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Dispense per il corso di Filosofia della Fisica (parte III) Le conseguenze filosofiche della meccanica quantistica Mauro Dorato, Dipartimento di Filosofia, Università di Roma3. NB
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Dispense per il corso di Filosofia della Fisica (parte III) Le conseguenze filosofiche della meccanica quantisticaMauro Dorato, Dipartimento di Filosofia,Università di Roma3 • NB • Le note che seguono sono per uso strettamente didattico e non sono state ancora controllate in modo accurato. Si prega quindi di non far circolare il materiale che segue e di non usarlo per citazioni. • Aggiornate al 12/03/2014
Struttura della 3 parte 1 L’esperimento della doppia fenditura e il principio di indeterminazione di Heisenberg 2 Le posizioni filosofiche dei padri fondatori 3 Il dibattito Einstein-Bohr 4 La non-località come risultato sperimentale dell’argomento EPR 5 Il problema della misura e le varie interpretazioni della meccanica quantistica
Capitolo 1 L’esperimento della doppia fenditura e il principio di indeterminazione di Heisenberg
L’esperimento della doppia fenditura • Perché il “+” della sovrapposizione deve essere interpretato come un “vel” e non come un “aut” • Il dualismo onda-corpuscolo secondo l’interpretazione standard: la natura potenziale degli stati quantici e l’indeterminazione di Heisenberg • La possibilità che onda e corpuscolo siano elementi con-presenti: i “flashes” di Ghirardi
“Things on a very small scale behave neither like particles nor like waves…all of direct, human experience and intuition applies to large object. We know how large objects will act, but things on a small scale just do not act that way. We choose to examine a phenomenon which is impossible, absolutely impossible, to explain in classical terms and which has in it the heart of quantum mechanics. In reality, it contains the only mystery” (Feynman, Lectures in physics, vol.3, p. 1)
Dobbiamo comparare tre esperimenti, uno con proiettili, uno con onde d’acqua e uno con elettroni. Cominciamo con i proiettili (1) x rivelatore P12=P1+P2 x 2 P(x) 1 schermo Con questo apparato si può rispondere sperimentalmente alla domanda: “con quale probabilità P un proiettile che passa in uno dei due fori arriva in un punto dello schermo a distanza x dal centro?”Questa probabilità, che dipende dal numero di proiettili che colpiscono il punto x, è una funzione di x, P(x). Perché P12 -che è la probabilità che dipende dal fatto che i proiettili possono essere passati attraverso 1 o 2- è massima per x =0? Perché lì la somma di P1 (foro 2 chiuso)e P2 (foro 1 chiuso)è massima. In P1 (P2 )il massimo è allineato con il primo (secondo) foro rispettivamente.
assorbitore x I12=|h1+ h2|2 I2 =|h2|2 2 P(x) 1 I1=|h1|2 2) esperimento: onde d’acqua L’onda originale generata dalla sorgente è diffratta ai due fori, che originano un’altra serie di onde circolari che interferiscono. L’intensità del fenomeno risultante I12non è la somma delle intensità ricavabili dalla chiusura di uno dei due fori Ii =|hi|2 (h altezza dell’onda). Nei punti in cui ci sono massimi in I12 le singole onde interferiscono costruttivamente, nei punti di minima interferiscono distruttivamente: I12= |h1|2 + |h2|2 +2 |h1 | |h2| cosd, con d differenza di fase tra I1 e I2
3) Esperimento con elettroni x P12=|f1+ f2|2 Cannone di elettroni P2=|f2|2 2 P(x) 1 P1=|f1|2 1)Se mettiamo due rivelatori dopo lo schermo con le fenditure, solo uno dei due scatta e mai entrambi contemporaneamente. 2) se abbassiamo la frequenza di emissione, il click non è meno forte, ma solo meno frequente: ogni elettroni arriva in un pacchetto e viene assorbito tutto e mai “a metà”. Sembrerebbe un comportamento da particella. E invece 3)la probabilità che gli elettroni arrivino a una certa distanza x dal centro, che è proporzionale al numero di arrivi in quel punto, è data dalla figura che avevamo trovato per le onde marine!
