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La disciplina della concorrenza. Lorenzo Benatti Parma, 29 settembre 2011. La concorrenza. La concorrenza perfetta è un’utopia. La libertà di concorrenza è un valore guida, fondamentale dell’economia moderna.
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La disciplina della concorrenza Lorenzo Benatti Parma, 29 settembre 2011
La concorrenza • La concorrenza perfetta è un’utopia. • La libertà di concorrenza è un valore guida, fondamentale dell’economia moderna. • Art. 41, 1° comma cost.: «l’iniziativa economica privata è libera». Consacra la libertà di concorrenza? Trattati UE: “economia di mercato aperta in regime di concorrenza”. • Art. 41, 2° comma cost.: «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». • Art. 41, 3° comma cost.: «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
Art. 41, 2° co., cost. • Non prevede un controllo sugli scopi perseguiti attraverso l’esercizio dell’attività economica, ma precisa che la legge deve regolare forme e modalità dell’esercizio della concorrenza. • La tutela della libertà e dignità dell’uomo riguarda la libertà di scelta, la capacità di adottare una decisione consapevole. Il compratore libero e consapevole è responsabile esclusivo delle proprie scelte. • Tali obiettivi sono perseguiti attraverso una serie di discipline previste dal nostro ordinamento: • la disciplina della concorrenza per garantire il potere di scelta, • la disciplina della pubblicità, per garantire la consapevolezza della scelta. • la disciplina della responsabilità del produttore per merci difettose, • la disciplina sulle vendite porta a porta, • la disciplina sul credito al consumo, • la disciplina sulla trasparenza dei servizi bancari e finanziari.
Art. 41, 3° co., cost. • Lo Stato può intervenire nel mercato sia come imprenditore (è esplicitamente ammessa l’impresa pubblica a fianco di quella privata), sia come regolatore, non solo per delimitare il mercato, ma anche per indirizzarlo. Così vengono in rilievo, oltre alle discipline in precedenza elencate, quelle relative alle licenze, alla capacità di agire, alla responsabilità di impresa.
La concorrenza nella legislazione • Legislazione antimonopolistica (antitrust), che mira alla tutela della concorrenza e del mercato. • Le limitazioni della concorrenza: • limitazioni legali della concorrenza e monopoli legali, • divieti di concorrenza, • limitazioni convenzionali della concorrenza. • La repressione della concorrenza sleale. • Ma si possono prendere in considerazione anche: • disciplina pubblicità ingannevole e comparativa, • disciplina pratiche commerciali scorrette.
Limiti legali • Autorizzazioni o concessioni. • Controllo pubblico sull’esercizio di determinate attività. • Controllo pubblico sui prezzi (quasi scomparso). • Monopoli legali. • Divieti legali di concorrenza.
Monopolio • Legale (art. 2597 e 1679): • obbligo di contrarre, • obbligo di rispettare la parità di trattamento; • di fatto: • inapplicabile disciplina monopolista legale, • si applica però disciplina antitrust (contro abusi di posizione dominante).
Divieti legali di concorrenza • collegati a rapporti contrattuali, • durano in relazione al rapporto contrattuale, • sono convenzionalmente derogabili. • fattispecie: • prestatore di lavoro (2105 c.c.), • soci con responsabilità illimitata di società di persone (2301 c.c.), • amministratori di soc. di capitali, • alienante azienda (2557), • agente (1743).
Limitazioni convenzionali (2596) • «Il patto che limita la concorrenza deve essere provato per iscritto. Esso è valido se circoscritto ad una determinata zona o ad una determinata attività, e non può eccedere la durata di cinque anni» (primo comma). • «Se la durata del patto non è determinata o è stabilita per un periodo superiore a cinque anni, il patto è valido per la durata di un quinquennio» (2° c.).
Disciplina antitrust La disciplina mira a combattere e reprimere i comportamenti anticoncorrenziali. Negli Usa fu introdotta nel 1890, in Europa dopo la seconda guerra mondiale, in Italia nel 1990.
Disciplina antitrust Due livelli nella disciplina generale: nazionale (legge 10 ottobre 1990, n. 287), comunitario (Tr. Funz. UE). Discipline speciali: settore radiotelevisivo, editoria, energia (aziende di credito).
Autorità di vigilanza Livello comunitario: Commissione UE, Livello nazionale: Autorità garante della concorrenza e del mercato (www.agcm.it), Settori speciali: specifiche autorità.
Competenza Antitrust La legge italiana si applica solo quando non si applica la disciplina comunitaria, ossia quando le pratiche anticoncorrenziali hanno rilievo esclusivamente locale e non incidono a livello comunitario.
Autorità garante AGCM è un organo collegiale Poteri: dispone di poteri di indagine ed ispettivi, adotta provvedimenti antimonopolistici, irroga sanzioni amministrative Contro provvedimenti AGMC è competente il TAR del Lazio, contro quelli della commissione UE è competente il tribunale di primo grado CE.
