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LE SCORIE: TRASFORMARE IL RIFIUTO IN RISORSA D. Capodilupo. Il concetto di “scarto di produzione” e di “rifiuto”.
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La trasformazione delle materie prime in prodotti utili genera degli “scarti” che possono essere solidi, liquidi e gassosi. La loro massa è, spesso, molto superiore rispetto a quella dei prodotti utili. Ciò è dovuto al fatto che il prodotto utile è presente nelle materie prime in percentuali a volte molto basse e spesso non è distinguibile o recuperabile senza un processo di purificazione, naturale e/o artificiale che elimina le sostanze che lo accompagnano. Un esempio tipico lo vediamo quando si produce il sale dalle acque marine. In questo caso occorre eliminare una gran quantità di acqua mediante un processo naturale di evaporazione favorito da un convogliamento artificiale delle acque marine nelle saline. In questo caso, il sale è la materia utile (meno del 5% della materia prima: “acqua di mare”) mentre lo “scarto” è l’acqua evaporata (oltre il 95%) che rientra interamente nel ciclo naturale.
Parallelamente, quando il processo voluto è invece la produzione di acqua potabile mediante desalinizzazione, il prodotto diventa l’acqua potabile (circa 95 %), mentre lo “scarto” è il sale (5%). Come si vede, quindi, il “prodotto” e (inversamente, lo “scarto”) possono andare dal 5 al 95 % pur partendo dalla stessa materia prima. In questo caso particolare, poiché entrambi (prodotto e scarto) hanno un’applicazione utile, non li si può considerare dei “rifiuti” di produzione, come la logica porterebbe a considerarli se l’attenzione venisse posta soltanto sul prodotto utile. Un altro esempio idoneo a esprimere questo concetto si ha quando si prendono in considerazione i rottami di acciaio prodotti durante la produzione di strutture metalliche (esempio carrozzerie di automobili).
In questo caso tutti i ritagli di lamiera sarebbero propriamente degli scarti; tuttavia, essi sono materia prima essenziale per produrre nuovo acciaio (eventualmente per nuove carrozzerie) con un ulteriore processo di trasformazione. Questi concetti sono stati recepiti solo recentemente, anche se ancora con alcuni limiti, probabilmente dettati da motivi precauzionali, dalla legislazione Europea. In Italia essi sono stati espressi a partire dalla legge 152 del 206 e ribaditi più recentemente nel D.Lgs. n. 205 del 3 dicembre 2010. In particolare, questa la legge del 2010 prevede che gli scarti di produzione siano da considerarsi “rifiuti” ma possono essere gestiti (Art. 179) nel rispetto delle seguenti “gerarchie” di comportamento : a) Prevenzione b) preparazione per il riutilizzo c) riciclaggio d) recupero di altro tipo, e) smaltimento.
In altri termini prima che gli scarti di produzione possano essere considerati rifiuti “veri” da smaltire occorre esaminare tutte le vie per una loro possibile utilizzazione. In riferimento all’esempio precedente, per la legge, l’acqua evaporata (ed eventualmente raccolta) o il sale dei dissalatori, qualora non trovassero un impiego utile, sarebbero in ogni caso considerati, paradossalmente, dei rifiuti da smaltire in base al D.L. del 27/09/2010. Ciò crea ancora dissidi ed interpretazioni che ostacolano la effettiva riutilizzazione degli “scarti di lavorazione” soprattutto quando non è chiara la loro effettiva utilità. Questo tipo di problematiche sono stati superati solo in parte con l’art. 184 ter del DM 205 del 2010 che prevede la cessazione della qualifica di rifiuto (non pericoloso per l’acqua e pericoloso per il “cloruro di sodio” che non supererebbe i test di eluizione) quando soddisfa ai 4 requisiti di: UTILITA’, VALORE, QUALITA’, RISPETTO AMBIENTALE.
Per scoria si intende in generale il residuo solido di un processo che si svolge ad alta temperatura come la combustione o la fusione. In questo senso sono scorie sia le lave vulcaniche sia i rifiuti generati dalla produzione di metalli per fusione (generalmente hanno l’aspetto di una pietra lavica) o le ceneri prodotte ad es. dalla combustione del carbone. Per scoria industriale si intendono, in particolare, queste due ultime forme. Da un punto di vista legale le scorie, provenendo da un processo non destinato alla loro produzione ma a quella del metallo, sono considerate dei rifiuti pur avendo caratteristiche mineralogiche del tutto simili alle lave vulcaniche o al clinker (di cemento). Esse sono quindi sottoposte alle regole di smaltimento/riutilizzazione previste nel D.Lgs. n. 152/ 06 – T.U.A. e successive modifiche con particolare riferimento al D.Lgs. n. 205/ 10.
Da un punto di vista storico le scorie nascono con la scoperta del fuoco ed normalmente venivano disperse nell’ambiente. La memoria storica della presenza di depositi di scorie si comincia a manifestare quando si iniziano a creare i primi insediamenti produttivi di metalli in prossimità delle miniere di rame. La pratica di usare le scorie industriali come materiali di riempimento e da costruzione è stata, infatti, abbastanza diffusa in passato senza che nessuno si occupasse di quello che essi potevano contenere e della possibile migrazione di sostanze tossiche dalle scorie all’ambiente circostante con conseguenze sulla vita delle persone. Questi depositi datano infatti migliaia di anni. Nel deserto del Negev, in Israele, sono state recentemente individuate le scorie della lavorazione del rame delle “miniere del re Salomone”.
Negli scavi archeologici dei villaggi preistorici sono stati rinvenuti spesso accumuli di materiali di scarto, simili delle nostre discariche, che attestano che la storia dei rifiuti ha origini antichissime e va di pari passo con l’evoluzione umana. Come pure il riutilizzo di scarti di lavorazione che si trovano ad esempio nei siti archeologici di Fonte Nueva, in Spagna e a Castel di Guido, vicino Roma. E’ noto, inoltre, come già gli Etruschi con le loro discariche di scorie derivate dalla lavorazione del ferro proveniente dall’isola d’Elba, abbiano costituito, nel IV sec. A.C., presso Populonia (sopra la vecchia necropoli), un vero e proprio deposito di rifiuti industriali valutato in circa 2 milioni di tonnellate che, per la tecnologia arretrata del tempo, contenevano ancora molto ferro. Nel periodo dell’autarchia (dal 1934) queste scorie furono anche, in parte, recuperate dalle più moderne ferriere.
Strato di scoria ferrosa Populonia (LI) - Tomba dei letti funebri
Solo in epoca recente si sta scoprendo quanto poco si sappia dei processi industriali che si svolsero in tante parti d’Italia e del mondo, delle materie prime usate, delle merci prodotte e dei rifiuti solidi lasciati nel sottosuolo o tutto intorno. Ancora oggi sono visibili in Transilvania (Romania) ed in diverse zone dell’Europa del Centro Nord colline “di scorie” metallurgiche. I materiali solidi contenuti in questi depositi, senza controllo, spesso sono ancora “attivi” perché, a seconda della loro natura chimica, possono ancora subire reazioni di trasformazione ad opera delle acque piovane o sotterranee, con infiltrazioni nell’ambiente circostante. Gli effetti di questi depositi si possono vedere, ad esempio, nelle foto, seguenti.
Laddove un impianto di produzione del rame ha accumulato le sue scorie, la foresta, il fiume (Sak-Elga in Russia) ed il terreno hanno assunto il colore arancione a causa del ferro la cui concentrazione supera di 500 volte il limite normale. .
La cittàdiKarabash (sempre in Russia) è circondatadaunaenormemontagnadiscorienerelunga 2 km e alta 15 metrichedisperdeparticelledimetallipesanti in aria. (http://www.daysjapan.net/e/award2014/reader03.html)
Paesaggidi scoria Galleria Trescino a Terni http://foto.ilmessaggero.it/cronaca/terni_la_discarica_di_villa_valle_nelle_foto_di_angelo_papa/0-63388.shtml?idArticolo=530776#1
Restauroambientale? Chi ha pagato? Per decenni, il Black River ha determinato lo sviluppoindustrialedellacittàdi Lorain. Ma gli inquinanti scaricati su questo affluente del lago Erie hanno degradato così gravemente l’ambiente che il fiume divenne noto come il “fiume dei pesci tumore”. I cumuli di scoria che sovrastavano le rive del Black River sono stati rimossi e sono stati sostituiti con alberi ed altra vegetazione. (LorainMorning Journal photo)
Nel 2007, la cittàdi Lorain ha acquistato 300 ettari, lungo 1,5 chilometridifiumedaunaacciaieriadismessa. Facendoriferimento a fotodella fine del XX secolo, come guida per la suatopografianaturale, ha impostato un progettodirestauro. Il restauro, oltre a rimuovere le scoriechetorreggiavano per 25 metrisulle rive, ha teso a migliorarel’habitatdeipescied a ripristinare le pianteautoctonedellazona. Il costo del progetto è statodi circa 12 milionididollari. Key partners (publici e privati): Fondi per le attivitàdiripristino: dal “Great Lakes Restoration Initiative”, attraversoilservizio “U.S. Fish and Wildlife” e del “National Oceanic and Atmospheric Administration”. La U.S. Environmental Protection Agency (EPA Federale) e l’EPA Ohio hannofornito 6.3 million di $ per lo smantellamentodei cumuli di scoria. Partners Localicomprendono la cittàdi Lorain, l’autorità del portodi Lorain, la conteadi Lorain, Lorain Metro Parks e la Lorain County General Health District. Web site:www.lorainblackriver.com Originally Published: May 15, 2013 Updated: February 5, 2014 TUTTI ENTI DI DIRITTO PUBBLICO ! ! ! ….. e non è chiaro dove abbianodepositato le scorierimosse
In Italia il principio di responsabilità di chi produce l’eventuale danno ambientale (Direttiva 2004/35/CE) – “chi inquina paga” che avrebbe dovuto sottendere agli eventuali interventi di ripristino ambientale è tuttora soggetto ad interpretazioni, nonostante nel 2003 sia stato pubblicato dai ministeri competenti (cordinatori S. Buffa e G. Brunelli) un ponderoso documento di chiarimento nel merito. ILVA TARANTO DOCET Tasse smaltimento rifiuti: TIA ? TARSU ? …… è ancora tutto in divenire La via maestra è quindi quella intrapresa in ambito europeo con il consentire il riutilizzo delle scorie in ambito civile, dopo aver eliminato tutti i rischi di tossicità (recepito in Italia con il D.Lgs. n. 152/ 06 e successivi).
Ad esempio è ormai storia come le scorie dell’ALTOFORNO quando sono “vetrificate” con un raffreddamento molto veloce (GBS e ABS) possano essere riutilizzate principalmente nella produzione di clinker di cemento (per quasi il 70% - Esse sostituiscono vantaggiosamente le sabbie pozzolaniche) e per il resto come aggregati inerti negli asfalti. Altre scorie, come le “scorie nere di acciaieria” trovano applicazione anch’esse nella vita civile per sottofondi nei basamenti stradali, o come INERTE nel calcestruzzo, o come sostituto del basalto negli asfalti drenanti. Il controllo del rilascio degli inquinanti sul prodotto è fatto tramite i test di “cessione” delle sostanze inquinanti la cui norma di riferimento è, ad oggi, la UNI 10802, secondo la metodica prevista dalla norma UNI EN 12457-2 che prevede un rapporto L/S = 10 (liquido/solido) ma è incorso l’elaborazione di nuove metodiche.
ANNO 2000 Produzione di scorie di altoforno: 25 milioni di tonnellate Utilizzazione delle scorie di altoforno : 29.4 milioni di tonnellate Fonte: EUROSLAG ANNO 2010 Produzione di scorie di altoforno: 23.5 milioni di tonnellate Utilizzazione delle scorie di altoforno : 25.6 milioni di tonnellate Produzione ghisa: - 17% (EU27) Dati dalle seguenti nazioni: A, B, FIN, F, D, I, L, PL, E, SK, S, NL, UK
ANNO 2000 Produzione di scorie di acciaieria: 16.8 milioni di tonnellate Utilizzazione delle scorie di acciaieria: 16.8 milioni di tonnellate Fonte: EUROSLAG ANNO 2010 Produzione di scorie di acciaieria: 21.8 milioni di tonnellate Utilizzazione delle scorie di acciaieria: 22.3 milioni di tonnellate Produzione acciaio: - 10% Dati dalle seguenti nazioni: A, B, DK, FIN, F, D, GR, I, L, PL, RO, E, SK, SLO, S, NL, UK
Foto tratte da: LA VALORIZZAZIONE DEGLI AGGREGATI DI ORIGINE SIDERURGICA - “La scoria siderurgica: da problema a risorsa”.
Foto tratte da: LA VALORIZZAZIONE DEGLI AGGREGATI DI ORIGINE SIDERURGICA - “La scoria siderurgica: da problema a risorsa”. Federacciai – Maggio 2012
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