Ne concludiamo che quando entrambe le fenditure sono aperte,gli elettroni si comportano come onde • Il punto è però che quando vengono assorbiti, si localizzano in un punto piccolo dello schermo, come se fossero proiettili in miniatura (arrivano in un pacchetto discreto). Sembrerebbe dunque che passino o in una o nell’altra delle due fenditure. • Ma se fosse così, la curva complessiva dovrebbe essere ottenuta sommando le due curve P1 e P2 che si ottengono chiudendo prima una e poi l’altra delle due fenditure, ovvero contando gli elettroni che passano in una, e quelli che passano nell’altra, come nel caso dei proiettili (particelle) • Invece il risultato che si ottiene lasciando le due fenditure aperte non è ciò che si ottiene sommando i risultati relativi ai due casi in cui una delle due fenditure è chiusa: c’è interferenza:
Ci sono punti dello schermo nei quali arrivano meno elettroni quando sono aperte entrambe le fenditure che quando ne è aperta solo una: è come se chiudere una delle due fenditure aumenta il numero di elettroni che passa per l’altra. D’altra parte, al centro del sistema la probabilità quando sono aperte entrambe le fenditure è assai più che la somma delle probabilità ottenibili tenendone una delle due chiusa. E allora sembra che chiudendone una delle due diminuisce il numero di elettroni che passa per l’altra. Entrambi gli effetti non possono essere spiegati supponendo che un elettroni entri in 1 e poi anche in 2 girando attorno allo schermo. • Dunque è falso affermare che l’elettrone passi o nell’una o nell’altra delle due fenditure: lo stato di sovrapposizione non può essere interpretato come un “o” esclusivo. • “Gli elettroni arrivano in pacchetti, come particelle, e la probabilità di arrivo di questi pacchetti è distribuita come l’intensità di un’onda. È in questo senso che un elettrone ‘si comporta talvolta come una particella e talvolta come un’onda” (Feynman, vol 3 p. 6).
Si può azzardare l’ipotesi che è questa proprietà dei sistemi quantistici che spinse Bohr a formulare il principio che i contrari sono complementari (contraria sunt complementa): osservabili mutuamente incompatibili nella misura (mutually exclusive in measurement) sono tuttavia entrambi presenti, ma solo in potenza, in un certo stato, e sono quindi entrambi necessari per la descrizione del sistema (jointly exhaustive for the description of the system). I microsistemi quindi non sono né onde né particelle • Ecco anche l’origine della lettura disposizionalistica di Heisenberg:«Such a probability function [i.e. the statistical algorithm of quantum theory] combines objective and subjective elements. It contains statements on possibilities, or better tendencies (“potentiae in Aristotelian philosophy), and such statement are completely objective, as they don’t depend on any observer…the passage from the “possible” to the real takes place during the act of observation» (Heisenberg 1958, Physics and Philosophy, p. 67-69)
Contro Feynman, si deve però notare che nello stesso esperimento l’elettrone sembra comportarsi come un’onda e come una particella, in stadi diversi dell’evoluzione del sistema stesso. • Ovvero, quando entrambe le fenditure sono aperte, un elettrone passa per entrambe, ed è quindi simile a un’onda d’acqua o a un campo esteso, ma quando colpisce lo schermo si comporta come una particella, e si localizza in suo punto preciso dello schermo collassando in un autostato della posizione. • Tale versione dell’esperimento che qui suggerisco (“onda e particella”) richiede però il passaggio dallo stato di sovrapposizione che descrive il microsistema quando passa in entrambe le fenditure aperte in uno solo dei due stati sovrapposti, che caratterizza una particella localizzata. • In effetti, se provassimo a localizzare l’elettrone illuminandolo dietro una delle due fenditure, sapremmo per quale delle due fenditure è passato, eliminando però l’interferenza tipica delle onde
x rivelatore P’12=P’1+P’2 P’2 x 2 P(x) 1 P’1 schermo Se osserviamo per quale fenditura è passato l’elettrone, anche quando le fenditure sono tutte e due aperte, l’elettrone si comporta in modo “particellare”: l’interferenza e dunque il suo carattere ondulatorio è svanito o distrutto. La distribuzione degli elettroni nei due casi, conclude Feynman, è diversa a seconda se guardiamo, e invece di andare in un punto di massimo di P12 l’elettrone andrà in uno di minimo
Poiché il momento di un fotone p=h/l, usando luce con lunghezza d’onda maggiore diminuiremo l’impatto con l’elettrone perché diminuiremmo p. Quindi disturberemo meno la traiettoria dell’elettrone (il suo momento) Ma a un certo punto, diminuendo p, non riusciremmo più a sapere per quale delle due fenditure è passato l’elettrone (posizione), e ciò avverrà quando la lunghezza d’onda della radiazione sarà dell’ordine della distanza tra le due fenditure. E allora ritroveremo il pattern ondulatorio dell’interferenza! • “È impossibile disegnare un apparato che determini per quale fenditura sia passato l’elettrone senza al tempo stesso distruggere il pattern dell’interferenza” PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE (Feynman, p. 9). In questa forma, si vede che l’elettrone è dotato di entrambe le nature (particellare e ondulatoria) in potenza, ma il tipo di natura evidenziato dagli esperimenti in atto è sempre uno dei due (particellare o ondulatorio) e mai entrambi.