Autorità giudiziaria ordinaria E’ possibile ricorrere all’autorità giudiziaria ordinaria per ottenere: dichiarazioni di nullità, risarcimento danni. Occorre rivolgersi direttamente alla Corte d’Appello.
Fattispecie rilevanti Le fattispecie rilevanti sono le stesse sia per la disciplina comunitaria che per quella nazionale: intese restrittive della concorrenza, abusi di posizione dominante, concentrazioni.
Mercato rilevante Si deve tener conto di: settore merceologico (intercambiabilità o sostituibilità dei prodotti da parte del consumatore) zona geografica.
Concetto di impresa Nell’applicazione dell’antitrust non si considera il concetto tradizionale di impresa, ma un concetto vasto (economico). Per esempio un gruppo societario è trattato come un’unica impresa. Talora sono state considerate come imprese anche i professionisti.
Intese restrittive della concorrenza Sono comportamenti concordati tra imprese, anche attraverso organi comuni, volti a limitare la libertà d’azione sul mercato. Sono vietate quelle che «abbiano per oggetto o per effetto di impedire restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza».
Intese restrittive della concorrenza Rientrano tre le intese anche le cd. pratiche concordate. In tal caso il comportamento uniforme deve accompagnarsi ad altri fattori che attestino una scelta consapevole.
Tipologie di intese restrittive della concorrenza Intese sui prezzi. Intese che limitano la produzione, gli sbocchi o l’accesso al mercato. Intese di ripartizione dei mercati. Intese che ledono la parità di trattamento tra i contraenti. Intese che impongono conclusione di contratti con prestazioni supplementari.
Deroghe E’ prevista la possibilità di autorizzazioni in deroga. Devono sussistere motivazioni: miglioramento nelle condizioni di offerta sul mercato, esigenza di assicurare concorrenzialità internazionale, miglioramento qualitativo della produzione o della distribuzione, progresso teconologico.
Interventi autorità Rimuovere effetti anticoncorrenziali. Emettere sanzioni pecuniarie. Disporre, in caso di reiterazione, la sospensione dell’attività fino a trenta giorni. Per far dichiarare nullità od ottenere risarcimento occorre ricorrere alla corte d’appello.
Abuso di posizione dominante Non è vietato acquisire una posizione dominante sul mercato, ma lo sfruttamento abusivo di tale posizione.
Sanzioni L’autorità accerta l’abuso, ne ordina la cessazione, prendendo le misure necessarie, irroga sanzioni pecuniarie (come intese), in caso di reiterazione può disporre la chiusura per 30 giorni.
Concentrazioni (1) Concentrazione giuridica: due o più imprese si fondono. Concentrazione economica: due o più imprese sono sottoposte ad un’unica influenza determinante facendone un’unica entità economica. Due o più imprese danno luogo ad impresa societaria comune. In ogni caso si ha una riduzione delle imprese indipendenti operanti sul mercato.
Concentrazioni (2) Sono vietate quando provocano gravi alterazioni del regime concorrenziale. Devono essere preventivamente comunicate all’autorità competente. Se lo ritiene l’autorità apre un’istruttoria, che deve chiudersi entro 45 giorni. Al termine se vi sono le ragioni può vietare l’operazione o autorizzarla imponendo l’adozione di misure atte a mantenere la concorrenza. In presenza di rilevanti interessi generali può essere autorizzata una concentrazione altrimenti vietata
Sanzioni concentrazioni Se la concentrazione è stata effettuata senza chiedere l’autorizzazione, l’autorità prescrive misure per ripristinare le condizioni di concorrenza. Per le imprese che non rispettano le indicazioni dell’Autorità, questa irroga sanzioni commisurate al fatturato delle imprese coinvolte. Non si ha in generale la nullità della concentrazione, ma i terzi possono chiedere il risarcimento dei danni.
La libertà di concorrenza • Vi è ampia libertà per gli imprenditori nella competizione ed il danno derivante dalla concorrenza non è risarcibile. • E’ però interesse generale che la competizione sia corretta e leale. • Per il legislatore la concorrenza deve svolgersi secondo i “principi di correttezza professionale”. Quando questa è violata si parla di “concorrenza sleale”.
Gli atti di concorrenza sleale Sono repressi e sanzionati • anche se compiuti senza dolo o colpa, • anche se non hanno ancora provocato un danno ai concorrenti, ma basta un danno potenziale.
Presupposti • qualità di imprenditore • rapporto di concorrenza
Rapporto di concorrenza • Si deve tenere conto anche della prevedibile espansione territoriale e del prevedibile sviluppo merceologico in prodotti complementari o affini dell’attività dell’imprenditore che subisce l’atto di concorrenza sleale. • Si verifica fra operatori che operano a livelli economici diversi: produttore-rivenditore; grossista-dettagliante.
Atti di concorrenza sleale • Atti tipici: • atti di confusione, • atti di denigrazione, • appropriazione di pregi altrui. • Categoria generale «ogni altro mezzo non conforme alla correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda»
Atti di confusione (2598 n. 1) • Compie atti di concorrenza sleale chi: usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con quelli altrui, imita servilmente i prodotti di un concorrente, compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti o l’attività di un concorrente.
