasso di praticanti) ha saputo nel tempo – come dimostra il medagliere olimpico postbellico - massimizzare risorse scarse valorizzando l’expertise tecnica, specializzando le attività di preparazione e promuovendo una selezione dei talenti complessivamente efficace. • Lo sport per tutti costituisce un attore in larga misura privo di adeguata rappresentanza e prigioniero di strutture organizzativa e modelli culturali che lo rendono poco idoneo a intercettare le trasformazioni in atto. • La comparazione con i ssn più avanzati nel contesto europeo suggerisce di aprire una riflessione strategica sui destini del movimento sportivo, individuando come priorità la formazione scolastica, la promozione di politiche pubbliche di settore e il riconoscimento della specificità dello sport per tutti in forme rinnovate, che superino l’imprinting tradizionale della ‘promozione sportiva’.
Una giungla di competenze e di incerte responsabilità • In Francia, ad esempio, le società olimpiche, non olimpiche, scolastiche ed universitarie e le discipline associate godono di un regime di sostanziale autonomia, in relazione più o meno diretta con il Comitato olimpico e sportivo nazionale. Il Ministero è articolato sui ‘quattro pilastri’ e il Comitato olimpico è stato ribattezzato Comitato olimpico e sportivo • In Italia, invece, le federazioni sportive olimpiche sono dal 1999 formalmente costituite come soggetto di diritto privato (con effetti concorrenziali rispetto ad altri attori organizzativi, tipo la promozione sportiva), ma al sistema olimpico è assegnata la rappresentanza dell’intero movimento sportivo nazionale e rendendolo di fatto un soggetto pubblico semimonopolistico, persino a dispetto della riforma che ha interessato il sistema Coni a cavallo fra i Novanta e il Duemila. • Il quadro aiuta, ad esempio, a comprendere perché, in assenza di una precisa responsabilità istituzionale, la formazione motoria e sportiva sia relegata al rango di cenerentola nell’ordinamento educativo.
Processi critici e mutamento culturale • Nei fatti la mancata presa d’atto della crescente diversificazione culturale e della differenziazione funzionale fra diverse tipologie di sport si traduce in: • (i) disuguale distribuzione delle risorse pubbliche fra alta prestazione e sport di base, • (ii) freno al processo di emancipazione del sistema dello sport di cittadinanza dall’obsoleto modello della promozione sportiva, prodotto storico del collateralismo politico-religioso postbellico • (iii) strategie di finanziamento sottratte a qualunque verifica di rendimento • (iv) riproduzione di un modello culturale di pratica fisica molto arretrato rispetto ai mutamenti intervenuti con l’espansione della pratica autogestita, la proliferazione dei centri privati, l’affacciarsi di potenziali cittadini dello sport non prioritariamente orientati all’agonismo (prima infanzia, anziani, disabili, popolazione a rischio di marginalità sociale ecc.). • Occorre anche ricordare il fenomenoa scala mondiale che è stato definito di ‘sportivizzazione della società e desportivizzazione dello sport’ (De Knop 2004), riflettendo la differenziazione interna del sistema culturale dello sport (Heinemnann e Puig 1996): commerciale-spettacolare, amatoriale-competitivo, strumentale, espressivo.
I nostri punti di forza • L’Italia merita uno sforzo straordinario di potenziamento quantitativo, miglioramento qualitativo e adeguamento legislativo di un ssn che, malgrado le criticità evidenziate, presenta: • un forte tessuto di associazionismo sportivo volontario; • un’invidiabile tradizione tecnica per la selezione e la valorizzazione dei talenti agonistici in seno alle federazioni; • una poderosa riserva competitiva rappresentata dai gruppi sportivi militari e paramilitari (il boom dell’alto livello femminile e Pechino 2008 è un effetto diretto della caduta delle barriere di genere indotta dalla riforma dei corpi armati e di Polizia); • una rete di cooperazione fra promozione sportiva e sistema del non profit che ha stimolato sensibilità civiche e solidaristiche, creando forse le condizioni per un riposizionamento della promozione sportiva al di là e al di fuori dell’obsoleto imprinting del collateralismo politico, religioso, aziendale.
Parte II. Appendice documentaria • Quelle che seguono sono le tabelle che incrociano i dati della ricerca relativi alla pratica e agli indicatori di sviluppo (Human Development Index, HDI) con i modelli di organizzazione e istituzionalizzazione delle politiche di Welfare secondo la sistematizzazione proposta da Titmuss (1986) ed Esping Andersen (1990), rielaborata e aggiornata da Maurizio Ferrera (1998, 2004). • Rispetto alla prima versione di questo testo (cfr. A.M. Pioletti e N.Porro, a cura di, Lo sport degli europei, FrancoAngeli, Milano 2013 e A. Mussino e N. Porro, a cura di, monografico Lo sport come spazio sociale, Rivista trimestrale di Scienza dell’Amministrazione, 1, 2013), i dati dell’HDI sono stati aggiornati con quelli 2013.
Indice di sintesi(attivitàintensa+regolare-sedentarietà), Mussino2014: le colorazionisiriferisconoaimodelli di Welfare di cui alla slide 6)
1. La diffusione della pratica nell’areascandinava. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
1bis La diffusione della pratica nell’area scandinava: attività / pratica / attività secondaria abituale (in rosso valori superiori a media Ue)
2. La diffusione della pratica nell’areainsular-liberista. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
2bis. La diffusione della pratica nell’area insular-liberista: attività / pratica / attività secondaria abituale (in rosso valori superiori a media Ue)
3. La diffusione della pratica nell’arearenana. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
3bis. La diffusione della pratica nell’area renana: attività / pratica / attività secondaria abituale (in rosso valori superiori a media Ue)
4. La diffusione della pratica nell’areameridionale. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
4bis. La diffusione della pratica nell’area meridionale: attività / pratica / attività secondaria abituale (in rosso valori superiori a media Ue)
5. La diffusione della pratica nell’areaex socialista. Comparazione fra popolazione genericamente attiva e praticanti (in rosso valori in crescita da 2010 a 2013)
5bis. La diffusione della pratica nell’area scandinava: attività / pratica / attività secondaria abituale (in rosso valori superiori a media Ue)
Lo sport degli europei Modelli e sistemi di governance: una comparazione internazionaleRoma, 3 giugno 2014 Grazie dell’attenzione!