Si può invece avanzare l’ipotesi di prima, ovvero che un insieme di elettroni identicamente preparati di fatto mostri sia il comportamento ondulatorio (interferenza) sia quello particellare, evidenziato dalla localizzazione discreta su un punto dello schermo. • Ma lo stato di sovrapposizione delle posizioni nell’esperimento delle due fenditure non può interpretarsi mai come un “aut”, ma solo come un “vel”. • Avanziamo l’ipotesi che gli elettroni (pace le interpretazioni come quella di Bohm) in realtà passino in entrambe le fenditure, anche se il loro diametro “classicamente inteso” è assai più piccolo della distanza tra le fenditure: ovvero non sono particelle, se non quando le vado a misurare! Processo di localizzazione
Abbiamo sovrapposizione di posizioni distinte sia nel caso dell’esperimento di Stern-Gerlach che nel caso di quello delle due fenditure. In entrambi i casi, lo stato del sistema è una sovrapposizione lineare di due stati che corrispondono, nella base delle coordinate spaziali, a funzioni d’onda che sono diverse da zero in due precise e limitate regioni dello spazio, regioni che sono disgiunte. Se uno schermo con due fenditure non registra l’arrivo di una particella, lo stato del sistema a misura avvenuta è una funzione di x che è diversa da zero solo nelle regioni corrispondenti alle due fenditure. Se l’apertura delle fenditure è d e c è la funzione caratteristica che vale 1 se la particella è passata nella fenditura i e 0 se è passata nell’altra. allora la funzione d’onda che descrive il passaggio nelle fenditure è incompatibile con l’idea che la particella sia passata nell’una o nell’altra delle due I due singoli stati normalizzati corrispondono alla situazione in cui possiamo dire che con certezza la particella è passata in una delle due fenditure. Come si vedrà però, tale conoscenza distrugge il fenomeno della sovrapposizione e quindi l’aspetto ondulatorio del fenomeno (l’interferenza). Illustrazione del dualismo onda-corpuscolo. La sovrapposizione dei due stati di posizione non è una miscela
Heisenberg non derivò le sue relazioni nel modo visto ma propose argomenti più qualitativi.(Ghirardi,1997, pp 413-4) x z diffrazione Se restringiamo l’ampiezza della fenditura fino a renderla paragonabile a quella della lunghezza d’onda l=h/p associata all’elettrone, allora abbiamo un’indeterminazione piccola della posizione x dell’elettrone, ma il suo momento px è non nullo a causa della diffrazione (immagine allargata del foro), in modo che il prodotto DxDpx> h/4p Immagine geometrica del foro di ampiezza Dx: non conosciamo la posizione della particella lungo x ma la componente verticale del momentopxè perfettamente definita, perché è nulla
Spin e indeterminazione (Ghirardi p. 407) sz=-1 sx=+1 Y bz ax sz= +1 bx Le proiezioni di Y lungo gli assi degli autovettori danno, attraverso il quadrato dei loro moduli, la probabilità di ottenere i vari esiti per l’osservabile spin. Nella figura, tutte le proiezioni sono non nulle sx=-1
Per rendere “quasi determinato” il valore di sz si deve partire da uno stato quasi parallelo ai due autovettori di sz (un suo autostato), ma in questo caso le due componenti di sx tendono a (2)1/2/2 e si ha dunque una massima indeterminazione per l’osservabile sx (e viceversa). Il valor medio tra i due soli esiti (1 e –1) è 0, < sx > = 0, mentre lo scarto quadratico medio vale, secondo la formula già vista, proprio 1, che è il massimo Dsx =[1/2(1-0)2+1/2(-1-0)2]1/2 = 1 sz= -1 sx=+1 y sz= +1 sx=-1
Le relazioni di indeterminazione di Heisenberg derivate formalmente Ricordiamo che lo scarto quadratico medio di A è Il prodotto dello scarto o indeterminazione delle due quantità A e B per un insieme statistico associato a uno stato puro Y sarà allora Questo passaggio dipende dal fatto che il modulo di un numero complesso è maggiore del modulo della parte immaginaria Poiché gli operatori A-<A> e B-<B> sono entrambi simmetrici, si possono portare a destra del prodotto scalare
Indicando con le parentesi graffe il commutatore tra A-<A> e B->B> si ha Poiché <A> e <B> sono numeri, essi commutano con qualunque operatore, ciò che spiega perché l’espressione a sinistra nella formula qui sopra si riduce a quella a destra. Per es., poiché il commutatore tra posizione e quantità di moto vale ih/2p, si ha In relatività lo spazio x è legato al tempo t come l’impulso p è legato all’energia E
L’indeterminazione tempo-energia implica la conservazione dell’energia. Se lo stato del sistema coincide al tempo t=0 con un autofunzione propria dell’energia, ovvero se Y(0)= fj ove H|fj>= Ej |fj>allora il sistema evolve in questo modo: in cui l’esponenziale è l’operatore unitario (al posto dell’hamiltoniana H abbiamo messo il suo valore Ej). Ciò implica che la probabilità di trovare l’esito Ejin una misuradell’energia è1. Ma se l’energia è perfettamente definita, allora il tempo è indeterminato, cioè l’energia si mantiene uguale a se stessa assai a lungo.
Capitolo 2 Le posizioni filosofiche dei padri fondatori (1924-1926)
L’atomo di Bohr, De Broglie e l’ipotesi ondulatoria della materia (1924) • Heisenberg e la meccanica matriciale (1925) • Schroedinger e la meccanica ondulatoria (1926) • Born e le due leggi dinamiche di evoluzione (1926) • Von Neumann e il teorema sull’impossibilità del determismo (1932)
Lamine d’oro e particelle alfa • Bombardando le prime con le seconde, Geiger e Marsden scoprirono che mentre la maggior parte delle particella alfa (due protoni) subiva deviazioni minime dalla traiettoria iniziale, altre venivano deviate in misura considerevole, se non addirittura respinte dalla lamina. Nell'interpretare questo esperimento, Rutherford nel 1911 ipotizzò che l'atomo fosse composto da un centro massivo (il nucleo) circondato da cariche negative: il modello compatto “a plum cake” di Thomson, con cariche positive e negative uniformemente sparse, nell’atomo venne abbandonato.
L’atomo di Bohr (1913) Un elettrone di carica e che si muove di velocità v attorno al nucleo costituito da Z protoni classicamente può stare a qualunque distanza dal nucleo.Basta che la forza centrifuga mv2/r sia esattamente compensata dalla forza elettrostatica Ze2/r2 (forza coulombiana esercitata dai Z protoni). Ne risulta che v2= (Ze2/mr). La condizione di Bohr è che non tutte le orbite classiche siano ammesse, ma solo quelle per cui il momento angolare L= mrv sia multiplo intero di h/2p L=mrv= nh/2p n=1,2,3... mr(Ze2/mr)1/2 = nh/2p I raggi ammissibili risultano allora Etotale= Ecin+Epotenz=1/2mv2- Ze2/r n=1,2,3...
Il dualismo onda-corpuscolo di De Broglie “Nella sua tesi, presentata all’università di Parigi nel 1924, de Broglie era partito da un’idea che Einstein aveva suggerito — senza mai però svilupparla appieno e pervenire ad un lavoro pubblicato — su come andasse intesa l’associazione tra fotoni e onde elettromagnetiche. In base a questa idea, i campi elettrici e magnetici di un’onda elettromagnetica svolgono il ruolo di “campi fantasma” che in qualche modo “guidano” il moto dei fotoni nello spazio. De Broglie congetturò che dovessero esistere campi analoghi che guidano il moto delle particelle nello spazio: una particella di massa me velocità v, e di conseguenza con impulso p= mv, è guidata da un’onda che (per piccole velocità rispetto alla luce) ha una lunghezza d’onda data dalla formula l=h/p. (citato da Allori, Dorato, Laudisa, N. Zanghì, Metafisica Empirica, in corso di pubblicazione, Carocci,)
«Questa ipotesi fornì una prima spiegazione non ad hocdella regola di quantizzazione di Bohr: se quest’onda esiste, quando l’elettrone in un atomo di idrogeno si muove lungo un’orbita circolare stabile di raggio r, l’ onda deve essere stazionaria (le proprietà dell’atomo non mutano nel tempo se l’atomo non è radioattivo) e devono quindi essere soddisfatte le stesse condizioni in base a cui una corda di chitarra può vibrare: ovvero la lunghezza totale dell’orbital = 2prsia pari ad un multiplo intero di unalunghezza d’onda 2pr =nl, conn=1,2,3,…n (si veda la figura di Zanghì nella pagina successiva): da cui, sostituendo la formula di de Broglie per la lunghezza d’onda, si ottiene mrv=nh/2p, n = 1, 2, 3, . . ., che è proprio la regola di quantizzazione di Bohr del momento angolare«. (Zanghì, ibid.)
Quando l’elettrone in un atomo di idrogeno si muove lungo un’orbitacircolare stabile di raggio r devono essere soddisfatte le stesse condizioni che permettono la vibrazione di una corda di chitarra di lunghezza l: che la lunghezza totaledell’orbita, l = 2pr sia pari ad un multiplo intero di una lunghezza d’onda. Poiché la lunghezza d’onda decresce al crescere della massa, i corpi macroscopici non presentano aspetti ondulatori, visto che la lunghezza d’onda ad essi associata dovrebbe incontrare ostacoli assai più piccoli delle dimensioni che li caratterizzano
De Broglie influenzò moltissimo Schroedinger nella prima formulazione delle meccanica ondulatoria. In una lettera di Einstein a Lorentz del Dicembre del 1924, leggiamo: “…De Broglie ha fatto un tentativo molto interessante di interpretare le regole quantistiche di Bohr. Io credo che questo rappresenti il primo debole raggio di luce sul peggiore dei nostri enigmi nel campo della fsiica. Io stesso ho trovato qualcosa che punta nella stessa direzione.” Einstein non pubblicò i suoi risultati che però, come vedremo, influenzarono sia Schroedinger che Max Born, l’autore dell’interpretazione probabilistica della funzione d’onda. E poi, nel 1952, vennero riscoperti da David Bohm
Nel 1925, H. scrive: “è meglio …ammettere che l’accordo parziale delle regole quantistiche con gli esperimenti sia più o meno accidentale e provare a sviluppare una meccanica quantistica teorica, analoga alla meccanica classica, nella quale compaiano solo relazioni tra quantità osservabili”. Influsso dell’operazionismo di Einstein (1905) “Ueber quantentheoretische Umdeutung kinematischer and mechanischer Beziuhungen”, Zeitschrift der Physik, 43, 172-198 “Sulla reinterpretazione delle relazioni cinematiche e meccaniche operata dalla meccanica quantistica”
Più tardi però H. cambiò opinione. Per H. la Y non è solo uno strumento di calcolo, visto che egli si riferiva alle onde di probabilità come ad una “the quantitative formulation of the concept of dunamis, or, in the later Latin version, potentia, in Aristotle’s philosophy. The concept that events are not determined in a peremptory manner, but that the possibility or tendency for an event to take place has a kind of reality – a certain intermediate layer of reality, halfway between the massive reality of matter and the intellectual reality of the idea or the image- this concept plays a decisive role in Aristotle’s philosophy. In modern quantum theory this concept takes a new form; it is formulated quantitatively as probability and subject to mathematically expressible laws of nature” Heisenberg, “Planck’s discovery and the philosophical problems of atomic physics”, in On Modern Physics, Orion Press, London, 1961, pp.9-10
All’inizio S. pensava che la funzione d’onda da lui scoperta corrispondesse, con il quadrato del suo modulo (che per Born fornisce la probabilità), alla densità di massa o di carica dell’elettrone cui è associata. L’elemento ontologico essenziale è per lui l’onda: Schroedinger pensava ad un’onda che, a causa di effetti di interferenza, al di fuori di una certa regione era nulla e simulava dunque il comportamento di una particella. • “Non si deve attaccare alcun significato essenziale al cammino dell’elettrone…e ancora meno alla posizione di un elettrone sul suo cammino [accenno a De Broglie?]…l’onda…non solo riempie tutto il cammino simultaneamente, ma si estende addirittura notevolmente in tutte le direzioni. Queste contraddizione è sentita così fortemente che si è persino posto in dubbio che quello che accade in un atomo possa inquadrarsi in uno schema spazio-temporale. Da un punto di vista filosofico, io considererei una decisione conclusiva in questo senso come una resa incondizionata. Infatti, poiché noi non possiamo assolutamente evitare di pensare in termini di spazio e tempo [Kant?], quello che non possiamo ricondurre a siffatti concetti, non possiamo comprenderlo affatto” (Ghirardi 1997, p.421)
Ben presto (1927) Heisenberg attaccò l’interpretazione puramente ondulatoria di Schroedinger. Si consideri un elettrone libero il quale al tempo t=0 si trova in uno stato la cui rappresentazione delle coordinate è una funzione gaussiana di ampiezza Dx(0).Se si parte con un’indeterminazione iniziale Dx(0)di 10-5 cm, risolvendo l’equazione di Schroedinger, dopo un 1/3 di secondo il pacchetto che rappresenta l’elettrone libero occupa circa un Km =105 cm! La relazione tra l’indeterminazione iniziale e quella al tempo t è Dall’ultima formula sulla destra segue l’affermazione di cui sopra, facendo le sostituzioni
Ma misurare l’elettrone implica sempre localizzarlo, dice G. (1997, p.421); Questa non è però l’unica difficoltà: il fatto è invece che varie onde associate a n particelle richiedono uno spazio di configurazione n-dimensionale Lorentz preferiva l’interpretazione ondulatoria di Schroedinger finché si aveva a che fare con una sola particella: “so long as one only has to deal with the three coordinates x, y, z. If however, there are more than three degrees of freedom then I cannot intepret the waves and vibrations physically, and I must therefore decide in favor of matrix mechanics”(M. Jammer, The Philosophy of QM, p. 32).
Ma Jammer continua. “In rebuttal of this objection one could, of course, point out that in the treatment of a macromechanical system the vibrations, which undoubtely have real existence in the three dimensional space, are most conveniently computed in terms of normal coordinates in the 3n-dimensional space of Lagrangian mechanics.” Altre tre difficoltà di una lettura ondulatoria della Y, afferma Jammer, sono: (1) Y è una funzione a valori complessi; 2) Y dipende dal sistema di osservabili che viene impiegato per rappresentare il sistema;3) Y è soggetta al mutamento discontinuo indotto dal processo di misura. Esercizio: secondo te, quali di queste difficoltà è seria?
Per Schroedinger era necessario poter visualizzare i processi quantistici salvando la descrizione spaziotemporale (visualizzare e descrivere spaziotemporalmente qui sono sinonimi). • Born (1926) avanza l’interpretazione probabilistica del modulo quadro della funzione d’onda, affermando che essa è la densità di probabilità di trovare la particella in un certo punto se si esegue una misura di posizione su di essa. |Y(x)|2 non è dunque la probabilità che l’elettrone sia in una certa posizione, ma la probabilità che esso sia in una certa posizione in dipendenza del fatto che su di esso si è eseguita una particolare misura. Per Born, esistono solo particelle, non onde, e sono rivelate dagli esperimenti di scattering. • Come affermò Jordan, è l’osservatore che, “costringe l’elettrone ad assumere una posizione definita; in precedenza esso non era né qui né là”
Interessante che nel 1954, quando Born prese il Nobel per i suoi contributi alla MQ, raccontò che esperimenti sulla collisione di elettroni “appeared to me as new proof of the corpuscolar nature of the electron” (Jammer 1974, p. 39). E nel saggio originale scrisse queste parole profetiche rispetto al problema della misura: “Die Bewegung der Partikel folgt Wahrscheinlichkeitsgesetzen, die Warhscheinlichkeit selbst aber breitet sich im Einklang mit dem Kausalgesetz aus”, (Il moto delle particelle segue le leggi della probabilità, ma la probabilità stessa si propaga invece in accordo con la legge della causalità) Born, Die Quantenmechanich der Stossvorgaenge, 1926, p.804. • Si noti che da questa frase si evince che per Born esistono due tipi di evoluzione dinamica delle particelle, una probabilistica che regola il moto delle particelle (all’atto di misura), una deterministica che regola la propagazione nel tempo dell’onda di probabilità (equazione di Schroedinger.) .
Sempre nel 1954, Born disse che applicò l’idea del “campo fantasma” di Einstein dai fotoni (in base alla quale l’intensità dell’onda fantasma che guida i fotoni – ovvero il quadrato dell’ampiezza – determina la probabilità di trovare un fotone) a tutta la materia. Ecco ancora l’idea di De Broglie-Einstein. • Per Born, le probabilità quantistiche non sono dovute all’ignoranza della situazione fisica (non sono come quelle della meccanica statistica): sono ontiche. • Contrariamente al punto di vista di Schroedinger, Y per Born non descrive nulla di fisico, ma “solo la nostra conoscenza del sistema”. Così il fatto che Y nell’interpretazione originaria di Schroedinger si sparpagliasse rapidamente non costituiva per lui alcuna difficoltà, perché Y non denota nulla di reale. Analogamente, per Born il collasso della funzione d’onda non è una transizione fisica reale, ma solo un mutamento della nostra conoscenza.
Ma la posizione particellarista di Born non da conto dell’autointerferenza di un singolo elettrone quando passa per uno schermo con due fenditure, ovvero richiede che il pattern ottenuto con due fenditure aperte sia “la somma” dei singoli patterns ottenuti con una sola delle due fenditure aperte, il che, come è noto, non è. Ne segue che la Y rappresenta qualche cosa di fisico!
Il teorema di impossibilità di von Neumann Nessuna teoria predittivamente equivalente alla MQ può assegnare valori precisi (anche se sconosciuti, o nascosti e inaccessibili) a tutte le osservabili di un sistema fisico
(a)Se A e B sono operatori autoaggiunti, allora ogni loro combinazione lineare con arbitrari scalari reali è ancora un operatore autoaggiunto [1] (b)Se le osservabili A e B rappresentate da A e B sono osservabili del sistema, allora c’è un’osservabile C rappresentata da C : [2] (c) Se A è limitato, il sistema è in uno stato Y,PY è il proiettore sullo stato Y, e il valore medio <Y|A|Y> = Tr(PYA) è simbolizzato da <A>, allora vale [3]
Indichiamo ora i valori di A, B e Cconv(A), v(B), v(C) rispettivamente e consideriamo una “variabile nascosta” V che li determini. Nell’ottica di una teoria che assegna valori definiti a tutte le variabili fisiche, i valori medi <A> misurati dalla MQ saranno medie sui vari valori nascosti ma definiti v(A), In generale però, i valori medi “banali”, identificati con i valori posseduti <A>V = v(A) non coincideranno con <A> [4] Se però richiediamo che anche gli <A>V obbediscano alla regola lineare [3] che vale per i valori medi, abbiamo [5] v(C) = αv(A) + βv(B).
La [5], insieme alle altre, è un’assunzione indispensabile del teorema di von Neumann contro la possibilità di variabili nascoste o contro l’esistenza di stati a dispersione nulla, dove la dispersione è definita come il valor medio dell’operatore (B - <B>)2, ovvero la media pesata con la probabilità |cj|2 del quadrato dello scarto tra l’esito bj e il valor medio di B. Assumendo infatti che Y=Si cifi ; e cheB fi=bifi
Il teorema, che non vedremo in dettaglio (cfr., I fondamenti matematici della meccanica quantistica, capitolo 4, Il Poligrafo, 1998) è logicamente corretto, e se fossero vere le premesse, la conclusione sarebbe ineccepibile Il punto è che la [5] è irragionevole quando le tre osservabili in questione non formano un insieme compatibile, ovvero simultaneamente misurabile. Il primo ad aver mostrato perché la [5] è irragionevole nel caso di operatori non simultaneamente diagonalizzabili è stato J.S. Bell nel 1966, dando il seguente semplicissimo controesempio con le componenti di spin lungo x e y, che come noto, obbediscono alla relazione [6] [sx, sy]=2i sze permutazioni cicliche di queste
Controesempio di J.S. Bell Sia A = σxe B = σy, allora l’operatore C C = (σx + σy)/21/2 corrispondeall’osservabile della componente dello spinlungola direzione che biseca l’angolo dato da xey. Poiché tutte le componenti dello spin, in opportuneunità di misura, hanno come valori possibili solo ±1, ne segue che una teoria a variabili nascoste deve assegnaread A, B, C solo i valori ±1, e lo stessodeve fare con i valori certi che le osservabili assumono come funzioni delle variabili nascoste (valori medi triviali). Questo implica che la (5) non possa essere soddisfatta, dato che Nulla impone che gli autovalori della somma dei due operatori, che coincidono con i valori v(A), etc, siano combinazione lineare degli autovalori dei componenti