Atti di denigrazione (2598, n.2) • Compie atti di concorrenza sleale chi: diffonde notizie o apprezzamenti sui prodotti o l’attività di un concorrente idonei a determinare il discredito. • Tra gli atti di denigrazione viene inclusa la comparazione. La legge prevede ora una disciplina della pubblicità ingannevole e comparativa (rinvio). I criteri dettati dalla legge sulla pubblicità valgono come criteri anche per concorrenza sleale.
Appropriazione di pregi altrui (2598 n. 2) • Compie atti di concorrenza sleale chi: si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa del concorrente. • Pregio: «qualsiasi caratteristica dell’impresa o dei prodotti che tale sia considerata dal mercato, e perciò diventi motivo di preferenza del mercato stesso nei confronti appunto dell’impresa o dei prodotti cui inerisce». • Appropriazione: «allegazione, in una comunicazione rivolta al mercato, che la propria impresa o i propri prodotti presentano i “pregi” propri dell’impresa o dei prodotti di un concorrente»
Altri atti di concorrenza sleale (2598, n. 3) • Compie atti di concorrenza sleale chi: si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo contrario alla correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda. • Due elementi caratterizzanti: • contrarietà principi di correttezza professionale, • idoneità a danneggiare l’altrui azienda. • Tipizzazione giurisprudenziale: • Pubblicità menzognera (anche non riferita ad uno specifico concorrente ma atta a trarre in inganno il pubblico). • Sistematica vendita sottocosto dei propri prodotti (damping). • Violazione di norme di diritto pubblico. • Concorrenza parassitaria, ossia imitazione delle altrui iniziative imprenditoriali. • Boicottaggio economico, ossia il rifiuto ingiustificato ed arbitrario di fornire prodotti a determinati rivenditori. • Storno di dipendenti. • Sottrazione di segreti aziendali. • Concorso nell’altrui inadempimento di obbligazioni. • Concorrenza da parte di ex dipendente.
Le sanzioni • Inibitoria (anche in assenza di dolo o colpa): • accertamento dell’illecito concorrenziale, • inibizione dalla continuazione per il futuro, • disposizione dei provvedimenti reintegrativi necessari per far cessare gli effetti del comportamento sleale. • Risarcimento (in presenza di danno e dolo o colpa): la colpa si presume una volta accertato l’atto di concorrenza sleale (art. 2600, 3° comma, c.c.). • Pubblicazione della sentenza.
Pubblicità ingannevole e comparativa D. Lgs. 145 del 2 agosto 2007. Sono individuate due tipologie di comportamenti: pubblicità ingannevole (sempre illecita), pubblicità comparativa (illecita quando non rispetta determinate condizioni).
Pubblicità ingannevole Qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induce in errore o può indurre in errore le persone alle quali è rivolta e che «possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero …. ledere un concorrente» (art. 2, 1° c., lett. b), D. Lgs. 145/2007).
Principi ispiratori I principi cui si ispira la legge sono enunciati nel secondo comma dell’art. 1, 2° comma: «la pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta».
Pubblicità veritiera Art. 3: la valutazione dell’ingannevolezza della pubblicità deve essere effettuata considerandone tutti gli elementi «con riguardo in particolare ai suoi riferimenti: a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, l’esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al prezzo o al modo in cui questo viene calcolato, ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi vengono forniti; c) alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore pubblicitario, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativi all’impresa ed i premi o riconoscimenti».
Pubblicità palese Art. 5, 1° c.: «la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale. La pubblicità a mezzo stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione». E’ vietata la pubblicità subliminale.
Pubblicità corretta «I termini «garanzia», «garantito» e simili possono essere usati solo se accompagnati dalla precisazione del contenuto e delle modalità della garanzia offerta» (art. 5, 2° c., D. Lgs. 145/2007). Particolari norme sono previste per: i prodotti pericolosi per i consumatori; è considerata ingannevole la pubblicità che ometta di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza (art. 6); pubblicità che può raggiungere bambini e adolescenti (art. 7); «è considerata ingannevole la pubblicità, che possa, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza o che abusi della loro naturale credulità o mancanza di esperienza o che, impiegando bambini ed adolescenti in messaggi pubblicitari, abusi dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani»;
Pubblicità comparativa «Qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente» (art. 2, 1° c., D. Lgs. 145/2007). E’ lecita se (art. 4, 1° c.): non è ingannevole, confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni, confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi, non genera confusione sul mercato (tra imprenditori, tra marchi e altri segni distintivi)
Pubblicità comparativa E’ lecita se: non causa discredito o denigrazione di marchi, segni distintivi, beni servizi o attività del concorrente, per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione, non trae vantaggio dalla notorietà del concorrente o del suo marchio o dei suoi segni distintivi, non presenta un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati.